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forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia
Anno 2004 - Lexitalia Forum Edilizia e ambiente
Oggetto |
Data |
ciglio
stradale |
30
ottobre, 2004 |
quando
si ha un nuovo edificio secondo la giurisprudenza? |
27
ottobre, 2004 |
L.R.
Veneto n.21 |
25
ottobre, 2004 |
cambio
destinazione d'uso di immobile |
20
ottobre, 2004 |
abitabilità
e condono |
14
ottobre, 2004 |
Art.
37 TUE Interventi eseguiti in assenza o difformità DIA e
accertamento conform. |
11
ottobre, 2004 |
Condono
ed abitabilità |
01
ottobre, 2004 |
interventi
in assenza o difformità della DIA |
23
settembre, 2004 |
AGIBILITA'
E DIRETTORE DEI LAVORI |
31
agosto, 2004 |
DISTANZA
CONFINE APPENA INFRANTA |
26
agosto, 2004 |
calcolo
del volume |
26
luglio, 2004 |
Distanza
confine - Isolamento con capotto |
23
luglio, 2004 |
Chiarimenti
su condono |
17
luglio, 2004 |
gestione
DIA in sanatoria art. 37 TUE |
30
giugno, 2004 |
ABITABILITA' |
28
giugno, 2004 |
Saldo
oblazione vecchi condoni edilizi |
09
giugno, 2004 |
Condono
con variazione |
03
giugno 2004 |
Le
demolizioni ai Prefetti, si o no ? |
06
maggio, 2004 |
CONDONO
EDILIZIO Cambio Destinazione D'Uso |
30
aprile, 2004 |
condono
edilizio |
02
aprile, 2004 |
Questa discussione ciglio
stradale nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000957
Inserito da Giorgio Maloti (Utente n. 6252) on 30 ottobre, 2004
13:03 :
Scusate ma il"ciglio della strada" comprende il marciapiede?
cioè mi spiego meglio:considerando lo spazio compreso tra i due cigli di una
strada,in mezzo oltre alla carreggiata veicolare è compreso anche il
marciapiede?
la domanda mi è sorta avendo una planimetria in cui è segnata la strada e il
marciapiede,e dovendomi arretrare con la costruzione di 7,5 dalla strada,
considerando (0) il filo del fabbricato e (2) inizio marciapiede e
(3) fine marciapiede, non so se il distacco da usare è:
il tratto 0-2(filo fabbricato-inizio marc.) oppure
il tratto 0-3(filo fabbricato-fine marc.)
vedere disegnetto pianta in basso :
fabbricato
|____________| 0
...........................................confine lotto 1
----------------------------------marciapiede inizio 2
----------------------------------marciapiede fine 3
strada veicolare asfaltata
----------------------------------marciapiede fine 4
----------------------------------marciapiede inizio 5
.....................................confine lotto di fronte 6
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 novembre,
2004 11:18 :
Per me la strada è composta da carreggiata e marciapiede.
Nel bel disegnetto troverei corretto sostituire la scritta "strada
veicolare asfaltata" con "carreggiata".
La distanza dalla strada risulta quindi il tratto 0-2(filo fabbricato-inizio
marc.).
Inserito da Giorgio Maloti (Utente n. 6252) on 02 novembre, 2004
20:16 :
grazie del tuo parere Tiziano,
quindi anche per quanto riguarda il ciglio stradale,
in merito a queste conclusioni
devo considerare che i due cigli di una strada(cioè ciglio destro e sinistro)
comprendano al loro interno anche i marciapiedi
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 03 novembre,
2004 11:28 :
Decreto Ministeriale 1 aprile 1968 n. 1404
Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella
edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della
legge 6 agosto 1967, n. 765. ( G.U. n° 96 del 13 aprile 1968 )
-------------------------------------------------
Art. 1.
Campo di applicazione delle presenti disposizioni
Le disposizioni che seguono, relative alle distanze minime a protezione del
nastro stradale, vanno osservate nella edificazione fuori del perimetro dei
centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai
programmi di fabbricazione.
Art. 2.
Definizione del ciglio della strada
Si definisce ciglio della strada la linea di limite della sede o piattaforma
stradale comprendente tutte le sedi viabili, sia veicolari che pedonali, ivi
incluse le banchine od altre strutture laterali alle predette sedi quando queste
siano transitabili, nonché le strutture di delimitazione non transitabili
(parapetti, arginelle e simili).
Art. 3.
Distinzione delle strade
Le strade, in rapporto alla loro natura ed alle loro caratteristiche, vengono
così distinte agli effetti della applicazione delle disposizioni di cui ai
successivi articoli:
A) Autostrade: autostrade di qualunque tipo (legge 7 febbraio 1961, n. 59);
raccordi autostradali riconosciuti quali autostrade ed aste di accesso fra le
autostrade e la rete viaria della zona (legge 19 ottobre 1965, n. 1197 e legge
24 luglio 1961, n. 729);
B) Strade di grande comunicazione o di traffico elevato: strade statali
comprendenti itinerari internazionali (legge 16 marzo 1956, n. 371); strade
statali di grande comunicazione (legge 24 luglio 1961, n. 729); raccordi
autostradali non riconosciuti; strade a scorrimento veloce (in applicazione
della legge 26 giugno 1965, n. 717);
C) Strade di media importanza: strade statali non comprese tra quelle della
categoria precedente; strade provinciali aventi larghezza della sede superiore o
eguale a m. 10,50; strade comunali aventi larghezza della sede superiore o
eguale a m. 10,50;
D) Strade di interesse locale: strade provinciali e comunali non comprese tra
quelle della categoria precedente.
Art. 4.
Norme per le distanze
Le distanze da osservarsi nella edificazione a partire dal ciglio della strada e
da misurarsi in proiezione orizzontale, sono così da stabilire:
strade di tipo A) - m. 60,00;
strade di tipo B) - m. 40,00;
strade di tipo C) - m. 30,00;
strade di tipo D) - m. 20,00.
Art. 5.
Distanze in corrispondenza di incroci
In corrispondenza di incroci e biforcazioni le fasce di rispetto determinate
dalle distanze minime sopraindicate sono incrementate dall'area determinata dal
triangolo avente due lati sugli allineamenti di distacco, la cui lunghezza, a
partire dal punto di intersezione degli allineamenti stessi sia eguale al doppio
delle distanze stabilite nel primo comma del precedente art. 4), afferenti alle
rispettive strade, e il terzo lato costituito dalla retta congiungente i due
punti estremi.
Resta fermo quanto prescritto per gli incroci relativi alle strade costituenti
itinerari internazionali (legge 16 marzo 1956, n. 371, allegato 2). A tali
distanze minime va aggiunta la larghezza dovuta alla proiezione di eventuali
scarpate o fossi e di fasce di espropriazione risultanti da progetti approvati.
… omissis …
Circolare 30 dicembre 1970, n.5980.
ISTRUZIONI SULLE DISTANZE DA OSSERVARE NELL'EDIFICAZIONE A PROTEZIONE DEL NASTRO
STRADALE.
Reperibile in formato PdF al seguente indirizzo del Ministero
Infrastrutturetrasporti:
http://www.infrastrutturetrasporti.it/page/standard/mop_all.php?p_id=00715&PHPSESSID=f05705bcb19ead34312b2b423d306edf
Questa discussione quando
si ha un nuovo edificio secondo la giurisprudenza? nel forum Edilizia ed
ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000951
Inserito da denisepapini (Utente n. 6236) on 27 ottobre, 2004 09:57
:
Il d.m. 1968 n. 1444 all'art. 9 dispone la distanza minima assoluta di 10 mt tra
costruzioni; tale disposizione si applica solo ai "nuovi edifici". Ma
la giurisprudenza cosa intende esattamente per nuovo edificio? Mi sembra,
inoltre, che sia consolidata la tendenza ad equiparare il nuovo edificio alla
sopraelevazione o addirittura al semplice rifacimento di un tetto! stando così
le cose mi piacerebbe sapere se, secondo voi, si ha o meno un nuovo edificio,
nel caso in cui si provveda al rifacemento di un tetto(es. da un tetto a capanna
si passa ad un tetto a padiglione o viceversa) che comporti un seppur minimo
rialzamento delle pareti, senza però che si verifichi aumento della volumetria.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 ottobre, 2004
09:21 :
Cerca sul forum: "distanze dai confini":
In linea di massima la sopraelevazione segue le norme valide per le nuove
costruzioni.
A mio avviso, la sopraelevazione può avvenire solo se è tale da non comportare
aumento di volume urbanistico (esempio un cordolo perimetrale in un sottotetto
che è e rimane volume tecnico)
Nel caso in questione andrebbe verificato se, in base alle norme urbanistiche
comunali vigenti, la modifica del tetto comporta o meno aumento del volume
urbanistico.
Come riportato nelle precedenti discussioni, i diritti di terzi sono sempre
fatti salvi.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 29 ottobre, 2004
14:12 :
dovrebbe verificare presso gli uffici comunali la compatibilità dell'intervento
con la norme dello strumento urbanistico, in base alla destinazione di zona; in
linea di massima la L.R. Toscana 52/99, modificata dalla LR.43/03, prevede che
l'innalzamento dei sottotetti al fine di renderli abitabili, senza che si
costituiscano nuove unità immobiliari, è soggetto a denuncia di inizio attività.
Non è chiaro comunque il contesto per cui ha inoltrato il quesito, e pertanto
dovrebbe tenere presente che le disposizioni urbanistiche, edilizie e
procedurali hanno una valenza ben diversa rispetto a quelle civilistiche, nel
senso che tali interventi sono di solito legati ad articoli del codice civile,
come ha chiaramente indicato Tiziano Cornaviera.
Un cordiale saluto
Questa discussione L.R.
Veneto n.21 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000949
Inserito da giuseppe giuspoli (Utente n. 6221) on 25 ottobre, 2004
10:04 :
Quale documentazione può richiedermi il Comune per l'applicazione della
LRVeneto n°21/96 inerente gli aumenti di spessore delle strutture verticali e
orizzontali per il migliramento termico, acustico e di inerzia termica.
Bisogna solo dimostrare il solo miglioramento di uno dei tre requistiti, oppure
il requisito di tutti e tre, oppure, come sostiene il Dirigente UTC, che
con lo spessore di partenza (trenta cm) si rientra nella previsione della Legge
10/90? Quindi dovrei presentare due Legge 10: l'una per dimostrare che rientro
anche con 30 cm e l'altra inerente al reale spessore della muratura.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 25 ottobre, 2004
22:02 :
La documentazione è quella di cui alla LR 21/96:
"apposita relazione tecnica, corredata da calcoli e grafici dimostrativi
completi consistenti in sezioni complessive dell'edificio e particolari
costruttivi, in scala adeguata".
Le finalità della legge sono volte al PERSEGUIMENTO DI MAGGIORI LIVELLI DI
COIBENTAZIONE TERMOACUSTICA "O" DI INERZIA TERMICA con lo scopo di non
penalizzare chi intende realizzare case più confortevoli ed economiche fissando
chiaramente nella legge gli spessori.
Tirare in ballo la Legge 10 con una doppia dimostrazione mi pare improprio e
inutile.
Infatti la L.10 prevede la verifica globale dell'edificio considerando l'apporto
di tutte le strutture disperdenti.
Posso quindi sempre dimostare che la L.10 è rispettata con 30 cm di spessore
delle pareti esterne aumentando, qualora necessario, il livello di isolamento
delle altre strutture disperdenti.
Inserito da giuseppe giuspoli (Utente n. 6221) on 26 ottobre, 2004
17:32 :
Grazie per la risposta, anche per me è assurda la richiesta del Dirigente;
Invece di incentivare l'uso di questa norma per diminuire l'uso di combustibili
e quindi d'inquinamento io vedo piuttosto un "mettere il bastone tra le
ruote" dell'Amministrazione per paura di un uso improprio della Legge!!??
mah!!
