L’80% circa dell’energia consumata nell’UE deriva dai
combustibili fossili: petrolio, gas naturale e carbone. Di questa
percentuale, una parte considerevole, in costante aumento, proviene da
paesi terzi. La dipendenza dalle importazioni di petrolio e di gas, che
attualmente è del 50%, potrebbe salire all’80% di qui al 2030. L’UE
diventerebbe così ancora più sensibile alle riduzioni degli
approvvigionamenti o all’aumento dei prezzi. Deve peraltro ridurre il
consumo di combustibili fossili per invertire la tendenza al riscaldamento
globale. Occorre inoltre migliorare le infrastrutture energetiche dell'UE:
nei prossimi venti anni dovrebbero essere necessari 1000 miliardi.
Le importazioni rimangono essenzialiPer una sicurezza dell’approvvigionamento a lungo termine, è
fondamentale non dipendere eccessivamente da un numero ristretto di paesi
ovvero compensare tale dipendenza istituendo un’intensa cooperazione in
fatto di investimenti e di trasferimento di tecnologia con paesi come la
Russia, importante fonte di combustibili fossili e, potenzialmente, di
energia elettrica, e con i paesi del Golfo. Modificare il mix di combustibiliTutto questo non è tuttavia sufficiente. In definitiva l’UE deve diventare un’economia a basse emissioni di carbonio, che riduca l’impiego di combustibili fossili nell’industria, nei trasporti e a livello domestico e ricorra a fonti energetiche rinnovabili per produrre elettricità, per il riscaldamento e l’aria condizionata e per l’alimentazione dei mezzi di trasporto, in particolare le automobili. Ciò presuppone un passaggio ambizioso all’energia eolica (soprattutto in mare), solare e idraulica, alla biomassa e ai biocarburanti ottenuti da materia organica. La tappa successiva potrebbe essere quella di diventare un’economia basata sull’idrogeno. Tutelare l’ambientePer arrestare il surriscaldamento del pianeta sono stati introdotti dei
limiti alle quantità di biossido di carbonio (CO2) che l’industria
dell’UE può immettere nell’atmosfera. Il sistema prevede
l'assegnazione di quote di emissione alle imprese. In caso di superamento
della quota, un'impresa può acquistare concessioni da altre le cui
emissioni sono inferiori alla rispettiva quota. In questo modo si
incoraggia un uso più efficiente dell’energia, si riduce
l’inquinamento e si mantengono gli impegni sottoscritti dall’UE
nell’ambito del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici. Risparmiare energia grazie a un uso più razionalePer abbattere il consumo di combustibili fossili l’UE si è impegnata
a ricavare il 15% dell’energia di cui ha bisogno da fonti rinnovabili
entro il 2015, e prevede di risparmiare l’1% annuo del consumo finale di
energia per nove anni a partire dal 2007 estendendo l’impiego di
lampadine, impianti di riscaldamento, di produzione dell’acqua calda, di
ventilazione e di trasporto efficienti sotto il profilo energetico ed
economicamente efficaci. Un uso intelligente dell’energiaLa tecnologia svolgerà un ruolo chiave ai fini di un uso più razionale dell’energia. I programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE finanziano un gran numero di progetti di ricerca in campo energetico e l’Agenzia esecutiva per l’energia intelligente dell’UE investirà 730 milioni di euro nell’ambito del programma “Energia intelligente per l’Europa” nel periodo 2007-2013 per sostenere la ricerca in materia di risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili e per gli aspetti della politica dei trasporti che riguardano l’energia nell’UE, in Bulgaria, Romania, Croazia, Liechtenstein, Islanda e Norvegia. Il mercato unico dell'energiaUn mercato dell’energia competitivo contribuisce
all’uso razionale dell’energia. In passato, i mercati nazionali del
gas e dell’energia elettrica erano due “isole” distinte nell’UE,
in cui l’approvvigionamento e la distribuzione costituivano monopoli.
