E’ possibile esercitare il diritto di accesso anche nei confronti dei cosiddetti "atti interni". Lo sancisce il Consiglio di Stato, con la sentenza della sezione V, 11 ottobre 2007, n. 5356, con la quale è stato consentito di accedere ad atti preparatori di una deliberazione adottata dal consiglio dell'ordine dei commercialisti.
All'istanza di accesso, il consiglio aveva risposto negativamente, basando il proprio diniego sulla tesi secondo la quale il diritto di accesso non riguardi atti meramente interni,quali, in particolare, il verbale di un organo, perché ciò che va portato a conoscenza del destinatario sarebbe solo la deliberazione finale.
La decisione di Palazzo Spada, per altro adottata nel regime normativo antecedente la riforma operata sulla legge 241/1990 nel 2005, contraddice seccamente l'assunto.
Spiega il Consiglio di Stato che l'interesse assicurato dall'ordinamento giuridico, con la tutela del diritto di accesso, è di poter ricostruire l'iter logico-procedimentale attraverso il quale si forma il provvedimento finale dell'amministrazione.
Ciò fa sì, dunque, che il diritto di accesso si estende a tutti gli atti di natura preparatoria, propedeutici all'emanazione del provvedimento terminale.
Nella sentenza, Palazzo Spada confuta l'assunto dell'amministrazione resistente, osservando che l'articolo 24, comma 6, della legge 241/1990, nel testo antecedente alla novella del 2005, esclude dall'accesso gli atti preparatori nel corso della formazione del provvedimento, prima che lo stesso sia emanato; sicché, una volta concluso il procedimento, detti atti sono da considerare accessibili.
Il legislatore del 2005, comunque, ha risolto ogni problema, modificando l'articolo 22 della legge 241/1990, il quale al comma l, lettera d), definisce per documento amministrativo accessibile "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specie fico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale".
L'espressa previsione degli atti anche interni chiude ogni questione: non residua alcun dubbio che tutti i provvedimenti finalizzati all'emanazione di quello finale, come relazioni, ispezioni o, comunque, attività istruttorie non destinate alla comunicazione verso terzi, siano accessibili.
L'ulteriore dimostrazione è data dall'articolo 6, comma l, lettera e), della legge 241/1990, come novellato nel 2005, ai sensi del quale "l'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale".
Il che significa che gli atti istruttori, per loro natura preparatori del provvedimento finale, debbono confluire in una relazione finale che ne espliciti le risultanze, la quale vincola l'organo a specificare nel provvedimento finale se ne condivide le conclusioni o meno ed, in questo caso, spiegarne le ragioni. Ciò proprio allo scopo, evidenziato dal Consiglio di Stato, di evidenziare all'esterno l'intero processo logico giuridico seguito per giungere alla decisione finale e permettere al destinatario della stessa di tutelarsi nel caso di eccesso di potere, derivante, ad esempio, da travisamento dei fatti o contraddittorietà tra atti dell'amministrazione procedente.
Luigi Oliveri