Saluti
Inserito da giuseppe giuspoli (Utente n. 6221) on 10 novembre, 2004
15:02 :
[QUOTE]inserito da Tiziano Cornaviera:
[QB]
Le finalità della legge sono volte al PERSEGUIMENTO DI MAGGIORI LIVELLI DI
COIBENTAZIONE TERMOACUSTICA "O" DI INERZIA TERMICA con lo scopo di non
penalizzare chi intende realizzare case più confortevoli ed economiche fissando
chiaramente nella legge gli spessori.
Perchè parli di Termoacustica e non di termica o acustica o di inerzia termica?
La legge dice "miglioramento termico, acustico e di inerzia termica";
in questo caso la virgola non vuole dire "o"?
Grazie
Questa discussione cambio
destinazione d'uso di immobile nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000945
Inserito da Aldo Enriconi (Utente n. 6202) on 20 ottobre, 2004
13:37 :
Nella fase di ricerca di un immobile a scopo abitativo c'è capitato di trovare
un immobile sito in provincia di Alessandria attualmente accatastato come C/2.
Secondo l'agenzia che propone l'immobile come abitazione, è possibile
convertire l'immobile ad'abitazione, previa richiesta di concessione edilizia.
Non riuscendo a trovare niente in merito e non conoscendo la materia, non vorrei
imbattermi in un acquisto incauto, in quanto l'immobile "sempre secondo
l'agenzia" è già stato oggetto di concessione edilizia, che è scaduta
perchè non portata a termine.
La domanda è questa, esistono delle regolamentazioni in materia o quant'altro,
che aiuti a capire l'acquirente se effettivamente è possibile ottenere
concessione edilizia?
Grazie per la cortese attenzione
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 20 ottobre, 2004
20:29 :
Io andrei a parlare con il tecnico del Comune, eventualmente accompagnato da un
tecnico di fiducia.
Questa discussione abitabilità
e condono nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000938
Inserito da cristina cecchi (Utente n. 6178) on 14 ottobre, 2004
20:37 :
Salve,
nel mese di Dicembre dovrò presentare la domanda per ottenere il condono di
un'abitazione inizialmente adibita a magazzino agricolo (il piano superiore è
già ad uso abitativo)Ultimamente ho letto un articolo in cui si affermava che
per ottenere il condono edilizio, la casa doveva essere ultimata ed avere
l'abitabilità;in questa casa i lavori sono stati effettuati solo in parte e
potranno essere ultimati a condono ottenuto.
In merito a tale questione, vorrei gentilmente sapere quali sono i requisiti
essenziali per richiedere il condono e se verrà accettata la mia domanda anche
se i lavori non sono stati completati.
Ringraziando in anticipo,
saluto cordialmente.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 15 ottobre, 2004
08:37 :
sull'argomento la legge recita:
.... si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e
completata la Copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già
esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state
completate funzionalmente. (c.2, art. 32 L.47/85
richiamato dalla attuale legge 326/03)
Quindi, nel caso in questione, quando le opere interne siano state completate
funzionalmente entro il 31.03.2003 (a dimostrazione generalmente va prodotta una
dichiarazione sostitutiva allegata alla domanda di condono).
A chiarire il significato di completamento funzionale c'è la circolare del 1985
che riporto
per estratto:
"...La legge stabilisce anche che, per le opere interne abusive e per
quelle non destinate
alla residenza, l'ultimazione corrisponde al completamento funzionale delle
opere medesime.
Esse, pertanto, possono essere completate "al rustico" e cioè senza
le finiture civili, ma
debbono essere tali da permetterne l'uso in relazione alla funzione cui sono
destinate."
(in merito alla data di ultimazione)
"...l'interessato potrà dimostrare, attraverso la documentazione in suo
possesso (fatture per la fornitura di materiale, fattura di aziende erogatrici
di servizi pubblici, ecc.), la veridicità della sua affermazione ovvero, in
mancanza di tale documentazione, potrà presentare un atto notorio o un atto
sostitutivo di atto notorio.
Comunque, il comune potrà accertare la data di effettiva ultimazione dei lavori
nei modi che
riterrà più opportuni."
La CIRCOLARE DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI 30 LUGLIO 1985,N. 3357/25 SI
TROVA QUI:
http://www.comune.santagiustina.bl.it/public/documenti/condono_edilizio/Circolare85.pdf
Saluti.
Questa discussione Art.
37 TUE Interventi eseguiti in assenza o difformità DIA e accertamento conform.
nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000935
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 11 ottobre, 2004
10:21 :
La DIA (ordinaria) è esclusa da sanzioni penali e ripristinatorie essendo
sanzionata dal c1° dell'art. 37. (non si fanno distinzioni tra conforme o non
conforme).
Pertanto,l'accertamento della realizzazione di una recinzione un assenza di DIA
che rispetta la distanza di mt 1 dalla strada comunale come prescritto dal REC o
l'accertamento della realizzazione di una recinzione un assenza di DIA alla
distanza di 80 cm, quindi in difformità, dovrebbe essere sanzionato nello
stesso modo (c 1° art.37 TUE).
In base a quanto sopra, devo ritenere che la DIA a sanatoria di qui al c.4 sia
riservata ai soli casi di segnalazione spontanea.
Il Comune quindi non può richiedere la sentazione di una DIA a sanatoria
(peraltro possibile solo per intervento conforme) ma dovrà limitarsi ad
applicare il c1° dell'art. 37.
Per gli interventi abusivi soggetti a DIA (ordinaria) non conformi, la DIA può
essere eventualmente presentata (spontaneamente) solo non per interventi che
prevedano di renderla conforme.
Conclusione: per gli abusi rilevati rientranti nell'ambito della DIA
(ordinaria), che risultino non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia
vigente non esiste la possibilita di ordinare il ripristino dello stato dei
luoghi (se si vorrei vedere una bozza di ordinanza).
Ciò anche in considerazione del fatto che se l'interessato non ottempera
diventa impossibile o quanto meno molto complicato eseguire il ripristino
d'ufficio.
Probabilmente mi sono perso qualche dettglio in quanto leggo da autorevoli
commenti che l'art. 37 va applicato solo nel caso di DIA conforme e che nel caso
di difformità si applica l'art. 44 (sanzioni penali) del TUE.
Potrebbe avere qualche rilevanza quanto riportato al c.1 art. 22 del TUE: ...
che siano conformi... (nel senso che non essendo conformi non rientrano nella
procedura sanzionatoria prevista dall'art. 37?)
Ringrazio chi vorrà rispondere, magari inquadrando meglio il ragionamento.
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 11 ottobre, 2004
12:24 :
Io, pur in attesa di qualche commento specifico, sto iniziando a ritenere che si
possa applicare per le dia (ordinarie) non conformi quanto previsto dall’art.
27, co. 2, del d.p.r. n. 380/2001: 2. Il dirigente o il responsabile, quando
accerti l'inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree
assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti
o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici
ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18
aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, NONCHE'in tutti
i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei
luoghi.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 11 ottobre, 2004 15:01
:
Credo che le semplificazioni introdotte per gli illeciti dall'art. 37 vadano
ricondotte eslusivamente ai casi di Denuncia di inizio attività di cui all'art.
22, comma 1 e 2 del d.lvo 380/2001, che siano comunque conformi agli strumenti
urbanistici e che non violino le norme di sicurezza e i vincoli di
inedificabilità assoluta, ambientali, paesaggistici e storico-architettonici.
Per i casi in cui non vi è conformità, credo sia corretto applicare, come dice
Nazzareno Rosa, l'art. 27, comma 2.
Se l'opera non è conforme, deve andare giù.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 11 ottobre, 2004 15:54
:
Ho forti dubbi sull'applicabilità della sanzione rappresentata dalla
demolizione e dal ripristino dello stato dei luoghi, l'art. 37 è norma
specifica per i casi di d.i.a., mentre l'art. 27 ha carattere più generale. Del
resto credo che difficilmente sarebbe ipotizzabile ordinare la demolizione ed il
ripristino di opere di straordinaria manutenzione o di variante non essenziale,
qualora non conformi al regolamento edilizio od al PRG.
Nel caso particoalre delle recinzioni, la demolizione può essere sanzione
accessoria, ma ai sensi del Codice Stradale, ove sia accertata la pericolosità
per la circolazione; in tal caso ad emettere l'ordinanza sarebbe la polizia
locale, non l'ufficio edilizia.
Nel TU la disciplina della d.i.a., si rifà, del resto, alle disposizioni della
vecchia legge 493/93 e s.m.i., così come la disciplina dell'art. 37 citava tra
i riferimenti l'art. 10 della l. 47/85.
A meno di non abbracciare la teoria che vuole non più applicabile la d.i.a.
alle c.d. "opere minori" in quanto non più epressamente citate dal TU
e dunque da ricomprendere nel più generale concetto di nuova costruzione, per
il quale si applica l'art. 10 del TU che disciplina le opere soggette a permesso
di costruire.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 12 ottobre, 2004
06:58 :
Tiziano Cornaviera ha colto con ragione una specie di "buco
normativo".
L'unico deterrente è l'applicazione della sanzione art.37 comma 1°,
consistente nel doppio dell'incremento del valore venale dell'immobile (che
comunque non consiste in una manciata di euro).
L'Avv. F. Massa dello Studio Acquarone di Genova ha suggerito, conseguentemente
a specifico quesito, di regolamentare a livello comunale gli interventi soggetti
a DIA, prevedendo nel sistema sanzionatorio anche la remissione in pristino per
interventi non conformi.
Un cordiale saluto
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 12 ottobre, 2004 09:17
:
L'impressione è quella che l'art. 37 poteva anche essere scritto non dico
meglio, ma più chiaramente. Dal momento che il presupposto generico per la
sanabilità è l'accertamento di conformità, poteva anche esplicitare che per
determinate categorie di illeciti fosse possibile prescindere da tale logica.
Come pura considerazione, faccio fatica a credere alla sanabilità delle opere
minori non conformi agli strumenti urbanistici, perchè non è difficile
immaginare, senza grossi sforzi, quale serie di obrobri potrebbero restare in
opera in base a questa lettura. E non mi riferisco certamente agli interventi
manutentivi.
La norma è comunque riscritta sulla falsa riga dell'art. 10 della l. 47/85 e se
applicata in maniera cruda e senza uno sguardo all'art. 27, può avvallare in
definitiva la teoria della sanabilità a prescindere dalla conformità. Questo
è vero.
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on 12 ottobre, 2004 10:31
:
L'art. 37, 1° co. si applica esclusivamente agli interventi realizzabili con
DIA ai sensi dell'art. 22, co. 1 e 2 in quanto conformi alle previsioni degli
strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina
urbanistico-edilizia vigente.
Gli interventi edilizi eseguiti in difformità, seppure con DIA, dovrebbero
soggiacere alla stessa disciplina prevista per le opere soggette a permesso di
costruire, quindi, in attesa di chiarimenti in merito, alla disciplina più
ampia dell'art. 27, co. 2 come giustamente indicato da alcuni, in particolare
Nazzareno Rosa.
Saluti a tutti.
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on 12 ottobre, 2004
16:21 :
Relativamente al suggerimento di introdurre nei regolamenti edilizi sanzioni
reali per le ipotesi di “DIA difforme” l’idea qualche anno fa (prima che
le leggi costituzionali modificassero i rapporti tra i poteri) era venuta anche
a me solo che mi ero dato una risposta (a questo punto da rivedere, magari
studiando su un nuovo testo di diritto costituzionale, visto che quello dei miei
studi è ormai inutilizzabile) negativa; infatti ritenevo che in virtù del
principio di riserva di legge di cui all’art. 1 della legge n. 689/81 gli Enti
locali non potessero introdurre autonomamente sanzioni amministrative.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 12 ottobre, 2004
20:22 :
Il riferimento all'art.27 c.2 mi pare riservato agli abusi di maggiore gravità
in quanto su aree
non edificabili o vincolate (demolizione diretta sia per DIA che PDC).
E' pur vero che il comma prosegue con: ...NONCHE'in tutti i casi...., ma
applicare il c.2 a una DIA (ordinaria), in zona non vincolata, benchè in
difformità, mi pare spropositato anche nei confronti dei successivi articoli
riservati alle opere abusive soggette a PDC.
In zone libere, più appropriato mi pare il riferimento al c.3 (sospensione dei
lavori).
Trovo nelle ossevazioni di Carlo Megali e Marco Occhipinti dei puntelli alle mie
considerazioni:
- La demolizione può essere sanzione accessoria, determinata da altri motivi più
gravi.
- La difficoltà, in alcuni casi impossibilità, ad eseguire il ripristino
d'ufficio.
- L'unico deterrente è l'applicazione della sanzione art.37 comma 1°,
consistente nel doppio
dell'incremento del valore venale dell'immobile. (come determinarla merita una
discussione a parte).
La proposta di regolamentare a livello comunale (se possibile) la remissione in
pristino per "DIA difforme" in un certo senso conferma tale mancanza
nella legge nazionale.
L'esempio fa riferimento a un caso accadutomi tempo fa quando, sentito il legale
di fiducia a chiusura dell'abuso rilevato, ho sanzionato con L.500.000, ai sensi
dell'art. 10 della L. 47/85, un muretto eseguito senza autorizzazione,
leggermente difforme (senza: denuncia penale, richiesta di sanatoria, CEC,
ordinanza di ripristino, demolizione spontanea o d'ufficio).
La sensazione di avere omesso qualcosa è rimasta come pure la soddisfazione (di
tutti) per avere chiuso rapidamente una pratica spinosa.
A questo punto potrei anche pensare che non si tratti di un buco normativo ma
che sia nelle
intenzioni del legislatore alleggerire la materia da visioni eccessivamente
punitive.
Sul fatto che le leggi possano essere scritte in modo più chiaro siamo tutti
d'accordo.
cordiali saluti a tutti.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 13 ottobre, 2004
08:53 :
ho usato volutamente il termine "buco normativo" dato che già la L.47/85
non prevedeva la riduzione in pristino per le opere soggette ad autorizzazione,
salvo in zone sottoposte a vincolo paesaggistico o zone A (non mi sembra che la
miriade di D.L. susseguiti dall'istituzione della D.I.A., abbia previsto
provvedimenti similari);
i disposti di tale legge sono stati riscritti, con modifiche nei disposti e nel
metodo, nel T.U.
Appare chiaro che tutti gli intervenuti, addetti ai lavori, sarebbero propensi
ad adottare provvedimenti di demolizione o riduzione in pristino di opere
"minori" non conformi alle norme urbanistiche (preferirei dire alle
norme edilizie), proprio per una questione squisitamente territoriale, ma l'atto
in questione non è previsto dai disposti.
L'art.27 riguarda la vigilanza con la diversificazione dei fattori procedurali
per abusi più gravi (comma 2), rispetto ad abusi meno gravi ed eventualmente da
verificare (comma 3), con l'assoluta esclusione dei casi indicati dal comma 2;
nel secondo caso basterebbe, ad esempio, l'assenza del cartello relativo
all'attività in corso per l'emissione dell'ordinanza di sospensione delle opere
in corso o diffida alla prosecuzione delle stesse.
I successivi articoli dal 30 in poi riguardano più che altro il sistema
sanzionatorio.
Inserire nel regolamento edilizio la possibilità di adottare provvedimenti di
remissione in pristino di abusi edilizi obrobriosi consentirebbe sicuramente di
risolvere la problematica, oltre a normare in modo abbastanza specifico una
serie di interventi edilizi che possono essere determinanti ai fini del corretto
inserimento delle opere nei vari contesti.
La vorreste nel vostro comune una casa con il tetto azzurro e la facciata viola,
arancione o fucsia?
A volte una tale opera non è conforme alle norme... a volte le norme non ci
sono.
Buona giornata
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 13 ottobre, 2004 09:06 :
L'ultimo intervento di Occhipinti mi dà lo spunto per raccontarvi un paio di
casi visti qua e là:
1. Brusino Arsizio (Canton Ticino - Svizzera), casa fronte lago di Lugano con
facciate NERE (gulp!) - il proprietario ha inteso ribellarsi alle disposizioni
del regolamento locale che imponevano un altro colore a lui non gradito.
2. visto nel 1994 - casa lungo la statale che da Battipaglia porta ad Agropoli -
murales sulla facciata nord (verso Battipaglia) con una donna nuda dipinta un
po' rozzamente ma comunque molto esplicita.
Io li ho trovati emtrambi divertenti, più che una sanzione avrei dato un premio
agli autori. Che ne dite?
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 13 ottobre, 2004
12:44 :
Il comma 1) dell'art.37 indica chiaramente che le opere realizzate in assenza di
DIA sono soggette a sanzione pari al doppio dell'aumento del valore venale
dell'immobile e comunque non inferiore a euro 516.
Il comma 4) stabilisce che per le opere conformi può essere ottenuta la
sanatoria pagando una sanzione non superiore a euro 5160 e non inferiore a euro
516, rapportato all'incremento del valore dell'immobile stabilito dall'agenzia
del territorio.
Il che implica, a mio modesto avviso, leggendo i due commi, che l'art.37 non sia
esclusivamente legato alle opere conformi.
Potrebbe anche darsi che il legislatore non abbia tenuto conto della potenzialità
di danno sul territorio degli eventuali "abusi minori"(da una altezza
superiore del muro di recinzione rispetto a quanto previsto dai regolamenti,
fino alla tinteggiatura della facciata di un edificio color viola funebre); in
taluni casi, sempre a mio avviso, quando l'opera non conforme non comporta
alcuna incidenza sul contesto, ben venga la sanzione amministrativa;
diversamente, quando la presenza di certe opere si impone negativamente sul
territorio, riterrei che la sanzione amministrativa non sia sufficiente; ma il
provvedimento repressivo necessario non lo leggo in nessun disposto normativo
(quanto meno in modo chiaro).
Non trovo neppure le motivazioni per l'emissione di provvedimento contingibile o
d'urgenza da parte del sindaco, come pure si potrebbero trovare scappatoie come
nel caso citato da Carlo Megali demandando alla Polizia Municipale i problemi di
questione viaria.
Ma non si può scappare sempre.
Il vero problema sta anche nel fatto che emettere un'ordinanza non dovuta
comporterebbe responsabilità dirette per chi la firma.
In caso di ricorso al TAR le motivazioni per l'annullamento possono essere
infinite, soprattutto se non c'è chiarezza normativa.
Credo che il decentramento delle funzioni di gestione del territorio consenta
alle amministrazioni locali di salvaguardarne la cultura, l'ambiente, l'assetto
urbano ed extraurbano, ecc., normando nei limiti consentiti ciò che è
possibile fare o meno, senza sforare nei principi giurisprudenziali citati da
Nazzareno Rosa (che non mi permetto di discutere dato che i suggerimenti citati
nel precedente intervento, in merito a variazioni ai regolamenti comunali, non
sono miei); in conseguenza alle norme dovrebbero essere prevedibili (per logica)
le debite sanzioni ed i provvedimenti, anche se sono d'accordo di non prevedere
la fucilazione, il carcere, la tortura o comunque azioni sproporzionate.
Direi che prevedere nei regolamenti la riduzione in pristino per opere che
contrastano con le norme (e quindi non integrabili con le scelte tecniche,
politiche ed amministrative proprie del PRG) costituisca un debito atto
proporzionato alla salvaguardia territoriale.
Cordiali saluti
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 14 ottobre, 2004 11:27
:
Benissimo.
Vista la corale uniformità di peniero al rigurado, ho finalmente compreso la
reale funzione etica e sociale dei buchi normativi, involontari o presunti tali:
permettere alla gente di pensare, ai professionisti di ingegnarsi, ai giuristi
di lavorare, ai giudici di interpretare.
Dare un reale contributo al movimento dei consumi, che in questa fase storica
sembra essere in crisi, eliminado il senso di certezza nella gente ed in
definitiva facendola sentire più viva.
L'incertezza è energia!
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on 14 ottobre, 2004 13:24
:
... qualcuno, infatti, sostiene che "l’Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro....degli avvocati".
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 16 ottobre, 2004
10:33 :
Non vorrei dilungare la discussione per presa posizione, ma mi sembra si stia
trattando di un argomento abbastanza pericoloso per noi tecnici; quindi sarebbe
utile riuscire a portare più elementi possibili perchè si possa fare maggiore
chiarezza su una trattazione che non può finire con l'inutile affermazione che
oggi siamo in piena crisi del diritto e che gli avvocati sono i maggiori
titolari di posti di lavoro (che tra l'altro esistono da prima dell'Italia).
Sarebbe anche inutile chiedere a tutti il comportamento assunto dal 28.2.1985
dopo l'entrata in vigore della L.47/85 per gli abusi cosiddetti minori e mi
limito pertanto a quella che è stata la mia diretta esperienza.
Per un "abuso minore" soggetto a DIA (che non descrivo per ovvie
ragioni d'ufficio), assolutamente distonico per il contesto (nè zona A o
vincolata), abbiamo emesso, a seguito della procedura di rito, ordinanza di
remissione in pristino stato, come peraltro in altri casi.
Nella discussione è emerso che l'atto non era dovuto perchè non previsto dalle
norme (qui sono cominciati i dubbi) ed alla fine di una partita giocata
praticamente a scacchi tra il comune ed il privato (con tanto di rispettivi
pareri legali e mosse successive), la storia è finita nella convenienza
economica del privato a rimuovere le opere invece che pagare la sanzione ed
avventurarsi in questioni giudiziarie che avrebbero anch'esse avuto il loro
costo.
Conscio che le cose non funzionano in ogni caso così, mi sono venute in mente
le nostre responsabilità.
Sarebbe opportuno che ciascuno di noi verificasse gli eventuali disposti
regionali conseguenti all'entrata in vigore del T.U., quanto meno confrontando
la propria interpretazione con i dirigenti regionali addetti ai lavori.
In particolare modo pregherei l'Arch. Diana Sozio, la quale opera in Toscana, di
leggere con particolare attenzione le modifiche apportate dalla L.R.43/2003 alla
L.R.52/99 ed in special modo l'art.33 (comma 6 in corsivo) ed il successivo art.34
(comma 4 in corsivo).
Potrà notare che il comma aggiunto "fatti salvi i casi in cui si procede
alla restituzione in pristino,..." è comune ad entrambi gli articoli ma
nell'art.33 (interventi di ristrutturazione eseguiti senza denuncia di inizio
attività) è specificato al comma 4 che le opere in assenza di DIA o difformità
"sono demolite ovvero rimosse e gli edifici sono resi conformi alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici-edilizi...); ciò non viene riportato
nel successivo art.34 (opere eseguite senza denuncia di inizio attività di cui
all'art.4 comma 1 lett.b), f), g) e comma 2 lett. a), b), c).
Credo, Architetto, che in Toscana abbiamo il solito problema, anche se gli
articoli della L.R.43/03 mi sembrano meglio articolati rispetto a quelli del T.U.;
la riduzione in pristino citata nei suddetti commi potrebbe derivare
tranquillamente derivare, per volontà del privato, dalle procedure preventive
all'eventuale emissione di un'ordinanza.
Il dubbio nostro potrebbe risolverlo l'Arch. GAMBERINI che Lei conoscerà
benissimo, il quale avrà sicuramente partecipato all'estensione delle norme
regionali citate e che io stesso provvederò a contattare nella speranza di
avere chiarimenti.
Guardi, non piace neanche a me, pensare che non sia possibile far rimuovere
opere abusive non conformi alle norme, per minori che siano, e che solamente con
una sanzione amministrativa, alta o bassa che possa essere, qualcuno dimostri di
poter fare quello che vuole.
In ultimo mi sembra che almeno sulla scarsa chiarezza normativa siamo d'accordo
tutti e che comunque sarei ben contento di sentirmi dire (ma non in modo
interpretativo) di avere sbagliato completamente tutto il ragionamento.
Una buona giornata a tutti
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on 20 ottobre, 2004 10:21
:
Escludo che l’art. 37, co. 4 si applichi agli interventi edilizi contemplati
dall’art. 22, co. 1 e 2 del TU, ciò in virtù del principio di non
contraddittorietà delle norme.
Condizione necessaria e sufficiente per accedere alla sanatoria prevista
dall’art. 37, co. 1 è che gli interventi edilizi siano conformi alle
previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della
disciplina urbanistico-edilizia vigente, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 37, co. 1 e 22, co. 1 e 2.
Più verosimilmente, l’art. 37, co. 4 si applica ai casi disciplinati dai
commi 2 e 3 dello stesso art. 37 di cui ne costituisce un’ulteriore specifica.
Infatti, poiché tali commi nulla dicono in merito alla conformità alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente degli interventi di restauro e
risanamento conservativo, eseguiti su immobili comunque vincolati o in zona A,
ecco allora che il legislatore lo ha specificato al successivo comma 4.
Per il resto, penso che le norme debbano essere chiare e non soggette alle più
disparate interpretazioni.
In difetto, penso che non sia esclusa la possibilità di applicare al caso di
specie la disciplina generale dell’art. 27 del TU; Marco Occhipinti - con il
quale non intendo entrare in contrapposizione - si rivolga pure all’arch.
Gamberini, ma gli chieda una modifica del testo normativo o almeno una
interpretazione autentica della norma, le uniche opponibili in una eventuale
controversia giudiziaria.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 27 ottobre, 2004
10:29 :
Le considerazioni di cui sopra possono anche essere logicamente corrette, ma il
punto è che sono prive di effetto nel caso concreto, quando il trasgressore non
intenda ottemperare ad alcun chè.
I casi di piccole difformità non conformi, dentro e fuori le case, sono
innumerevoli e pensare
che per risolverli si dispone di tali misure spropositate e rischiose induce a
una sola cosa: lasciar perdere.
Tirando le conclusioni, rafforzato da questa discussione, per me vale il
principio:
- Alle opere eseguite in assenza o difformità della DIA (ordinaria) conforme o
non conforme va
applicata la sanzione pecuniaria prevista dall'art.37 comma 1°, consistente nel
doppio dell'incremento del valore venale dell'immobile con un minimo di 516
euro.
- La demolizione può essere eseguita spontaneamente dal trasgressore oppure,
motivata e ordinata da altre norme.
Saluti a tutti.
Inserito da GIANLUIGI CORDELLA (Utente n. 5637) on 28 ottobre, 2004
12:18 :
Credo a mio parere e, qualcuno degli interlocutori precedenti concorda con me,
che le opere in difformità della DIA od in assenza, non siano soggette al
regime sanzionatorio di cui all'art. 27, quando le stesse siano riconducibili
agli interventi di cui all'art. 22 commi 1 e 2 e non ricadano in zone comunque
vincolate, essendo in tal caso soggette al regime sanzionatorio di cui all'art.
37 comma 2. Va da se che nel caso di opere riconducibili agli interventi di cui
all'art. 22 comma 3, le stesse sono sanzionabili penalmente così come previsto
dall'art. 44 comma 2-bis.
Questa discussione Condono
ed abitabilità nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000928
Inserito da Stefano Cortelli (Utente n. 6103) on 01 ottobre, 2004
13:44 :
Buongiorno a tutti, sono in procinto di acquistare un monolocale in una località
turistica nella Provincia di Trento che attualmente risulta come ripostiglio
(C/2). La superficie utile (18 mtq di cui 3,5 di bagno) non raggiunge il minimo
(50 mtq lordi di cui almeno 4 di bagno) per poter effettuare il cambio uso come
appartamento, che comunque non sarebbe possibile per incompatibilità con il
piano urbanistico, che in quella zona non prevede appartamenti al piano terreno.
L'altezza minima del locale e le superfici delle finestre sono invece regolari.
A suo tempo l'attuale proprietario ha anche fatto richiesta per l'abitabilità
che non è stata concessa per i motivi di cui sopra.
La domanda è questa: è possibile utilizzare il condono edilizio per
regolarizzare l'immobile come appartamento ed ottenerne l'abitabilità,
considerando che l'attuale proprietario lo ha da tempo utilizzato come
appartamento e lo ha anche affittato per finalità turistiche (in questo caso
purtroppo senza documentazione)? Inoltre, a quanto dovrebbe ammontare il costo
del condono in questo caso?
In caso negativo, il cambio uso come ufficio sarebbe molto oneroso o potrebbe
essere un modo per utilizzare di fatto l'immobile (trattandosi di monolocale ci
sono divani letti e non letti veri e propri) rimanendo tuttavia abbastanza
"protetti" in caso di controllo? Grazie a chiunque possa rispondermi.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02 ottobre, 2004
07:00 :
Il notaio non può rogare l'atto di compravendita data la sussistenza di abusi
edilizi a meno che il venditore dichiari (falsamente) nel contratto che
l'immobile è conforme alla concessione edilizia rilasciata; in quel caso, però,
sussisterebbe la nullità dell'atto.
Dalla descrizione dell'immobile, anche se accatastato come C/2, la destinazione
d'uso originaria è mutata con opere funzionali alla residenza (bagno, impianti
di erogazione del gas da cucina, impianto idrico, elettrico e di riscaldamento)
e pertanto non è opportuno acquistare il monolocale nello stato di fatto.
In genere gli abusi edilizi consistenti in mutazioni di destinazione d'uso di
locali accessori (cantine, sottotetti, ecc.) con altezze inferiori a quelle
previste dai regolamenti di igiene in locali utili (taverne, mansarde,
monolocali), sono i peggiori in quanto non ci sono scappatoie amministrative per
la sanatoria (salvo in alcune regioni che hanno previsto disposti specifici
relativi ai sottotetti).
L'unica strada per poter sanare tali abusi è il condono edilizio, previo
pagamento dell'oblazione e degli oneri concessori al comune.
Le somme, in considerazione delle modeste dimensioni del monolocale, dovrebbero
essere, tutto sommato, accessibili (anche se dipende dai punti di vista).
Cordiali saluti
Marco Occhipinti
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02 ottobre, 2004
07:14 :
chiedo scusa per aver letto distrattamente il quesito, anche se comunque le
risposte necessarie sono contenute nell'intervento.
Vorrei in aggiunta consigliare il Sig. Stefano Cortelli di non ...portarsi in
casa l'abuso e di cogliere l'occasione del condono.
Buona giornata
Inserito da Stefano Cortelli (Utente n. 6103) on 02 ottobre, 2004
12:29 :
Innanzitutto un sincero grazie Sig. Marco Occhipinti per la Sua precisa
risposta. Volevo solo precisare che come opere murarie (bagno compreso)
l'immobile risponde al progetto edilizio approvato a suo tempo dal Comune per il
cambio uso da garage a ripostiglio. Successivamente, come detto, senza necessità
di opere murarie, nel vano destinato a ripostiglio il precedente proprietario ha
posto un divano letto, un tavolo e due armadi per utilizzarlo come seconda casa.
Da parte mia sono sicuramente ben lieto di poter sanare l'abuso con il condono,
l'importo come giustamente dice Lei non è elevato considerando le ridotte
dimensioni dell'immobile.
La mia domanda era però se una volta fatto il condono il Comune è tenuto a
rilasciare il certificato di abitabilità anche in difetto della superficie
minima dei locali prevista dal regolamento comunale (50 mtq lordi di cui almeno
4 di bagno).
L'Ufficio Tecnico del Comune, da me interpellato al riguardo, non è infatti
stato ancora in grado di fornirmi una risposta certa, attendendo anch'esso
chiarimenti da parte della Provincia, che comunque ha già emanato la Legge
Provinciale per il condono.
Ancora grazie se può darmi una risposta anche riguardo la certezza di ottenere
poi l'abitabilità.
Cordiali saluti.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 04 ottobre, 2004
07:25 :
In merito all'abitabilità dell'alloggio il condono edilizio, nelle proprie
forme derogatorie dal punto di vista urbanistico, edilizio ed igienico
sanitario, ne consente il conseguente utilizzo a lavori ultimati.
Il rilascio della eventuale certificazione può essere regolato dalle norme
regionali o da specifici disposti del regolamento edilizio comunale;
In assenza di tali disposti normativi ed in riferimento alla documentazione che
comunque dovrebbe essere prodotta per la definizione del condono
(accatastamento, cert. di collaudo o idoneità sismica, regolarizzazione
dell'allacciamento ai pubblici servizi, ecc.) riterrei non necessaria la
certificazione di abitabilità, in quanto atto intrinseco alla concessione di
condono; tale atto contiene, infatti, funzioni derogatorie alle condizioni
ostative che altrimenti, nelle pratiche edilizie correnti non consentirebbero il
rilascio della certificazione;
La definizione del condono edilizio consente la regolare compravendita
dell'immobile.
Cordiali saluti
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 04 ottobre, 2004
11:41 :
Estratto dell'art. 35 c.19 della L. 28 febbraio 1985, n. 47
"A seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì
rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai
requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non
contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica,
attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo comma e
di prevenzione degli incendi e degli infortuni."
L'agibilità potrebbe essere negata anche nel caso che le condizioni dei locali
(sentito il parere dell'ULSS) siano preguidizievoli per la salute degli
occupanti.
Inserito da Stefano Cortelli (Utente n. 6103) on 04 ottobre, 2004
13:29 :
Grazie infinite a tutti per le risposte. Riguardo il disposto della L. 47/85
questo è applicabile anche al nuovo condono, che mi pare che non disponga nulla
in merito all'agibilità?
Da quello che ho avuto modo di trovare su Internet il Consiglio di Stato per la
47/85 aveva sancito la non automaticità dell'abitabilità in carenza di una
situazione igienico-sanitaria sufficiente.
Nel caso in esame la superficie minima (richiesta dalla ASL per quel Comune, in
altri Comuni della stessa Provincia di competenza di altri uffici dell'ASL è
invece minore) potrebbe realmente precludere all'abitabilità e quindi ad un
utilizzo dell'immobile anche se tutti gli altri parametri (altezze e le
superfici delle finestre, ecc.) sono invece regolari?
Il Comune si è comunque riservato di attendere i chiarimenti da parte della
Provincia prima di fornirmi una risposta. L'importo del condono dovrebbe
ammontare ad € 1.000 di oblazione + € 100 per ogni metro quadrato + gli
oneri di urbanizzazione (€ 33 per metro cubo) + le competenze del tecnico
abilitato al quale bisogna obbligatoriamente rivolgersi (che personalmente non
saprei a quanto potrebbero ammontare). E' corretto?
Ancora grazie e cordiali saluti.
Inserito da GIANLUIGI CORDELLA (Utente n. 5637) on 04 ottobre, 2004
17:00 :
Concordo sul fatto che l'unica soluzione per legittimare la nuova destinazione
sia il ricorso al condono edilizio, e che, l'inquadramento dell'abuso sia
tipologia 1), pertanto, trattandosi di uso residenziale l'importo dell'oblazione
è di EURO 100 al mq (oltre all'incremento stabilito dalla legge Regionale (art.
32 c. 33 legge 326/2003- salvo eventuale riscrittura della legge Regionale vedi
Sentenze della Consulta). Non riesco ad individuare l'origine dei 1000 euro
previsti nell'inserzione precedente. Per quanto riguarda il regime del rilascio
dell'agibilità su immobili soggetti al nuovo condono edilizio, ritengo sia
certamente applicabile quanto stabilito dall'art. 35 della Legge 47/85, in
quanto il comma 25 della legge 326/2003 fa salve le disposizioni di cui al capo
IV e V della legge 47/85, quindi anche quelle di cui all'art. 35 citato.
Ritengo altresì che il rilascio del certificato di agibilità (che non è atto
insito nel rilascio della concessione in sanatoria, ma a mio avviso atto
distinto nel quale comunque oggi debba farsi riferimento alla verifica
documentale di cui agli artt. 24 e 25 del D.P.R 380/2001) sia atto dovuto, anche
in deroga a dispositivi regolamentari - vedi reg. ASL ETC.- qualora siano
verificate le condizioni del comma ?? art. 35 legge 47/85 che di seguito riporto
"A seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì
rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai
requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non
contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica,
attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo comma e
di prevenzione degli incendi e degli infortuni. (22)" .
Inserito da Stefano Cortelli (Utente n. 6103) on 05 ottobre, 2004
10:14 :
Di nuovo un sincero grazie per le risposte. L'importo dei 1.000 Euro è quello
previsto dalla Legge Provinciale 3/2004, che all.art. 1, comma 4 dispone che
"il rilascio del provvedimento di sanatoria è comunque subordinato al
pagamento a favore del comune, a titolo di sanzione, di una somma pari al 10 per
cento del contributo di concessione comunque non inferiore a 1.000 euro, ovvero,
ove tale contributo non sia dovuto, di una somma pari a 1.000 euro".
Non ho invece trovato nessun riferimento normativo circa l'obbligo di produrre
perizie o comunque documenti sottoscritti da un tecnico abilitato anche per
cubature inferiori ai 450 metri cubi. E' corretto quanto riferitomi dal Comune
e, soprattutto, qual'è in concreto il compito (e quindi il costo) del tecnico?
Un'ultima domanda: in caso di tipo di violazione 1 (presumo in quanto in
violazione del piano urbanistico, altrimenti il semplice cdu dovrebbe essere
assimilato alla ristrutturazione di cui al tipo di violazione 3) sono sempre
dovuti gli oneri di urbanizzazione al comune anche se non sono state eseguite
opere murarie?
La superficie da condonare e sui cui pagare gli oneri di urbanizzazione immagino
sia quella utile maggiorata dei muri interni più il 50% dei muri esterni. E'
corretto tale calcolo?
Ancora un infinito grazie per il vostro aiuto.
Cordiali saluti.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 06 ottobre, 2004
13:05 :
Provo a rispondere sinteticamente
- La domanda di condono va firmata dal solo richiedente. Rivolgersi a un tecnico
di fiducia è comunque consigliato prima della presentazione e necessario dopo
(accatastamento, ev. idonietà statica, ...).
- I costi del tecnico è meglio chiederli allo stesso.
- La perizia non è dovuta.
- Tipologia 1 (da verificare comunque con la circolare in arrivo)
- Da come descritto non mi pare sussistano condizioni gravi per negare
successivamente l'agibilità.
- Gli oneri sono dovuti come differenza tra la precedente e la nuova
destinazione secondo le tabelle comunali e la legge provinciale.
- La superficie da considerare è quella al netto dei muri.
Saluti.
Inserito da Stefano Cortelli (Utente n. 6103) on 07 ottobre, 2004
13:56 :
Grazie infinite per la precisa risposta. Ora non resta che aspettare la
circolare con gli ultimi chiarimenti e preocedere con il condono.
Di nuovo grazie e cordiali saluti a tutti.
Questa discussione interventi
in assenza o difformità della DIA nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000916
Inserito da GIANLUIGI CORDELLA (Utente n. 5637) on 23 settembre,
2004 15:26 :
Nel caso di intervento eseguito in assenza di DIA o in difformità della stessa,
accertato che lo stesso è compatibile e conforme alla disciplina urbanistica
esistente, quando ha consistenza tale da essere irrilevante in relazione
all'eventuale aumento di valore dell'immobile (esempio; piccole modifiche
interne, spostamento di una apertura in zona non vincolata etc.) ritenete
corretto la quantificazione da parte del RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO art. 37
comma 4 della misura della sanzine al minimo Euro 516, senza ricorrere alla
stima del maggior valore da parte dell'Agenzia del Territorio???
Gradirei conoscere il vostro parere in merito.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 23 settembre, 2004
17:30 :
Se così è io ne darei atto, apllicando i 516 euro di sanzione.
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 28 settembre, 2004
20:52 :
Io in alcuni casi ho dato atto dell'irrilevante aumento di valore dell'immobile
in seguito ai lavori abusivi (soggetti a DIA) ed ho applicato la sanzione minima
di 516 euro senza ricorrere alla stima della agenzia del territorio.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 settembre,
2004 09:49 :
Concordo pienamente anche perchè ricorrere all'AT significa incagliare il
procedimento (almeno nella mia realtà).
Se non erro,la DIA è esclusa da sanzioni penali e ripristinatorie essendo
sanzionata dal c 1° dell'art. 37. (conforme o non conforme).
La possibilità di ottenere la sanatoria prevista dal comma 4° è riservata
solo alle DIA conformi versando ancora una somma.
Una DIA non conforme non può accedere alla sanatoria ma non è previsto il
ripristino.
Non comprendo quindi l'interesse ad ottenere la sanatoria.
Attendo pareri e chiarimenti.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 30 settembre, 2004
12:24 :
Non tutte le dia sono escluse da sanzioni penali.
Sole laddove alla dia corrispondono opere minori (art. 22 c. 1 e 2), allora si
può applicare le procedura sanzionatoria soft dell'art. 37.
Se uno ti presenta una Dia per una nuova costruzione e poi fa un intervento in
totale difformità, non si applica l'art. 37.
si procede in via ordinaria con ordinnaza di demoliziome, eventuale accertamneto
di conformità ed eventuale sanatoria.
Inserito da GIANLUIGI CORDELLA (Utente n. 5637) on 30 settembre,
2004 15:15 :
Vi ringrazio per le risposte date e mi consola il fatto di scoprire che anche
altri hanno fatto le medesime considerazioni in merito alla pragmatica soluzione
di quantificare direttamente l'importo della sanzione dell'art. 37 c. 4 del
D.P.R. 380, con riferimento ad opere in difformità o assenza della DIA art. 22
c. 1. Ovviamente davo per scontato che stessimo parlando di abusi minori
soggetti alla disciplina della DIA e non ad interventi di cui alla cosiddetta
SUPERDIA, per i quali ritengo che le eventuali difformità o realizzazioni in
assenza siano sanzionabili dall'art. 27 e 31 del D.P.R. ove ne ricorrano i
presupposti o dall'art. 36 nel caso di accertamento di conformità.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 30 settembre, 2004
16:53 :
Vorrai perdonarmi, ma ho il brutto vizio di ribadire in forma dozzinale l'ovvio
e lo scontato. A volte, forse raramente, ha una sua utilità.
Un saluto
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 30 settembre,
2004 21:17 :
Penso di aver fuorviato Enrico con considerazioni non in tema.
Il mio riferimento era a DIA (ordinarie) e al differente trattamento (se esiste)
tra DIA conforme e non conforme. Vedo inoltre che il mio dubbio non è bene
esposto, quindi lo riformulerò in un nuovo topic. Saluti.
Questa
discussione AGIBILITA' E DIRETTORE DEI LAVORI nel forum Edilizia
ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000895
Inserito da ELENA BIANCHI (Utente n. 4432) on 31 agosto, 2004
07:36 :
Devo preparare la richiesta di agibilità per un sopralzo di cui non sono
stato né progettista né direttore dei lavori.
Ho visto che nel nuovo testo unico (D.P.R. 380/2001) l’attestazione del
direttore dei lavori attestante, sotto la propria responsabilità, la
conformità rispetto al progetto approvato, l'avvenuta prosciugatura dei
muri e la salubrità degli ambienti (così come era previsto dal D.P.R.
22-4-1994 n. 425) è sparita o meglio deve essere dichiarata dallo stesso
soggetto che ha richiesto il Permesso di Costruire.
Quindi, posso preparare io la richiesta di agibilità, oppure deve essere
ancora firmata dal direttore dei lavori?
Elena Bianchi
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 31 agosto, 2004
08:00 :
A mio avviso lei può tranquillamente predisporre la richiesta di agibilità
in qualità di tecnico a tale scopo incaricato, tuttavia il Comune
potrebbe legittimamente domandare che fine ha fatto il direttore lavori:
ha rimesso l'incarico? in che fase? oopure non esercita più la
professione, ma da quando? o è morto?
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 31 agosto,
2004 09:28 :
Anche secondo me il tecnico può certificare l'agibilità o abitabilità,
però è pure vero che l'attestazione di conformità delle opere è una
specifica competenza del d.l. (il quale non può esser sparito come
Matteotti) indicata dal DPR 380/2001.
Sarà utile che il Geom. Elena Bianchi, formalizzi l'incarico in modo tale
da non infrangere il codice professionale?
un cordiale saluto
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 01
settembre, 2004 09:35 :
Personalmente concordo con il Geom. Bianchi. Differentemente dalla
precedente normativa che disciplinava il procedimento per il rilascio del
Certificato di Agibilità, attualmente lo stesso è regolato dall'art. 25
del T.U.
Il predetto articolo prevede a cura dello stesso titolare del Permesso di
Costruire, ovvero DIA, la dichiarazione di conformità dell'opera rispetto
al progetto approvato, nonché la prosciugatura dei muri e della salubrità
degli ambienti.
La novità introdotta dal T.U. potrà anche sembrare strana ad alcuni
operatori ma non ritengo lecito fare equilibrismi per modificare il testo
di legge, introducendo un obbligo non previsto.
Qualora fosse prevista una dichiarazione a carico del Direttore dei Lavori
circa la conformità delle opere eseguite, ciò dovrebbe essere
espressamente indicato nel testo, come risultava dalla precedente
normativa, allorché quest'obbligo era previsto chiaramente dall'art. 4 co.1
del D.P.R. n° 425/1994.
Se il legislatore nel caso indicato dall'art. 4 del D.P.R. n° 425/94 ha
posto quest'obbligo di certificazione a carico del direttore dei lavori e
successivamente nel T.U. quest'obbligo non è stato previsto, non ritengo
lecito introdurlo attraverso una forzosa interpretazione che tra l'altro
contraddirebbe proprio la volontà del legislatore.
Per dirla terra terra,se lo stato voleva introdurre quest’obbligo a
carico del direttore dei lavori, ciò sarebbe risultato dalla norma come
è stato in passato nel citato D.P.R.
Il fatto che non vi sia traccia di tale obbligo posto a carico del
direttore dei lavori nella nuova disciplina che regola il procedimento,
significa che “volutamente” non è stato introdotto.
Si potra discutere sulla bontà o meno di una legge, se essa sia efficace
per raggiungere determinati scopi ma non mi sento di avvallare la studipidà
del legislatore pensando che nella scrittura del nuovo testo si sia
dimenticato di prevedere la dichiarazione del direttore dei lavori
prevista in precedenza.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 01 settembre,
2004 10:28 :
Non si preoccupi, ci hanno già pensato alcuni giuristi ad avvallare la
stupidità di cui sopra. Saluti.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 01
settembre, 2004 20:34 :
Il geom Elena Bianchi intende predisporre la pratica per l'agibilità ma,
giustamente, non certificare la regolare esecuzione, non avendo
partecipato alla DL, oltre al fatto che il TU si accontenta della firma
del titolare.
Forse chiedo troppo, ma i moduli da me predisposti relativi alla
dichiarazione di conformità (art. 25b TU) prevedono la firma del DL oltre
che del titolare.
Per me il DL non può uscire di scena in questo modo e il Comune, il DL
stesso ma soprattutto
il titolare che firma la certificazione, devono sapere quali opere e da
chi sono state dirette specialmente quando c'è un avvicendamento
inaspettato.
Anche Secondo me, nel caso in questione, un tecnico esterno incaricato può
predisporre la richiesta di agibilità, in quanto, visto l'art. 29 del
TUE, la responsabilità per eventuali difformità è inevitabilmente a
carico del DL che si è assunto l'incarico con l'inizio dei lavori anche
se non firma il certificato.
Sono comunque convinto che una firma in più, in questo caso, possa
evitare problemi e malintesi.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 02 settembre,
2004 07:01 :
Non solo, ma oltretutto eviterà al committente dei lavori, che ben
potrebbe essere una qualsiasi sciura Giovanna del tutto digiuna di norme e
conoscenze tecniche, di certificare elementi per i quali non avrebbe
alcuna reale capacità di valutazione. Del resto l'illuminato legislatore
(ma sono convinto che in questo caso si tratti di una semplice svista
tecnica nella redazione del testo del dpr) mica ha proibito ai tecnici di
firmare, semplicemente non ha più previsto l'obbligo.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 02
settembre, 2004 11:14 :
Il problema - a mio avviso- non sussiste nel verificare se il tecnico
abbia o meno la facoltà di firmare oppure l'obbiligo come afferma il
Megali ma semmai se detto obbligo sussite.
Le cose, anche agli occhi di un profano, sono molto diverse.
Se sussite l'obbligo, ovvero precetto, dovrebbe sussistere la sanzione per
l'inadempienza che può consistere anche semplicemente nel mancato
accogliemento della richiesta perchè non conforme alla legge.
Tale rifiuto,oltrettutto, andrebbe motivato, come quasiasi atto
amministrativo, anche positivo, figuriamoci di rigetto di un'istanza.
Che il tecnico firmi facoltativamente la domanda è poco rilevante.
Occorre invece sapere se la mancata firma del tecnico costituisca
improcedibilità della domanda di agibilità.
Ovvero, in altri temini, se possa o meno il responsabile del procedimento
ritenere incompleta o non conforme a legge, la domanda presentata senza
firma.
Al predetto quesito rispondo che la mancanza della firma del tecnico non
costituisce pregiudizio per il rilascio del Certificato.
Se fosse necessaria e quindi obbligatoria, sarebbe prevista nella legge
come invece non è.
A Costituzione invariata rimane sempre fisso e imprescindibile il precetto
contenuto nell'art. 23 la dove è prescritto che " nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base
alla legge".
L'unica cosa che potrebbe far discendere l'obbligatorietà della firma del
Tecnico/Direttore dei Lavori, non prevista dalla normativa vigente,
troverebbe la sua fonte nell'ipotesi-da verificare presso il Comune-se è
previsto da un atto regolamentare che pertanto ha forza di legge.
Suggerisco quindi al geom. Bianchi-qualora avesse ancora la bontà e la
pazienza di leggermi-di verificare se presso il suo Comune esiste un
regolamento che recepisca il modello per la presentazione dell'istanza e
che esso contenga l'obbligatorietà della firma del D.L.
In caso contrario, presenti pure la domanda come prescritto tassativamente
dall'art.25 e se trovasse l'ostacolo del mancato accoglimento perchè la
domanda non è corredata dalla firma del DL. provveda pure con un esposto
alla Procura della Repubblica per la valutazione della responsabilità
penale per abuso d'Ufficio.
Badi bene a non fare una denuncia ma un esposto.
Sarà cura degli uffici giudiziari verificare se il pubblico ufficiale,
abbia o meno commesso abuso d'ufficio arrecandole un danno ingiusto.
Cordialità
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02
settembre, 2004 12:18 :
scusandomi per la disattenzione di lettura al quesito, dovuta peraltro al
fatto che le norme toscane prevedono l'attestazione di conformità e
l'agibilità/abitabilità a firma di tecnico abilitato, riterrei avanzare
alcune considerazioni;
le problematiche circa la contestabilità della firma sulla domanda di
abitabilità da parte del tecnico credo siano assolutamente infondate e
comunque, come detto da tutti, di secondo rilievo e non certo da
invalidare l'istanza.
Per quanto attiene le differenze normative relative alla salubrità degli
ambienti e prosciugatura dei muri, riterrei le conseguenti dichiarazioni
superflue in quanto ricomprese nei requisiti igienico sanitari da cui
deriva uno dei principi della certificazione di abitabilità, sicuramente
indicati, nei requisiti, dal regolamento di igiene comunale.
L'obbligo di certificazione del d.l. è stato probabilmente una specifica
individuazione del legislatore, in senso rafforzativo circa la
responsabilità soggettiva di tale figura rispetto alle opere che ha
diretto; la norma è sicuramente limitata nel disposto, dato che comunque
il d.l. assume specifiche responsabilità e, nel caso, ne risponde (anche
se scompare); il disposto non pone nemmeno il divieto che l'attestazione
di conformità alle opere possa essere firmata da altro tecnico il quale,
chiarita la propria posizione professionale, può, a mio avviso,
sottoscrivere tranquillamente la certificazione, effettuati gli
accertamenti di rito.
D'altro canto la "scomparsa" del d.l. originario può derivare
non solo dalla "dipartita" citata dal Carlo Megali, ma da una
pluralità di motivazioni (di ordine personale o professionale)che non
possono essere ostative all'assegnazione di un nuovo incarico
professionale o, addirittura, al rilascio del certificato di abitabilità
ad un immobile (a meno che non ci si trovi di fronte a difformità delle
opere).
In presenza di un regolamento comunale che contenga norme in merito, va
benissimo quanto espresso da CEI P.I. GIANFRANCO, ma ne dubito l'esistenza
dato che la continua trasformazione e proposizione legislativa non
consente agli enti locali di adattare ed adeguare in automatico i propri
regolamenti.
In tutti i casi presterei cura, come tecnico incaricato e come
proprietario, a motivare e documentare "la scomparsa" del d.l.
cordiali saluti
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 02 settembre,
2004 13:01 :
Tenterò di esporre meglio come la penso:
- l'obbligatorietà di firma della certificazione in questione, da parte
del D.L. non sussiste;
- la pratica di agibilità non può quindi essere bloccata in assenza di
tale firma (ovvio);
- se un regolamento locale prevede ancora la firma del D.L., o si passa
per la strada della dihiarazione di illegittimità del regolamento
medesimo o il funzionario lo deve applicare;
- che un tecnico subentrato al D.L. (morto, fuggito alle Cayman,
dimissionario per odio feroce nei confronti del committente), possa
predisporre in sua vece la pratica mi sembra opzione del tutto plausibile;
-che il suddetto tecnico agevoli il ruolo improprio del suo cliente,
firmando insieme a lui una certificazione che pur sempre tecnica è, non
mi pare sia proibito da alcuna norma;
- che il comune pretenda ciò è tutt'altra faccenda;
- che a fronte della pur illegittima pretesa del comune si debba (a ridaie)
passare alle maniere forti, coinvolgendo per l'ennesima volta l'autorità
giudiziaria, la quale notoriamente passa il suo prezioso tempo a giocare a
golf e tressette, mi sembra davvero spropositato. Forse basta parlare e
chiarirsi, usare un po' di buon senso e di diplomazia, senza scomodare
commi e sentenze;
- che nel forum stia prendendo piede l'utilizzo di forme quali IL Megali,
IL Cornavera, L'Occhipinti, come da miglior tradizione dei verbali CC, mi
piace meno ancora.
Cari amici, da oriundo italo-albanese-canadese, forgiato negli anni di
gioventù (ormai lontani) nel common sense/common law d'overseas,
vi scongiuro: non lasciamoci sedurre dalle leggi. Sono amanti scarse ed
oltretutto infedeli.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 02
settembre, 2004 17:26 :
Caro Megali ( così va meglio? ) la forma che ho utilizzato voleva essere
un segno di rispetto,e non un verbale di C.C.
Detto questo,lasciatemi fare ancora alcune piccole considerazioni.
Visto che mi pare di aver capito, le leggi sono superflue. Successivamete,con
tutto comodo mi dici dopo averle tolte con che cosa le sostituisci.
Posto che dal Condominio in sù non ho mai visto una cosa che non sia
regolata per necessità.
Il mio intervento precedente, forse un pochino rozzo, nasce dal fatto che
sento continuamente accedere fatti strani per cui il primo impiegato di
turno si trasforma in Stato.
Accade nella città limitrofa che passa il venditore della modulistica per
offrire il nuovo modello DIA sul quale guarda caso, qualcuno in un remoto
ufficio ha pensato bene di prevedere lo spazio per la firma dell'Impresa
in calce al modello.
Accede che il bravo Tecnico comunale, (lavorare e studiare costa
fatica)acquista il modello.
Accede poi che lo sventurato Geometra di turno presenta la DIA nel grande
Comune e si sente dire: << mi dispiace occorre la firma
dell'impresa, la sua DIA è irricevibile>>.
Ora si da il caso che il Geometra sia un amico e mi chiede cosa cosa ne
penso.
Al che io rispondo: << torna in Comune e chiedi al Tecnico comunale
se per caso vuole anche la firma della suocera e, già che ci sei, se
vuole anche la foto tessera. Poi chiedi anche se per caso la foto la vuole
a colori oppure va bene in B.N.>>
Ora, Caro Megali... le leggi saranno quello che saranno e non è il caso
di fare del Forum un dibattito politico ma che l'impiegato di turno si
arroghi il diritto di ergersi a Legislatore, ce ne passa.
In conclusione e scusandomi con tutti coloro che trovassero il mio
intervento eccessivamente "duro", nel mio Ufficio i documenti e
tutto ciò che serve per istruire una qualsiasi pratica prima
dell'accoglimento o motivato rigetto, si chiedono e "pretendono"
unicamente quando esiste un obbligo che giustifica tale pretesa.
Questo piccolo e non trascurabile dettaglio, si applica a partire dalla
marca da bollo.
Un cordiale saluto a tutti.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 03 settembre,
2004 06:38 :
La quale (marca da bollo) sulle d.i.a. non è dovuta.
Chi ha mai sostenuto che le leggi non sono necessarie? Mettiamola così,
per me le leggi e la religione sono come il vino, vanno assunte con
moderazione. Su un punto hai certamente ragione: succedono fatti strani
nel Paese.
Da Tangentopoli in poi (che Dio l'abbia in gloria una volta per sempre) la
gente ha disimparato a farsi gli affari altrui. Disimparato, bada bene,
non cominciato, che quello lo faceva da sempre.
Purtroppo da dodici anni a questa parte il sano farsi gli affari altrui,
che per me significa interessarsi e farsi parte attiva nella gestione
della cosa pubblica, si è tramutato in un generalizzato dare addosso a
tutto ciò che odora di politica e di amministrazione pubblica. Per questo
quando sento parlare, a mio avviso a sproposito ma non avertene a male, di
magistrature e procure, mi viene un principio d'orticaria. Ma davvero
pensiamo che un tapino che ha comprato il modulo d.i.a. e che traduca
l'obbligo di indicare l'impresa (e questo c'è, anche se ritengo che si
possa benissimo comunicare un nanosecondo prima di iniziare i lavori) con
l'apposizione del timbro e della firma della stessa, debba per questo
essere oggetto di un esposto? Via, non scherziamo. Il mondo brucia e noi
ci indignamo per per simili pu.....te? Ma non ci accorgiamo che un Paese
nel quale ormai si scrive una qualsiasi lettera scema ad un Comune e la si
spedisce per conoscenza alla Procura, giusto per avere la soddisfazione di
intimorire il vero destinatario, non è un Paese civile?
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 03
settembre, 2004 11:39 :
Caro Megali,
Se le leggi sono da prendere come il vino e la religione come affermi,
tutte le volte che tu stesso verrai violentato,
derubato,calunniato,percosso,truffato, oppure privato dei tuoi diritti
costituzionali, vorrà dire che ti troverò in chiesa a pregare oppure in
osteria a bere, sempre con moderazione si capisce.
Concedimi la battutaccia provocatoria.
Circa il mio intervento precedente ti faccio notare che non ho parlato
dell’obbligo di indicare il nominativo dell’impresa che, se permetti,
conosco benissimo perché previsto dalla Legge n° 135 del 23 maggio 1997
art. 11 co.3 ( in G.U. n. 119 del 24 maggio 1997) ma bensì della FIRMA
dell’impresario che non è prevista da nessuna norma e di conseguenza
non si può pretendere e di conseguenza non si può rifiutare di ricevere
un atto che non la contenga.
Allora torno da capo. Qualora mi presentassi ad un qualunque ufficio
pubblico e mi venisse respinta la DIA perché manca la FIRMA
dell’impresario io farei presente che non essendo prevista mi sembra una
ingiusta pretesa ed esercizio arbitrario del potere. Qualora trovassi
resistenza aggiungerei che il mio impresario si trova attualmente in
Giappone per concludere un affare miliardario e che dopo 30 giorni dal
deposito della DIA e sua efficacia dovrebbe iniziare proprio i lavori
della DIA che vorrei presentare e, dovendo onorare il contratto, inviterei
nuovamente l’impiegato a valutare bene il suo operato.
Se insiste nuovamente a trincerarsi dietro la sua burocratica scrivania,
sarei costretto- a quel punto- ad apostrofarlo come “ Microcefalo”.
Non so se si capisce ma sono per la semplificazione oltre che per il
rispetto delle regole.
Circa l’esposto, ultima cosa che farei, penso invece che i cittadini
dovrebbero farne maggiormente uso, soprattutto quando vengono trattati
come sudditi da impiegati pubblici prepotenti e, passami il termine di mio
conio, “ Microcefali”.
E poi, consentimi ancora una piccola riflessione.
Il paese civile, come tu lo chiami non esiste. Esistono una moltitudine di
persone la cui somma può anche fare i cittadini.
Usare l’espressione “paese civile” o paese incivile significa
sottrarre al singolo individuo la sua responsabilità e libertà.
Non esiste da nessuna parte al mondo un paese civile o incivile, esistono
solamente individui che agiscono.
L’espressione “paese” “nazione” “popolazione” è un
linguaggio utilizzato da una certa parte della cultura politica che non mi
appartiene.
Per quanto mi riguarda esistono unicamente gli individui che agiscono in
vista di un fine e che se ne assumono la responsabilità.
Cordialità.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 03 settembre,
2004 16:11 :
Caro collega, la mia battuta voleva essere un po' british, la tua,
consentimi, è un tantino più grassa.
Comunque, transeat.
Insisto nel caldeggiare la prevalenza del buon senso e del dialogo
sull'uso indiscriminato dei codici, e sul ricorso alla "signora
maestra" (l'autorità giudiziaria) in contese di livello fanciullesco
(non uso volontariamente altri termini più grevi). Buon senso significa
anche distinguere la violenza e la sopraffazione da altri atteggiamenti
magari irritanti ma certo non gravidi di conseguenze particolarmente
penalizzanti.
Su un punto dissento in modo netto da te: quando sostieni che “paese”
“nazione” “popolazione” è un linguaggio utilizzato da una certa
parte della cultura politica che non ti appartiene.
Non m'importa sapere quale cultura politica, al contrario, ti appartenga.
So qual è la mia: il mio riferimento è il pensiero liberale, la mia
concezione dell'economia è di stampo liberista, con alcune cautele ma
liberista (e in questo l'aver vissuto in due continenti così diversi
nella loro concezione di Stato e Società mi ha indubbiamente
condizionato). In Italia dovrei riconoscermi nella coalizione al governo,
anche se lo sforzo è davvero superiore alle mie possibilità. Tuttavia,
da liberale, ti dico che non esiste al mondo Paese che si regga su soli
"individui che agiscono". Che piaccia o meno società e civiltà
si reggono sui princìpi prima che sull'agire dei singoli. Le leggi, sulle
quali tu sembri ritenere debba farsi cieco affidamento, sono anch'esse
figlie dei princìpi. Il radicalismo individualista (l'idolatria
dell'individuo), che pure alberga in alcuni alfieri del liberalismo non mi
convince: nessuno è autosufficiente nè tantomeno autoreferenziale,
ognuno di noi condiziona ed è condizionato dagli altri, il concetto di
responsabilità dell'azione individuale non è un concetto puro sembra.
Che tu ci creda o meno è questo semplice fattore che genera la nascita di
una nazione, di una società ed infine di un "paese", e che, al
contrario, ne può provocare il crollo. Le nostre azioni sono, magari
anche solo in piccolissima parte frutto di condizionamenti da parte di
fattori esterni alla nostra volontà (questo, si badi bene, non vuol dire
che se uno è diventato un ladro la colpa è della società. Non condivido
minimamente tale semplificazione).
Se preferisci vivere in un paese nel quale i giudici si vedono chiamati a
supplire alle mancanze di ogni altra categoria ("Circa
l’esposto, ultima cosa che farei, penso invece che i cittadini
dovrebbero farne maggiormente uso, soprattutto quando vengono trattati
come sudditi da impiegati pubblici prepotenti "), sei libero di
farlo. A me un simile paese fa paura. I giudici sul piedistallo e col
ditino puntato mi fanno orrore.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03
settembre, 2004 16:20 :
Speriamo che la discusione, nonostante le apprezzate divagazioni, sia
servita al geom Elena Bianchi.
Io penso di si, per comprendere quanto complicato sia trattare anche le
cose semplici e meglio confrontarsi con la linea tenuta dal Comune.
E come tecnico comunale, vero interlocutore, potrebbe trovarsi un Cei, un
Magali, un
Cornaviera, un Occhipinti.... ognuno con la propria versione.
Ed è inevitabile che sia così in tante cose, viste le fonti, l'ambiente
di lavoro e i limiti individuali di prearazione e buon senso.
Saluti a tutti.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 04
settembre, 2004 10:15 :
Finalmente qualcuno ha riportato sinteticamente la discussione a
dimensione umana.
Chiedo scusa anche a Carlo Megali il quale si è arrabbiato peraltro di un
errore di scrittura, scambiandolo per un "carabinierismo"; lo
stesso può verificare in tutti i miei interventi che non è assolutamente
mia abitudine utilizzare tali distonie della lingua italiana; alla pari
mi dispiace che ci si scaldi nelle discussioni visto che quando succede si
esce spesso e volentieri dall'argomento oggetto del quesito.
Come ha detto Tiziano Cornaviera ognuno di noi lavora in casa propria, con
problematiche di ogni tipo (anche organizzative), realtà territoriali
diverse e presenza di personaggi politici variegati; tutto ciò incide
sicuramente sulla nostra preparazione (che può essere anche limitata) e
soprattutto sul nostro metodo di lavoro.
Nel mio caso mi ritengo un possibilista nei confronti degli utenti, magari
un po' superficiale e non potrebbe essere diversamente dato che da solo
devo seguire urbanistica, edilizia e SUAP in un comune di 5000 abitanti
(ma con dentro tutto quanto si trova in realtà maggiori).
Capisco anche di avere fatto un po' di confusione nelle mie risposte
affrettate, come pure non ho alcuna temenza a riconoscere i miei limiti;
partecipo al forum anche per questo, contrariamente a chissà quanti
ostentano sfoggio di scienza... sapendone quanto tutti gli altri.
Personalmente (senza alcun tono polemico) non ho fatto domanda nei
carabinieri, ho il diploma di maturità scientifica, all'epoca potevo
essere assunto (dopo 4 concorsi nell'ente dove oggi lavoro)) in tutt'altra
area ed oggi sono, come tanti di voi, ....... un uomo da 1000 euro;
E' interessante partecipare al forum, proprio per le problematiche che si
affrontano, ma scusate, nel mio ufficio il Geom. Elena Bianchi non si
sarebbe trovato di fronte a nessuna situazione ostativa.
Cordiali saluti
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 04
settembre, 2004 15:42 :
Voglio aggiungere ancora alcune cose in conclusione del mio intervento.
Rassicurare Occhipinti sul fatto che non mi sono scaldato ma solamente
"appassionato".
Mi appassiono per amore di verità, se esiste e se possibilmente non è
frantumata o dispersa in 8100 e più Comuni d'Italia.
Posto che l'art. 25 del T.U. - per ritornare all'argomento principale- è
uguale in tutta la nostra bella Italia, mi riesce molto difficile
accettare l'idea che venga applicato in 8100 e più modi diversi.
Sarà una mia rigidità cronica oppure dipenderà dal fatto che che non
conosco il grigio ma solo il bianco e nero.
Forse dipende dal fatto che mi hanno scippato ancora 3 anni per la
pensione.
Con il Megali ( del quale apprezzo gli interventi) sono andato fuori tema
e per questo chiedo scusa a tutti i partecipanti.
Se mi capiterà di incontrarlo personalmente, vorrà dire che
approfondiremo l'argomento politico circa il liberismo radicale o
moderato.
Per quanto mi riguarda resto fedele al pensiero della Rand che lui conosce
di sicuro.
Auguro a tutti buon proseguimento e buona domenica.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 06
settembre, 2004 07:08 :
non è per fare la coda al topic o cercare di allungare l'argomento, ma
purtroppo l'art.25 del T.U. non è uguale in tutta Italia, sia per le
diverse normative regionali (in Toscana è stato riscritto il T.U. in
versione fiorentina,a fronte delle vicissitudini in materia di condono che
tutti conoscono, con un "art.25" diverso dagli altri) che per le
interpretazioni che noi stessi diamo a volte alle normative le quali credo
non siano poi così chiare, come si voglia pensare (si legge
tranquillamente dagli interventi del forum).
Per quanto attiene il bianco ed il nero non credo che ti ostineresti a
fermare una pratica edilizia perchè manca la marca da bollo... purchè in
seguito venga apposta, oppure ricercare una risoluzione ad un problema
urbanistico allargando il campo del ragionamento.
Per quanto attiene il ragionamento politico è normale che ognuno si tenga
la propria "filosofia"; personalmente ho fatto l'attivista fino
agli anni '90 inseguendo una "filosofia" che mi ha fregato, come
del resto tutti gli italiani.
Oggi gli italiani costituiscono un "popolo" che non ha cultura
governativa e che cerca di plagiare i sistemi di altri paesi, adattandone
un pezzo qua e un pezzo la, per poi definire i colori politici a seconda
degli eventi quotidiani quali se andare o non andare in guerra, se far
passare o affondare le navi dei clandestini ed anche se mandarci o no in
pensione.
Quello che noto sta nel fatto che uno comincia nelle critiche dell'altro e
non appena seduto in poltrona prosegue nell'operato.
Il colore c'è, solamente che assomiglia a quello adattabile del
camaleonte e la "filosofia" pure... ma non dico qual'è.
Per quanto mi riguarda, al di la che sono uno scontento appassionato del
mio lavoro ed il mio pensiero filosofico di oggi comincia con la
"A".
Ma credo che sia meglio divertirci con gli interventi nel forum, magari
portanto anche un piccolo contributo, anzichè pizzicarci.
Anche se il mio comune è sul confine con Emilia e Liguria, io sono
toscano e guarda che noi abbiamo tutti una brutta lingua.
Ciao, buona giornata
Inserito da ELENA BIANCHI (Utente n. 4432) on 07 settembre,
2004 06:47 :
Vorrei ringraziare tutti per l'attenzione e la disponibilità che avete
dimostrato!
P.S. ho parlato con il Tecnico Comunale ed esige una dichiarazione nella
quale il committente comunichi che il Direttore dei Lavori ha cessato
l'incarico nella tal data ed io subentro dalla tal data.