Oggi i mercati sono liberalizzati e le frontiere nazionali nel settore
dell’energia stanno scomparendo.
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Secondo numerosi studi a livello internazionale, l'energia consumata all'interno di edifici dell'Unione Europea costituisce il 40% del
consumo energetico complessivo, più del consumo dell'industria (28%) e dei trasporti (32%).
L’individuazione di soluzioni per il risparmio energetico in edilizia si presenta quindi come una necessità, sia per ridurrei danni in termini di CO2 prodotti sull’ecosistema, sia per i crescenti costi energetici, derivanti
dall’utilizzo di risorse esauribili che ricadono sul consumatore finale.
In considerazione di ciò e in conformità al piano di interventi previsti dal protocollo di Kyoto, il
Parlamento Europeo ha adottato la Direttiva 2002/91/CE del 16 dicembre 2002 sul Rendimento
Energetico nell’edilizia, che è stata recepita in Italia con Decreto legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, modificato nel dicembre 2006.
Secondo uno studio pubblicato da EURIMA, l’Italia è il paese europeo dove si verifica la maggior perdita di energia nelle abitazioni
(17,5% sul totale).
Le disposizioni contenute nella Direttiva riguardano:
Agendo su diversi aspetti (climatizzazione invernale e produzione di acqua calda per uso sanitario, climatizzazione estiva, ventilazione, illuminazione) l'obiettivo è di risparmiare fino al 20% di energia, rafforzando la politica sul rendimento energetico, incitando tutti i paesi ad allinearsi sui livelli più elevati.
Ogni paese dovrà definire, all'interno di un quadro europeo comune, una metodologia per il calcolo del rendimento energetico degli
edifici.
Questa metodologia dovrà essere la stessa per tutti gli edifici sia a livello nazionale che regionale e dovrà tener conto dell'insieme di
fattori che influenzano il consumo energetico.
E' possibile risparmiare energia non solo nel settore dell'edilizia ma bisogna estendere questi sforzi anche ai settori
dell'industria e dei trasporti.
Il libro verde della Commissione Europea sull'efficacia energetica propone misure concrete per tutti tre i settori.
concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione
della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE)
Più del 78% delle emissioni di gas ad effetto serra della Comunità europea derivano da attività umane svolte nel settore energetico. E' uno dei motivi principali per cui è necessario migliorare l'efficienza degli usi finali dell'energia, controllare la domanda di energia e promuovere la produzione di energia rinnovabile. In questo senso va la Direttiva 2006/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio pubblicata il 27 aprile sulla Guce.
Il provvedimento intende fornire gli obiettivi indicativi, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessari ad eliminare le barriere e le imperfezioni esistenti sul mercato che ostacolano un efficiente uso finale dell'energia; vuole inoltre creare le condizioni per lo sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici e la fornitura di altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica agli utenti finali.
Lo scopo finale è di raggiungere l'obiettivo nazionale indicativo globale
di risparmio energetico, pari al 9% per il nono anno di applicazione della
direttiva.
Tra le indicazioni contenute nella Direttiva ci sono alcuni punti riguardanti la
disponibilità dell'informazione, la disponibilità di sistemi di
qualificazione, accreditamento e certificazione. Vengono poi indicati gli
strumenti finanziari per il risparmio di energia, le tariffe per l'efficienza
energetica e altri regolamenti per l'energia di rete.
Viene poi affrontata la questione della diagnosi energetica. Gli Stati membri
assicurano la disponibilità di sistemi di diagnosi energetica efficaci e di
alta qualità destinati a individuare eventuali misure di miglioramento
dell'efficienza energetica applicate in modo indipendente a tutti i consumatori
finali, compresi i clienti di piccole dimensioni nel settore civile, commerciale
e le piccole e medie imprese.
Gli Stati membri hanno tempo fino al 17 maggio 2008 per conformarsi alla presente direttiva.
Le direttive emanate fino ad oggi sono, in ordine cronologico: