Oggetto | Data |
PARZIALE DIFFORMITA' DALLA DIA | 28 novembre, 2005 |
Mutamento destinazione d'uso - sanzioni | 23 novembre, 2005 |
Edificabilità di un lotto già oggetto di precedente PdL | 14 novembre, 2005 |
quesito urgente su sopralluogo coattivo | 08 novembre, 2005 |
destinazione immobile - autocertificazione | 08 novembre, 2005 |
Restituzione oneri di urbanizzazione e altro... | 04 novembre, 2005 |
Mancato pagamento oblazione | 28 ottobre, 2005 |
Permesso di costruire in deroga | 28 ottobre, 2005 |
legittimità permesso di costruire temporaneo | 20 ottobre, 2005 |
legge 'bucalossi' | 19 ottobre, 2005 |
demolizione immobili abusivi | 16 ottobre, 2005 |
denuncia in catasto | 11 ottobre, 2005 |
occupazione suolo pubblico e accesso carrabile | 11 ottobre, 2005 |
CONDONO E ACCATASTAMENTO F3 E F4 | 11 ottobre, 2005 |
CONDONO DI MAGAZZINI IN ZONA E2 (AGRICOLA DI VALORE NATURALE PAESISTICO) | 11 ottobre, 2005 |
Demolizione parziale | 10 ottobre, 2005 |
Interruzione termine sanatoria art. 36 | 29 settembre, 2005 |
Uff. Tec.- responsabilità | 29 settembre, 2005 |
accertamento di conformità e commissione edilizia. | 22 settembre, 2005 |
estetica ed ornato | 21 settembre, 2005 |
modifica prospettica assenso dei condomini | 14 settembre, 2005 |
modifica d'ufficio di P.L. | 01 settembre, 2005 |
costruzione interrata | 01 settembre, 2005 |
distanze dal confice manufatto | 30 agosto, 2005 |
DISTANZA TRA EDIFICI | 29 agosto, 2005 |
art 10-bis L. 241/1990 e DIAE | 26 agosto, 2005 |
Ampliamento a confine | 25 agosto, 2005 |
Individuazione dei provvedimenti comunali annullabili | 18 agosto, 2005 |
Modifica strada vicinale | 11 agosto, 2005 |
modifica sagoma copertura | 09 agosto, 2005 |
Definizione di "aggetti" | 09 agosto, 2005 |
regole silenzio-assenzo -aiuto?? | 08 agosto, 2005 |
distanza dalla strada | 22 luglio, 2005 |
conguaglio oblazione condono edilizio | 22 luglio, 2005 |
frantoio in zona agricola | 20 luglio, 2005 |
Commissioni edilizie, fuori i politici | 12 luglio, 2005 |
IL QUANDO E IL COME DEL SILENZIO ASSENZO | 09 luglio, 2005 |
aree di valorizzazione ambientale - utilizzi | 22 giugno, 2005 |
Indennità pecuniaria ex art. 167, D.Lgs. 42/04 | 14 giugno, 2005 |
Abbattimento e Ricostruzione | 14 giugno, 2005 |
Il concetto di demolizione e ricostruzione nei piani attuativi. | 26 maggio, 2005 |
area agricola | 24 maggio, 2005 |
costruzione da abbattere??? | 18 maggio, 2005 |
definizione di sagoma | 16 maggio, 2005 |
Distanza o costruzione a confine | 12 maggio, 2005 |
distanze e pergole | 21 aprile, 2005 |
ciglio stradale | 02 novembre, 2004 |
quando si ha un nuovo edificio secondo la giurisprudenza? | 29 ottobre, 2004 |
L.R. Veneto n.21 | 25 ottobre, 2004 |
cambio destinazione d'uso di immobile | 20 ottobre, 2004 |
Questa discussione vincolo paesaggistico (boschi) nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 13 dicembre,
2005 13:37 :
Dal racconto mi sembra che siamo ben oltre il malcostume.
Credo che possano sussistere concreti presupposti per una richiesta di
risarcimento danni.
Poi... è vero che la redazione di un P.R.G. può durare (anche) dieci anni e più,
a seconda delle amministrazioni che si succedono... ma in quel comune le misure
di salvaguardia dall'adozione dello strumento urbanistico non valgono?
Solitamente queste sospendono la nuova edificazione o, quanto meno, possono
consentire la definizione delle pratiche presentate in un certo periodo prima
dell'adozione del nuovo strumento, per consentire il rilascio dei permessi di
costruire.
Nel caso citato, addirittura, pare che alcuni permessi siano stati rilasciati
(con procedure accelerate) ed altre pratiche abbiano rallentato la corsa in fase
procedurale per poi, allo sprint finale, vedersi portare via lo striscione di
arrivo.
Per tornare al quesito sarebbe opportuno verificare la data di entrata in vigore
delle misure di salvaguardia del nuovo P.R.G. e le modalità istruttorie (molto
malandate) rispetto a tale termine.
Se la mancanza di rispetto dei termini istruttori ha introdotto la pratica nel
periodo di "salvaguardia", a fronte di una eventuale richiesta di
risarcimento danni il comune può sempre recedere dalle procedure di diniego e
rilasciare il permesso di costruire.
Credo sia la strada più utile.
Cordiali saluti
Questa discussione Sanzioni
per assenza di DIA nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 29 novembre, 2005
08:37 :
A vs. parere, qaulora siano state realizzate opere in assenza di DIA ed il
responsabile provveda spontaneamente alla demolizione delle stesse, deve
comunque applicarsi la sanzione pecuniaria di cui all'art. 37 del T.U. Edilizia
?
A mio parere, l'applicazione della sanzione pecuniaria sarebbe eccessiva, perché
opere minori verrebbero ad essere sanzionate più severamente di quelle soggette
a permesso di costruire (per le quali è prevista la sola demolizione).
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 29 novembre, 2005
09:50 :
Anche se sono in linea col tuo ragionamento credo che occorra sanzionare
comunque in quanto l'art. 37 c. 1 del t.u. punisce la realizzazione. In fin dei
conti nessuno ha ordinato al responsabile di demolire l'abuso. E' una sua libera
scielta che non lo fa salvo dall'applicazione dell'art. 37.
Credo anche sia una questione di tempistica. Se l'abuso c'è si applica la
sanzione. Se di seguito il responsabile demolisce di sua iniziativa, con quali
motivazioni si annulla la sanzione?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 novembre,
2005 11:16 :
La DIA (ordinaria) è esclusa da sanzioni penali e ripristinatorie.
La sanzione prevista è quella pecuniaria e non si richiede la demolizione.
Io sarei comunque portato alla prima interpretazione, anche se la seconda mi
pare condivisibile e applicabile.
Di fronte a una sanzione molto salata, determinata ai sensi dell'art. 37 c.1, a
me pare accettabile consentire, in alternativa, al responsabile dell'abuso la
demolizione.
Applicando la seconda ipotesi, ciò non gli risparmierebbe la sanzione e quindi
non vi sarebbe interesse a demolire uno sgorbio, che si sa può essere fatta
solo volontariamente, anche se in certi casi caldamente auspicato dalla
Amministrazione.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 29 novembre, 2005
12:45 :
Inoltre, può verficarsi il caso in cui il Comune debba comunque ingiungere la
riduzione in pristino, qualora le opere ricadano in zona soggetta a vincolo
paesaggistico e l'Ente competente non le ritenga compatibili.
Questa discussione Demolizione
ricovero animali nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 29 novembre, 2005
08:56 :
Il Comune ha emanato un'ordinanza di demolizione di opere abusive (baracche) che
sono utilizzate come ricovero per animali (pecore e capre).
Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso
e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio del Comune,
sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione nei termini
di legge.
A seguito di diffida emessa dal Comune ai sensi dell'art. 21-ter della legge n.
241/90 prima di provvedere alla demolizione d'ufficio, l'Ente Protezioni Animali
ha inviato una missiva con cui rammenta al Comune i suoi obblighi in materia di
protezione degli animali,per i quali dovrebbe essere trovata una nuova adeguata
sistemazione.
Ovviamente, il Comune non dispone di strutture idonee per ospitare un allevmento
di animali.
Come dovrebbe procedere, a vostro avviso, il Comune ?
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 29 novembre, 2005
18:50 :
Macellazione degli animali e vendita di rosticcini al pubblico incanto ..
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 dicembre,
2005 08:33 :
Complimenti! E' la soluzione risolutiva alla quale non avevo pensato.
E' chiaro che se si incontrasse qualche difficoltà a praticarla, gli animali
rimangono al loro posto e verrenno accuditi finchè non si sarà trovata una
adeguata sistemazione (ma non è un problema urbanistico-edilizio).
Quello che non comprendo è questa affermazione:
"Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile
dell'abuso e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio
del Comune, sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione
nei termini di legge."
Visto l'art. 31 del TU mi pare che si possa acquisire comunque:
2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata
l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal
medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo
32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la
demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di
diritto, ai sensi del comma 3.
3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino
dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e
l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni
urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono
acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita
non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile
abusivamente costruita.
Quindi se il Comune ha emesso l'ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31,
dovrebbe ora risulare proprietario dell'opera abusiva e dell'area circostante
(non degli animali) e ha tutto il tempo per risolvere la situazione.
Sbaglio?
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 02 dicembre,
2005 11:29 :
A me sembra corretto quanto dice Tiziano.Circa l'affermazione: " Il
proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso e,
pertanto...." probabilmente si riferisce al fatto che al proprietario non
è imputabile la sanzione della demolizione,seguendo come principi di
imputabilità,quelli obbligatoriamente previsti dalla L. n° 689/81.
Ciò non fa però venir meno-se accertata- l'imputabilità del
"responsabile dell'abuso", al quale è diretta l'ordinanza di
demolizione, con i successivi provvedimenti amministrativi illustrati da
Tiziano.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 03 dicembre, 2005
14:03 :
Ci sono state molte sentenze amministrative ed una anche della Corte
Costituzionale - di cui cercherò gli estremi per comunicarveli - che hanno
affermato il principio secondo cui non può essere acquisita al patrimonio
comunale l'area interessata dall'abuso, qualora il proprietario dimostri di non
essere responsabile dell'abuso e di non avere la disponibilità dell'area
medesima.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 06 dicembre, 2005
08:08 :
Una delle sentenze a cui mi riferivo è quella della Corte Costituzionale n.345
del 1991 (http://www.giurcost.org/decisioni/1991/0345s-91.html)
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 06 dicembre,
2005 15:33 :
Con la sentenza indicata n. 345/91 della Corte Costituzionale, è in discussione
l'art.7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
L'art. 7 è stato abrogato e sostituito dall'art. 31 del TUE con modifiche che,
mi pare, tengono conto della sentenza. Infatti ora si prevede che l'ordinanza di
demolizione venga notificata anche al proprietario oltre che al responsabile
dell’abuso.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 07 dicembre, 2005
07:35 :
L'ente protezione animali ha ragione, e il problema può essere risolto trovando
alloggio agli incolpevoli ovini presso una fattoria disposta ad ospitarli (ce ne
sarà pure una a meno di 500 km!), addebitando i conseguenti costi al
responsabile dell'abuso.
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 07 dicembre, 2005 09:51
:
Pur nella vigenza del DPR n. 380/2001, la sostanza, a mio avviso, non cambia.
Credo, anzi, che l'ingiunzione al proprietario oggi prevista dalla legge (ma ho
motivo di credere che anche in passato in casi simili si notificasse l'atto
anche al proprietario, data la sua ricomprensione nella più ampia definizione
di "responsabile dell'abuso") unitamente alla dimostrazione che il
proprietario non solo non ha commesso l'abuso ma che avrebbe ottemperato
all’ordinanza di demolizione qualora il bene fosse stato nella sua
disponibilità, renda ancora più inviolabile il suo diritto al mantenimento
della proprietà.
Condividendo la sentenza, il fine precipuo della sanzione in effetti è quello
di demolire gli immobili abusivi a cui l'amministrazione può accedere senza
acquisire le relative aree, non essendo l'acquisizione strumentale alla
demolizione.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 07 dicembre,
2005 12:32 :
A me sembra che la sentenza segnalata non sia per niente appropriata al caso in
esame. A parte la giusta-a mio avviso- osservazione ultima di Tiziano, la
sentenza citata ha stabilito, come si legge nella decisione : "dichiara non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale dell'art.7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n.
47".
Ciò significa che a quel tempo,l'art. 7 terzo comma, ha retto al profilo di
legittimità costituzionale e quindi semmai il precetto ne è uscito, qualora
servisse, rafforzato.
Proprio il contrario di quanto si vuole sostenere adesso e che comunque, si può
intuire leggendo le motivazioni della sentenza che,tra l'altro, riguarda
l'ipotesi "del proprietario di un terreno concesso in affitto ad altro
soggetto (che vi aveva abusivamente realizzato opere edilizie)".
In proposito, proprio di recente è stato deciso che:
" In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo,
disposto ex art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, non assume rilievo la
circostanza che l'immobile oggetto della demolizione risulti locato a terzi,
stante la possibilità da parte del conduttore di ricorrere agli strumenti
civilistici per fare ricadere in capo ai soggetti responsabili dell'attività
abusiva gli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica. PRES.
Toriello F REL. Vangelista V COD.PAR.368 IMP. Moressa R PM. (Conf.) Hinna Danesi
F. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29/09/2003 (CC. 08/07/2003), RV.
226319, Sentenza n. 37051"
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 07 dicembre, 2005
13:39 :
Infatti la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 7 proprio perché tale disposizione deve essere
interpretata nel senso da me indicato.
In particolare la Corte afferma che l'acquisizione gratuita "si riferisce
esclusivamente al responsabile dell'abuso, non potendo di certo operare ....
nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario
dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al
compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia
adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento".
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 07 dicembre, 2005 15:33
:
Moretti scrive: "Il Comune ha emanato un'ordinanza di demolizione di opere
abusive (baracche) che sono utilizzate come ricovero per animali (pecore e
capre).
Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso
e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio del Comune,
sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione nei termini
di legge."
Se si legge la sentenza della corte costituzionale è proprio lo stesso caso.
Certo, la sentenza si è espressa sull'art. 7 della L. 47/1985 e oggi vige
l'art. 31 del DPR n. 380/2001. Ma quest'ultima norma ha soltanto aggiunto
(leggasi specificato) che la demolizione è ingiunta anche al proprietario.
Questa specifica io la interpreto come forma di garanzia finalizzata anche alla
celerità del procedimento proprio in presenza di casi come questo in cui il
responsabile dell'abuso non coincide con il proprietario del terreno.
Se nel caso riportato da Moretti, dunque, il proprietario dimostra
inequivocabilmente di non essere il responsabile dell'abuso e che se fosse nella
disponibilità del bene ottempererebbe all'ordinanza di demolizione, io ci
penserei bene prima di acquisire le aree al patrimonio del comune. La proprietà
è un diritto garantito costituzionalmente e non può essere sottratta se non
per motivi di interesse pubblico che nel caso di specie non mi sembra che
sussistano.
Qui si tratta di applicare la sanzione della demolizione di immobili realizzati
abusivamente alla quale l'amministrazione può senz'altro procedere senza la
preventiva acquisizione dell'area.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 07 dicembre,
2005 16:36 :
Scrive la C.C. richiamata :"
2. -La questione non e fondata, nei sensi che verranno precisati.
Il secondo comma dell'art.7 della legge n. 47 del 1985 stabilisce che il
sindaco, accertata l'esecuzione di opere abusive, ne ingiunge la demolizione. II
successivo terzo comma, cioé la norma denunciata, stabilisce poi, come si e
rilevato in precedenza (n.1), che se il responsabile dell'abuso non provveda
alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta
giorni dall'ingiunzione, il manufatto - unitamente all'area di sedime, nonchè a
quella necessaria ai sensi delle vigenti prescrizioni per la realizzazione di
opere analoghe-sia acquisito di diritto a titolo di proprietà gratuitamente dal
Comune per essere demolito, come prescrive il quinto comma dello stesso articolo
7, a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare
non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che
l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Ciò premesso va rilevato che questa Corte, con ordinanza n. 82 del 1991-in
relazione ad una analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art.15, terzo
comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10-ha affermato che la gratuita
acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune dell'area sulla quale
insiste la costruzione abusiva rappresenta la reazione dell'ordinamento al
duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e, poi
non adempie all'obbligo di demolirla, in conformità della regola secondo cui
<l'ordinamento reagisce, oltre che sulle cose costituenti il prodotto
dell'illecito, anche su quelle strumentalmente utilizzate per commetterlo>.
Secondo il cennato indirizzo della Corte, che può essere seguito anche per la
presente questione, l'acquisizione gratuita dell'area non e dunque una misura
strumentale, per consentire al Comune di eseguire la demolizione, ne una
sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue
all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi il sindaco ad una scelta fra
la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, definitivamente già
acquisito, in presenza di <prevalenti interessi pubblici>, il che
significa per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti
con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Da quanto precede deve dedursi che, essendo l'acquisizione gratuita una sanzione
prevista per il caso dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolire, essa, come
risulta dalla stessa formulazione del terzo comma dell'art.7 della legge in
questione, si riferisce esclusivamente al responsabile dell'abuso, non potendo
di certo operare (come avviene talvolta per la confisca, quando questa
costituisce misura accessoria di altra sanzione o misura strumentale diretta ad
impedire l'ulteriore produzione dell'illecito o l'utilizzazione dei proventi di
questo) nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del
proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa
estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a
conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli
dall'ordinamento.
L'essere la sanzione dell'acquisizione dell'area ispirata dall'intento di
costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demolizione
nel termine stabilito dall'ingiunzione, esclude, anche sotto altro profilo, che
essa possa colpire il proprietario estraneo all'esecuzione dell'opera, perchè
se fosse vero il contrario si sarebbe in presenza di una sanzione inidonea ad
assolvere alla funzione di prevenzione speciale in vista della quale e
comminata, in quanto tale comminatoria non potrebbe esercitare alcuna coazione
sul responsabile dell'abuso per costringerlo ad eseguire la demolizione.
3.-Una volta escluso che il proprietario estraneo all'abuso-anche nel senso che
non risulti che egli, essendone venuto a conoscenza, non si sia attivato con gli
strumenti offerti dall'ordinamento per impedirlo -possa subire la perdita della
proprietà dell'area, non per questo viene meno la possibilità del ripristino.
L'art.7 in questione, pur perdendo la maggior forza intimidatrice insita
nell'ulteriore comminatoria della sanzione consistente nell'acquisizione
gratuita dell'area, in caso di inottemperanza all'ingiunzione si riduce alla
sola possibilità della demolizione del manufatto abusivo.
Non si ignora in proposito che della norma in questione e stata talvolta offerta
un'interpretazione riduttiva nel senso, cioé, che la demolizione potrebbe
essere eseguita d'ufficio dagli organi del comune solo dopo che il bene sia
stato acquisito al patrimonio pubblico. Se cosi fosse verrebbe meno ogni
possibilità di applicazione del regime sanzionatorio previsto da detta norma
nell'ipotesi in cui l'area, per essere di proprietà del terzo estraneo
all'abuso, non possa essere acquisita gratuitamente e rimarrebbero cosi
frustrate le finalità ripristinatorie insite in tale regime.
Ma la richiamata interpretazione non può essere condivisa perchè essa,
erroneamente attribuendo all'acquisizione gratuita del bene natura di misura
strumentale (la dove, la richiamata giurisprudenza della Corte la considera
sanzione autonoma), connette l'operatività dell'ingiunzione di ripristino
esclusivamente al meccanismo previsto dall'art.7 in parola il quale, come si
arguisce da quanto si e detto in precedenza, tende ad ottenere la collaborazione
del responsabile dell'abuso, onde eliminarne gli effetti, con il comminare
l'ulteriore sanzione della perdita dell'area in caso di inottemperanza. Detta
interpretazione tralascia invece di considerare che l'operatività
dell'ingiunzione a demolire non presuppone sempre necessariamente la preventiva
acquisizione dell'immobile al patrimonio comunale, perchè l'ingiunzione e un
procedimento amministrativo di natura autoritativa che, in quanto tale, e
assistito, in base ai principi generali che regolano l'azione amministrativa,
dal carattere della esecutorietà insito nel potere di autotutela che, come e
noto, consiste nel potere-dovere degli organi amministrativi di dare esecuzione
ai provvedimenti da essi stessi emanati.
Di conseguenza appare evidente che, qualora non ricorrano i presupposti per
l'acquisizione gratuita del bene, come nel caso in cui l'area sia di proprietà
del terzo, la funzione ripristinatoria dell'interesse pubblico violato
dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilità della demolizione, rimane
affidata al potere-dovere degli organi comunali di darvi esecuzione d'ufficio. E
ciò senza che a tal fine necessiti la preventiva acquisizione dell'area che, se
di proprietà del terzo estraneo all'abuso, deve rimanere nella titolarità di
questi, anche dopo eseguita d'ufficio la demolizione."
Detto questo, e, per quanto mi riguarda, basta la conclusione a cui è pervenuta
la C.C. alla quale facevo cenno nel mio primo intervento.
Per dirla in parole povere,l'estraneità accertata del proprietario nella
costruzione dell'opera abusiva non fa venir meno il potere dovere
dell'amministrazione di provvedere alla demolizione.
Questa discussione PARZIALE
DIFFORMITA' DALLA DIA nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 25 novembre, 2005
11:18 :
Quando l'illecito consiste in opere edilizie realizzate in parziale difformità
rispetto alla dia presentata (manutenzione straordinaria che rientra nell'art.
22 comma 1 del t.u., ed oggettivamente non è riscontrabile un aumento del
valore venale dell'immobile, è corretto procedere con l'applicazione della
sanzione pecuniaria minima pari ad euro 516, prescindendo dalla richiesta di
valutazione da parte dell'Agenzia del Territorio?
In secondo luogo, nel caso in specie, per la sanatoria citata dal comma 4
dell'art. 37, è da intendersi un'istanza corredata di tutti gli elaborati atti
ad oggettivare l'illecito, ovvero la semplice corresponsione della sanzione
tiene luogo della sanatoria ?
Grazie per chi volesse intervenire.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 28 novembre, 2005
08:06 :
L'art.22 comma 1 non richiede la preventiva valutazione dell'Agenzia del
Territorio per l'irrogazione della sanzione.
Il comma 4 , in presenza di richiesta di sanatoria - che a mio avviso deve
contenere un progetto con relazione tecnica da cui si possa evincere la
conformità dell'opera - richiede invece la preventiva valutazione dell'Agenzia
del Territorio.
Credo che per piccolo opere sicuramente rapportabili alla sanzione minima, il
Comune possa procedere autonomamente. Diversamente la determinazione di una
sanzione superiore senza preventivo interpello dell'Agenzia del Territoio, può
essere oggetto di contestazione.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 28 novembre,
2005 10:09 :
sono daccordo con davide, precisando che al posto dell'art. 22 comma 1 voleva
penso riferirsi all'art. 37 comma 1:
"La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e
2, in assenza della o in difformità dalla denuncia di inizio attività comporta
la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale
dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque
in misura non inferiore a 516 euro".
Vorrei precisare che la sanatoria di cui al comma 4, la quale chiama in ballo
l'Agenzia del Territorio, è una facoltà per il richiedente.
Quando si tratta di piccole irregolarità ben individuate dal responsabile del
procedimento la pratica può (deve) essere chiusa con l'applicazione del minimo
lasciando perdere l'AT e richieste di sanatorie da parte del privato.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 28 novembre, 2005
10:12 :
Ti ringrazio per l'utile contributo.
Ho un pò approfondito la questione relativamente a questi casi assimilabili a
difformità rispetto alla dia "minore".
Sono giunto in definitiva alla conclusione che sia da esludere un procedimneto
amministrativo di sanatoria in quanto l'accertamento di conformità, che ne è
presupposto, si applica ai sensi dell'art. 36 del testo unico, solo agli abusi
cosidetti "pesanti".
A mio parere è sufficiente verbalizzare la situazione, dando atto della doppia
conformità urbanistica, provvedendo di seguito all'applicazione della sanzione
pecuniaria che sarà minima nei casi di violazioni ininfluenti sul velore venale
dell'immobile, e detrminata con l'ausilio dell'Agenzia del Territorio negli
altri casi.
Correggetemi se sbaglio.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 28 novembre,
2005 11:19 :
Penso sia necessario inquadrare meglio la situazione, io la vedo così:
Stiamo parlando di sanzioni relative alla DIA ordinaria (non pesante) quindi
l'articolo di riferimento è il 37 e non altri.
Il comma 1 sopracitato va applicato sia in caso di conformità che difformità.
Non è necessario quindi dare atto della doppia conformità ma piuttosto che
l'intervento sia soggetto a DIA ordinaria.
Solo nel caso il richedente presenti la domanda di sanatoria di cui al comma 4,
se lo ritiene opportuno ai fini di avere una sanzione meno pesante, è
necessaria la doppia conformità e sentire l'Agenzia del Territorio.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 29 novembre, 2005
19:00 :
La vedo come Tiziano. La sanatoria è una facolta' per il richiedente che il
Comune non può e non deve a priori escludere .
Se poi non c'è la richiesta di sanatoria si procede alla sanzione pecuniaria
prevista dal comma 1 e tutto finisce lì .
Come esempio posso aggiungere che ricorrono a detta sanatoria - d'accordo con
l'ufficio - i proprietari in procinto di vendere immobili non in regola per le
opere interne. In tal caso non occorre la cd. doppia conformità ma solo quella
riferita alla vigente normativa che è quello che evidentemente interessa
all'acquirente.
Questa discussione ordinanza ripristino area nel forum Edilizia ed
ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Questa discussione Edificabilità
di un lotto già oggetto di precedente PdL nel forum Edilizia ed ambiente
al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on 12 novembre,
2005 16:41 :
Cari colleghi ho un cliente che mi ha posto questo quesito e sinceramente non so
cosa rispondere: "il proprietario di un lotto già edificato con PdL (piano
di lottizzazione) di iniziativa privata risalente al 1978, sarebbe intenzionato
a demolire e ricostruire.
Quali sono i parametri urbanistici di riferimento per la nuova realizzazione?
Bisogna far riferimento al vecchio piano di lottizzazione scaduto oppure
riferirsi ai parametri della zona B, essendo la zona "totalmente
edificata"?
Come postilla aggiungo che il PRG in vigore è risalente al 1978-79 per cui il
lotto in questione "paradossalemte" viene indicato ancora come zona di
lottizzazione in atto".
Vi ringrazio fin da ora
Saluti
Alessandro
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 14 novembre,
2005 07:08 :
A me sembrerebbe giusto attenermi alla specifica normativa del PdL per non
alterarne il dimensionamento. E' il caso comunque di sentire come la pensa il
tecnico comunale.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 14 novembre, 2005
17:55 :
Azzardo,
credo che il PdL sia stato redatto in conformità al PRG, pertanto suppongo che
la volumetria realizzata col PdL sia pari a quella prevista dal PRG, pertanto
farei un intervento di ristrutturazione edilizia per mezzo di demolizione e
ricostruzione all'interno della sagoma preesistente (con tutte le variazioni del
caso)
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 15 novembre,
2005 07:38 :
Se non ho capito male, si parla di un lotto già urbanizzato ed edificato
all'interno di un pld le cui opere sono quindi ultimate e collaudate.
Vedo ora che l'art. 28 della LUN prevede nella convenzione ...."i termini
non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l’esecuzione
delle opere di cui al precedente paragrafo";
Se ti riferisci a questo termine, non mi pare faccia al caso nostro.
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 15 novembre, 2005 10:04
:
Se il PL può dirsi completamente attuato e concluso e il PRG è fermo alla
sitazione del 1978 senza alcuna possibilità di desumere da esso una disciplina
urbanistica che legittimi l'intervento, credo che il suo cliente debba fare
istanza alla PA di "ripianificazione" dell'area. All'esito di tale
operazione, l'area sarà inserita probabilemnte in zona B. Sarà quindi alla
specifica disciplina urbanistica di tale zona che dovrà fare riferimento per
valutare la conformità dell'intervento che intende attuare.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 15 novembre, 2005
12:41 :
concordo con l'Architetto anche se sarei tentato di accettare l'intervento di
demolizione e ricostruzione (salve specifiche indicazioni progettuali del p.l.
pure scaduto) in funzione della inferiore tipologia di intervento rispetto alla
nuova edificazione.
Nel caso, comunque, non sarebbero ammessi incrementi volumetrici o di modifica
degli standards e delle infrastrutture.
Conseguentemente anche l'eventuale modifica del numero delle unità immobiliari
con la ricostruzione dlel'immobile, sarebbe legato all'impostazione dell'ormai
vecchio p.l. (assieme alle previsioni di dimensionamento del p.r.g.).
L'ideale, pèer tagliare le testa al toro, sarebbe una variante allo strumento
urbanistico.
Cordiali saluti
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 15 novembre, 2005
15:06 :
Personalmente non consiglierei all'interessato di fare istanza per una nuova
pianificazione del comparto da parte del Comune. Il rischio è quello che si
finirebbe col perdere tutti un sacco di tempo e risorse.
Il vecchio P. d. L. fa ormai parte della storia di quegli edifici, avendone
consentito l'edificazione subordinata all'esecuzione delle urbanizzazioni, ed ha
ormai perso ogni efficacia diretta.
E' ormai evidente che la zona è urbanizzata e che oggi si possa operare con
intervento diretto, sia esso di ristrutturazione edilizia ovvero di
ristrutturazione urbanistica, nel rispetto dei parametri dello strumento
urbanistico generale vigente. Se poi ques'ultimo è obsoleto, ammesso che lo
sia, non è certo responsabilità dei cittadini, ai quali non si dovrebbe
scaricare la presunta inerzia della P.A.
Saluti a tutti
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 16 novembre, 2005
07:05 :
La convenzione è riferita all'urbanizzazione dell'area e non specificatamente
agli edifici.
Le norme di attuazione del p.l., a mio avviso, non decadono e quindi un
intervento di demolizione e ricostruzione potrebbe essere accettabile nel
rispetto (dell'elasticità) di queste.
Il problema mi sembra diverso dato che il quesito tratta di utilizzo degli
indici delle zone di saturazione.
Ciò presuppone l'intenzione di una costruzione non solo diversa dal punto di
vista planivolumetrico, ma consistente in maggiore volume e unità immobiliari.
Ecco perchè, secondo me, è necessaria una variante al P.R.G.
Buona giornata
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 16 novembre, 2005 09:01
:
Rispondo al seguente messaggio:Quindi qual'è la soluzione, posto che il problema si pone solo se nel PRG non si rinviene una norma tale da consentire l'intervento?
inserito da Enrico Rossi:
Se poi ques'ultimo è obsoleto, ammesso che lo sia, non è certo responsabilità dei cittadini, ai quali non si dovrebbe scaricare la presunta inerzia della P.A.
Rispondo al seguente messaggio:Da chi?
inserito da Alessandro Brillante:
Il lotto in merito è già inserito in zona B
Questa discussione destinazione immobile - autocertificazione nel
forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Questa discussione quesito
urgente su sopralluogo coattivo nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on 07 novembre, 2005
18:35 :
Come Comune devo dar corso ad un ordinanza di demolizione di opere abusive a cui
il privato responsabile dell'abuso non ha provveduto nei canonici 90 gg.;
Siccome trattasi di abusi compiuti all'interno della struttura ( è un'albergo)
si chiede di conoscere se in caso di opposizione fisica dei privati proprietari
è legittimo - con l'ausilio ovviamente delle forze dell'ordine - entrare nella
struttura con la forza al fine di procedere alla redazione del verbale di
accertamento di inottemperanza ad ingiunzione a demolire e successivamente a
quello relativo all'immissione in possesso.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 08 novembre,
2005 11:04 :
Mi pare un po' esagerato.
Sarebbe utile sapere che abuso è stato commesso e come è stato inquadrato
nell'ordinanza (TUE art. 31,..).
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on 08 novembre, 2005
11:26 :
Le opere realizzate in assenza del permesso a costruire sono le seguenti:
1) Cambio di destinazione d'uso dei locali caffetteria e autorimessa in sala da
paranzo;
2) Incremento di superficie e volumetria per mancato riempimento delle
fondazioni e realizzazione di locali adibiti a bar, servizi e tecnologici;
3) Ampliamento del vano cucina con realizzazione nuovo vano;
4) Realizzazione di una tettoia esterna in legno e vano caldaia;
5) Realizzazione di un vano di passaggio con l'immobile limitrofo al P.T.;
6) Cambio di destinazione d'uso di alcuni locali al primo piano da servizi a
camere da letto;
7) Parziale modifica della tramezzatura interna al Primo Piano Sib 4;
8) Realizzazione di un vano al P.T. adibito a centrale termica.
Perchè ritiene il comportamento da me prospettato esagerato? Ritengo che un
eventuale opposizione a tali sopralluoghi da parte dei privati possa configurare
anche l'illecito penale di interruzione di pubblico servizio, ex art.340 c.p.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 08 novembre,
2005 14:13 :
Vista la situazione, anche si non ho avuto la conferma, presumo che sia stata
emessa ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31 TUE, omettendo, a mio
avviso, alcune importanti valutazioni in fase istruttoria:
Tutti questi interventi richiedono il pdc ?
Sono in totale difformità della normativa vigente ?
Ed per quelli in totale difformità, possono essere demoliti senza pregiudizio
della parte conforme?
E' stata indicata nel provvedimento l'area che verrebbe acquisita in caso di
inottemperanza?
A me pare che l'immissione in posseso (art. 31) sia impropria e che il caso in
questione si inquadri meglio negli articoli che seguono.
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on 09 novembre, 2005
13:15 :
... cerco di spiegarmi meglio. Le opere che ho elencato sono il frutto di
interventi realizzati in parte in difformità ad una concessione edilizia e in
parte in assenza di alcun provvedimento autorizzatorio. Su di essi era stata
presentata sia una domanda di condono che una di sanatoria edilizia, ex art.36
DPR 380/2001. Non avendo il privato x entrambe dato + corso, si è dovuto
adottare un provvedimento di archiviazione della pratica di condono edilizio e
un provvedimento di archiviazione della pratica di sanatoria edilizia.
E' chiaro quindi che da quel momento tutte le suddette opere acqusivano la
qualità di "abusive".
Si è quindi correttamente provveduto a notificare l'ordinanza di ingiunzione
alla demolizione nei canonici 90 gg. a cui il privato non ha dato corso. sulla
correttzza eregolarità di siffatta Ordinanza non ci piove prova ne è che il
privato non ha presentato alcun ricorso giurisdizionale.
Adesso, essendo scaduti abbondantemente i 90 gg, si deve dar corso al
procedimento di cui all' art. 31, occorre quindi dover effettuare i 2
sopralluoghi di cui Le dicevo.
Nelle speranza di averLe fornito un quadro completo della vicenda attenso Le Sue
osservazione al Mio quesito.
Grazie.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 10 novembre,
2005 08:13 :
Non le so dire se sia legittimo o meno entrare due volte con la forza nella
proprietà privata per redarre due verbali. Penso che sia una valutazione che
spetta al magistrato, visto il caso.
Posso solo dire che conosco un caso analogho, irrisolto da anni, per la mancata
disponibilità delle forze dell'ordine.
In altri casi, l'inascoltata ordinanza di demolizione, è stata sostituita dalla
sanzione pecuniaria, trattandosi di opere soggette a DIA, interne alla
abitazione.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 10 novembre, 2005
12:37 :
La n° 3 e la n° 5 mi sembrano ampliamenti all'esterno della sagoma, non
pertinenziali, quindi soggette a PdC.
se la demolizione può avvenire senza pregiudizio della parte conforme,
applicherei l'art. 31.
se la demoliz. pregiudica la parte conforme applicherei l'art. 34.
Magari entrambi per parti diverse dell'immobile.
( mi chiedo: la Procura della repubblica non ha avviato il procedimento penale?)
Questa discussione Mancato
pagamento oblazione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 28 ottobre, 2005
06:49 :
Condono edilizio 2003-2004.
Il richiedente, entro la scadenza del 30.09.2005, ha omesso di pagare la terza
rata dell'oblazione.
A vs. parere, il permesso in sanatoria deve essere denegato, con conseguente
applicazione delle sanzioni di legge, oppure ci sono possibilità di rimediare
pagando gli interessi legali ?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 28 ottobre, 2005
07:18 :
Il diniego della sanatoria può avvenire per la mancata presentazione dei
documenti previsti entro il 30 giugno 2007.
Non penso quindi che si possa ora negare il condono per quella che mi pare una
dimenticanza.
Rilevando la mancanza in fase istruttoria, io richiederei la ricevuta del
versamento della terza rata.
Quindi, una volta trasmessa (e se ne vale la pena), gli interessi legali
intercorrenti dalla data del 30.09.2005 a quella effettiva del versamento.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 28 ottobre,
2005 10:42 :
Tiziano, sii gentile, mandami i riferimenti normativi del termine ultimo per
l'integrazione della domanda, perchè io sono rimasto al 31 ottobre 2005.
Grazie.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 ottobre, 2005
07:42 :
Il riferimento normativo è questo:
Art. 3, comma 6 LR Veneta 21/04:
<<Ad integrazione di quanto previsto dall'articolo 32, comma 37, della
legge sul condono, la mancata presentazione dei documenti ivi previsti entro il
30 giugno 2007 comporta il diniego del titolo abilitativo in sanatoria.>>
Nel primo intervento manca quindi l'importante premessa: Nella Regione
Veneto....
Rimpiangendo la legge 47/85, chiedo venia. Il fatto Che qualcosa non risultasse
a Gianfranco mi aveva subito "preoccupato".
Consiglierei quindi a Roberto di dare una occhiata alla propria legge regionale,
tenendo comunque presente che non è ancora scaduto il termine del 31.10.05,
indicato giustamente da Gianfranco che ringrazio e saluto cordialmente.
p.s.Per un versamento ritardato o una semplice carenza di documenti, io non
avrei fretta di respingere la domanda di sanatoria neanche dopo l'ultima
scadenza.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 31 ottobre, 2005
06:55 :
Ma, allora, secondo voi, come va interpretato l'art. 32, comma 37 della legge n.
326/2003: "Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata
interamente corrisposta .... le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo
edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge
28 febbraio 1985, n. 47 e all'articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380"
????
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 31 ottobre, 2005
07:45 :
Prova a guardare le modificazioni/integrazioni apportate dalla tua Legge
Regionale.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 02 novembre, 2005
07:08 :
Ho l'impressione che fare riferimento alle leggi 47/1985, 724/1994 e relative
circolari possa portarci fuori strada, perché le stesse sono applicabili al
nuovo condono soltanto "per quanto non previsto" dalla legge 326/2003
e "ove compatibili" con quest'ultima.
Invece, ritengo che ci si debba attenere alla lettera del citato art. 32, comma
37, che dispone che "nei termini previsti" (30.09.2005) l'oblazione
dovuta dovesse essere corrisposta "interamente" (quindi anche la terza
rata), pena l'aplicazione delle sanzioni di legge (e cioè il diniego
dell'istanza di condono).
Per quanto riguarda la determinazione dolosamente inesatta dell'oblazione, mi
pare che si tratti di una fattispecie diversa da quella del mancato pagamento,
tant'è vero che il legislatore utilizza la congiunzione "o".
A vostro avviso ci può essere una diversa interpretazione ???
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 02 novembre,
2005 11:49 :
Io la vedo in questo modo.
Il comma 37 recita:
Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta
o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate
senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate
all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e all'articolo 48 del d.P.R.
6 giugno 2001, n. 380.
L'art. 40 richiamato recita:
Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all'art. 31 per
opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o
concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o
delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano
le sanzioni di cui al capo I.
Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata
la oblazione dovuta.
Il Capo I° richiamato dall'art. 40 cui fa parte l'art. 3 relativo al
"ritardo od omesso versamento del contributo afferente alla
concessione", è stato abrogato espressamente dall'art. 136 del T.U.
Pertanto le uniche sanzioni applicabili restano quelle della non commerciabilità
del bene e quelle previste dall'art. 48 del T.U.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 03 novembre, 2005
07:28 :
E' vero che il capo I° della legge 47/1985 è stato abrogato, però le stesse
disposizioni sono confluite senza particolari innovazioni nel T.U. Edilizia e,
quindi, quei rimandi devono intendersi riferiti alle corrispondenti norme del
T.U..
Mi risulta che all'epoca del pasticcio che si era verificato con la temporanea
entrata in vigore del T.U. ci siano state sentenze - di cui purtroppo non
ricordo gli estremi - che hanno sancito questo principio.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03 novembre,
2005 08:01 :
L'art. 3 relativo al "ritardo od omesso versamento del contributo afferente
alla concessione", è stato abrogato dall'articolo 136 del d.P.R. n. 380
del 2001 ma sostituito dall'articolo 42 dello stesso d.P.R.
L'art. 40 fa riferimento a violazioni gravi che non vedo del caso in questione.
Per me, trasmettere tutte le integrazioni entro il 31.10.05 serve ad assicurarsi
il silenzio asseso il 31.10.07.
Fatte salve le gravi violazioni di cui all'art. 40, del diniego se ne riparla
dopo il 30 giugno 2007 (nella Regione Veneto).
Verifica cosa dice la tua LR in materia.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 03 novembre, 2005
09:06 :
L'art. 40 dispone che "Le stesse sanzioni" (e cioè quelle del Capo I
della L. 47/85, in oggi Parte I, Titolo IV del D.P.R. 380/01) "si applicano
se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta".
Quindi non mi pare che debbano esserci state violazioni gravi, in quanto è
sufficiente che l'oblazione non sia stata "interamente corrisposta".
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03 novembre,
2005 10:03 :
A meno che il richiedente si rifiuti di pagare il dovuto, non vedo proprio gli
estremi per invocare l'art. 40 della L. 47/85.
Comunque la risposta dovresti trovarla qua:
http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri=4_10_6_1026_$4_10_6_1026_1762_$Urbanistica$4_10_6_1026_-1$condonipreg.htm$
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 03 novembre, 2005
10:49 :
Grazie per il suggerimento, ma purtroppo la legge regionale della Liguria
disciplina puntualmente le modalità per la definizione dei condoni pregressi
(quelli del 1985 e del 1994) ma non fa altrettanto per quelli del 2004.
Comunque "le sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio
1985, n. 47" sono citate espressamente nell'ambito dell'art. 32, comma 37
della legge n. 326/2003 quale conseguenza nel caso in cui l'oblazione dovuta non
sia stata interamente corrisposta.
In ogni caso, è incredibile come disposizioni che disciplinano aspetti tanto
delicati possano essere scritte in modo così poco chiaro.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03 novembre,
2005 13:27 :
Concordo, viene da chiedersi chi scrive queste leggi, anche se Otto von Bismarck
diceva .... Meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e
meglio dormono la notte.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03 gennaio, 2006
09:19 :
Sembra che finalmente con il DL del 22 dicembre 2005 venga data risposta al
quesito disponendo, tra l'altro, lo slittamento dal 31.10.2005 al 30 aprile 2006
del termine ultimo entro cui è possibile effettuare l’integrazione della
documentazione.
Ora però il dubbio l'ho io. Per la Regione Veneto vale la data indicata dal DL
(30.04.06) o quella fissata dalla relativa Legge Regionale 21/04 (30.06.2007)?
Attenderemo chiarimenti.
Questa discussione legittimità
permesso di costruire temporaneo nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 20 ottobre, 2005
07:55 :
E' legittimo il rilascio di un PdC per lavori di "bonifica di un area
agricola ai fini di lavori artigianali a carattere provvisorio"?
Per essere più precisi, oggetto dei lavori è: spianamento e recinzione di
un'area boscata di circa 1000 mq, realizzazione di un piccolo manufatto in legno
ad uso deposito, posa di attrezzature meccaniche ad uso schiacciasassi.
L'attività consiste nel prelevare i massi da una vicina cava di inerti e
trasportarli sul luogo, frantumarli, suddividerli in base alla pezzatura,
ricaricarli con pala meccanica su autocarro e trasportarli ad altra
destinazione.
L'area è di proprietà comunale ed è stato stipulato un contratto di affitto
della durata di 36 mesi.
Secondo il PRG l'area agricola è classificata E 1 : Aree interessate da boschi
comunali e boschi privati nelle quali non è ammesso nessun intervento edilizio
ex novo - eventuali costruzioni precarie.
E' stato acquisito il n.o. ambientale ed idrogeologico.
Secondo il piano acustico l'area ricade in classe III.
Nel provvedimento si fissa un termine di 36 mesi trascorsi i quali si prescrive
il ripristino dello stato dei luoghi.
Le perlessità sono quindi sulla possibilità di rilasciare permessi a titolo
temporaneo, se l'attività esercitata sia compatibile con la normativa di zona,
oppure, per il fatto che sono temporanei e sul suolo di proprietà comunale, gli
interventi non siano tenuti al rispetto della normativa vigente.
Grazie per gli eventuali contributi.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 20 ottobre, 2005 08:19
:
Non ricordo esplicite previsioni normative riguardo pdc a carattere temporaneo,
penso quindi non possa essere quello il provvedimento autorizzativo corretto.
Premesso che, in ogni caso, i provvedimenti temporanei mi fanno paura (tendono
stranamente a diventare definitivi, specie quando ci sono in ballo attività
economiche), è sotto il profilo urbanistico che nutro le maggiori perplessità:
in sostanza si intende mutare l'uso del suolo da agricolo - boschivo che sia, a
produttivo (attività di trasformazione inerti), cosa che mi pare assolutamente
incompatibile e che, peraltro, visto che hai citato la classe acustica, dovrebbe
finire in V o VI classe, non certo in III.
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 20 ottobre, 2005 09:22
:
I permessi temporanei potrebbero essere stati contemplati da alcune leggi
regionali. Quella toscana, per esempio, prevede l'installazione di manufatti
precari, per il periodo massimo di un anno, addirittura con semplice
comunicazione al sindaco, ma per esclusive finalità agricole e a determinate
condizioni, che diventa pressochè impossibile utilizzare la norma.
Questo per dire che non credo che sia praticabile la strada del permesso
temporaneo in zona agricola per attività che nulla hanno a che vedere con
l'agricoltura ma molto con l'attività di cava. Inoltre, mi sembra che
l'intervento sia in totale contrasto con le norme di zona.
Io guarderei alla normativa regionale sulle attività estrattive.
Il contratto d'affito contempla la realizzazione di tali interventi sul terreno
di proprietà comunale?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 20 ottobre, 2005
09:58 :
Il contratto d'affito non contempla la realizzazione di tali interventi ma
richiama la delibera di GM con la quale viene concessa in affitto l'area in
parola considerando la richiesta meritevole di accoglimento trattandosi di
attività artigianale.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 20 ottobre, 2005 11:06
:
Guarda, mi spiace, ma ho la netta impressione che la delibera di giunta sia
stato il consueto documento redatto per aggirare le norme del PRG.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 20 ottobre, 2005
11:32 :
Visto che un intervento di questo tipo non rientra tra quelli di cui all'art. 6
del T.U. Edilizia (Attività edilizia libera), si può discutere sul titolo
edilizio necessario (DIA o permesso di costruire) ma sicuramente è necessaria
la conformità alla disciplina urbanistica vigente.
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 20 ottobre, 2005 11:50
:
Per me si tratta di attività estrattiva che deve essere ricondotta alla
specifica disciplina di settore. Il contratto d'affitto mi sembra uno
stratagemma, anche maldestro, per aggirare la norma.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 20 ottobre, 2005 12:22
:
Mi pare di aver inteso che per l'attività di trasformazione urbanistica del
territorio in oggetto non esiste conformità urbanistica.
In tal caso l'unica strada dovrebbe essere quella del permesso di costruire in
deroga agli strumenti urbanistici ex art. 14 del T.U., posto che sussista un
motivato interesse collettivo. Il passaggio in Consiglio Comunale sarebbe
d'obbligo.
Comunque sia, a mio avviso, non vi è modo di rilasciare il permesso di
costruire a carattere temporaneo.
La strada alternativa potrebbe essere quella delle opere precarie, non seggette
a titolo edilizio.
In questo caso il presupposto della temporaneità d'uso e della successiva
eliminazione di manufatti precari esclude la necessità di acquisire
preventivamente un titolo.
Il problema è capire se sono realmente opere precarie, in quanto ovviamente il
carattere temporaneo non è il solo requisito atto a definire la precarietà di
un'opera.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 20 ottobre,
2005 12:26 :
Per me si tratta di un'attività produttiva, rientrante nel campo d'applicazione
del D.P.R. n° 447/98,eseguita presumibilmente in zona impropria, ovvero quella
agricola.
[ 20. ottobre 2005, 13:27: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
Questa discussione legge
'bucalossi' nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on 19 ottobre, 2005 12:00
:
Salve
finalmente ho ottenuta la concessione edilizia tanto bramata
I lavori prevedono ristrutturazione e contestuale frazionamento di civile
abitazione;
da una unica abitazione, infatti, ne saranno ricavate 2 indipendenti,piu un
piccolo magazzino.
Per questa situazione, devo pagare bucalossi, visto che non faccio nessun
aumento di volume ?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 19 ottobre, 2005
13:38 :
si, anche se in misura ridotta rispetto a un nuovo edificio.
Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on 20 ottobre, 2005 08:24
:
ciao
grazie della risposta.e scusatemi per l'insistenza..
ma quanto piu bassa?
se ho ottennuto due civili abitazioni di 90 + 70+ magazzino di 30 mtq...quanto
(chiaramente + o -)vado a spendere?
grazie a tutti
ciao
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 20 ottobre, 2005
09:18 :
Dipende dalla zona, dalle caratteristiche dell'edificio, dalla regione, dal
comune, dal tecnico ...
Ogni Comune ha delle tabelle personalizzate che ti consiglio di visionare per
farti un'idea più precisa.
In genere più la zona è periferica più paghi.
Nel caso di intervento su edificio esistente la riduzione è notevole in
particolare per gli oneri di urbanizzazione: 1/5 rispetto al nuovo.
Per il costo di costruzione: percentuale su calcolo tabellare o, se più
conveniente (nel caso i lavori edili siano minimi), sul computo metrico
estimativo.
Salvo errori ed omissioni; come vedi non è tanto semplice essendo procedimenti,
a mio avviso, complicati, come tutto, in modo eccessivo.
Saluti e buona fortuna.
Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on 20 ottobre, 2005 09:48
:
grazie
aspettero la ...bella notizia dal comune
ciao
grazie
Questa discussione demolizione
immobili abusivi nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 14 ottobre, 2005
22:10 :
A seguito di una denuncia privata e dell’accertamento effettuato dalla Polizia
Municipale e dal mio tecnico, responsabile del servizio urbanistico comunale, ho
emesso una ordinanza di demolizione di 2 depositi abusivi, di un locale annesso
all’abitazione e di un terrazzo.
Entro il termine stabilito dei 90 giorni, o meglio nell’89° giorno, è
pervenuta una semplice lettera con la quale si chiedeva di condonare le opere
abusive.
Gli rispondevo che i termini del condono nazionale erano scaduti il 31.12.2004 e
che le opere non erano sanabili ai sensi dell’art.34 del DPR 380/2001. Inoltre
come previsto dall’art.36 dello stesso DPR 380/01 il termine per ottenere
l’eventuale sanatoria era irrisorio essendo rimasto un sol giorno alla
scadenza dei 90gg. Per analizzare la richiesta (tra l’altro priva degli
elaborati progettuali).
La Polizia Municipale, allora, dichiarava l’inottemperanza alla ordinanza di
demolizione ed io, previo sopralluogo, emettevo ordinanza di accertamento
dell’inottemperanza per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei
registri immobiliari degli immobili “abusivi”.
Adesso la pratica è in attesa della decisione del Consiglio Comunale circa
quanto previsto dal comma 5 dell’art.31 DPR 380/01.
Il cittadino inadempiente ha adesso chiesto la possibilità di condonare, quanto
meno, la parte abusiva annessa all’abitazione.
Vi chiedo: sono ancora nella possibilità di accettare tale richiesta o devo
procedere con la demolizione di tutte le opere abusive?
Grazie per gli interventi.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 15 ottobre, 2005
22:44 :
nella ordinanza hai indicato anche l'aree da acquisire insieme all'immobile?
Io ti consiglio di valutare la richiesta del cittadino e di valutare
attentamente se l'immobile abusivo dispone della doppia conformità ai sensi del
art. 36 del 380. Se Esiste la doppia conformità a mio parere sarebbe abnorme
emettere ordinanza di demolizione, che sarebbe l'ultima ratio.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 16 ottobre, 2005
10:45 :
Per l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 siamo, a mio avviso,
ancora in tempo in quanto la parola OTTENERE va correttamente intesa come
RICHIEDERE.
Dal momento che si prevede l'acquisizione si suppone che abuso sia relativo a
interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o
con variazioni essenziali (art. 31)
Se così è, la richiesta di accertamento di conformità potrà essere
facilmente negata e proseguire con l'acquisizione.
Se però, come pare di capire, le opere abusive, o parti di esse, possono
risultare conformi (e forse la cosa andava precisata nell'ordinanza), mi pare
doveroso agevolare la sanatoria.
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 17 ottobre, 2005
10:07 :
A mio avviso l’accertamento di conformità non può essere rilasciato, infatti
dalla lettura del caso emerge l'inosservanza del termine di 90gg.:
l’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 nel richiamare l’art. 31, comma 3, sembra
condizionare la possibilità di esaminare la relativa richiesta al presupposto
temporale del rispetto dei 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di
demolizione.
In altre parole, sempre a mio avviso, il termine di cui all’art. 31 comma 3
del d.P.R. n. 380/2001 è da intendersi perentorio, infatti la sanzione per la
sua inosservanza è data proprio dall’acquisizione gratuita ope legis al
patrimonio del Comune del bene abusivo.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 17 ottobre, 2005
12:55 :
Sostengo anch'io la stessa tesi di Nazzareno Rosa circa la perentorietà del
termine di 90 gg., anche se non è vietata la facoltà di sospendere o
prolungare i termini dei provevdimenti, purchè sorretta da giuste motivazioni.
Sarebbe opportuno rivedere l'intera procedura e verificare se sia stato
notificato l'avvio del procedimento per l'adozione dei provvedimenti definitivi
ex art.7 L.241/90, con l'assegnazione del termine per il deposito di memorie,
l'inoltro di istanza di sanatoria, ecc., prima dell'emissione dell'ordinanza e
verificare l'indicazione delle aree da acquisire con gli stabili.
Ciò consentirebbe eventualmente di ripartire con le corrette procedure ed
approfondire la possibilità di sanare gli abusi.
Mi sembra che l'ordinanza costituisca titolo per l'immissione in possesso e la
trascrizione nei registri immobiliari; sono procedure da non prendere a cuor
leggero.
Buona giornata
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 17 ottobre, 2005
16:48 :
Sono daccordo con te (marco occhipinti) quando sostieni che l'ordinanza di
demolizione è una procedura da non prendere a quor leggero e difatti sono a
cercare (insieme a voi) una possibilità per far sanare almeno la parte
attaccata all'abitazione.
Ho comunque fatto tutto nei termini di legge, ho anche fatto l'inizio del
procedimento ai sensi della 241/90.
Solo che la sig.ra ha presentato una semplice lettera l'89° giorno. Adesso
anche lei vorrebbe cercare di sanare, quanto meno la parte dell'immobile (che
comunque non è conforme a quanto previsto dal piano di zona).
Siccome però la procedura è avanzata; è stato fatto anche l'accertamento ed
il Consiglio Comunale mia ha già richiesto la relazione per la demolizione,
posso ricollegarmi, ed in che modo(??), alla loro precedente lettera riaprendo i
termini; o è corretto che il cittadino faccia richiesta di riapertura dei
termini chiedendo...................cosa?
Grazie per la collaborazione.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 18 ottobre, 2005
06:57 :
A mio parere, la richiesta presentata dall'interessata - se pervenuta prima
dello scadere dei 90 giorni - deve essere intesa come istanza di sanatoria che
interrompe la procedura per la demolizione dell'opera abusiva.
Se la domanda è priva dei contenuti e degli allegati progettuali necessari, il
Comune potrà richiedere documentazione integrativa.
Una volta che il Comune si sarà pronunciato definitivamente sull'istanza di
sanatoria, in caso di rigetto, dovrà essere emessa una nuova ordinanza,
attribuendo di nuovo 90 gg. per la demolizione.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 18 ottobre, 2005
07:46 :
Ma questa benedetta lettera giunta all'89° giorno ha i requisiti di forma e
sostanza di un accertamento di conformità ?
Penso sia questo il punto.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 18 ottobre, 2005
07:50 :
Infatti, l'accertamento di conformità non può essere rilasciato non tanto
perchè sono scaduti i termini (che a mio avviso non sono scaduti) ma perchè
non vi sono i presupposti (come si apprende ora da enzo l'intervento non è
conforme).
A questo punto, per cercare di salvare la parte attaccata alla abitazione, non
rimane che valutare se sia applicabile l'art. 34 c.2 che prevede una sanzione
pecuniaria al posto della demolizione quando questa comporti il pregiudizio
nella parte conforme.
Il pregiudizio rilevato può essere di diverso ordine: oltre che statico e
funzionale, anche di tipo estetico, compositivo, ....
Se può servire, qua c'è una bozza di ordinanza:
http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=sanzione_pecuniaria_alternativ
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 18 ottobre, 2005
08:39 :
Quelle descritte non mi sembrano proprio delle difformità parziali.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 18 ottobre, 2005
10:01 :
Perchè no? Stiamo parlando di una terrazza attaccata alla abitazione.
E in ogni caso, se ci fosse pregiudizio statico della parte conforme, non vedo
alernative alla sanzione pecuniaria.
Infatti, lo prevede anche l'art. 33 c.2 per interventi di ristrutturazione
edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità.
Forse il riferimento a questo articolo è più appropriato al caso in questione.
Cambia solo il criterio per calcolare la sanzione pecuniaria, che comunque è
ammessa.
Cordiali saluti.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 18 ottobre, 2005
10:58 :
Sono d'accordo con Moretti, l'istanza all'89simo giorno e' da intendersi valida,
e va riscontrata.
Con ciò il procedimento di acquisizione al patrimonio comunale va interrotto!
Al consiglio si può dare una informativa circa l'istanza all'89simo giorno.
Aggiungo che e' ovvio il riscontro di inottemperanza in presenza di una istanza
in sanatoria seppur priva degli allegati progettuali, come puo' demolire uno che
ha resentato istanza di sanatoria?.
Riscontrare! Riscontrare! Riscontrare! e poi eventualmente diniegare la
sanatoria e rinnovare l'ordine di demolizione!
Credo che il TAR non avrebbe difficoltà a concedere, in un attimo, una
sospensiva alla ordinanza di immissione in possesso.
Se poi parte dell'opera puo' essere sanata, si va facilmente incontro al
risercimento danni, ultima ratio che rimane in mano all'istante!
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 18 ottobre, 2005
11:22 :
Cari colleghi secondo me così facendo rischiamo di essere più realisti del Re
!!!
Mi pare di aver capito che c'è stata una lettera del sanzionato pervenuta quasi
fuori tempo massimo che probabilmente non è qualificabile come accertamento di
conformità ex art.36 , difettandone di requisiti di forma e sostanza.
C'è stata comunque una risposta dell'ente , ossia la lettera è stata
riscontrata .
L'eventuale regolare istanza ( se fosse stata presentata ) non sarebbe stata
comunque sanabile.
RIsultano peraltro assunti i successivi atti ( accertamento all'inottemperanza ,
etc. . )
Non rimane evidentemente che procedere .
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on 18 ottobre, 2005
11:30 :
Sono d'accordo con Davide Maglio:
a) l'art. 34 non pare applicabile, in quanto si riferisce ad interventi e opere
realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire (che, qui, parrebbe
non esistere).
b) l'art. 36, oltre a richiedere che l'intervento sia conforme allo strumento
urbanistico, prevede che, entro i 90 giorni, sia ottenuto (!) il permesso in
sanatoria, non che, entro tale termine, sia presentata l'istanza (oltre tutto in
una forma che non consente il rilascio del permesso).
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 18 ottobre, 2005 11:37
:
A mio avviso, la lettera pervenuta l'89° giorno può essere presa in esame
perchè pervenuta entro i 90 gg di legge e comunque prima dell'irrogazione delle
sanzioni amministrative. Purtroppo però è stata comunicata subito
l'insanabilità delle opere ai sensi dell'art. 34.
A questo punto, non vedo come ci si possa 'rimangiare' quanto già comunicato
(suppongo sulla base di attenta qualificazione del tipo di abuso).
[ 18. ottobre 2005, 12:56: Mod. da Diana Sozio ]
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 18 ottobre, 2005
12:36 :
Credo ci sia poco da scegliere:
o i tecnici ritengono di sospendere le procedure, magari per verificare la
salvaguardia dell'immobile legittimo nell'ottica descritta da Tiziano Cornaviera,
altrimenti al cittadino non rimane che il ricorso al TAR; qualora, nel secondo
caso, non venisse concessa la sospensiva il comune potrebbe attendere, comunque,
l'emissione della sentenza da parte del tribunale amministrativo.
In tutti i casi sarebbe utile che un tecnico incaricato dall'interessato
proponesse qualche giustificazione tecnica, in tempi utili; ciò
giustificherebbe l'operato del responsabile dell'ufficio a fronte delle
richieste del consiglio comunale o consentirebbe, in caso di ricorso al TAR, di
attenderne l'esito.
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 18 ottobre, 2005
16:54 :
L'ulimissima: in data odierna è stata notificata al Comune il ricorso al TAR
del cittadino.
Piccolo appunto, irrilevante ai fini tecnici,: "io mi chiedevo come poter
-tra virgolette- "salvare" il cittadino, mentre lo stesso (o meglio il
suo avvocato) nel ricorso usa dei termini nei miei confronti offensivi e da
querela (ma lasciamo stare).
Mi viene imputato nel ricorso:
1.di non aver notificato l'ordinanza anche al marito (in comunione legale) ....ma
tutti i precedenti permessi erano intestati solamente alla moglie.
2.di non aver preso in considerazione la richiesta di sanatoria.
E su tale questione vorrei precisare che da un più attento calcolo la stessa è
stata presentata il 91° giorno anzichè l'89° come avevo a voi precedente
detto (la mia ordinanza è stata notificata al cittadino il 21.03.2005 e la
richiesta in sanatoria è del 20.06.2005);
Voglio però aggiungere, ricollegandomi a quanto detto da Davide Maglio, l'abuso
non è conforme alla normativa urbanistico-edilizia come previsto dall'art.36
del DPR 380/01 ed anche la parte attaccata all'abitazione, se proprio dobbiamo
essere sinceri, è stata realizzata dopo una concessione, già in sanatoria, che
sanava un garage staccato dall'abitazione e che dopo alcuni anni è stato
addirittura attaccato alla stessa.
Ciao a tutti e grazie del contributo.
P.S. mi consigliate di querelare il cittadino e l'avvocato per le offese scritte
nel ricorso al TAR?
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 18 ottobre, 2005
17:16 :
Al TAR cosa è stato impugnato? L'ordinanza di demolizione o quella di
inottemperanza ed immissione in possesso? o la tua nota di riscontro alla
"cosiddetta" sanatoria?
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 18 ottobre, 2005
21:01 :
Stranamente non è stata impugnata l'ordinanza di demolizione ma quella
successiva accertamento propedeutica all'immissione in possesso e la nota di
riscontro (si badi non di diniego perchè la pratica è stata presentata oltre i
termini e priva degli elaborati) alla richiesta di sanatoria, poi.... comunque
è stata usata la frase di rito...ogni atto, precedente, successivo e
conseguenziale a quelli impugnati......
ciao Rocco
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 19 ottobre, 2005
07:17 :
Credo che a questo punto - a parte le motivazioni della nota di riscontro, che
potranno essere integrate in corso di giudizio ai sensi dell'art. 21-octies,
comma 2 della legge n. 241/90 e s.m. - credo che l'unico possibile motivo di
annullamento del provvedimento sia la mancata notifica alla comproprietaria,
vizio che comunque potrebbe essere sanato ai sensi dell'art. 21-nonies, comma 2
della stessa legge 241/90 effettuando la notifica.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 19 ottobre, 2005
07:23 :
Lascia perdere le querele !
Se ti può consolare anche io all'inizio della mia non breve esperienza
amministrativa fui pervaso da un "certo disagio" ( per non dire altro
) nel leggere il contenuto del primo ricorso al TAR .
Riguardo invece al problema che ti occupa, è evidente un difetto di notifica (
al comproprietario ) della prima ordinanza e pertanto degli atti successivi
propedeutici alla trascrizione nei registri immobiliari.
Forse è il caso di replicare su una base formalmente corretta tutto il
procedimento sanzionatorio .
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 19 ottobre, 2005
08:17 :
Concordo con Davide Maglio.
Per chiarire i termini nei quali può essere proposta istanza di sanatoria,
riporto per estratto un commento di Giuseppe Di Marco - IPSOA:
<<... l'art. 36 T.u. stabilisce i termini, relativi ai diversi casi
indicati dalla norma, nei quali il responsabile dell'abuso o il proprietario
dell'immobile possono presentare istanza di sanatoria. In realtà, la norma non
si esprime esattamente in questo modo; essa indica, invece, i termini entro i
quali, "il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile
possono ottenere il permesso in sanatoria". Si deve, però, ritenere che,
malgrado la lettera della norma, il suo significato sia quello di riferirsi ai
termini entro i quali è possibile richiedere il permesso di costruire in
sanatoria e non a quelli nei quali questo deve essere rilasciato, in quanto il
termine per la determinazione del dirigente o responsabile del competente
ufficio comunale è indicato nel successivo terzo comma.>>
Da notare che l'art. 36 prosegue con "..e comunque fino all’irrogazione
delle sanzioni amministrative" che crea altri dubbi sulla cui
interpretazione la dottrina è divisa ma che non dovrebbe influire nel caso in
questione.
Se può servire:
Con sentenza TAR Puglia 15.12.94, n. 1525 il termine per proporre la domanda di
sanatoria viene ritenuto perentorio.
La Corte di Cassazione con pronuncia del 21.02.90 ha affermato che non può
essere rilasciata concessione a sanatoria se la richiesta è presentata oltre i
termini di 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire.
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 19 ottobre, 2005
21:46 :
Prendendo anche spunto dai vs consigli avrei deciso di fare in questo modo:
partendo dal presupposto che la notifica andava fatta anche al coniuge
annullerei, per autotutela, l'ordinanza di accertamento ed acquisizione e,
facendo salva quella di demolizione (non impugnata) concederi al cittadino un
termine di 15-20 giorni per depositare il progetto della richiesta di sanatoria,
la porterei in commissione edilizia e poi riproporrei gli atti consecutivi e
conseguenziali.
Cosa vi pare?
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 20 ottobre, 2005
07:33 :
Non mi pare corretto perché, anche se l'atto di accertamento
dell'inottemperanza non è stato comunicato al coniuge, comunque
l'inottemperanza è avvenuta e questo ha determinato ope legis l'acquisizione
degli immobili al patrimonio comunale.
Se, invece, l'istanza presentata dall'interessata può essere considerata quale
istanza di sanatoria e la successiva nota del Comune può essere considerata
come diniego, credo che debba essere emessa una nuova ingiunzione di demolizione
da eseguire entro 90 gg..
Inoltre, se già una richiesta di sanatoria è stata respinta, non capisco perché
invitare l'interessata a proporne un'altra.
In
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on 20 ottobre, 2005 08:26
:
Se hai deciso di intraprendere la strada dell'annullamento in autotutela, io
consiglierei di ripercorerre l'intera procedura fin dall'emissione
dell'ordinanza di demolizione.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 20 ottobre, 2005
09:06 :
IO non farei un annullamento in autotutela, ma semplicemente rinnoverei
dall'inizio la procedura sanzionatoria a partire dall'ordine di demolizione
(preceduta da avvio di procedimento in cui si comunica ed anticipa che la
procedura viene rinnovata - tanto per calmare gli animi presso il TAR).
del tipo:
...Premesso che l'ordinanza non e' stata notificata al coniuge (motivando la
svista in relazione al fatto che tutti i precedenti permessi erano intestati
solamente alla moglie)
...Ritenuto dover rinnovare l'ordine di demolizione ...ecc (da notificare ad
entrambi i coniugi)
In tal modo tutti (comune e proprietari) potranno godere di una procedura
ex-novo e corretta, e pertanto i proprietari potranno formulare (con contezza
progettuale) le varie istanze di sanatoriase possibili).
In questo modo il ricorso pendente al TAR perderebbe di significato, quindi ci
si potrebbe non costituire come Comune, e forse lo stesso proprietario non
avrebbe interesse.
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on 20 ottobre, 2005
09:13 :
Forse può essere utile la sentenza TAR Toscana 1253 - 25 luglio 2001, che ha
così deciso, per un caso analogo: "L'ingiunzione di demolizione di
immobile abusivo, essendo improduttiva di effetti diretti ed immediati sul
patrimonio del soggetto cui è intimata, ha sostanzialmente carattere di diffida
rivolta ad assegnare un termine all'intimato, al fine di consentirgli lo
spontaneo ripristino della legalità, e di evitargli in tal modo di subire la
definitiva sanzione all'uopo prevista dalla legge. Di conseguenza, l'ingiunzione
a demolire non è viziata da illegittimità per il solo fatto di non essere
stata notificata a tutti i comproprietari, fermo restando che il successivo
provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 7 della
L. 47/85, non è legittimamente adottato nei confronti del comproprietario al
quale non sia stata notificata la diffida".
Analogamente si è espressa anche la CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III,
27/02/2003 (CC. 23/01/2003), RV. 224174, Ordinanza n. 09225
[ 20. ottobre 2005, 10:18: Mod. da Dei Cas Michele ]
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 20 ottobre, 2005
10:01 :
Però oggi l'art. 31, comma 2 del T.U: Edilizia dispone testualmente che
"Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ...
ingiunge al proprietario .... la rimozione o la demolizione".
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 20 ottobre, 2005
10:12 :
Circa il ricorso al TAR mi permetto di ricordare che chi, come me, accetta il
principio dell’acquisizione ope legis desume che, ove il provvedimento di
ripristino sia divenuto inoppugnabile, il responsabile dell’abuso non potrà
far valere in sede di ricorso contro il provvedimento di acquisizione profili di
legittimità ed eccezioni che si riferiscono all’ingiunzione presupposta.
Contro il provvedimento di accertamento dell’inadempienza e di acquisizione
possono essere fatti valere solo vizi propri della procedura che ha determinato
l’acquisizione ope legis.
Questo poi deve essere messo in relazione con il ricondurre la natura del
provvedimento, con cui si accertava l’inadempienza, alla categoria degli atti
meramente dichiarativi di una situazione giuridica (l’acquisizione gratuita)
già costituita, assumendo quindi valore ricognitivo di un fatto oggettivo.
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on 20 ottobre, 2005
10:45 :
Roberto Moretti ha ragione; avevo dato per scontato che, come in altri casi, la
formula del Testo unico avesse ripreso senza modifiche sostanziali quella della
legge 47; in questo caso invece non è così; quindi le sentenze citate che,
appunto, facevano riferimento alla normativa previgente, probabilmente non sono
più pertinenti.
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 20 ottobre, 2005
21:29 :
Perchè dovrei riproporre anche la prima ordinanza di demolizione se non è
stata impugnata ed è divenuta esecutiva.
Io assegnerei solo un termine congruo per presentare gli elaborati e poi
decidere su un'eventuale permesso in sanatoria, magari anche parziale.
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on 21 ottobre, 2005
20:12 :
Scusate, dopo tanti pareri autorevoli, non ho compreso bene. La scadenza dei 90
giorni, scadono, dal giorno in cui è stata emessa l'ordinanza di demolizione?
Sono a conoscenza di un caso,il 18 maggio 2005 è stata fatta una ordinanza di
demolizione di un opera abusiva, trascorsi i 60 giorni, l'interessato non ha
fatto ricorso al T.A.R. IL 05 Settembre 2005 ha chisto la sanatoria, il Comune
gli la concessa, è normale??grazie
[ 22. ottobre 2005, 15:27: Mod. da Mario Pizzaballa ]
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 22 ottobre, 2005 16:23 :
I 90 giorni decorrono dalla data della notifica all'interessato.
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on 22 ottobre, 2005 20:06 :
La notifica è stata fatta il 18 Maggio 2005, pertanto l'ufficio tecnico,o la
commissione edilizia,(non lo sò chi) non dovevano concedere la sanatoria,e
quindi si doveva procedere alla demolizione dell'opera abusiva.
Hanno commesso un errore??
[ 22. ottobre 2005, 21:02: Mod. da Mario Pizzaballa ]
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 23 ottobre, 2005 00:27 :
No Mario, il termine dei 60 giorni è per proporre ricorso al TAR (o 180 gg. al
Presidente della Repubblica)comunque vi sono 90 gg. per eventuale sanatoria.
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on 23 ottobre, 2005 07:55 :
E quindi superati i 90 giorni, dalla notifica o ordinanza, e se non vi è stata
opposizione, la sanatoria non può essere concessa perche superati i 90 giorni
?.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 23 ottobre, 2005
11:52 :
Secondo me la questione non deve essere affrontata rrispetto ai termini di
scadenza, i quali vanno bene se i provvedimenti emessi sono pienamente
leggittimi.
Mi spiego:
per il caso in questione va valutata a monte la qualificazione giuridica
dell'intervento (in questo caso nuova costruzione, in quanto apliamento
volumetrico)
Dopodichè va verificata che tipo di sanzione appliicare, o meglio quale
articolo applicare.
art 31 se totale difformita o sensa permesso di costruire
art 34 parziale difformita
art 36 accertamento di conformita
dalla corretta individuazione degli articoli da opplicare ne discende una
ordinananza pienamente leggittima.
Dopo di che è perfettamente corretto rifarsi ai tempi previsti per ottemperare
alla ordinanza., altrimenti si rischia il contenzioso al tar.
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on 23 ottobre, 2005
15:38 :
Ing. Rizzo. il caso di mia conoscenza:
Art.31, in totale difformità, e senza permesso di costruire.
Gradirei sapere, i tempi per far ricorso al T.A.R.
I tempi per chiedere la sanatoria.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 23 ottobre, 2005
17:10 :
Pizzaballa, io ragiono cosi':
1- vengo a cono scenza dell'abuso
2 - avvio procedimento (sanzionatorio) L. 241/90 o ordinanza sospensione lavori
se trattasi di lavori in corso
3 - qualifico l'abuso e verifico la possibile sanabilità( art. 34 o art. 36)
4 - se sanabile invito a presentare sanatoria (magari entro tot giorni)e non
faccio ordine di demolizione chge sarebbe abnorme.
5 - se non presenta anatoria faccio ordinanza demolizione (indico anche l'area
da acquisire)
6 - passati 90 giorni verifico l'ottemperanza e faccio ordine di sgombero e di
immissione in possesso.
7 vado in consiglio per vedere s vogliono demolire o mantenere al patrimonio
pubblico.
NB. nel caso in cui faccio atti precipitosi cerco di riaprire la questione,
magari congelando gli atti e dando spazio al privato di intervenire.
NB2 gli avvocati si inventono di tutto, prova ne sono i diversificati
pronunciamenti giuirisprudenziiali sulla medesima questione.
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on 23 ottobre, 2005
19:52 :
Purtroppo, mi dicono che il Comune è venuto a conoscenza (si fa per dire) un
anno dopo, dell'abuso.
O meglio lo so, se qulcuno non dice nulla,sei tranquillo, ( vedo non vedo),
purtroppo per il mal capitato, qualcuno la visto, l'abuso.
Ha questo punto il Comune,cosa deve fare?
[ 23. ottobre 2005, 23:06: Mod. da Mario Pizzaballa ]
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 24 ottobre, 2005
07:46 :
A mio parere, una volta trascorsi i 90 giorni dall'ordinanza, se il responsabile
non ha provveduto alla demolizione si verifica ope legis l'acquisizione degli
immobili al patrimonio comunale.
Quindi, non può essere accolta la richiesta di sanatoria presentata dopo tale
termine, perché così prevede la legge (art. 36, comma 1, T.U.) e perché ormai
gli immobili sono di proprietà comunale.
Se invece si ritiene che l'ordinanza fosse affetta da qualche vizio di
legittimità, il Comune può annullarla in autotutela ed, in questo modo,
riaprire i termine per un'eventuale sanatoria.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 24 ottobre, 2005
08:10 :
Io concordo con chi consiglia di annullare tutto e ripartire dall'inizio: dalla
relazione istruttoria a seguito sopralluogo.
Più puntualmente si esegue questa istruttoria, meno probabilità ci sono di
incappare in errori e ricorsi.
Nella relazione istruttoria, oltre a identificare precisamente le opere abusive
(responsabili, proprietari, esecutore, data abusi, ...) è fondamentale
qualificarle singolarmente ,(soggette a PdC, a DIA, conforme, non conforme,
presenza vincoli, sanabili, non sanabili, ev. pregiudizio della parte
conforme...) al fine di inquadrare l'abuso nelle giuste tipologie ed emettere
coerentemente gli atti conseguenti.( artt 31,33,34,37).
<< ...decidere su un'eventuale permesso in sanatoria, magari anche
parziale>> va bene per salvare il salvabile, ma viene il dubbio che
ordinanza di demolizione sia stata emessa senza fare queste valutazioni.
Succede quindi che il sig Pizzaballa, riferindosi ad un'altra interminabile
discussione,
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001077#000000
esiga, con ragione, che alla scadenza di una ordinanza di demolizione (se non
viene annullata) venga dato corso.
Trattandosi, nel caso citato, di una recinzione, una corretta istruttoria
avrebbe inquadrato l'intervento nell'art 37, e chiuso rapidamente applicando la
prevista sanzione pecuniaria.
Su eventali richieste di sanatoria, più che il parere della CE, è
indispensabile la conformità quindi, sentiamo la CE, ma dovrà pronunciarsi
esclusivamente sulla conformità o meno della proposta.
Spero di non aver creato troppa confusione, consulta comunque il legale di
fiducia.
Questa discussione CONDONO
E ACCATASTAMENTO F3 E F4 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 11 ottobre, 2005 10:09 :
HO CONDONATO LA CHIUSURA DI UN PORTICO COME ABITAZIONE MA ANCORA AL RUSTICO,
OVVERO SONO STATE REALIZZATE SOLO LE TAMPONATURE PERIMETRALI CHE DEFINISCONO
APPUNTO IL VOLUME SENZA INTOACO INFISSI IMPIANTI E TUTTE LE OPERE INTERNE
NECESSARIE A RENDERLO ABITAZIONE.
IN SEDE DI ACCATASTAMENTO AI FINI DEL CONDONO EDILIZIO POSSO ATTRIBUIRGLI F3 (IN
CORSO DI COSTRUZIONE) O F4 (IN CORSO DI DEFINIZIONE)?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 11 ottobre, 2005
13:47 :
Avrei quanche difficoltà ad accogliere questa domanda di condono in quanto le
opere non sono completate funzionalmente. In pratica abuso realizzato è solo il
tamponamento di qualche muro. L'appartamento, di cui si chiede il condono,
ancora non esiste.
Questa discussione CONDONO
DI MAGAZZINI IN ZONA E2 (AGRICOLA DI VALORE NATURALE PAESISTICO) nel forum Edilizia
ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 11 ottobre, 2005 11:22 :
HO FATTO RICHIESTA DI CONDONO PER DEGLI ANNESSI AD UN FABBRICATO RURALE IN ZONA
E2 (AGRICOLA DI VALORE PAESISTICO NATURALE)
GLI ANNESSI SONO 1 MAGAZZINO DI 16.5 MQ
1 RIMESSA DI 24 MQ.
1 CANTINA DI 6.5 MQ.
1 RIPOSTIGLIO DI 3 MQ.
LO POTEVO FARE?
SE SI COME DEVO FARE X OTTENERE IL NULLA OSTA DEI BENI AMBIENTALI ?
ENTRO IL 31 OTTOBRE?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 11 ottobre, 2005
14:42 :
La sanatoria di immobili in zone vincolate richiede particolare attenzione in
quanto c'è il rischio di incorrere in una autodenuncia, sia per il fatto che
l’abuso non venga correttamente inquadrato, sia perché in ogni caso per
ottenere la sanatoria, è sempre necessario il parere favorevole
dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
La condonabilità dipende da vari fattori:
la disciplina della propria legge regionale, il fatto che le opere siano state
eseguite prima o dopo l'imposizione del vincolo, il fatto che risultino o meno
conformi.
Per richiedere il n.o. dei beni ambientali penso basti sentire il tecnico
comunale e trasmettere la documentazione necessaria per l'esame della pratica.
Questa discussione occupazione
suolo pubblico e accesso carrabile nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da leonardo benedetti (Utente n. 4763) on 10 ottobre, 2005
11:06 :
buongiorno
un dubbio, nel caso in cui sia necessario richiedere l'occupazione temporanea di
parte di una strada comunale per permettere il parcheggio di mezzi pesanti
(autobotte e pompa) sulla strada (essendo la strada vicinale di accesso al
cantiere troppo stretta) per il trasporto del cemento laddove si trovino dei
passi carrabili e non risultando per conformazione della strada altra possibilità
di posizionamento dei mezzi, prevale l'occupazione o il divieto di sosta per
l'accesso carrabile? piu' in generale il divieto di sosta per passo carrabile
puo' essere opposto anche a chi sia autorizzato temporanemente ad occupare
l'accesso dal comune?
chiedo scusa se non sono risultato troppo chiaro
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 11 ottobre, 2005
08:11 :
Io penso che un conto sia l'occupazione del suolo pubblico e un'altro la
chiusura al traffico della strada, o parte di essa, per la quale ci vuole
ordinanza.
Con la domanda di occupazione forse era il caso di precisare che ciò comportava
la chisura al traffico per tot tempo di determinati accessi in modo che il
Comune, verificata la fattibilità, potesse predisporre l'ordinanza di chiusura
avvisando quindi preventivamente gli interessati.
Questa discussione Demolizione
parziale nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 07 ottobre, 2005
07:07 :
Quali sono le conseguenze nel caso in cui, a seguito di un'ingiunzione di
demolizione, entro il termine di 90 gg. le opere abusvie vengono demolite solo
parzialmente ?
Deve essere acquisita al patrimonio comunale l'intera area indicata
nell'ingiunzione, oppure soltanto quella commisurata alle opere che sono rimaste
in piedi ?
E nel caso in cui vengano mantenute in essere soltanto opere non valutabili in
termini di volume (es. un basamento in cls), si deve comunque procedere
all'acquisizione dell'area oppure si applica una sanzione pecuniaria commisurata
alle opere medesime ?
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 07 ottobre, 2005
08:15 :
Io farei cosi:
1 - prendere atto della avvenuta parziale demolizione e avviare nuovo
procedimento sanzionatorio (tramite relazione di ottemperanza alla ordinanza)
2- valutare la consistenza delle opere residue come se fosse un nuovo abuso
3 - valutare se le opere sono sanabili o meno e quindi emettere gli atti
conseguenti.
3.1 se sanabili invitare a formulare richiesta di sanatoria
3.2 se non sanabili emettere nuova ordinanza demolitoria
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 09 ottobre, 2005
18:41 :
Procedendo in questo modo, però, mi sembra che si andrebbe ad attribuire un
indebito vantaggio al responsabile dell'abuso - che è, almeno in parte,
inadempiente - visto che gli si consente di mantenere in essere parte delle
opere abusive per ulteriori 90 giorni.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 10 ottobre, 2005
08:00 :
Se quello che rimane è un basamento in cls mi pare che l'acquisizione sia un
atto non corretto in quanto non corrisponde a quanto ordinato di demolire.
Riprendo la scaletta di Rocco al punto 3:
3 - Valutare se l'opera resudua è soggetta a PdC oppure DIA
3.1 se PdC difforme emettere nuova ordinanza demolitoria (art. 31 TUE)
3.2 Se PdC conforme, qualora l'interessato non abbia presentato sanatoria,
indicare nell'ordinanza la possibilità di richiedere l'acceratamento di
conformità.(art. 36 TUE)
3.3 se DIA sanzione pecuniaria (art. 37 TUE)
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 12 ottobre, 2005
10:41 :
Poche storie, l'opera dev'essere demolita nella sua interezza, essendone le
varie parti inscindibili.
Un basamento di cemento ( solaio e fondamenta ? ) non è certo altra cosa o
comunque meno grave della parte in elevazione.
Procedere , procedere con gli atti ....
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 12 ottobre, 2005
11:45 :
Intendi dire con gli atti relativi all'acquisizione dell'area oppure quelli
indicati nei precedenti interventi ?
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 12 ottobre, 2005
12:28 :
In caso di inottemperanza parziale è doveroso dar corso ai provvedimenti
sanzionatori già emessi, non emetterne di nuovi.
Procederei per il caso segnalato nel quesito, a meno che il responsabile non
provveda alla totale demolizione, in primo luogo all'acquisizione , poi alla
demolizione.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 13 ottobre, 2005
10:33 :
Poche storie, l'opera dev'essere demolita nella sua interezza.
Certo, questo va detto al trasgressore e il più delle volte funziona.
Quando però non ti acoltano, espropriare del terreno per un basamento in cls mi
pare quantomeno un atto abnorme.
Inoltre, una volta acquisita l'area, sulla demolizione decide il Consiglio
Comunale al quale la pratica va trasmessa e potrebbe pure accorgersi che
l'oggetto dell'abuso non è più lo stesso.
A me pare quindi più corretto evitare l'esproprio e sanzionare il basamento ai
sensi dell'art. 37 c.1 TUE.
Potrebbe anche essere che, di fronte alla prospettiva di una sanzione pecuniaria
salata, il trasgressore si convinca a demolire.
[ 13. ottobre 2005, 14:59: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
Questa discussione Interruzione
termine sanatoria art. 36 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 29 settembre, 2005
07:45 :
Vi sarei grato se mi faceste conoscere la vostra opinione sulla natura del
termine di 60 gg. previsto dall'art. 36, D.P.R. 380/01 per il rilascio del
permesso di costruire in sanatoria e sulla possibilità di sospendere detto
termine per eventuali richieste di integrazioni documentali da parte del Comune.
La Provincia (a cui, nella mia Regione, compete l'intervento sostitutivo di cui
all'art. 21 dello stesso D.P.R.) sostiene che il termine di 60 gg. non può
essere sospeso se non per un breve periodo stabilito dal Comune, decorso il
quale - se non è stato prodotto quanto richiesto - si forma tacitamente il
diniego.
A mio parere, però, non può essere legittimo un diniego basato soltanto sulla
mancata presentazione delle integrazioni richieste, anche se dovrebbe esserci un
sistema per evitare che il responsabile dell'abuso se ne approfitti e rimandi
indeterminatamente la definizione della pratica (e l'eventuale, conseguente,
applicazione delle sanzioni di legge).
Che cosa ne pensate ?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 settembre, 2005
09:50 :
Adottare provvedimenti interelocutori, dopo l'entrata in vigore del TUE, non
pare ammesso.
Per pronunciarsi il RP deve SOLO valutare se l’intervento proposto risulta
conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente. E 60 giorni potrebbero
bastare se si attiene esclusivamente a quanto sopra.
Andare oltre tale termine equivale a silenzio-rifiuto ma può essere anche
valutato come inerzia su un eventuale ricorso al TAR.
Al primo comma dove c'è scritto
.. possono ottenere il permesso in sanatoria.." va più correttamente
inteso come .. possono RICHIEDERE il permesso in sanatoria..
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 29 settembre,
2005 10:29 :
Io sarei possibilista alla luce della L. n° 241/90, riformata, valuterei
l'opportunità di procedere attraverso il 10/bis.
Anche se al comma 3 del 36 si prevede espressamente il silenzio rifiuto
tarscorsi 60 giorni dalla richiesta del permesso, con la nuova disciplina
introdotta dalla 241 riformata, ritengo più opportuno utilizzare il nuovo
procedimento.
Ciao
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 29 settembre, 2005
11:30 :
Ci sono casi, però, in cui le integrazioni richieste sono essenziali per
valutare sel'intervento realizzato sia conforme o meno alla normativa vigente
(ad esempio, lo studio idraulico prescritto dal Piano di Bacino perché l'Ente
competente possa assentire l'edificazione ad una certa distanza da un corso
d'acqua pubblico).
In casi come questo, il Comune si trova nell'impossibilità di rilasciare il
permesso ma, al tempo stesso, non ha gli elementi per sostenere che l'intervento
non è conforme al Piano di Bacino.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 settembre,
2005 14:26 :
Per me pronunciarsi con adeguata motivazione può significare anche:
"L'intervento è conforme fatto salvo il n.o. di ..."
Il ricorso all'art. 10bis (che è pure un pronunciamento) pare applicabile solo
nel caso l'intervento non risulti conforme.
Quelli da evitare sono interventi interlocutori del tipo:
"la domanda è sospesa perchè manca la marca da bollo, il modello Istat,
ecc. , devi allinerare la finestra come da parere della CE, ....."
(succede)
Questa discussione Uff.
Tec.- responsabilità nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Niki Giacaluso (Utente n. 4902) on 28 settembre, 2005
15:22 :
Il responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale ha il dovere di assicurarsi che
le planimetrie dei luoghi riportati nella richiesta del permesso di costruire
siano corrette? Ha il dovere di controllare il mappale della zona? Un cordiale
saluto.Niki
[ 28. settembre 2005, 16:22: Mod. da Niki Giacaluso ]
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 settembre,
2005 17:07 :
Per il responsabile dell'ufficio presumo tu intenda chi cura l'istruttoria.
In ogni caso penso di no. E' compito del progettista mentre l'istruttore dovrà
verificare che gli elaborati siano presentati come da REC.
Onde responsabilizzare il progettista, certi regolamenti prescrivono una
dichiarazione di corrispondenza da parte dello stesso accanto alle planimetrie.
Ovviamente se in fase di istruttoria riscontro errori e carenze, richiederò
l'adeguamento.
Questa discussione estetica
ed ornato nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 20 settembre, 2005
14:17 :
La funzione estetica di un'opera edilizia passa solitamente attraverso il
principio della soggettività; a chi spettano le decisioni in assenza di
commissioni edilizie o di ornato?
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 20 settembre, 2005
15:08 :
Problema spinosissimo! In realtà, secondo me, nessuno è davvero in grado di
attribuirsi competenze atte a qualificarlo come esteta il cui parere sia
inscalfibile. Il problema diviene quindi di legittimare chi esprime un parere
volto a collocare un progetto nelle categorie del bello, del passabile o del
brutto. Perchè, stringi stringi, depurato il discorso dai paroloni sulla qualità
dell'architettura, sull'inserimento armonico nel contesto ambientale, sulle
valenze formali, sulle ricostruzioni filologiche e bla bla bla, alla fine si
arriva al volgarissimo "mi piace, non mi piace". Da qui l'opportunità
che ad esprimere tale parere sia un organo collegiale al cui interno si possano
confrontare competenze, esperienze e sensibilità diverse.
Se tale organo non c'è, o si ricorre a mezzi discutibili come quelli introdotti
dal piano territoriale paesistico della regione Lombardia, che ha inventato una
tabellina atraverso la quale misurare l'impatto paesistico dei progetti, o,
sadicamente, si affida l'onere del parere al responsabile del procedimento
(fornendolo di impermeabile e calosce, visto il ruolo da parafulmine).
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 20 settembre, 2005
16:16 :
Concordo sul triste ed obbligato destino del responsabile del
procedimento;comunque è già indicato dall'articolo 20 comma 4 t.u. ed. come il
titolato alla richiesta di lievi modifiche progettuali.
Certo che è a rischio di censura una valutazione discrezionale del responsabile
priva del supporto di un parere della c.e. o di una norma del regolamento
edilizio.
Si può conoscere per ipotesi il caso che pone problemi ?
Cordiali saluti
Michele Parodi
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 20 settembre, 2005
16:30 :
Ai posteri, io credo.
Nel '27 Giuseppe Terragni realizzò il Novocomun, ritenuto dai più uno dei
capolavori dell'architettettura moderna italiana, e potè realizzarlo solo
grazie ad un inganno. Presentò un progetto di impronta neoclassica alla
commissione d'ornato che ovviamente ottenne il benestare. Poi realizzò un
edificio razionalista radicalmente diverso che destò scandalo.
La commissione non lo avrebbe mai lasciato passare, pensando di fare bene e mai
più immaginandosi che sarebbe finito sui libri di storia dell'architettura.
Quindi, se talvolta gli eventi hanno dimostrato che neanche le commissioni
d'ornato detengono il giudizio estetico, figuriamoci se questo può essere messo
nelle mani di un singolo soggetto.
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on 20 settembre, 2005
16:32 :
Solo per ricordare che la valutazione sul pregio estetico di un intervento
edilizio deve trovare giustificazione normativa nel regolamento edilizio (art. 4
DPR 6.6.2001, n. 380).
In difetto, la relativa valutazione effettuata dal resposabile appare
illegittima, in grado di riverberarsi sul provvedimento finale.
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 20 settembre, 2005
17:34 :
Al responsabile del procedimento toccherà prima o poi di studiare il breviario
di estetica di Croce per poter motivare un provvedimento in assenza di parere
della c.e. o di norma regolamentare?
Aspetto impaziente un atto imperniato sul concetto di estetica come
"intuizione lirica" (Croce) o di "imminenza di rivelazione"
(Borges).
L'argomento è molto interessante, ma se anche Terragni la sfangò così.
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on 20 settembre, 2005
17:41 :
Nel dotto intervento di Parodi si dà per certo che il responsabile possa
valutare il pregio estetico di un intervento edilizio pur in assenza di norma
regolamentare.
Credo che la valutazione effettuata in tale senso sarebbe priva copertura
normativa, non potendo esercitarsi un potere pubblicistico al di fuori dei casi
consentiti da una superiore fonte normativa,anche secondaria.
La questione non muta laddove l'ente locale abbia deciso di avvalersi del'operato
della Commissione edilizia, giacché anche tale organo collegiale può esprimere
un parere sull'estetica di un progetto soltanto laddove il regolamento edilizio
gliene abbia conferito il potere.
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 20 settembre, 2005
17:58 :
Probabilmente il collega Brotto ha frainteso: ho scritto, nell'intervento che ha
preceduto il suo primo, che un provvedimento assunto in mancanza di un parere
della commissione edilizia(allegherò quando avrò il tempo di cercarla una
sentenza del TAR Lazio del 2003 sulla questione)o di una norma del regolamento
edilizio è censurabile.
Dunque siamo perfettamente d'accordo, anche se forse non abbiamo le medesime
passioni letterarie.
Cordiali saluti
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 20 settembre, 2005
18:22 :
Il problema vero, avv. Brotto, è che il diritto amministrativo fa il suo
mestiere, ma purtroppo tale mestiere non contempla la necessità di capire che
se c'è una cosa che non si può normare, è proprio l'estetica dei fabbricati.
Possiamo decidere più facilmente quando è bella una donna (e poi litigheremmo
comunque). I rr.ee. possono dare indicazioni di larghissima massima, spiegarci
quali materiali sarebbe meglio usare (e già andrebbe ben motivato), parlarci di
proporzioni e di soluzione delle facciate, ma mai saranno in grado di dirci come
deve essere un edificio per poter essere considerato "bello". Questo
concetto appartiene infatti alla categoria della soggettività, e la stessa
critica architettonica è una maschera colta che nasconde un impalcato rude e
primitivo: io posso dire che il Guggenheim di Bilbao mi pare una vaccata
pazzesca, Gregotti userà termini coltissimi per criticare Gehry e il
decostruttivismo, ma alla fine le conclusioni saranno le medesime. Certo è che
il regolamento edilizio di Bilbao mai e poi mai avrebbe potuto prevedere l'opera
di Gehry, e allora: se il Guggenheim fosse ritenuto "bello", il
regolamento che l'avesse vietato sarebbe un buon regolamento?
[ 20. settembre 2005, 18:23: Mod. da Carlo Megali ]
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 21 settembre,
2005 09:24 :
Per me è ormai assodato che il ruolo del RP è centrale (anche nei confronti
del responsabile del provvedimento) mentre marginale è quello della CE che, ove
esiste ancora (depurata dai politici), può solo supportare il RP nella fase
istruttoria suggerendo le modifiche da apportare al progetto dei limiti
dell'art. 20 comma 4 t.u.
Quindi se un consesso di esperti quale la CE non può imporre valutazione di
carattere estetico, tantomeno il RP dovrebbe sentirsi deputato a farlo.
Purtroppo non sempre le CE sono consapevoli del valore del loro apporto e
mettono in difficoltà il RP.
Poi arrivano le sentenze come la n. 64 dell'11 gennaio 2005, del T.A.R. Veneto
che spiega che il diniego o l'imposizione di prescrizioni per motivi estetici,
non possono discendere dall'astratta valutazione circa il valore estetico
dell'opera, ma debbono pur sempre essere ricondotti all'applicazione di norme
e/o di criteri contenuti negli strumenti urbanistici o introdotti nel
regolamento edilizio (art. 4 DPR 6.6.2001, n. 380).
L'attività dell'amministrazione è vincolata dalle norme che disciplinano
l'attività edificatoria all'interno del Comune il quale deve limitarsi ad
accertare la perfetta corrispondenza di tutti gli elementi progettuali con le
anzidette prescrizioni, senza alcuna possibilità di imporre prescrizioni o
limitazioni diverse.
Se c'è una cosa che non si può normare, è proprio l'estetica dei fabbricati
(per fortuna).
Mi pare opportuno che i RE diano solo indicazioni generiche piuttosto che pagine
di dettagliate prescrizioni che pochi leggono e spesso obbligano il progettista
a soluzioni pasticciate.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 21 settembre, 2005
14:22 :
La problematica, come si legge dagli interventi, è sicuramente molto complessa,
e non è solo riferita allo stabilire il bello ed il brutto, dato che l'estetica
dell'edificio o di un'opera riferita ad un immobile principale (per come sono
concepite le norme comunali) verte in modo solitamente marginale verso il
corretto inserimento nel contesto od al rispetto delle tipologie esistenti (che
sono tante a seconda del numero degli abitanti).
Pochi enti sono dotati di regolamenti che bene o male cercano di regolare le
tipologie degli interventi od almeno i materiali da impiegare e rarissimi sono
quelli dotati, ad esempio, di piani del colore o altro.
Mi pare, comunque, che tutte queste discussioni aperte da appassionati
ambientalisti (che sono poi i proprietari degli immobili) nascondano invece un
riscontro economico dovuto al minore costo della proposta rispetto a quello
dell'intervento "corretto";
Dalla profonda discussione emerge sempre (per esempio) che il tetto in
portoghesi costa meno di quello tradizionale in coppi alla toscana od alla
romana (tanto non si vede ed è comunque simile), oppure che una tinteggiatura
in quarzi od altro (una volta fatta non si tocca più) ha il solito effetto di
una tradizionale tempera (tanto la tonalità ed il colore sono uguali).
Questa discussione, di fatto ha due interlocutori: un privato che chiede o
propone ed un organo che dovrebbe essere comunque deputato a decidere.
Ho sempre ritenuto che da quando è stato istituito il responsabile del
procedimento, il quale si esprime dal punto di vista urbanistico, la commissione
edilizia, se ancora sussistente, fosse deputata al fattore estetico.
In assenza di questa riterrei che il tecnico abbia facoltà prescrittive.
Diversamente non potrei subordinare il titolo abilitativo a prescrizioni
importanti quali (ad esempio) il dimensionamento, la tipologia, la simmetria
delle aperture o meglio ancora la tipologia della copertura di un nuovo corpo di
fabbrica rispetto all'edificio esistente, imponendo una "capanna"
invece che accettare un improprio "padiglione".
Limitarsi alle valutazioni nei centri storici quando esistono numerosi edifici,
aggregati o contesti comunque peculiari, anche se erroneamente inseriti in zone
urbanistiche dove tutto è concesso, oppure evitare soltanto le tinteggiature
esterne bianche e nere per gli juventini o giallo rosse per i romanisti, porta
soltanto al progressivo degrado territoriale.
Se posso dire di no ad una copertura in onduline o ad una facciata color arancio
(almeno su quello dovremmo essere tutti d'accordo), perchè non posso
prescrivere l'utilizzo di un determinato laterizio oppure una tonalità di
colore delle terre anzicchè un'altra?
Io credo che questa facoltà prescrittiva faccia parte del nostro potere
decisionale e soprattutto, anche se di solito si finisce per concordare con il
privato tutte le modalità in discussione, riterrei che la posizione giuridica
del comune debba prevalere rispetto quella del privato.
Se tutto ciò non fa parte delle competenze del responsabile del procedimento,
sarà comunque spettanza del responsabile del servizio, del settore o di
qualsiasi santo purchè appartenente alla casa comunale (vorrei almeno sperare).
Da buon maggiordomo del popolo vorrei almeno tentare di resistere un po' su quel
minimo di potere decisionale che dovrebbe rimasto in capo al comune.
Buon divertimento
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 21 settembre, 2005
14:40 :
Ho già scritto e confermo: una valutazione discrezionale del responsabile
dell'ufficio espressa in materia di estetica, declinata magari in termini di
freno al "degrado territoriale" o di preferenza per certi materiali
"biocompatibili" che sia priva del sostegno di un parere della
commissione edilizia, di una norma del regolamento edilizio, di una norma di
piano regolatore, paesistico, di parco ecc, di un progetto colore è
censurabile.
Anche perchè consideri, ad esempio, che l'arancione piace assai, è di moda
come il prugna e il lilla.
Auspico, quindi, che il responsabile dell'ufficio non assuma il ruolo di
maggiordomo del popolo, tantomeno di arredatore o stilista urbano e consulente
di look edilizio.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 21 settembre, 2005
14:44 :
Credo, caro Marco, che il tuo ultimo intervento vada più collocato nell'ambito
della regolamentazione posta a tutela di aspetti storico-culturali
dell'edificato, possibile ed auspicabile per ambiti limitati del territorio
comunale (centri storici, edifici non vincolati ma di interesse storico
architettonico, ecc.), difficilmente proponibile (e forse è proprio meglio non
proporla) per l'intero territorio comunale, incluse le aree di espansione, con
riferimento alla "estetica" in senso lato. Del resto, altrimenti, la
libertà progettuale che fine farebbe? Fermo restando, beninteso, che il giorno
in cui Norman Foster progettasse una splendida torre per uffici nel cuore di San
Gimignano, il dibattito architettonico sarebbe furioso e le censure ai
regolamenti buoni per tutte le stagioni si sprecherebbero. Ma riconosco che,
proprio recentemente, la vicenda della pensilina di Isozaki a Firenze fa venire
voglia di regolamentare anche lo spessore delle fughe tra i corsi di mattoni!
[ 21. settembre 2005, 14:51: Mod. da Carlo Megali ]
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 22 settembre, 2005
11:08 :
Se decido io, e solo io, con il mio autonomo pensare, ciò che bello e ciò che
è brutto, quale colore sia giusto o meno, mi ergo a paladino di un paradigma
estetico che è espessione in divenire e mutevole di una civiltà.
"Tu non puòi fare questa cosa perchè secondo me è brutta".
Se proviamo viceversa a rovescare il concetto, pensate a quel progettista che
ritenendo con onestà intellettuale di aver creato il sublime equibrio
fomale-estetico, presenta il suo progetto in comune e come risposta si sente
dire : "non lo puoi fare, secondo me è brutto".
Egli potrebbe anche concludere che costui stia impedendo in maniera arbitraria
il libero sviluppo del bello.
Quindi per tornare al concreto, nessuno dovrebbe, a mio avviso, impersonare le
regole estetiche se queste non esistono, e nemmeno assurgersi a censore.
P.S. Nel comunello dove sono responsabile un pò di tutto, dai cestini ai centri
commerciali, è appena stata ricostruita con d.ia. in centro storico una casa.
Colore finale : simil-arancione.
Piano colore inesistente.
Obiezioni del Responsabile: nessuna.
Cordiali saluti a tutti
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 23 settembre, 2005
09:42 :
Mi sembra che stia passando una linea molto pericolosa che lega i valori
territoriali alla serietà o noncuranza degli operatori, invece che alla
posizione giuridica del comune e sul proprio potere decisionale.
Il punto della discussione mi sembra in stallo.
Regole in materia mi sembra che sia quasi impossibile redigerle dato che
occorrerebbe normare anche le dimensioni delle viti o la qualità della colla da
falegname.
Il responsabile del procedimento trova un po' di conforto nell'art.20 comma 4°
del t.u., ma guai se si permette di stabilire che la facciata arancione o lilla
non si fa (è concessa soltanto un po' di trattativa con l'operatore se questi
gentilmente consente).
Praticamente se tutti proponenti si svegliassero una mattina e decidessero di
modificare i propri edifici realizzando tetti rotondeggianti guarniti di canale
in plastica rosa, finestre romboidali o modello oblò, facciata con esecranti
disegni uguali a quelli dei treni, basterebbe una semplice DIA per far zittire
il r.p. (è sicuramente un esempio estremo ma che rende sicuramente chiara la
situazione).
Finale: se il progettista è un essere normale (e convince soprattutto il
proprietario) il r.p. è tranquillo, ma se non volendo questi è un
"genio" ed il proprietario gli riconosce tale qualità... non ho
capito bene se il responsabile del procedimento deve uccidersi o licenziarsi o
se, prima di esprimersi, deve attendere il riconoscimento ufficiale della
"meraviglia" progettata ed eseguita.
Per Megali e perchè non pensi che in Toscana non si cerchi di salvaguardare il
territorio.
Quasi tutti i comuni sono dotati di piani di recupero dei vecchi centri,
peraltro redatti, in questi ultimi anni, in modo alquanto puntuale;
in zona agricola nel mio comune ho provveduto, con uno staff di geometri, a
censire tutto il patrimonio edilizio agricolo e nel piano regolatore è stata
inserita specifica normativa sulle zona agricole relativa agli interventi di
recupero (ogni comune si è sbizzarrito in merito).
Nonostante ciò si incontrano sempre problemi.
Per quanto attiene le opere estemporanee citate, sicuramente sussistono volontà
politiche o storie di altro tipo, certamente non oggetto di decisione del r.p.,
d'altro canto, se ben guardiamo, anche la Torre Eiffel è un'opera estemporanea;
certe valutazioni spettano ai posteri, ma le valutazioni sulle finiture degli
edifici spettano ai viventi.
Pertanto, fermo restando che si tratta di problematica legata alla gestione
dell'estetica, non prettamente riferita ad inserimenti di opere o complessi
diversi dal quotidiano modo di vedere, sinceramente non riesco a capire se il
confine del potere decisionale del comune.
Buona giornata
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 26 settembre, 2005
08:05 :
Rispondo al seguente messaggio:se il confine...? Si è spezzata la frase? Cosa volevi dire?
inserito da marco occhipinti:
Pertanto, fermo restando che si tratta di problematica legata alla gestione dell'estetica, non prettamente riferita ad inserimenti di opere o complessi diversi dal quotidiano modo di vedere, sinceramente non riesco a capire se il confine del potere decisionale del comune.
Questa
discussione accertamento di conformità e commissione edilizia. nel
forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it. Per visionare la discussione, collegati a questa URL: Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 22 settembre, 2005 12:07 : Quale dovrebbe essere la naturale conseguenza di un parere negativo della Commissione Ediliza nell'ambito di un procedimento di permesso in sanatoria, posto che sotto il profilo ammninistrativo sussistono gli elementi per l'accertamento di conformità? O meglio, il parere favorevole della Commissione Edilzia è un tassello indispensabile per l'accertamento di conformità, posto che che il R.P. non abbia elementi motivanti per sovvertire un parere negativo ? Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 22 settembre, 2005 12:26 : Il parere della c.e. è un tassello procedurale necessario ai fini dell'eventuale rilascio del titolo in sanatoria;però il responsabile dell'ufficio può motivatamente discostarsi dal parere consultivo reso dalla commissione. Dunque qualora il responsabile ritenga sulla base delle norme urbanistiche non condivisibile l'opinione della commissione, può decidere in difformità, motivando adeguatamente. Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 22 settembre, 2005 14:47 : Se la CE esprime un parere negativo, dovrà precisare la norma che viene violata altrimenti la conseguenza è solo quella di complicare la vita al RP il cui compito è unicamente quello di accertare la conformità della proposta (art. 36 TUE). Dopo l'entrata in vigore del TUE, avrei qualche dubbio nel ritenere il parere della CE necessario ai fini della sanatoria. Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 22 settembre, 2005 15:18 : Concordo con chi mi precede sul fatto che dopo l’articolo 41, comma 1, della legge 449/1997 (finanziaria per l'anno 1998) e il testo unico dell'edilizia le amministrazioni siano chiamate a valutare la necessità di istituire la c.e.; qui da noi, in provincia di Savona, peraltro la revisione istituzionale non è stata ancora avviata. Quanto al ruolo della c.e. segnalo un'interessante, anche se parzialmente pertinente, sentenza del TAR Lazio, sez. Roma, 9202/2003: " la giurisprudenza (cfr. C.d.S., IV, 16.10.98, n.1306) ha avuto occasione di precisare che, ai fini del rilascio delle concessioni edilizie nell’ambito del condono edilizio, il parere della Commissione edilizia non è obbligatorio ma al più facoltativo, mentre il parere stesso è obbligatorio nell’ambito del procedimento (come quello di specie) di rilascio delle concessioni edilizie ordinarie (cfr. anche TAR Lazio, sez. II, 26.11.99, n.2470, secondo cui il parere della Commissione edilizia non è obbligatorio quando le ragioni del diniego della concessione di costruzione hanno carattere giuridico e non sono legate a caratteristiche progettuali)." Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 23 settembre, 2005 10:11 : Premesso che nel nuovo ordinamento l'R.P. formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto, qualora su quest'ultimo si sia espresso -per indicazione del R.E.- il parere della Commissione Edilizia, esso è obbligatorio ma non vincolante e l'autorità preposta al rilascio del provvedimento finale, se ne può discostare ovvero può motivatamente disattenderlo, accogliendo o rigettando la domanda di assentimento in difformità dal parere stesso. Cons.St. Sez. V 20 Giugno 1987 n° 403; Non è obbligatorio-invece- il parere della Commissione Edilizia comunale nel procedimento per la sanatoria delle opere abusive, di cui agli art. 31 e seguenti della legge 47/1985, in quanto mentre tale parere è necessario per il rilascio della concessione edilizia( ai cui fini si devono valutare le caratteristiche tecnico-costruttive della nuova opera in rapporto alla normativa urbanistica) e per la sanatoria di cui all’articolo 13 della legge n. 47 del 1985( che richiede in analogo tipo di valutazione) non lo è per la sanatoria delle opere abusive, essendo le ragioni del rilascio o diniego del condono indipendenti dal suddetto tipo di accertamenti. Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 177/2000 Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 23 settembre, 2005 14:28 : Tuttavia la posizione della giurisprudenza non è così univoca, recentemente infatti CONSIGLIO DI STATO Sez. V, in data 5 settembre 2005, Sentenza n. 4480 ha riconosciuto la necessaria l'acquisizione del parere della CE anche nelle ipotesi degli accertamenti di conformità(vedere anche giurisprudenza ivi citata). E' in ogni modo da Considerare che la sentenza applica l'art. 13 della Legge n. 47/85 ed il regime ordinario ormai abrogato dal dpr. n. 380/2001, pertanto la valutazione dovrebbe essere parametrata ora con l'art. 4, 2 c del DPR n. 380/2001, e con i principi di economia procedimentale che la relazione al decreto descrive in maniera dettagliata. Considerato l'inceretezza, quindi, piuttosto che vedermi impugnata un accertamento di conformità per difetto di istruttoria dovuto alla mancata acquisizione del parere, consiglierei di sollecitare la funzione consultiva fino a quando non via sia una chiara innovazione normativa e regolamentare. Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 23 settembre, 2005 18:46 : Non sono d'accordo.Data la natura dei Testi Unici che può essere semplicemente ricognitivo di altre norme e/o produttivo di nuove norme come il T.U. dell'edilizia,[ che è un misto] direi che la norma,[ex art. 13] non è abrogata per esplicita disposizione dell'art. 137 co.1 c) ma trasfusa nel T.U.stesso. Rimane pertanto applicabile. Diversa - a mio avviso- è infatti la natura abrogativa disposta dall'art. 136 che è disposta ai sensi dell’articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 [attiene alle norme regolamentari] dall'altra contenuta nell'art.137 dove, come si può notare, la legge n° 47/85 rimane in vigore salvo l'art. 136.2 f). ******** Art. 137 del T.U. (L) Norme che rimangono in vigore 1. Restano in vigore le seguenti disposizioni: a) legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ad eccezione degli articoli di cui all’articolo 136, comma 2, lettera b); b) legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni; c) legge 28 febbraio 1985, n. 47 ad eccezione degli articoli di cui all’articolo 136, comma 2, lettera f); OMISSIS Quindi, in sistesi e conclusione del mio parere: 1-Ordinarietà e P.C. in sanatoria ex art. 13, parere della C.E. 2-Condono edilizio,parere C.E. da escludersi. Saluti a tutti [ 23. settembre 2005, 18:59: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ] Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 settembre, 2005 08:13 : Vorrei comunque fosse confermato che il parere della CE dovrebbe attenersi alla sussistenza o meno della conformità come prevede l'art. 36 del TU. Nel quesito pare di capire che l'intervento sia ritenuto conforme dal RP ma che la CE esprima comunque un parere negativo, per altre motivazioni. Se così è, la funzione della CE, che dovrebbe essere di sostegno alle già complesse valutazioni del RP, diventa un ulteriore impedimento, che pensavo il TU fosse riuscito ad eliminare. Peraltro, non so se sbaglio ma, se il RP è certo della conformità dell'intervento e procede senza sentire la CE, non vedo rischi di impugnativa. Quindi, secondo me, per tornare ai due quesiti, alla prima domanda risponderei che un parere negativo della CE non motivato non ha nessuna conseguenza. (se non quella di impegnare il tecnico a spiegare le ragioni) Al secondo direi che, se non si attiene a valutazioni di conformità, il parere favorevole della CE non è indispensabile. Saluti Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 27 settembre, 2005 13:57 : Mi pare quindi che per giungere ad un motivato diniego di sanatoria edilizia in seguito al parere favorevole della Commissione edilizia occorre che si verifichino i seguenti due eventi : 1) La CE rileva un elemento oggettivo che fa venire meno i presupposti di legge per l'accertamento di conformità ; 2) Evidentemente il RP ha sbagliato qualcosa dal momento che si presuppone che egli porti la pratica edilizia all'esame della CE solo quando la stessa sia giunta a compimento dell'iter amministrativo. Se non ho compreso male, concludo quindi che se sussistono tutti i presupposti di legge per l'accertamento di conformità, è illegittimo il diniego di sanatoria del RP basato su di un parere negativo della CE motivato da considerazioni generiche e non espressamente normate (ad esempio mancato rispetto dei canoni formali, estetici, tipologici e materici della zona, rilevante impatto paesaggistico). Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 28 settembre, 2005 09:02 : Io penso proprio di si. La sentenza sottoriportata, già citata nella discussione "estetica e ornato", fa riferimento alla vecchia Legge 10/77, ma, a maggior ragione, pare attuale e pertinente. Da notate che la sentenza condanna l'amministrazione a pagare alla ricorrente € 1.500 a titolo di rifusione delle spese e competenze del giudizio. Chi paga? TAR Veneto Seconda Sezione Sentenza n. 64 dell'11 gennaio 2005 ...... SENTENZA sul ricorso n. 732/97, proposto da A., rappresentata e difesa dall'avv. AB, con elezione di domicilio presso lo studio del medesimo in Venezia, come da mandato a margine del ricorso; CONTRO il Comune di M, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; PER l'annullamento in parte qua del provvedimento del Sindaco .. del 5.12.1996 n. 437/95/25745, nonché, ove occorra, per l'annullamento in parte qua del provvedimento del Sindaco n. 62 del 28.3.1996. Visto il ricorso, notificato l'11.2.1997 e depositato presso la Segreteria il 5.3.1997, con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalla parte; Visti gli atti tutti di causa; Udito nella pubblica udienza del 18 novembre 2004 - relatore il Consigliere - l'avv. EG, in sostituzione dell'avv. AB, per la ricorrente; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: FATTO La ricorrente, proprietaria di un edificio sito nel Comune di M, espone di aver inoltrato istanza al Comune per l'approvazione di un progetto di ristrutturazione dell'immobile di proprietà, progetto regolarmente assentito con concessione edilizia n. 62 del 28 marzo 1996 seppure con alcune prescrizioni relative alla forometria ed ai solai, con le quali veniva imposto: "che vengano mantenute le strutture lignee costituenti i solai, nelle attuali quote e dimensioni; che i fori al primo piano mantengano le attuali dimensioni e posizionamenti; che i fori al piano terra, sul prospetto sud, vengano così realizzati: una portafinestra centrale con due finestre laterali allineate con quelle del primo piano; che tutti i fori siano architravati con trave orizzontale." Ritenendo illegittime dette prescrizioni la ricorrente ha presentato istanza di riesame, pervenuta al Comune in data 8 novembre 1996. L'amministrazione riesaminata la pratica, con provvedimento del 5 dicembre 1996 confermava le prescrizioni imposte con la concessione n. 62/96. Avverso detto provvedimento, nonché avverso la concessione originariamente rilasciata, la ricorrente ha addotto le seguenti doglianze: 1) Violazione dei principi generali in materia urbanistica; violazione dell'art. 4 della legge n. 10/77 in relazione agli artt. 76 e 77 della L.r. n.61/85, nell'assunto che le prescrizioni - in particolare quelle relative alla disposizione dei fori del piano terra e del primo piano - non possono considerarsi legittime, in quanto, anzichè essere fondate su un contrasto con disposizioni urbanistiche locali, si ricollegano ad un giudizio di carattere estetico espresso dai membri della Commissione edilizia e dal Sindaco circa il posizionamento e le caratteristiche delle aperture e prescindono dall'indicazione di norme effettivamente violate o di effettivi criteri estetici . 2) Violazione di legge: con riguardo all'art. 3 del D.lgs. n. 29/93; degli artt. 4,5,6,7 e 8 della legge n. 241/90 in relazione all'art. 36 della legge n. 142/90. Eccesso di potere. Pur ammettendo che in materia edilizia sia rimessa al Sindaco l'adozione del provvedimento finale, il relativo procedimento deve svolgersi secondo le regole, in particolare assegnandosi al dirigente di settore la competenza a seguire il procedimento come responsabile dello stesso. Nel caso di specie non vi è traccia della sequenza procedimentale che ha dato luogo al provvedimento impugnato. L'amministrazione intimata non si è costituita in giudizio. All'udienza del 18 novembre 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione. DIRITTO Il ricorso è fondato con specifico riguardo al primo, assorbente, motivo di censura. La ricorrente lamenta, infatti, che le prescrizioni inserite nel provvedimento che ha assentito l'esecuzione dell'intervento di ristrutturazione siano illegittime in quanto espressione di una valutazione discrezionale dell'amministrazione in ordine a taluni profili estetici dell'opera, laddove, ai sensi dell'art. 4, primo comma della legge n. 10/77 la concessione può essere negata solo per il contrasto della stessa con disposizioni di legge, di strumenti urbanistici o di regolamenti edilizi. Essendo quindi l'attività dell'amministrazione vincolata dalle norme che disciplinano l'attività edificatoria all'interno del Comune, questo deve limitarsi ad accertare la perfetta corrispondenza di tutti gli elementi progettuali con le anzidette prescrizioni, senza alcuna possibilità di imporre prescrizioni o limitazioni diverse, mentre il diniego di concessione edilizia per motivi estetici o l'imposizione di prescrizioni di natura estetica, non possono discendere dall'astratta valutazione circa il valore estetico dell'opera, ma debbono pur sempre essere ricondotti all'applicazione di norme e/o di criteri contenuti negli strumenti urbanistici o introdotti nel regolamento edilizio, ai sensi dell'art. 33 n. 8 della legge n. 1150/1942 (cfr. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, 28.11.1995, n. 1244; T.A.R. Veneto, Sez. II^, 1.2.1995 n. 132; nonché C.d.S., Sez. V^, 3.11.1970, n. 879 e T.A.R. Bolzano, 19.11.1991, n. 170). Per quanto sopra esposto, le prescrizioni imposte in occasione del rilascio della concessione n. 62/96 per l'esecuzione dell'intervento di ristrutturazione sull'immobile della ricorrente, successivamente confermate in sede di riesame, sono illegittime in quanto le imposizioni circa la distribuzione ed il posizionamento dei fori e il mantenimento delle strutture lignee appaiono frutto di un giudizio meramente estetico, non supportato da alcun riferimento a norme urbanistiche o a disposizioni regolamentari edilizie. Il ricorso va quindi accolto con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alle prescrizioni oggetto di gravame. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00). P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e per l'effetto dispone l'annullamento in parte qua del provvedimento impugnato, nei sensi indicati in motivazione. Condanna l'amministrazione intimata a pagare alla ricorrente € 1.500,00 (millecinquecento/00) a titolo di rifusione delle spese e competenze del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 18 novembre 2004. |
|||
Questa discussione modifica prospettica assenso dei condomini nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Rispondo al seguente messaggio:In virtù di tale clausola, il tecnico comunale può "infischiarsene" sempre e comunque dei terzi, anche in presenza di palesi violazioni dei loro diritti?
inserito da vincenzo grassano:
Non sono daccordo con Gianfranco quando dice "....comunque è rilasciata fancendo salvi i diritti dei terzi...." in quanto noi funzionari della p.a. non dovremmo "costringere" i terzi a fare una causa al TAR per far valere i propri diritti quando siamo anche noi convinti che gli vengono violati.
Rispondo al seguente messaggio:Chissà perchè il legislatore si è sentito in dovere di aggiungere il 3° comma all'art. 11 del DPR n. 380/2001.
inserito da Cei p.i. Gianfranco:
" Art. 11 (L) - Caratteristiche del permesso di costruire
(Legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, commi 1, 2 e 6; legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 2)
1. Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
2. Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio. E’ irrevocabile ed è oneroso ai sensi dell’articolo 16.
3. Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi."
Rispondo al seguente messaggio:Ora, cerchiamo di non passare da un eccesso all’altro. Spero che la conferenza di servizi sia stata buttata lì tanto per esagerare e che stia ad indicare, al limite, colloquio formale/informale.
inserito da marco occhipinti:
Nel caso descritto dal sig. Grassano io richiedo un assenso degli altri proprietari (lo voglio chiamare così per i motivi di cui sopra), pure attraverso coinvolgimenti nella procedura o convocandoli in conferenze di servizi o tutto quello che si vuole;
Rispondo al seguente messaggio:Sono tue personali interpretazioni, quindi, tue esclusive preoccupazioni.
inserito da Carlo Megali:
In altre e più semplici parole: se intraprendo una prassi che non è stabilita dalla legge, e questa prassi si consolida, devo essere consapevole che, forse, potrei anche aver posto un'ipoteca sul lavoro di chi opererà dopo di me e sull'azione dell'ente medesimo.
Resta il dubbio che l'azione del Comune non sia più improntata alla verifica della conformità normativa ma a quella di ponderazione dei disagi: meglio litigare con un solo cittadino che con altri undici.
Questa discussione costruzione
interrata nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on 31 agosto, 2005 15:58 :
Il P.R.G. non si esprime in merito alle costruzioni interrate da adibire a
garage per cui gradirei sapere se esse concorrono al conteggio volumetrico
dell'edificio da edificare. Grazie
[ 31. agosto 2005, 17:27: Mod. da peppe falco ]
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 01 settembre,
2005 08:44 :
Normalmente le parti e i corpi completamente interrati non concorrono alla
formazione di superficie coperta e volume.
E' opportuno comunque consultare le norme di attuazione del PRG che dovrebbero
contenere un articolo con le definizione e i metodi di misurazione.
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on 01 settembre, 2005
13:10 :
Le norme attuative del P.R.G. non fanno nessun riferimento al riguardo.
Comunque, la struttura interrata dovrebbe essere realizzata con una sporgenza,
dal lato più alto , sopra il livello del terreno di 70 cm. circa in gran parte
finestrata per poter dare area al garage di 100 mq.
[ 01. settembre 2005, 15:37: Mod. da peppe falco ]
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 settembre,
2005 09:08 :
Mi pare anomalo che non esistano norme al riguardo. Comunque, a mio parere, se
una parte emerge dalla linea naturale del terreno, il corpo non risulta più
interrato ma seminterrato e la parte emergente andrebbe di norma conteggiata.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02 settembre, 2005
10:35 :
Sembra strano anche a me che nell'articolo riguardante le modalità di calcolo
del volume non vengano citate le volumetrie non computabili.
Vorrei proseguire la serie di interventi con una domanda dubbiosa che mi
attanaglia da tempo e, per quanto i comportamenti comuni possano essere logici,
non mi sembra che il riscontro normativo sia chiaro.
I volumi interrati o seminterrati destinati a garage nel rapporto minimo 1 mq.
ogni 10 mc. di costruzione, relativamente alla nuova edificazione residenziale,
rientrano nelle forme derogatorie della L.122/89 attraverso l'atto di vincolo
pertinenziale (debitamente registrato e trascritto) quando di fatto
consisterebbero in pertinenza di una costruzione non ancora realizzata?
Ritornando al quesito del Sig. Falco, bisognerebbe anche capire la destinazione
dell'immobile e verificare se la proporzione tra il costruendo edificio ed il
garage (ml.100) sia bilanciata, dato che il 1/10 consiste nel minimo normativo.
Buona giornata
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on 10 settembre, 2005
12:25 :
Il rapporto volumetrico risulta bilanciato. Il fuori terra è stato conteggiato
nella volumetria possibile. Grazie per le risposte. Saluti
[ 10. settembre 2005, 12:26: Mod. da peppe falco ]
Questa discussione distanza dal confine manufatto nel forum Edilizia
ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Questa discussione art
10-bis L. 241/1990 e DIAE nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it. Per visionare la discussione, collegati a questa URL: Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 25 agosto, 2005 15:15 : Qualcuno ha avuto modo di approfondire la questione relativa alla applicazione o meno, dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 introdotto dalla legge n. 15 del 2005, anche all’ordine di non eseguire i lavori inibitorio della DIA? Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 25 agosto, 2005 16:42 : c'è già stato un Topic su QST argomento, vedi se ti può servire: http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001082#000000 ciao Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 agosto, 2005 07:47 : Il nuovo art. 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento di diniego, "nei procedimenti ad istanza di parte" (nella DIA non c'è istanza ed è soggetta a una particolare disciplina), non può essere emesso direttamente ma deve essere preceduto da una tempestiva comunicazione che esterna i motivi del diniego ancora in fieri; l’interessato ha 10 giorni di tempo per presentare memorie, osservazioni e/o documenti che ritenga idonei a superare i motivi di diniego. Sulla base di questa comunicazione si apre nuova istruttoria con la partecipazione degli istanti, che hanno diritto a rappresentare le loro osservazioni e a depositare documenti, con riferimento alla motivazioni negative dell’Amministrazione. E di queste osservazioni, ove l’Amministrazione resti ferma nella sua determinazione di non accoglimento dell’istanza, deve darsi conto nella motivazione del provvedimento negativo finale. In caso di mancata comunicazione il provvedimento non è comunque annullabile qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Lo scopo è di rafforzare la partecipazione del privato al procedimento (anche se ciò comporta un ulteriore aggravio). Mi pare che Rocco chieda in particolare se la comunicazione di preavviso di diniego va fatta, oltre che per i permessi a costruire, anche per le DIA. Per completare la domanda aggiungerei altre due fattispecie: il diniego della domanda di condono edilizio e il diniego della domanda di accertamento di conformità (art. 36 TU) Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 26 agosto, 2005 09:37 : Io la vedo in questo modo. Se si tratta di negare un intervento rientrante in quelli previsti dal'art. 22 commi 1 e 2 allora io seguirei esattamente il procedimento della DIA di cui all'art. 23 per i motivi che hai detto tu, perchè si tratta ancora di denuncia di attività e pertanto adotterei il principio di specialità avvalendomi del T.U. Qualora invece si trattasse di negare un intervento presentato con DIA ma ai sensi art. 22 comma 3, ovvero in alternativa al permesso di costruire, allora procederei, prima del diniego, con art. 10/bis. Saluti Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 agosto, 2005 11:52 : Mi pare una interpretazione condivisibile. Ho trovato comunque questo commento: "E’ dubbio se il procedimento del contraddittorio di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 introdotto dalla legge n. 15 del 2005 debba essere applicato anche all’ordine di non seguire i lavori inibitorio della "denuncia di inizio attività" o sia limitato al diniego del permesso di costruire. Contrariamente a quest'ultimo, infatti, la d.i.a. non è una vera “istanza di parte” ma una denuncia; si propende tuttavia per l’applicabilità, in quanto l’ordine di non eseguire è comunque un provvedimento negativo che incide sugli interessi del privato. Se è così ne consegue, ragionevolmente, che dalla comunicazione di cui all'articolo 10-bis, il termine di 30 giorni per l'efficacia della d.i.a. resta sospeso per 10 giorni (o per l'eventuale minor tempo che il denunciante dovesse impiegare a produrre le giustificazioni)". Per quello che so, la giurisprudenza si è finora pronuciata solo sul permesso di costruire: Con sentenza del TAR Lazio 18 maggio 2005, n. 3921, è stato annullato un provvedimento di diniego di un Permesso di Costruire perchè il Comune non ha provveduto, tra l'altro, a comunicare al privato i motivi per cui intendeva respingere la domanda, impedendogli di fatto la partecipazione al procedimento mediante la presentazione di proprie osservazioni. Cordiali saluti
|
|||
Questa discussione Ampliamento a confine nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Questa discussione Individuazione dei provvedimenti comunali annullabili nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
http://www.giurcost.org/decisioni/2005/0343s-05.html
SENTENZA N. 343
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sui ricorsi riuniti proposti da Codacons ed altri contro il Comune di Civitanova Marche ed altri, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2004.
Visti l'atto di costituzione del Codacons Centro Marche nonché l'atto di intervento della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l'avvocato Roberto Gaetani per il Codacons Centro Marche e l'avv. Stefano Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di giudizi amministrativi, promossi dal Codacons, da articolazioni regionali dello stesso Codacons, dalla Cooperativa Adriatica a r.l. e dalla Minerva s.r.l. contro il Comune di Civitanova Marche, per l'annullamento di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) delle aree denominate, complessivamente, “zona mostre”, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, previa riunione dei procedimenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).
Con ricorso n. 844 del 1998, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, denunciandone illegittimità sotto molteplici profili, le delibere consiliari n. 2 del 1997, n. 127 del 1997 e n. 27 del 1998 (e delle pregresse deliberazioni della Giunta municipale n. 533 del 1994, n. 698 del 1994 e successive varianti, aventi ad oggetto la perimetrazione del centro abitato), con cui il Comune di Civitanova Marche ha definito la progettazione di massima, nonché adottato e approvato il piano di lottizzazione relativo al comprensorio “zona mostre”.
Con ricorso n. 1199 del 2000, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, per una serie di vizi dedotti, la convenzione di lottizzazione stipulata il 15 novembre 1999 e le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Civitanova Marche, per la realizzazione delle opere private previste dal piano di lottizzazione oggetto del ricorso n. 844 del 1998.
Con ricorso n. 477 del 2002, il Codacons, il Codacons Marche, il Codacons Centro Marche e la Minerva s.r.l. hanno impugnato le delibere consiliari di adozione e approvazione delle varianti della lottizzazione “zona mostre nord” e della lottizzazione “zona mostre sud”, nonché le concessioni edilizie conseguentemente rilasciate, enunciando, tra i motivi di illegittimità, anche la violazione dell'art. 24 della legge statale n. 47 del 1985, con conseguente incostituzionalità dell'art. 4 della legge regionale, per essere state le varianti della “zona mostre” definitivamente approvate dal Consiglio comunale senza passare per l'approvazione della provincia, come avveniva antecedentemente alla legge regionale, in ossequio all'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985.
Con ricorso n. 450 del 2002, la Cooperativa Adriatica a r.l. ha impugnato la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2002 a favore della Almar s.r.l. per la realizzazione di edificio commerciale all'interno della lottizzazione “zona mostre sud”, in quanto contraria agli strumenti urbanistici vigenti, e tenendo conto che la lottizzazione non rispecchia la destinazione d'uso prevista da questi.
Secondo il Tar è rilevante e non manifestamente infondata rispetto alla decisione la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34, perché in contrasto con l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e, quindi, in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
Sotto il profilo della rilevanza, il Tar assume che il Comune di Civitanova Marche ha provveduto alla pianificazione attuativa della “zona mostre” a mezzo di piani di lottizzazione, cui in seguito ha deciso di apportare varianti. Tali atti sono stati introdotti alla stregua delle competenze stabilite dall'art. 4 e seguendo l'iter procedimentale fissato dall'art. 30 della legge regionale n. 34 del 1992. La pianificazione attuativa dunque è svolta dal Comune autonomamente senza controlli né interferenze, da parte della Regione o della Provincia (quest'ultima delegata dalla Regione, in base all'art. 3 della stessa legge regionale n. 34 del 1992). La riscontrata illegittimità costituzionale degli atti di pianificazione comporterebbe l'illegittimità degli stessi e degli atti concessori conseguenti, indipendentemente dagli altri vizi di legittimità denunciati dai ricorrenti.
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, il Tar Marche rileva che l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – nell'escludere che, in via generale, i piani attuativi necessitino di approvazione regionale, e nel conferire alle Regioni il potere di disciplinare con proprie norme il procedimento di autoapprovazione dei piani, al fine di garantirne la snellezza, la pubblicità e la partecipazione – ha anche previsto, testualmente, che i Comuni «sono comunque tenuti a trasmettere alla Regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della Regione i Comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali».
Tale ultima disposizione deve interpretarsi come obbligo inderogabile per i Comuni di portare a conoscenza delle Regioni gli strumenti attuativi, e di dare puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle) alle eventuali osservazioni.
Di contro, l'art. 30 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 prevede solo che i piani attuativi siano adottati dal Consiglio comunale e le relative deliberazioni depositate presso la segreteria del Comune per trenta giorni consecutivi, dandosi comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso all'albo pretorio del Comune, con la possibilità che in tale periodo chiunque possa prendere visione e presentare, entro i successivi trenta giorni, opposizioni e osservazioni. La giunta comunale sottopone all'approvazione del Consiglio detti piani urbanistici attuativi unitamente alle opposizioni e osservazioni presentate ed il Consiglio comunale approva definitivamente i piani decidendo contestualmente in ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.
L'art. 4 della stessa legge regionale sottrae gli strumenti attuativi ad ogni autorizzazione o approvazione da parte di organi o uffici della Regione previste da disposizioni statali e regionali, venendo gli stessi unicamente approvati, in via definitiva, dal Consiglio comunale. I piani attuativi sono così rimessi alla disponibilità esclusiva dell'ente locale, senza possibilità di interferenza, o anche semplicemente conoscenza, da parte della Regione (e della Provincia).
Il sistema, secondo il giudice rimettente, contrasta con l'art. 24 della legge n. 47 del 1985, non solo perché sottrae all'approvazione regionale i piani relativi alle aree e agli ambiti territoriali individuati dalle Regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, ma anche perché – ed è questo l'aspetto rilevante per i giudizi a quibus – abolendo la trasmissione di copia degli strumenti attuativi alla Regione (nelle Marche, alla Provincia, per via della delega prevista dall'art. 5 della stessa legge regionale), impedisce di prenderne visione, valutare e fare eventuali osservazioni, vanificando l'obbligo dei Comuni di controdedurre puntualmente. Viene così cancellato un grado intermedio di attività collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la Regione, tributaria di potestà legislativa e quindi amministrativa in via ripartita, nella materia urbanistica, in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di approvazione degli strumenti attuativi, già demandato alle Regioni, la norma statale ha inteso mantenere attraverso un diverso meccanismo, tuttavia a tutela della conformità dell'attuazione la pianificazione generale.
L'art. 24 della legge n. 47 del 1985 contiene i principî fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost., cui la legislazione regionale deve conformarsi: il contrasto tra le norme regionali indicate e la norma statale di principio, determina dunque violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
2. – Nel giudizio si è costituito il Codacons Centro-Marche, sottolineando che la Regione, per un senso di malinteso indipendentismo, ha omesso di recepire legislativamente l'obbligo del Comune, sancito dalla legge n. 47 del 1985, di trasmettere alla Regione gli strumenti attuativi approvati, con il risultato che i Comuni, abusando del potere, apportano surrettiziamente con gli strumenti attuativi sostanziali varianti, non esplicitate, al piano regolatore generale, in modo da evitare interferenze regionali sugli abusi perpetrati.
Le recenti innovazioni legislative in materia urbanistico-edilizia non hanno modificato il principio statuito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, che deve essere rispettato dalle Regioni anche alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione, pur se la questione sollevata dal Tar Marche va valutata alla luce della normativa vigente all'epoca, in applicazione del principio tempus regit actum. In aggiunta a quanto osservato dal Tar Marche, si può suggerire il riferimento al principio di “leale collaborazione” sancito dall'art. 120 Cost., al fine di assicurare l'osservanza dei principî generali (art. 117 Cost.) e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.): l'invio dei piani attuativi serve anche alla formazione di un archivio centralizzato regionale, oltre che a creare i presupposti conoscitivi per la pianificazione di coordinamento provinciale e paesistica, e inoltre a indurre i Comuni, attraverso le osservazioni regionali, al rispetto del buon andamento della p.a. Il conferimento di poteri agli enti locali non può impedire il coordinamento degli enti superiori, anche al fine di esercitare il potere sostitutivo (riconosciuto alla Regione dalla sentenza n. 43 del 2004 della Corte costituzionale); il che è consentito, in materia urbanistica, solo se la Regione è posta in grado di conoscere i piani attuativi.
3. – Nel giudizio è intervenuta la Regione Marche, che chiede dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
La stessa legge regionale n. 34 del 1992 ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, con l'art. 35, per cui «al fine della programmazione dell'uso del territorio i Comuni trasmettono alla provincia copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione del consiglio comunale che lo adotta definitivamente». Analogo obbligo è previsto per i piani regolatori vigenti e relative varianti (comma 2) di modo che l'ente sovraordinato ha la possibilità di ottenere il quadro completo della pianificazione territoriale realizzata dai Comuni. Per le zone soggette a tutela paesistica, poi, l'art. 4, comma 3, della legge regionale prevede un ulteriore momento partecipativo della Provincia.
Ulteriore forma di coordinamento è prevista dalla legge regionale nella disciplina della “conferenza dei comitati per il territorio” (art. 60).
Per di più, le norme della legge Marche n. 34 del 1992, denunciate dal Tar, attengono all'edilizia, che, non compresa tra le materie nominate dall'art. 117 Cost., è collocabile nella fascia residuale del quarto comma, e quindi oggetto di potestà legislativa esclusiva della Regione. Ma, anche a considerarla inquadrabile nell'“urbanistica” o nel “governo del territorio”, e dunque nella legislazione concorrente, allo Stato è riservata la sola determinazione dei principî fondamentali, e tale non può essere qualificata la previsione dell'obbligo di trasmissione dei piani attuativi dai Comuni alla Regione, che costituisce disciplina di estremo dettaglio in merito all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi, e dunque illegittima, siccome invasiva della competenza legislativa esclusiva, o concorrente, delle Regioni.
4. – Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha presentato memoria con la quale insiste per l'infondatezza della questione, richiamando le ragioni addotte nell'atto di intervento.
La difesa regionale ribadisce che la legge regionale impugnata ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, rileva che il thema decidendum è quello fissato dall'ordinanza di rimessione e non può essere ampliato con riferimento agli ulteriori parametri invocati dal Codacons, ed aggiunge che l'art. 24 della legge n. 47 del 1985 non può essere interpretato nel senso di escludere il potere della Regione di stabilire norme di attuazione in ambito regionale, poiché, diversamente, tale norma statale risulterebbe invasiva di competenze regionali, in quanto di eccessivo dettaglio.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, nel corso di giudizi riuniti aventi ad oggetto la legittimità di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) riguardanti la “zona mostre” di Civitanova Marche, dubita della legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie)
Rileva il giudice rimettente che – contrariamente al principio fondamentale espresso dalla norma statale, che, nel quadro della semplificazione delle procedure urbanistiche, emancipa la formazione dei piani urbanistici attuativi dall'approvazione regionale, tuttavia configurando l'obbligo del Comune di invio del piano alla Regione per eventuali osservazioni, che poi i Comuni sono obbligati a prendere in considerazione – l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 attribuisce l'approvazione al Consiglio comunale e sopprime ogni approvazione regionale, e l'art. 30, nel regolare la procedura, si limita a prevedere il deposito del piano attuativo dopo la sua adozione (e non anche l'invio alla regione), e poi l'approvazione del Consiglio comunale.
2. – Va innanzitutto evidenziato che il Tar Marche, nel ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata, ha dedotto la violazione, da parte della legge della Regione, dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, nel testo originario, per non avere osservato i principî fondamentali delle leggi dello Stato senza in alcun modo motivare le ragioni per le quali alla fattispecie in esame si applichi tale normativa e non anche quella novellata.
Ciò però non determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, motivata con riferimento ad un parametro costituzionale modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, quando, come nella specie, nella vigenza sia del “vecchio testo” dell'articolo 117 della Costituzione sia del “nuovo”, la Regione deve esercitare la propria competenza nel rispetto dei principî fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato (v. sentenza n. 200 del 2005).
3. – Passando all'esame del merito della questione, la stessa è fondata.
3.1. –La censura di incostituzionalità deve essere vagliata sulla base del parametro costituzionale invocato dal giudice rimettente, senza alcuna possibilità di prendere in considerazione ulteriori parametri dedotti dalle parti.
L'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, compreso nel capo II, relativo allo snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie, testualmente dispone: «Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici regionali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi» (primo comma) . «Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali» (secondo comma).
Tale disposizione non è derogabile dalle leggi regionali, come si evince dal precedente articolo 1, primo comma, secondo cui le Regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni in conformità ai principî definiti dai capi I, II e III della stessa legge, senza che possa trarsi argomento in contrario dal secondo comma per il quale, fino all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute nella legge statale.
Con la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando l'approvazione degli strumenti attuativi, dall'altra, però, si accentuano le forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati.
La statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi comunali alla Regione, è chiaramente preordinata a soddisfare un'esigenza, oltre che di conoscenza per l'ente regionale, anche di coordinamento dell'operato delle Amministrazioni locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di formulare “osservazioni” sulle quali i Comuni devono “esprimersi”.
Il contrappeso all'abolizione dell'approvazione regionale è costituito dall'obbligo imposto al Comune di inviare alla Regione il piano attuativo, al fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle quali il Comune stesso è tenuto a puntuale motivazione.
Il meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, dunque, in relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando l'obbligo dei Comuni di trasmettere i piani urbanistici attuativi alla Regione, assume il carattere di principio fondamentale.
3.2. – La legge urbanistica della regione Marche, come denunciato dal Tar rimettente, abolisce l'approvazione regionale degli strumenti attuativi (e tra questi, dei piani di lottizzazione, oggetto dei giudizi a quibus), e l'attribuisce al Consiglio comunale (art. 4): solo per le zone vincolate, è previsto un parere preliminare della Provincia (che nelle Marche è delegata alle funzioni urbanistiche attribuite alle Regioni: art. 4 legge reg. cit.). La procedura di formazione del piano, prevista dall'art. 30, pur ammettendo opposizioni e osservazioni da parte di “chiunque”, non prevede specificamente l'invio alla Regione (o alla Provincia), previsto dalla legislazione statale (art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985), al fine di sollecitare le osservazioni sulle quali la legge statale impone al Comune l'obbligo (non già di recepirle, ma) di motivare puntualmente (quindi anche di non accoglierle): obbligo di invio che la legge statale distingue facendone un quid pluris rispetto alle forme partecipative consentite a soggetti privati e pubblici (art. 25), tanto da esigere una motivazione puntuale, che non è richiesta nei confronti delle osservazioni degli altri soggetti.
E' indubbio che la mancata previsione dell'obbligo di trasmissione contrasta con un principio fondamentale della legge statale e determina l'incostituzionalità delle norme denunciate, nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è richiesta l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione o alla Provincia delegata.
3.3. – Le precedenti osservazioni non sono superate dalle argomentazioni della difesa della Regione Marche.
La previsione dell'obbligo di trasmettere copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano (art. 35 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992), non è idonea, data l'evidente schematicità del contenuto, a porre l'ente destinatario in grado di attuare la collaborazione insita nelle osservazioni e sollecitazioni al Comune a compiere nuove valutazioni (che l'art. 35 neppure prevede).
La materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare, ora come allora, i principî fondamentali ricavabili dalla legislazione statale.
Né è sostenibile l'ascrivibilità dell'art. 24 della legge n. 47 del 1985 alla normativa di dettaglio, che sarebbe preclusa al legislatore statale, atteso che l'ampio ambito di operatività assicurato dal secondo comma dell'art. 24 alla legislazione regionale è soggetto ad una delimitazione di ordine generale, preordinata alla tutela di interessi superiori.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.
Questa discussione distanza
dalla strada nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da GIULIO NARDI DINDOLO (Utente n. 4385) on 22 luglio,
2005 01:21 :
Caso: Il PRG in una zona del Comune indica la distanza minima dalle strade di mt.5
(come peraltro stabilito dal D.M. 2-4-1968 n. 1444 art.9). La strada attuale e
la strada di PRG in parte occupano una porzione di proprietà privata, per cui
il progettista ha insistitonell'impostare il fabbricato a mt.5 dal confine
catastale e conseguentemente a mt.2 dalla strada effettiva (stato reale e di PRG).
E' corretto conoscete pronunce giurisprudenziali in merito?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 22 luglio, 2005
08:42 :
Penso proprio di no. Cosa dicono le Norme Tecniche di Attuazione del PRG?
Solitamente la distanza minima da osservare dalle strade principali (e non dai
confini) è di mt 6.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 22 luglio, 2005 10:22
:
Direi proprio che non può fare la casa a 2 mt. dalla strada. Con la logica del
progettista se la strada reale fosse dentro la proprietà privata di 8 mt, cosa
farebbe per assurdo, costruirebbe la casa in mezzo alla strada ?
Piuttosto se un pezzo di strada pubblica si ritrova su suolo privato sarebbe
opportuno sanare le procedure di esproprio che evidentemente ai tempi non sono
state portate a compimento.
Questa discussione conguaglio
oblazione condono edilizio nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da alessio rossi (Utente n. 7403) on 22 luglio, 2005 11:26
:
In relazione al decreto 18.02.2005 del ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il 50% della somma dovuta a conguaglio dell'oblazione per la
sanatoria degli abusi edilizi deve essere versata al Comune direttamente
interessato.
Vorrei sapere se con il termine conguaglio è da intendersi l'ultima rata
dell'oblazione da versarsi entro il 30.09.2005 o se, invece, è da ritenersi un
versamento aggiungivo, successivamente ad una verifica e richiesta di nuovo
esborso da parte del comune interessato.
Grazie
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 22 luglio, 2005
11:59 :
E' un versamento aggiuntivo.
La norma è volta al fine di incentivare la definizione da parte dei comuni
delle domande di sanatoria e riguarda le somme riscosse a titolo di conguaglio
dell'oblazione non correttamente autodeterminata.
Questa discussione Commissioni
edilizie, fuori i politici nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 12 luglio, 2005
08:35 :
La circolare del ministero dell'interno per le autonomie n. 1/2005 del 27 aprile
2005 applica il principio della separazione tra indirizzo e gestione.
Non sarà più ammissibile la presenza di sindaci e assessori. La loro presenza,
infatti, costituisce un impedimento alla piena attuazione del principio di
separazione tra indirizzo e gestione.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 12 luglio, 2005 08:45 :
... e i consiglieri?
... non la riesco a trovare, puoi indirizzarmi ad un link?
[ 12. luglio 2005, 09:48: Mod. da mario nero ]
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 12 luglio, 2005
09:01 :
il link alla documentazione lo sto cercando anch'io.
Posso solo dirti che la circolare è stata diffusa dalla Prefettura di Imperia
con nota prot. 88 area II del 26/05/05. Penso quindi sia reperibile in qualsiasi
prefettura.
[ 12. luglio 2005, 10:43: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 12 luglio, 2005
11:45 :
La questione di legittimità della composizione della Commissione Edilizia è
riemersa dopo l'ultima sentenza T.A.R. Piemonte n° 657/05.
Quest'ultima è conseguente oltrechè alla nota del Ministero dell'Interno,
Direzione centrale per le autonomie, Circolare n° 1/2005, al Parere - del
Consiglio di Stato n° 492 del 21 Maggio 2003, ove è ribadito che non può
essere più ammessa la presenza dei sindaci e degli assessori nelle commissioni
edilizie comunali.
Ciò in quanto, la presenza dei politici nelle commissioni, realizza un
impedimento alla completa attuazione del principio di separazione tra le
funzioni di indirizzo politico amministrativo e quelle di gestione.
Nel nostro Comune, dopo aver letto la Sentenza del T.A.R. è stato
preliminarmente chiesto un parere all’ufficio legale della Regione la quale ha
risposto in senso favorevole alla sentenza.
Siccome avevamo approvato da pochissimo tempo il nuovo Regolamento Edilizio
sulla scorta di quello Tipo regionale, che ancora prevedeva la figura del
Sindaco in qualità di presidente della C.E. abbiamo provveduto alla rettifica
di quest’ultimo, nella parte in cui prevede la composizione ed il
funzionamento della C.E.
La proposta di deliberazione, da me predisposta, è oggetto dell’ODG del
prossimo consiglio comunale previsto nel mese di Agosto.
saluti e buone ferie a tutti, io chiudo il 22
Inserito da Nicola Ardillo (Utente n. 5204) on 15 luglio, 2005
08:17 :
Può essere utile la nota del dirigente della Regione Veneto che si trova al
seguente indirizzo:
http://www.regione.veneto.it/Territorio+ed+Ambiente/Territorio/Urbanistica+e+Beni+Ambientali/Inevidenza.htm
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 25 luglio, 2005
08:11 :
x mario nero
Anche i consiglieri sono dei politici.
La documentazione si trova qua:
http://www.cornaviera.it/public/edilizia_privata/evidenza1.htm
Grazie a Gianfranco e Nicola.
Questa discussione IL
QUANDO E IL COME DEL SILENZIO ASSENZO nel forum Edilizia ed ambiente
al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 08 luglio, 2005 13:04 :
IN DATA 08/04/05
HO PRESENTATO RICHIESTA X UN PERMESSO DI COSTRUIRE
IN DATA 26/04/05
MI E' PERVENUTA COMUNICAZIONE DEL RESP. DI PROCEDIMENTO E LA RICHIESTA DELLA
DOCUMENTAZIONE MANCANTE
IN DATA 09/05/05
HO CONSEGNATO LA DOCUMENTAZIONE RICHIESTAMI AD INTEGRAZIONE DEL PROGETTO,
APPELLANDOMI PER ALCUNE RICHIESTE A DICHIARAZIONI CON LE QUALI RIMANDAVO LA
PRODUZIONE DI ALCUNI DOCUMENTI DOPO L'ACCERTAMENTO DEL PARERE FAVOREVOLE DELLA
COMMISSIONE (COSA CHE DA NOI E' DI ROUTINE ad es. la Relaz. Geologica o il
calcolo legge 10)
A TUTT'OGGI, NON MI E' PERVENUTA ALCUNA LETTERA DA PARTE DELL'AMMINISTRAZIONE.
CONSIDERANDO CHE SONO TRASCORSI 60 GIORNI DALLA DATA DELL'INTEGRAZIONE CHE HO
PRODOTTO, POSSO CONSIDERARE LA MIA RICHIESTA DI PERMESSO DI COSTRUIRE ACCETTATA?
SE SI, IN CHE MODO DEVO AGIRE?
GRAZIE DELLA COLLABORAZIONE
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 08 luglio, 2005
15:40 :
Non si forma nessun silenzio aSSENSO NEL TUO CASO.
Anzi mi pare di capire che non avresti ottemperato a tutte le richieste di
intregrazione documentale, anche se hai controdedotto a tale richiesta.
Per cui la tua pratica risulterebbe sospesa fino a totale integrazione avvenuta,
anche se sarebbe opportuno che tu chiedessi chiarimenti al responsabile di
procedimento in ordine alla sua posizione rispetto alla tua motivata parziale
integrazione.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 09 luglio, 2005 09:35 :
be, se così fosse, comunque qualcuno doveva scrivermi per evidenziare la non
completa produzione dei documenti integrativi. o no?
Così non è stato in quanto nel Comune in cui lavoro è sufficiente nel caso
della rel. geolog. presentarla prima del rilascio della concessione e nel caso
della legge 10 prima dell'inizio degli specifici lavori. Per mandare comunque
avanti l'istruttoria bisogna dichiarare le modalità ed i tempi con i quali
questa docum. sarà presentata, cosa che come sempre anche in questo caso ho
fatto.
Per inciso: hanno tutta la docum. che serve per mandare il prog. all'esame della
commissione, ma, ancora non fanno nulla.
Potrei comunicare l'avvenuto silenzio assenso trasmettendo in allegato la rel.
geologica e successivamente prima dell'inizio delle tamponature, trasmettere il
prog. lg. 10.
Cosa ne pensa ing. Rizzo?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 09 luglio, 2005
13:58 :
Il fatto che siano trascorsi oltre 60, 75 giorni dalla integrazione (anche se
completa) non comporta l'automatica accettazione della domanda.
Matura semmai il silenzio-rifiuto contro cui ricorrere (vds. art. 21).
Come suggerito, è consigliabile chiedere notizie sulla situazione della pratica
al responsabile del procedimento.
----------------------
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
Art. 20 (R) - Procedimento per il rilascio del permesso di costruire
1. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei
soggetti legittimati ai sensi
dell’articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da
un’attestazione concernente il titolo di
legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio,
e quando ne ricorrano i
presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, nonché da
un’autocertificazione circa la
conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il
progetto riguardi interventi di
edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non
comporti valutazioni
tecnico-discrezionali.
2. Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo
del responsabile del
procedimento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni.
L’esame delle domande si svolge secondo l’ordine cronologico di
presentazione.
3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del
procedimento cura
l’istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, i prescritti
pareri dagli uffici comunali,
nonché i pareri di cui all’articolo 5, comma 3, sempre che gli stessi non
siano già stati allegati alla
domanda del richiedente e, valutata la conformità del progetto alle normativa
vigente, formula una proposta di
provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione
tecnico giuridica dell’intervento
richiesto.
4. Il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio
del permesso di costruire sia
necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto
originario, può, nello stesso termine di
cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni.
L’interessato si pronuncia sulla
richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto
ad integrare la documentazione
nei successivi quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma sospende,
fino al relativo esito, il
decorso del termine di cui al comma 3.
5. Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal
responsabile del procedimento, entro
quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la
motivata richiesta di documenti che
integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella
disponibilità
dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal
caso, il termine ricomincia a
decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.
6. Nell’ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell’intervento, sia
necessario acquisire atti di assenso,
comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui
all’articolo 5, comma 3, il competente
ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14,
14-bis, 14-ter, 14-quater della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Qualora si tratti di
opere pubbliche incidenti su
beni culturali, si applica l’articolo 25 del decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490 (ora articolo 25 del
decreto legislativo n. 42 del 2004).
7. Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare
all’interessato, è adottato dal
dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro quindici giorni dalla
proposta di cui al comma 3, ovvero
dall’esito della conferenza di servizi di cui al comma 6. Dell’avvenuto
rilascio del permesso di costruire è
data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio. Gli estremi
del permesso di costruire sono
indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite
dal regolamento edilizio.
8. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di
100.000 abitanti, nonché per i
progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del
responsabile del procedimento.
9. Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo,
la domanda di permesso di
costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.
10. Il procedimento previsto dal presente articolo si applica anche al
procedimento per il rilascio del
permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, a seguito
dell’approvazione della deliberazione
consiliare di cui all’articolo 14.
10-bis. Il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi
di cui all'articolo 22, comma
7, è di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda.
(comma aggiunto dal d.lgs. n. 301 del 2002)
Art. 21 (R) - Intervento sostitutivo regionale
1. In caso di mancata adozione, entro i termini previsti dall’articolo 20, del
provvedimento conclusivo del
procedimento per il rilascio del permesso di costruire, l’interessato può,
con atto notificato o trasmesso in
piego raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere allo sportello unico
che il dirigente o il
responsabile dell’ufficio di cui all’articolo 13, si pronunci entro quindici
giorni dalla ricezione
dell’istanza. Di tale istanza viene data notizia al sindaco a cura del
responsabile del procedimento. Resta
comunque ferma la facoltà di impugnare in sede giurisdizionale il
silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda di
permesso di costruire.
2. Decorso inutilmente anche il termine di cui al comma 1, l’interessato può
inoltrare richiesta di intervento
sostitutivo al competente organo regionale, il quale, nei successivi quindici
giorni, nomina un commissario ad
acta che provvede nel termine di sessanta giorni. Trascorso inutilmente anche
quest’ultimo termine, sulla
domanda di intervento sostitutivo si intende formato il silenzio-rifiuto.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 09 luglio, 2005
14:45 :
La penso come Tiziano.
mentre per confortarti, ti comfermo che rispetto alla rel geologica(1) ed alla
rel legge 10(2), nel mio comune opero come tu hai detto.
la (1) prima del rilascio del Pdcostruire la (2) primqa dell'inizio lavori
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 11 luglio, 2005 08:25 :
grazie a tutti, procediamo verso altre soluzioni...
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 12 luglio, 2005
06:56 :
Vi segnalo che l'art. 12 del D.D.L. sul governo del territorio approvato dal
Senato prevede, all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di sostituire il comma 9 con il seguente:
«9. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo,
la domanda di permesso di costruire si intende favorevolmente accolta.»
Lo stesso D.D.L., però, non si da carico di abrogare l'art. 21 dello stesso
D.P.R. 380/01, per cui si determinerà l'ennesima situazione di incertezza
dovuta al mancato coordinamento delle norme.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 12 luglio, 2005 07:48 :
... e quindi... il silenzio assenzo è proponibile allora?
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 12 luglio, 2005
12:27 :
Non ancora, perché si tratta soltanto di un disegno di legge approvato dalla
Camera (e non dal Senato come avevo scritto erroneamente). Comunque, credo che
la norma dovrebbe entrare in vigore abbastanza rapidamente.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 10 agosto, 2005 08:52 :
è stata approvata dal senato?
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 11 agosto, 2005
06:48 :
Non mi risulta.
Questa discussione aree
di valorizzazione ambientale - utilizzi nel forum Edilizia ed ambiente
al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 21 giugno, 2005
19:31 :
il nostro strumento urbanistico individua aree di "valorizzazione
ambientale" (FA), poste, per lo più, nella zona a valle del comune in
corrispondenza del torrente che l'attraversa e volte alla fruizione pubblica
previa approvazione di piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata.
Tali aree hanno valenza diversa; alcune ricomprendono strutture ludico sportive
ed attrezzature pubbliche, altre sono oggetto di richiesta normativa, da parte
di privati, per la destinazione a centri ludico ricreativi ed altre ancora, di
nessun interesse, non saranno sicuramente soggette ad alcuno studio attuativo
per l'assenza di ogni peculiarità (predisposizione ad ogni utilizzo e recupero,
interessi ambientali, stato vegetazionale curato o complesso, ecc.).
Alcune di queste sono pertinenti ad aziende agricole e produttive e quindi
utilizzate (forse impropriamente dal punto di vista urbanistico) a servizio
delle varie aziende.
La domanda è questa:
In attesa della redazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica o
privata, è legittimo inserire nel Regolamento Urbanistico una norma che
consenta utilizzi PROVVISORI diversi di tali aree a seconda del tipo di
pertinenzialità o meglio, della destinazione della zona omogenea adiacente,
senza l'esecuzione di opere che possano inficiare o condizionare lo studio
attuativo (installazione di manufatti precari agricoli, peraltro già
consentiti, depositi di materiali a cielo aperto quali inerti o legnami, ecc.)?
Si ringrazia anticipatamente dell'eventuale contributo, porgendo cordiali saluti
ma tutto il forum.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 22 giugno, 2005
07:28 :
L’utilizzo proficuo di un’area mi pare cosa da favorire.
Pertanto, in attesa dalla attuazione delle previsioni, penso che potrebbero
essere svolte le attività che non ostacolano o aggravano i costi della futura
realizzazione.
Nel mio caso, senza modifiche ai regolamenti, è stato consentito un utilizzo
diverso (recinzione del lotto al posto di parcheggio pubblico previsto dal PRG)
previa stipula di un atto d’obbligo unilaterale con impegno alla rimozione e
nulla pretendere in caso di attuazione delle previsioni del PRG.
Non so comunque se tale procedura possa essere applicata al caso in questione.
Saluti
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 22 giugno, 2005
08:47 :
la procedura è sicuramente corretta e garantistica, soprattutto se assistita da
garanzie economiche;
nella considerazione, però, che gli atti di autorizzazione provvisoria sono
titoli alquanto anomali, il quesito è specificatamente rivolto alla legittimità
o meno di poterli supportare con una norma urbanistica, da inserire nei disposti
ad oggi oggetto di variante.
Ti ringrazio del supporto e dell'eventuale approfondimento.
Cordiali saluti
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 22 giugno, 2005
09:31 :
Confermo anch'io la procedura di Tiziano, nel mio comune ne ho fatte alcune
identiche, anche se si riferivano al Piano Regolatore seoltanto adottato.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 22 giugno, 2005 10:16
:
La soluzione potrebbe consistere nell'inserimento di un "regime
transitorio" nella normativa vigente ( prima dell'approvazione.......... ,
sono consentiti ........ ) , che renda leciti alcuni tipi di intervento prima
dell'approvazione dei piani di dettaglio. Sarà poi bene cautelarsi per il
futuro come suggerito nei due interventi precedenti.
Questa discussione Abbattimento e Ricostruzione nel forum Edilizia
ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Questa discussione Indennità
pecuniaria ex art. 167, D.Lgs. 42/04 nel forum Edilizia ed ambiente
al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 14 giugno, 2005
07:18 :
Come si calcola l'indennità pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. 42/2004
nel caso di realizzazione di un centro sportivo in difformità
dall'autorizzazione paesaggistica, qualora l'intervento - pur avendo comportato
modifiche ai prospetti ed all'ubicazione dei fabbricati nonché alle
sistemazioni esterne - non abbia determinato alcun incremento dei volumi e delle
superifici assentite ?????
Ovviamente, le suddette modifiche sono state ritenute compatibili sotto il
profilo paesaggistico da parte dell'Ente competente.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 14 giugno, 2005
09:48 :
rispondo al volo con questo "taglia e incolla"
...La seconda sanzione va quantificata calcolando due elementi: il danno
arrecato (stimato con i criteri di cui sopra) e il profitto conseguito
attraverso la trasgressione. Il maggiore tra questi due importi, ulteriormente
aumentato da un terzo fino alla metà, sarà richiesto al trasgressore. Il
profitto conseguito dal costruttore è stato determinato, per precedenti
condoni, dal Dm 26 settembre 1997, in misura del 3% del valore d'estimo
dell'unità immobiliare.
vedi al seguente link
http://www.disat.unisa.it/txt/s24-arg7-0501-2a.asp
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 14 giugno, 2005
10:02 :
A vostro parere, il 3% va applicato con riferimento al valore complessivo degli
immobili realizzati in modo difforme o soltanto in relazione al valore delle
parti realizzate in aggiunta a quanto originarimente previsto ????
A me non convince la prima soluzione perché, se si dovesse comunque applicare
il 3% al valore complessivo degli immobili, la sanzione non varierebbe in
proporzione alla gravità dell'abuso ma soltanto in proporzione al valore degli
immobili su cui tali abusi sono stati commessi.
In altre parole, un immobile realizzato in difformità dall'autorizzazione ma
senza alcun incremento di volume e superifici utili sarebbe soggetto alla stessa
sanzione (3% del valore d'estimo) applicabile per un nuovo edificio realizzato
in totale assenza di autorizzazione.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 14 giugno, 2005
10:11 :
Oltre alla sanzione pecuniaria ordinaria (art. 37 c.1 se rientra in ambito DIA)
va determinata
l'indennità risarcitoria (art. 167 D.Lvo 42/04 e DM 26/09/97).
Il responsabile del servizio può stabilire che le abusività rilevate non siano
tali da determinare un effettivo incremento di valore di mercato dell'immobile e
che non vi sia profitto conseguito.
Se così è, applicherà a carico del committente, dell'impresa e del DL le due
sanzioni nella misura minima:
euro 516 ai sensi dell'art. 37 c.1 DPR 380/01
euro 258 ai sensi dell'art. 167 D.Lvo 42/04 e DM 26/09/97 art 4.
Cordiali saluti.
collegamento al DM 26/09/97:
http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=documenti_urbanistica_ambiente
Questa discussione Abbattimento
e Ricostruzione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on 13 giugno, 2005
23:25 :
E' legittimo abbattere un edificio e ricostruirne uno nuovo posizionato in
maniera diversa.
Mi spiego: Un edificio viene abbattuto. Secondo l'interpretazione dei tecnici ho
un'area disponibile e il PRG mi consente di rifare l'edificio nuovo e
posizionarlo come voglio.
In questo caso, non si tiene conto del T.U. dell'edilizia, precisamente l'art.
3?
Grazie per un chiarimento.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 14 giugno, 2005
09:33 :
Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di
demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia sono
stati presi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con propria
Circolare 7 agosto 2003, n. 4174 pubblicata sulla G.U. n. 274 del 25 novembre
2003;
Se non disponi della G.U. puoi leggere il testo direttamente in rete alla
seguente URL:
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2003/274/9.htm
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on 14 giugno, 2005
13:45 :
Sono grato della tua risposta che è quella a cui mi sono rifatto in una
discussione di carattere amichevole con altri tecnici. La loro opinione è
diversa, ritenendo che, eliminato il vecchio fabbricato ho un lotto. Da questo
lotto il P.R.G. mi autorizza a costruire x mc/mq e del vecchio fabbricato è
come se non fosse esistito mai.
Anche stamattina mostravo la circolare a un amico Geometra, ma riteneva valida
l'interpretazione del P.R.G. senza considerare il nuovo testo unico.
Sarà che hanno ragione loro?
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 14 giugno, 2005
15:00 :
La circolare suindicata precisa i limiti di applicabilità della
ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3 del TUE e leggendola attentamente si
potrà inquadrare il caso in questione.
A naso, mi pare di intravedere una forzatura della norma e condivido le
perplessità dei colleghi tecnici.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 14 giugno, 2005 15:53
:
Senza affrontare analisi approfondite, e quindi senza avere pretese di certezza,
mi chiedo qaule senso abbia considerare ristrutturazione edilizia un intervento
che prevede la demolizione e successiva ri-costruzione della stessa volumetria e
sagoma in altro sito, ovvero in diversa collocazione rispetto al medsimo lotto.
A mio avviso siamo nella casistica della nuova costruzione, specie se penso alla
problematica dalle distanze ed al concetto implicito di intervento di recupero
del patrimonio edilizio esistente che non dovrebbe presupporre traslazioni
dell'intero edificio.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 14 giugno, 2005
16:05 :
Infatti la circolare chiarisce:
...la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la
demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma
preesistenti...per quanto riguarda «l'area di sedime», non si ritiene che
l'esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell'edificio
in altro sito, ovvero posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera del
tutto discrezionale
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 14 giugno, 2005
16:23 :
Sarebbe utile conoscere il testo esatto della norma di PRG di cui trattasi.
Infatti, il PRG potrebbe intendere l'intervento di demolizione e successiva
ricostruzione non come ristrutturazione edilizia bensì come nuova costruzione.
Quello che conta, perché sia legittima l'operazione, è che la ricostruzione su
diverso sedime sia espressamente prevista dal PRG e che rispetti le distanze e
gli altri parametri di cui al D.M. 1444/68.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 15 giugno, 2005
07:19 :
Non terrei conto di quello che dice il PRG, specialmente se è antecedente al
TUE
Vedi art. 3 ultimo comma e quanto ribadito dalla circolare:
....la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la
demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma
preesistenti, prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e
dei regolamenti edilizi....
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001081
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 15 giugno, 2005
08:07 :
D'accordo con Cornaviera.
Si puo' fare demolizione e ricostruzione con parità di sagoma e volume,
mantenendo l'edificio sulla stessa area di sedime, tale intervento è definito
di ristrutturazione edilizia e pertanto la normativa di riferimento è quella
vigente all'epoca della costruzione dell'immobile da demolire e non nulla vale
il nuovo prg.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 15 giugno, 2005
10:24 :
Secondo l'interpretazione della Regione Liguria -che mi pare condivisiile - le
definizioni dell'art. 3 del T.U. Edilizia si sostituiscono a quelle degli
strumenti urbanistici comunali soltanto per le finalità proprie dello stesso
T.U., ovvero per determinare a quale titolo abilitativo (ed a quali sanzioni)
sono soggetti i diversi interventi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, al fine di determinare quali interventi
siano o meno ammissibili in determinate zone del territorio comunale, continuano
ad applicarsi le definizioni degli strumenti urbanistici.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 16 giugno, 2005
09:05 :
Per tranquillizzare il collega Ernesto riporto due massime recenti conformi a
chi mi ha preceduto,Tiziano e Rocco.
Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione
(dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la
sagoma (a parità di volumi) - Nuova edificazioni - D.P.R. n. 380/2001. Il T. U.
sull'edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001 limita il concetto di
ristrutturazione edilizia alla sostanziale identità, per forma, volume e
altezza, del complesso edilizio sul quale si operano gli interventi anche quando
porti ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, mentre la
ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche
solo per la sagoma (a parità di volumi) dall'immobile preesistente comporta la
realizzazione di un immobile nuovo con applicazione della disciplina urbanistica
prevista per le nuove edificazioni. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF
Piccola Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di
Afragola (avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della
Campania, Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7
Settembre 2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867;
Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione
dell’edificio demolito - Realizzazione di nuovi volumi - Permesso di costruire
per gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità
immobiliari - Necessità - Art. 2, c. 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001
- Art. 3, c. 1, let. D) D.P.R. 380/2001. La ristrutturazione edilizia ex art.
31, lett. D) l. 457/78 include anche la ricostruzione dell’edificio demolito
purchè la diversità del nuovo organismo edilizio consista nel ripristino o
nella sostituzione di alcuni elementi del fabbricato stesso, e non la
realizzazione di nuovi volumi (Cons.Stato, V, 5.3.2001, n. 1246): in tale ultimo
caso l’intervento va considerato come nuova costruzione, soggetto alle
limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio
del titolo autorizzativo. In linea con tale formulazione, l’art. 3, comma 1,
let. D) D.P.R. 380/2001 precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia
possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente e nella maggior latitudine della modifica apportata dal D.Lgs. n.
301/2002 comprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli
consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello
preesistente. E, ancora, l’art. 10. comma 1, lett. C) del cit. D.P.R. 380/2001
precisa che sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di
ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume della sagoma dei prospetti e delle superfici. Anche l’art. 2, comma 1
lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 include, tra quelli soggetti a D.I.A.
gli interventi sui fabbricati comprensivi della demolizione e ricostruzione
dell’edificio con lo stesso ingombro volumetrico. Ciò che le disposizioni in
esame non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche
nel nuovo fabbricato affinchè questo sia compatibile con il criterio di
ristrutturazione senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla
precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti
urbanistici in vigore al momento del rilascio del titolo. L’intero coacervo
delle disposizioni esaminate focalizza l’attenzione sulla modifica del
precedente manufatto tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento
urbanistico in vigore al momento della demolizione. Laddove questi limite venga
superato è infatti necessaria la nuova valutazione di compatibilità con lo
strumento urbanistico in vigore. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF Piccola
Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di Afragola
(avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della Campania,
Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre
2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 16 giugno, 2005
09:30 :
Non ci sono dubbi sul fatto che la ricostruzione di un fabbricato su diverso
sedime sia soggetta al rispetto delle disposizioni del PRG vigente al momento
della ricostruzione stessa.
Nel caso di cui si tratta, però, l'intervento parrebbe essere esattamente
conforme al PRG vigente, in quanto quest'ultimo prevede espressamente la
possibilità di effettuare la ricostruzione su diverso sedime.
Resta fermo - pena l'illegittimità della norma di PRG - il rispetto dei
parametri di cui al D.M. n. 1444/68.
Se la situazione è quella sopra prospettata, mi pare del tutto irrilevante il
fatto che il PRG qualifichi l'intervento come ristrutturazione edilizia ovvero
come nuova costruzione.
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on 31 luglio, 2005
18:39 :
A questo punto l'art. 3 del T.U.E. e l'art. 10 dicono due cose diverse in caso
di demolizione e ricostruzione?
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 02 agosto, 2005
09:19 :
Dicono due cose diverse nel senso che il T.U. per la prima volta ha istituito
due qualificazioni diverse dell'intervento di ristrutturazione.
Il primo quello dell'art.3 diciamo di lieve entità che si sostanzia nell'ever
recepito tutta la giurisprudenza di merito prodotta prima del T.U. stesso come
si può agevolmente leggere nella Circolare già citata ma che per comodità
trascrivo:
"Antecedentemente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n.
443, la giurisprudenza amministrativa si era occupata più volte della questione
relativa alla possibilità di far rientrare, nell'ambito della ristrutturazione
edilizia di cui all'art. 31, comma 1, lettera d), della legge del 5 agosto 1978,
n. 457, anche l'intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.
Si è venuto, pertanto, a formare un consolidato indirizzo giurisprudenziale
secondo cui «nel concetto di ristrutturazione edilizia devono annoverarsi anche
gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione
di un fabbricato» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28
marzo 1998, n. 369; id., 14 novembre 1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n.
144; id., 23 luglio 1994, n. 807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259; id., 3 febbraio
1992, n. 86; id., 3 gennaio 1992, n. 4; id., 4 aprile 1991, n. 430; id., 20
novembre 1990, n. 786; id., 9 luglio 1990, n. 594; id., 30 settembre 1988, n.
946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id., 17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre
1984, n. 958).
L'equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione veniva
dalla giurisprudenza essenzialmente motivata con la considerazione che «il
concetto di ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente ad una
modifica e a una salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche
fondamentali) dell'esistente (modifica che può essere generale o particolare e,
quindi, dar luogo alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»),
ma non anche alla indispensabile conservazione, nella loro individualità fisica
e specifica (tal quali essi sono e si trovano), dei medesimi elementi
costitutivi dell'edificio o di alcuni tra essi (i principali)» (così Cons.
Stato, sez. V, n. 946/1988).
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito dagli orientamenti
giurisprudenziali innanzi riportati, all'art. 3 aveva stabilito testualmente: «Nell'ambito
degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato
identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei
materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica".
La seconda qualificazione dell'intervento di ristrutturazione invece, prevista
dall'art. 10.1 c) è quella che noi chiamiamo "maggiore", sottoposta
al regime delle nuove opere e subordinata al Permesso di Costruire, come prevede
espressamente il comma 1 del predetto articolo,trattandosi di intervento di
trasformazione urbanistica ed edilizia.
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 02 agosto, 2005
09:30 :
Concordo in pieno con la ricostruzione dell'istituto fatta nell'ultimo
intervento.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02 agosto, 2005
11:58 :
concordo anch'io con Gianfranco; trattasi, a mio avviso, di intervento di
semplice "ristrutturazione urbanistica", riportata nelle definzioni
degli interventi edilizi di cui al D.P.R.380/01.
lo Strumento Urbanistico può, pertanto, consentire interventi di recupero
volumetrico, intesi come demolizione e ricostruzione di edificio in altro sito e
con diverso assetto planivolumetrico.
Tali interventi sono soggetti esclusivamente al permesso di costruire.
Cordiali saluti
Marco Occhipinti
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on 03 agosto, 2005
13:46 :
Quindi, se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco, avendo l'indice di
fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un fabbricato di cubatura 10
volte tanto?
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 03 agosto, 2005
17:05 :
A mio avviso, certamente si,a condizione che tutti gli altri parametri siano
rispettati e pagando il contributo di costruzione sulla differenza di volume,
conformemente alla definizione dell'intervento di cui art. 10.1 c) T.U.;
Il tutto anche con DIA in alternativa al Permesso di Costruire, come specificato
dall'art. 22.3 a) del T.U.
[ 03. agosto 2005, 18:06: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 04 agosto, 2005
11:47 :
teoricamente è possibile realizzare la volumetria rilevabile dall'indice di
fabbricabilità addizionata dei mc. derivanti dal recupero volumetrico.
E' scontato che i disposti dello strumento urbanistico non devono specificare
controindicazioni.
Esprimo comunque notevole riserva circa l'utilizzo alternativo della DIA per gli
interventi; riterrei che il regime esclusivo sia quello del permesso di
costruire.
Per quanto attiene gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e
contributo sul costo di costruzione, nelle relative tabelle del comune dove
opero, ho previsto specifiche tariffe per tali interventi; per dirla in breve,
il volume nuovo ha un costo, quello recuperato ne ha un altro; allo stesso modo
effettuo il conteggio sulla differenza delle superfici per la determinazione del
costo di costruzione (sono state previste, alla pari della nuova edificazione,
tariffe al mq. anche per gli interventi di ristrutturazione, evitando così
computi metrici od altro).
Cordiali saluti
Marco Occhipinti
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 04 agosto, 2005
12:27 :
Caro Marco, non vedo le motivazioni per le quali esprimi riserve circa il
procedimento mediante DIA.
L'art. 22 comma 3 del T.U. in questo punto è chiarissimo e non si presta ad
interpretazioni, esso recita testualmente :
Art. 22 (L) - Interventi subordinati a denuncia di inizio attività
OMISSIS
3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante
denuncia di inizio attività:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera
c);
OMISSIS
Se le cose stanno così, come scritte e l'intervento si qualifica come
rientrante nell'art. 10,comma 1 lettera c) come abbiamo appena detto, io non
vedo dove nascono le tue "riserve".
O l'intervento si qualifica tale e quindi a norma di legge vi rientra il
procedimento mediante DIA in alternativa al Permesso di Costruire, oppure non è
ristrutturazione art. 10.1 lettera c) in questo caso sarà altro tipo
d'intervento.
Ciao e buon lavoro o buone ferie....
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on 04 agosto, 2005
14:10 :
Concordo con Marco. Non mi sembra che, sulla base della legislazione statale,
l'intervento ipotizzato da Ernesto (se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco,
avendo l'indice di fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un
fabbricato di cubatura 10 volte tanto) ricada nelle ipotesi della
ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c) (soggetta
a DIA).
In tal senso, in questo sito, si veda la sentenza Tar LAZIO 13 giugno 2005, n.
4782: "Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico
dell’Edilizia... è possibile individuare un intervento di ristrutturazione
– effettuabile a seguito di mera denuncia di inizio attività, in base al
combinato disposto degli articoli 10 e 22 del medesimo D.P.R. n. 380/2001 –
anche in presenza di una integrale demolizione e ricostruzione di un immobile,
ma solo qualora non vengano alterati la volumetria e la sagoma dell’edificio
preesistente".
Vorrei vedere, con tutta la buona volontà e nel dovuto rispetto ai miracoli
dell'architettura moderna, come si fa a non alterare la volumetria e la sagoma
dell'edificio passando da una volumetria di 1.200 mc ad una di 12.000 mc...
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 04 agosto, 2005
15:11 :
Mi inserisco nella interessante discussione che rileva come tra l’art. 3 e
l’art. 10 del T.U. vi sia una evidente difficoltà di coordinamento, ne la
relazione generale al Testo ne il parere del Consiglio di Stato - Parere 29
marzo 2001 n. 3/2001 - aiutano a dirimere l’interpretazione della normativa in
esame.
Sul punto sintetizzando il dibattito tenutosi in un corso di perfezionamento e
riportando il pensiero di alcuni dei giuristi intervenuti ad Osimo, che
ritenevano che il TU avesse codificato due tipologie d’intervento, la prima
quella indicata nell’art. 3 in cui viene prevista una ristrutturazione che
contempla la demolizione e la ricostruzione del fabbricato condizionata ai
vincoli della volumetria e sagoma preesistenti; una seconda che non comporta la
demolizione e ricostruzion, ma il cui prodotto finale può consentire, ai sensi
dell’art. 10 un “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione
d'uso”.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 04 agosto, 2005
17:25 :
Che si voglia o meno, oggi,dopo il T.U. come dice correttamente Nazzareno,la
tipologia di interventi di ristrutturazione edilizia, in italia, sono di due
tipi:
il primo, quello previsto dall'art. 3 e l'altro previsto dall'art. 10.
Inutile ripetere la norma che ormai, chi opera direttamente nel nostro settore,
dovrebbe conoscere bene.
Però per capire meglio la modifica introdotta dal T.U. è utile -a mio avviso -
riprendere in mano il vecchio art. 31 L. n° 457/78 che definiva gli interventi
di recupero del patrimonio edilizio, rendendoli, già allora prevelenti sulle
disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi:
art. 31.1 d)
interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare
ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti;
Così com'era definita la ristrutturazione ha portato ad un selva di decisioni.
Primo problema era la demolizione dell'immobile per poi riscostruirlo.
I giudici ordinari sostenevano(scusate la semplificazione) che una volta raso al
suolo l'edificio,siamo in presenza di nuova opera e come tale si deve applicare
la disciplina del PRG vigente al momento della ricostruzione.
I giudici di merito, contrariamete sostenevano che per la salvezza del
patrimonio edilizio, abbattere e ricostruire fedelmente non si è in presenza di
nuova opera ma si rientra ancora nel concetto di ritrutturazione.
Il T.U. alla fine ha recepito la giurisprudenza di merito formastasi prima, al
punto che - come avrete notato- le parole " ricostruzione con la stessa
volumetria e sagoma di quello preesistente" sono state introdotte dalla
modifica del T.U. con l'art. 1 a del DlGs n° 301/02.
Questo passaggio, per quanto io ne sappia, è stato recepito diciamo per forza
di cose, in quanto nessuno intraprendeva più lavori di ristrutturazione con una
definizione così vaga ex art. 31 L.n° 457/78 che poteva avere anche
conseguenze penali sulla scorta di interpretazioni particolarmente restrittive.
Ciò che ho detto, è ampiamente riportato nella Circolare Lunardi e meglio
ancora nelle decisioni indicate nella stessa.
Complichiamo ancora le cose ( come se non le fossero già ) a voler vedere con
la lente, l'art. 3, che definisce gli interventi, fino al secondo capoverso
compreso, riprende quasi fedelmente l'art. 31 (ora abrogato) della L. n°
457/78, mentre invece, la definizione riportata nell'art. 10 è più ampia.
Comunque sia, questo Post è già sufficientemente corposo e per quanto mi
riguarda lo ritengo capitolo chiuso anche perchè si dovrebbe parlare della
parte sanzionatoria e penale e non mi sembra proprio il caso.
Buona continuazione per chi vuole farlo.
Ciao a tutti dalla piatta pianura padana.
[ 04. agosto 2005, 18:30: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 05 agosto, 2005
06:56 :
ho riaperto ora... e vedo che la discussione è andata abbastanza avanti.
Gianfranco, la mia riserva deriva dal fatto che l'intervento "inteso"
dal Sig. Carratu, secondo me, si qualifica come ristrutturazione urbanistica
(art.10 lett.b) che corrisponderebbe, poi, al vecchio art.31 lett.E della L.457/78.
E' vero che anche questa è una ristrutturazione ma con questa tipologia di
intervento ottieni una notevole trasformazione territoriale (trasformazione dei
lotti, delle infrastrutture, degli isolati, ecc.)e l'utilizzo della DIA, salvo
determinati casi, mi sembra riservato agli interventi minori.
Una buona giornata a tutti
Marco Occhipinti
Questa discussione Il
concetto di demolizione e ricostruzione nei piani attuativi. nel forum Edilizia
ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 maggio, 2005
11:04 :
Il vigente art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo Unico Edilizia, come
meglio precisato nella CIRCOLARE 7 agosto 2003, n. 4174 - Chiarimenti
interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e
ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia, ha recepito e
ampliato un già consolidato indirizzo giurisprudenziale.
L'attuale formulazione dell'art. 3, nella finalità di incentivare il ricorso
alla demolizione e ricostruzione, a seguito modifiche apportate dal D.Lvo 27
dicembre 2002, n. 302 è la seguente:
…" Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono
ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la
stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;…
L’articolo conclude con:
…Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli
strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi…
Un Piano Particolareggiato, vigente prima dell'entrata in vigore della nuova
definizione,assegna a un edificio la ristrutturazione globale prevedendo la
sopraelevazione di 1 mt, lo svuotamento interno ma non la demolizione dei muri
perimetrali.
Dal momento che l'edificio è stato copletamente demolito e ricostruito (nel
rispetto della sagoma prevista dal PP, quindi sopraelevato) può avvalersi della
nuova definizione per giustificare la demolizione non ammessa dal PP o deve
essere considerato nuova costruzione con tutte le gravi conseguenze che ne
derivano?
Il dubbio deriva dal fatto che, sia la circolare 7 agosto 2003, n. 4174 che il
TUE, precisano che tale nuovo concetto prevale sulle disposizioni degli
strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi facendo dubitare con
questo che siano esclusi dalla applicazione della norma gli strumenti attuativi,
come appunto il PP che in effetti dispongono già di normativa dettagliata.
Io sarie portato a considerare l'innovazione di portata generale in quanto, ciò
che conta è il risultato estetico finale (che non cambia), ma vorrei delle
assicurazioni e cerco giurisprudenza al riguardo.
Grazie per l'attenzione e cordiali saluti a tutti.
Per visionare la circolare 7 agosto 2003, n. 4174:
http://www.cornaviera.it/public/DOCUMENTI/edilizia_privata/circolare4174.htm
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 26 maggio, 2005
15:45 :
Il quesito potrebbe diventare, in realtà, un vero e proprio rompicapo io
riterrei che le definizioni di cui al 2° comma dell’art. 3 del T.U. siano
prevalenti su ogni altra disposizione contraria, determinando così la
disaplicazione della normativa locale contrastante, salvo che non vi siano
ragioni di pubblico interessse da tutelare.
Recentemente il TAR PIEMONTE n. 1451 del 22.7.2004 ha escluso l’ultrattività
del divieto di demolizione e ricostruzione contenuto nelle norme d’attuazione
di un piano d’area.
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 26 maggio, 2005
15:51 :
Secondo l'interpretazione della Regione Liguria, le definizioni dell'art. 3 del
T.U. Edilizia si sostituiscono a quelle degli strumenti urbanistici comunali
soltanto per le finalità proprie dello stesso T.U., ovvero per determinare a
quale titolo abilitativo (ed a quali sanzioni) sono soggetti i diversi
interventi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, al fine di determinare quali interventi
siano o meno ammissibili in determinate zone del territorio comunale, continuano
ad applicarsi le definizioni degli strumenti urbanistici.
A proposito della sanzione per opere soggette a DIA
Questa discussione area agricola nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Ric. n. 1379/2005 Sent. 2777/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Lorenzo Stevanato Presidente f.f.
Elvio Antonelli Consigliere, relatore
Fulvio Rocco Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1379/2005 proposto dalla S.N.C. MANFROI PAVIARREDO di Manfroi Ubaldo & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ermes Soppelsa ed Antonio Forza, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, S.Marco 4600;
CONTRO
il Comune di Cencenighe Ag.no in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
PER
l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento comunale 7.4.2005 n. 15 di demolizione opere abusive.
Visto il ricorso, notificato il 3.6.2005 e depositato presso la Segreteria il 17.6.2005, con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito alla camera di consiglio del 29 giugno 2005, convocata a’ sensi dell’art.. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 - relatore il Consigliere Elvio Antonelli - l’avv. Soppelsa per la parte ricorrente;
Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;
Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;
considerato
che con riferimento al profilo edilizio le opere sanzionate con il provvedimento impugnato, in ragione della loro natura e consistenza ben possono considerarsi mere opere pertinenziali non necessitanti di titolo edilizio e non soggette all’osservanza delle fasce di rispetto fluviali e stradali;
che con riguardo al profilo ambientale deve ritenersi fondato il 2° motivo sotto il profilo che il Comune non dà contezza delle ragioni per le quali ha ritenuto di irrogare la sanzione ripristinatoria invece che quella pecuniaria a nulla rilevando che l’art. 146 comma 10° lett. C del D. L.vo n. 42/04 non ammette la sanatoria ambientale (e ciò perché l’irrogazione della sanzione pecuniaria non implica la sanatoria ambientale);
Ritenuto di poter compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 29 giugno 2005.
Il Presidente f.f. L’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Seconda Sezione
Rispondo al seguente messaggio:Ovviamente SI.
inserito da Enrico Quinto:
...deve essere abbattuto?
Questa discussione definizione
di sagoma nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 16 maggio, 2005
21:38 :
Nella CIRCOLARE 7 agosto 2003, n. 4174 si fa più volte riferimento alla sagoma
e volume dell'edificio.
In merito al concetto di sagoma, esiste una definizione ufficiale per
determinala in modo preciso?
grazie.
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 17 maggio, 2005
08:19 :
La sagoma di una costruzione è un concetto che la giurisprudenza, in specie
quella penale, ha ricondotto “al contorno che viene ad assumere l’edificio
ivi comprese le strutture perimetrali (Cass. Pen n. 3849/1998)”, “al profilo
complessivo dell’immobile (Cass. Pen. n. 11864/1998)”, “alla conformazione
planovolumetrica della costruzione ed al suo perimetro inteso in senso verticale
ed orizzontale”, ”ad un aspetto tridimensionale di un edificio, comprensivo
anche dell’altezza (Tar Abruzzo, sez. PE, n. 197/2003, ved. sentenze ivi
richiamate)”.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 18 maggio, 2005
08:34 :
Grazie per la puntuale risposta.
Direi quindi che, in linea di massima e dentro i normali limiti, non
costituiscono modifica della sagoma (ma dei prospetti) la variazione di:
foronomia delle facciate, sporti del tetto, poggioli, canne fumarie, comignoli,
scale esterne e altri aggetti al profilo dell'edificio.
Riterrei invecie variazione la realizzazione o la modifica (evidente) di un
abbaino, benchè possa essere consideraro volume tecnico.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 maggio, 2005
13:26 :
Per qualche sconosciuto motivo, gli ultimi 2 interventi sono andati persi.
Ringrazio comunque Nazzareno Rosa e Cei Gianfranco per le puntuali indicazioni e
mi auguro di avere ancora il loro contributo sul nuovo quesito concernente la
demolizione e ricostruzione nelle aree soggette e piano attuativo.
Questa discussione Distanza
o costruzione a confine nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da Ulderico Iannece (Utente n. 4314) on 12 maggio, 2005
06:45 :
Il P.R.G. prevede la distanza minima dai confini pari a 5 m.
E' possibile costruire sul confine ?
E' possibile farlo senza l'assenso del confinante ?
In caso di esito positivo alla costruzione sul confine, il confinante dovrà
costruire ad almeno 10 metri o può costruire in aderenza al fabbricato già
costruito a confine ?
L'altro confinante (cioè quello che ha costruito prima) può opporsi ?
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 12 maggio, 2005
08:50 :
se i due fondi confinanti sono liberi, e' possibile costruire sul confine sensa
l'assenzo del confinante, il quale potra costruire in aderenza.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 12 maggio, 2005
21:53 :
Sono un po' perplesso dalla risposta.
Per me, se la norma (PRG) prevede una distanza minima, per quale ragione non
deve essere rispettata?
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on 13 maggio, 2005
07:39 :
Occorre anche verificare se il regolamento del PRG magari più restrittivo
preveda l'impossibiltà di costruzione in confine. In generale è corretta la
risposta dell'ing. Rizzo, il confinante potra costruire o in aderenza o
altrimenti a 10 metri.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 13 maggio, 2005 08:26
:
A mio parere se il PRG prescrive una distanza minima di 5 mt. occorre
rispettarla.
La costruzione a confine dovrebbe essere possibile solo in caso di costruzione
in aderenza a parete cieca posata sul confine, purchè ovviamente tale facoltà
sia espressamente contemplata dal PRG.
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 13 maggio, 2005 09:26
:
E' anche possibile costruire sul confine di proprietà se esiste l'assenso del
proprietario del fondo attiguo, sempre che il piano regolatore riconosca tale
possibilità . Ricordo che le distanze dai confini stabilite dai p.r.g. per le
nuove costruzioni, sono derogabili per accordo tra le parti.
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on 13 maggio, 2005
10:13 :
Non mi risulta Sig. Maglio che esistano deroghe di tale tipo. Mi sembra altresì
alquanto inopportuno concederle, in quanto gli strumenti urbanistici non vengono
redatti per evitare problemi fra privati, ma per consentire una corretta
crescita urbanistica dell'abitato.
Per il sig. Rossi: se il regolamneto lo prevede si può costruire in confine e
ch prima arriva....naturalmente ricordiamoci che le concessioni o meglio "i
permessi di costruire vengono sempre rilasciate/i salvo diritti di terzi. Il
terzo deve dimostrare di essere leso dal rilascio del permesso di costruire....
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 13 maggio, 2005
12:03 :
Io concordo con Rossi. Lascio a chi interessa la decisione che segue.
PROPRIETA’ PRIVATA – DISTANZE
La nozione di costruzione, agli effetti della normativa sulle distanze, è unica
ed è stabilita dal codice civile, e non può essere derogata dalla normativa
secondaria dei regolamenti comunali, giacché il rinvio contenuto nell’art.
873 cod. civ. alle fonti locali è limitato alla sola facoltà per i regolamenti
locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a
quella codicistica. ( Corte Suprema di Cassazione Seconda Sezione Civile
SENTENZA N. 1556 DEL 26/01/2005 )
Vedi sentenza per esteso:
http://www.cortedicassazione.it/Documenti/1556.pdf
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 13 maggio, 2005
12:38 :
sensa parole.....riporto l'873 del CC Distanze nelle costruzioni
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere
tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere
stabilita una distanza maggiore.
...se non sono unite o aderenti.....
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on 13 maggio, 2005
16:21 :
Anche se forse non sono stato chiaro concordo assolutamente con Rizzo.
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on 15 maggio, 2005 19:34 :
Conosco l'argomento per mio personale interesse.Non sono un tecnico. A suo tempo
ebbi modo di prendere atto, in merito alla questione in dibattito, della
sentenza del Consiglio di Stato n. 1688/99 di cui riporto alcuni passi
essenziali a conferma che lo strumento urbanistico è
inderogabile......Sentenza: "La giurisprudenza ha affermato che la distanza
fra le costruzioni è regolata , ove vi siano, dagli strumenti urbanistici, la
cui disciplina risulta esaustiva sino a farne prospettare la inderogabilità
pattizia se la distanza è prevista rispetto al confine.(Cassazione. Civ. sez.H
4353/98)In questo caso il principio della prevenzione ricorre quando il fondo è
situato in un comune sprovvisto di strumenti urbanistici(Cass. Civ. I 4517/98)ma
non è applicabile quando l'obbligo di osservare un determinato distacco dal
confine sia dettato dai regolamenti comunali in tema di edilizia e urbanistica
avuto riguardo al carattere indiscutibilmente cogente di tali fonti normative da
intendersi preordinate alla tutela ,oltre che di privati diritti soggettivi, di
interessi generali( Cass. Civ. 6535/95).Ne consegue che Nel caso in cui i
regolamenti edilizi stabiliscano espressamente la necessità di rispettare
determinate distanze dal confine, non può ritenersi consentita la costruzione
in aderenza o appoggio" (Cass.Civ. sez.II 5339/ 97), a meno che tale facoltà
non sia consentita chiaramente , anche se inplicitamente, come alternativa
all'obbligo di rispettare le suddette distanze".
Letto quanto sopra,ne ho dedotto che:
- qualora lo strumento urbanistico consenta sia la costruzione in aderenza sia
il distacco e non fa riferimento a preventivi accordi tra i privati, chi arriva
prima detta legge ed impone il modo di costruire fermo restando che in caso di
distacco la distanza è quella prevista dal regolamento del P.R.G. che non può
essere inferiore ai tre metri dal confine, ma che di norma si pone a 5 metri
allo scopo di consentire anche l'apertura di finestre;
- se invece nel regolamento del P.R.G.è riportato che si deve costruire a m.5,
tale distanza è tassativa ed inderogabile- anche in presenza di aree libere- ed
anche chi costruisce per primo deve osservarla.
Questa discussione Restituzione
oneri di urbanizzazione e altro... nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on 05 aprile, 2005 16:20 :
Ho presentato domanda per il rilascio di un permesso di costruire il 18 luglio
2002 al fine di procedere all’esecuzione di opere di ampliamento di civile
abitazione (L. 64/95) nonché alla realizzazione di volumi non residenziali;
l’istruttoria è stata favorevolmente conclusa con l’adozione di tutti i
pareri favorevoli previsti dalla legge;·
sono stati espletati tutti gli atti conclusivi formali richiesti, al
perfezionamento della fase istruttoria : COMPRESA LA SECONDA RATA del versamento
oneri e consegna, protocollata, di atto d’obbligo unilaterale;
il procedimento non è stato interrotto da alcuna ulteriore richiesta di
integrazione documentale.
Tuttavia in data 14/03/2005 e successivamente notificata, esattamente il
17/03/2005, 3 giorni dopo aver pagato la seconda rata degli oneri, il Comune ha
ritenuto di respingere la mia richiesta.
Ora io credo di aver diritto ad ottenere:
1 – la restituzione integrale delle somme versate a titolo di “oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione”, pari a complessivi 4.982,89 €
maggiorate degli interessi di legge nonché delle spese accessorie pari a 5,00
€ ;
2 – la liberatoria da fideiussione bancaria emessa da Monte dei Paschi di
Siena, a garanzia delle rate residue dei suddetti oneri
3 – la liberatoria da atto d’obbligo unilaterale del ….. repertorio n°
…… trascritto
4 – rimborso integrale degli onorari notarili e dei costi accessori;spese
sostenute e da sostenersi sia per la formalizzazione dell’atto che per la
necessaria futura cancellazione; allo scopo produciamo.
Cosa posso fare?
Prima ina lettera di richiesta al Comune ed in tal caso il Comune ha un termine
per rispondermi, devo darglielo io? e se non riscontrasse, qual è l'azione che
posso intraprendere e davanti a quale giudice?
Grazie a chi vorrà darmi un prezioso aiuto!
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 06 aprile, 2005 10:39
:
Scusi, ma dal luglio 2002 all'aprile 2005 per ottenere una serie di pareri
favorevoli che si concludono con un diniego del provvedimento???? Qualcosa non
torna. E' sicuro di avere riportato tutto per bene nel suo post?
Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on 06 aprile, 2005 11:09 :
Sì ho riportato tutto bene. Ciò che è accaduto è stata una diversa
interpretazione delle NTA da parte del precedente e dell'attuale Consiglio
Comunale. A differenza del precedente Cons Comunale, infatti, questo attuale, ha
ritenuto che gli interventi da fare contrastano con le NTA in particolare non
sarebbe possibile perchè l'intervento da realizzare rientra nella fascia dei
100 mt dalla battigia del mare.
Ma, ora ciò che a me interessa e sapere cosa e come posso fare per ottenere
1 – la restituzione integrale delle somme versate a titolo di “oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione”, pari a complessivi 4.982,89 ;
2 – la liberatoria da fideiussione bancaria emessa da Monte dei Paschi di
Siena, a garanzia delle rate residue dei suddetti oneri
3 – la liberatoria da atto d’obbligo unilaterale trascritto
4 – il rimborso integrale degli onorari notarili e dei costi accessori;spese
sostenute e da sostenersi sia per la formalizzazione dell’atto che per la
necessaria futura cancellazione.
Si tratta di un caso di indebito arricchimento della P.A. o no? Credo proprio di
sì, mi hanno chiesto di pagare gli oneri prinma del rilascio, in violazione con
l'art. 16 TU dell'edilizia, sostenedo che così era la prassi del Comune di
CApoliveri (Elba)!
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 06 aprile, 2005 11:59
:
Sì, è un arricchimento indebito. Il diritto alla restituzione degli oneri
versati, interessi legali maturati, delle spese accessorie sostenute e delle
spese legate al procedimento di recupero, c'è tutto.
Chieda la restituzione a mezzo di lettera raccomandata a.r. e chieda il rispetto
della l. 241/90 per ciò che concerne tempi e modi del procedimento di
restituzione. L'atto d'obbligo unilaterale diviene inefficace da sé, non
sussistendo più le ipotesi per le quali l'atto era stato predisposto.
Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on 04 novembre, 2005 18:18 :
Ho fto atto di invito ad adempiere per la restituzione degli oneri e successiva
diffida ma l'A. non ha dato alcun riscontro.
A chi mi rivolgo? al G.A. impugnando il silenzio rifiuto con contestuale
richiesta di restituzione oneri oppure al G.O.?
grazie
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 04 novembre,
2005 22:39 :
Perchè non provare con il Difensore Civico:
Il Difensore Civico può intervenire presso l'Amministrazione provinciale e
presso Enti ed Aziende che da essa dipendono per assicurare che il procedimento
amministrativo abbia regolare corso e che gli atti siano tempestivamente e
correttamente emanati.
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on 05 novembre, 2005
10:04 :
Ritengo che la competenza a conoscere della controversia sia del giudice
amministrativo.
L'azione dovrebbe essere rivolta ad ottenere la ripetizione della somma
indebitamente percepita dall'amministrazione.
Il termine per la presentazione della domanda giudiziale è di 5 anni,
corrispondente a quello prescrizionale.
La giurisprudenza è univoca: tra le tante Consiglio di Stato 12/6/1995 n. 894,
TAR Lombardia 15/3/1988 n. 75, TAR LAZIO 17/2005, n. 3844.
La somma dovrà essere restituita maggiorata degli interessi, ma non della
rivalutazione almeno secondo quanto indica Consiglio di Stato 31/10/1992 n. 1445
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 10 novembre,
2005 15:50 :
Ma quali sono i tempi e i costi per ricorrere al TAR?
Per me il Difensore Civico, potrebbe adoperarsi nel suo ruolo che è quello di
cercare di risolvere eventuali ritardi, abusi, carenze, disfunzioni nella
pubblica amministrazione, evitando quindi, se ci riesce, il ricorso al TAR.
Verifica la presenza nella zona: http://www.difensorecivico.org/
Questa discussione distanze
e pergole nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
Inserito da elena barta (Utente n. 6597) on 23 marzo, 2005 12:21 :
Secondo voi le pergole vanno considerate ai fini del computo delle distanze dal
confine?
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 24 marzo, 2005 07:10 :
In teoria no, essendo semplici arredi da giardino. Tuttavia, il concetto di
pergola viene spesso "personalizzato", cosicché i regolamenti edilizi
sono costretti ad intervenire per disciplinare la costruzione di tali manufatti.
Occorre, pertanto, verificare il regolamento comunale.
Inserito da elena barta (Utente n. 6597) on 24 marzo, 2005 08:33 :
il nostro regolamento edilizio non prevede nulla. La pergola in questione è una
vera pergola e non una tettoia in quanto priva di copertura.
Ho verificato la giurisprudenza e mi sembra che, per le distanze, siano ritenute
rilevanti solo le tettoie (quelle coperte, permeabili ecc..) e univoca nel non
considerare "costruzioni" le pergole.
Quindi direi che le pergole, se non sono costruzioni (come invece le tettoie),
non sono computabili per le distanze!
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 21 aprile, 2005
21:15 :
Direi proprio di si, come bene ha detto Carlo Megali.
La posa è comunque soggetta a DIA (facendo attenzione ai diritti di terzi).
Onde evitare malintesi, io ritengo utile far precisare negli elaborati:
ARREDO DA GIARDINO PRIVO DI APPORTO VOLUMETRICO
saluti