Elena
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Questa discussione DISTANZA
CONFINE APPENA INFRANTA nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 26 agosto, 2004 14:48 :
Ho progettato un fabbricato di civile ab. in un lotto confinante con un altro
lotto in cui si stà costruendo una villa. La distanza dei fabbricati dovrebbe
essere di 10 mt. cioè 5 e 5 dai rispettivi confini, ma proprio ieri in sede di
impianto del mio cantiere mi sono accorto che il confinante ha sbagliato a
posizionare il suo fabbricato di circa 35 cm... così da avere una distanza di
cm 465 circa dal confine.
Oltretutto il fabbricato in questione ha una leggera sporgenza (10
cm.)(aggettino) che è stato tamponato x tutto il 2°piano (quindi la distanza
dal confine si riduce a 455 cm...
Come mi devo comportare?
Gli faccio fare un atto d'obbligo nel quale lui si impegna x se e aventi causa a
farmi costruire a distanza < di 10 mt. dal suo ed in + accollarsi le spese x
la recinzione di confine?
Esiste qualche altra soluzione "bonaria" ke mi potete suggerire?
Sto sbagliando?
saluti,marco
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 agosto, 2004
21:19 :
La distanza minima di dieci metri tra fabbricati dovrebbe essere un limite
inderogabile e quindi non penso basti un accordo tra privati per ridurla.
Il vicino ha violato la normativa sulle distanze dai confini ma l'edificio del
tuo cliente, se costruito come da progetto a mt. 5 dal confine, violerebbe,
consapevolmente, la norma sulla distanza dai fabbricati. La questione va bene
ponderata; in questo forum gli esperti non mancano.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 26 agosto, 2004 21:25 :
grazie, spero ke qualcuno ke ne sappia + di noi intervenga...
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 27 agosto, 2004 06:52
:
Alcuni PRG stabiliscono sì la distanza di dieci metri, ma solo se almeno una
delle pareti che si fronteggiano è finestrata, é il vostro caso? Se sì, direi
che non ci sono alternative a costruire la sua abitazione a più di cinque metri
dal confine.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 27 agosto, 2004
07:21 :
Dato che il secondo edificio non è stato ancora edificato e "l'abuso non
definitivamente consumato" e preso atto della volontà del proprietario e
del progettista che ha posto il quesito di mantenere la corretta distanza di ml.10,00,
sarebbe opportuno, a mio avviso che venisse stipulato un atto di asservimento
(in luogo dell'atto d'obbligo che ha una funzione diversa) di area necessaria a
colmare la distanza dal confine di ml.5,00 del primo edificio, debitamente
registrato e trascritto (salvi ulteriori accordi per la recinzione, ecc.).
Il risultato finale consisterebbe in una variante non sostanziale del primo
edificio e non in un abuso edilizio ( di difficile risoluzione), con tanti
ringraziamenti da parte del proprietario e degli uffici comunali.
saluti a tutti
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 27 agosto, 2004 07:37 :
... ok, ma essendo il mio lotto di 24.80 mt. ed il fabbricato proggettato di mt
14.80 (-5 da un lato e - 5 dall'altro) ho la necessità di sfruttare tutto il
mio lotto senza cedere neanche un cm.
Cmq. il fabbricato del confinante (in fase di costruzione ancora) non ha
rispettato gli elaborati di progetto nei quali era preventivata una distanza di
mt.5 dal confine.
Se faccio un esposto al comune, cosa succede?
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 27 agosto, 2004 07:41
:
Non saprei, pasticcio è pasticcio. In Lombardia 45 cm di differenza sulla
distanza dal confine sono tollerati come variante non essenziale, quindi non si
procederebbe all'ordine di demolizione. Consulti la normativa della sua regione.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 27 agosto, 2004
11:04 :
Segnalare ora il problema al Comune può significare la sospensione dei lavori
per entrambi e la revisione del progetto per portarlo a 10 mt.
Essendovi pregiudizio della parte conforme, dubito che per l'edificio accanto
possa essere ottemperata l'eventuale orninanza di demolizione di 45 cm. La
stessa verrebe quindi tramutata in una sanzione pecuniaria (art. 34 TUE).
Se il problema fosse emerso al momento della agibilità avrebbe creato meno
danni.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 27 agosto, 2004
12:26 :
credo che la soluzione migliore la possa determinare il comune, magari nella
necessità di variare il regolamento edilizio circa le norme di distanza tra
edifici, nei termini indicati da Carlo Megali.
E' una variazione regolamentare e quindi soggetta alla sola approvazione
consiliare; tutto sommato non è nemmeno da considerarsi isolata da pensare che
possa essere utilizzata esclusivamente per questo caso.
Numerosi regolamenti, pure con metodi diversi, l'hanno assorbita ed in molti
casi con risvolti positivi.
Un limite di distanza verrebbe comunque imposto, quanto meno dalle norme
sismiche e quindi non vedrei alcuna controindicazione.
Quanti di voi sarebbero soddisfatti a discutere una tale situazione nel proprio
ufficio?
Sinceramente non attenderei la fine delle opere facendo finta di niente, a
fronte delle responsabilità dei tecnici, dei proprietari e chi più ne ha più
ne metta, perchè a quel punto non si tratterebbe solamente di una questione
sanzionatoria.
cordiali saluti
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 28 agosto, 2004
16:55 :
Nella mia realta una variante urbanistica del tipo proposta sarebbe
improponibile oltre ad avere tempi molto lunghi. Non so come la pensi il Comune
interessato.
Io vedo due possibilità che sono comunque da verificare.
Se avere un edificio a meno di 10 mt non mi disturba e non voglio perdere tempo,
non
abbandonerei l'idea di andare avanti fino alla fine delle opere e anche oltre.
In fondo, se l'edificio in difformità non esisteva già al momento della
progettazione, non avrei neanche
dovuto entrare nel cantiere del vicino per eseguire misurazioni.
Se invecie esigo i 10 mt, faccio la segnalazione al Comune ma dovrò
allontanarmi io e rifare quindi il progetto. A questo punto il vicino, oltre a
pagare la sanzione amministrativa e penale, dovrebbe rifondere il danno che ha
provocato.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 30 agosto, 2004
07:20 :
Non so come sia impostato il vostro strumento urbanistico, comunque bisognerebbe
distinguere le norme edilizie da quelle urbanistiche.
Le prime consistono in norme di definizione (come si calcolano l'altezza, la
distanza da confini ed edifici, il volume, le superfici, come si intendono i
concetti di manutenzione ordinaria, straordinaria, ecc., modalità di
presentazione dei progetti, costituzione delle commissioni e così via) ed alla
pari di altri regolamenti comunali abbisognano della sola approvazione
consiliare; le seconde sono norme relative alla zonizzazione (destinazioni
rapporti, indici di fabbricabilità o volumi preassegnati, altezze degli edifici
e sono soggette, nella loro peculiarità di norme urbanistiche, alle procedure
di adozione, osservazioni ed approvazione di cui alla L.1150/42 od agli
eventuali disposti regionali in materia di pianificazione urbanistica.
Il Sig. MARIO NERO, tecnico progettista del secondo edificio, ha espresso una
notevole correttezza professionale nei confronti del confinante, ma soprattutto
del progettista del primo fabbricato, cercando di risolvere la situazione prima
che di giungere ad una via senza sbocco.
Non credo che il tecnico se la senta di iniziare i lavori e proseguire la
costruzione sino all'ultimazione, nella piena coscenza che la situazione finale
sarà peggiorativa, con responsabilità primaria del progettista e d.l. (sulla
cui pelle cercherà di rifarsi il proprietario a fronte degli oneri derivanti
dal sistema sanzionatorio), del conduttore e della ditta esecutrice delle opere.
Ripeto, non conosco l'impostazione dello strumento urbanistico e potrebbe darsi
che le norme edilizie ed urbanistiche siano contenute in unico testo (ma divise
in titoli distinti), per cui può sembrare necessaria una variante
"urbanistica" o, quanto meno una riscrittura per scindere i disposti,
ma credo che una analisi in quel senso gli uffici dovrebbero farla;
risolverebbero numerose problematiche in materia di distanza e non
rischierebbero di azzardarsi ad inseguimenti per sistemare le cose... molto
perniciosi per la salute di tutti.
Buona giornata
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 01 settembre, 2004
11:59 :
D'istinto e senza aver debitamente approfondito, ritengo che il secondo edificio
possa essere progettato e realizzato a dieci metri dal primo come questo risulta
dalla concessione edilizia !
Il fatto che il fabbricato confinante sia oggetto di abuso edilizio è un'altra
questione che al progettista dell'ultimo non riguarda, non essendo egli tenuto
alle verifiche in casa d'altri....
Il Comune del resto , anche fosse al corrente della difformità, non può
condizionare la costruzione del secondo edificio al rispetto della distanza
legale dei dieci metri dal primo, essendo quest'ultimo fuori regola.
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 01 settembre, 2004
12:25 :
la risposta sembra corretta, anche se le volontà del progettista (e presumo del
proprietaio) che ha posto il quesito sono diverse, o, quanto meno volte a
risoluzioni che non portino venti di guerra; non bisogna dimenticare che a
edifici ultimati i proprietari ci andranno ad abitare (anche se ciò non fa
parte delle nostre competenze).
E poi, non so se sia giusto "sbagliare sapendo di sbagliare"
sull'errore altrui.
Sarebbe utile un intervento di CEI P.I. GIANFRANCO il quale riesce solitamente a
portare un valido contributo.
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on 05 settembre, 2004 09:47
:
... grazie a tutti dei preziosi consigli. E' finita così: abbiamo venduto il
lotto con progetto approvato all'"abusivista" ed essendo una
lottizzazione acquisteremo il lotto successivo. Naturalmente nella vendita non
sono mancate tutte le spese, i danni e quant'altro indennizzabile...
Salutoni.
Marco
Questa discussione calcolo
del volume nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da salvatore magri (Utente n. 5486) on 26 luglio, 2004
20:14 :
il volume da considerare ai fini del limite dei 750 mc comprende anche il volume
entro terra ?
come ci si regola ? grazie salvatore magri
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 27 luglio, 2004 09:14
:
Suppongo si stia parlando di condono edilizio.
A mio avviso il volume va determinato con riferimento a quanto previsto dalle
norme edilizie del comune presso il quale si deve presentare la richiesta di
condono.
Inserito da salvatore magri (Utente n. 5486) on 27 luglio, 2004
15:13 :
effettivamente mi riferivo al condono, ma il limite non può dipendere da norme
di carattere locale, altrimenti ci sarebbero disparità nell'applicazione della
legge.
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 27 luglio, 2004 15:37
:
D'altro canto non mi pare di ricordare precisazioni tecniche relative al calcolo
dei volumi nella normativa nazionale sul condono edilizio, pertanto, in assenza
di disposizioni regionali non possono che trovare applicazione le norme locali,
le quali peraltro non prevedono, generalmente, il computo dei volumi interrati,
se non per particolari destinazioni (di solito diverse da quella residenziale e
dai relativi annessi).
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 27 luglio, 2004
18:06 :
La invito "caldamente" a consultare le Circolari Ministeriali sul
Condono edilizio:
-Circolare 30 Luglio 1985 n° 3357/25 LL.PP( G.U. n° 186 dell'8 agosto 1985)
-Circolare 17 Giugno 1995 n° 2241/Ul ( G.U. 192 del 18 Agosto 1995)
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on 28 luglio, 2004 13:33
:
"Caldamente" dato il periodo estivo?
Battute a parte, mi riferivo alle disposizioni legislative. Sulle circolari, di
qualunque tipo ed in relazione a qualsiasi argomento, ho deciso ormai da anni di
non fare affidamento alcuno, né, tanto meno, commento alcuno.
Ovviamente, la mia è una scelta esclusivamente personale.
Inserito da salvatore magri (Utente n. 5486) on 28 luglio, 2004
15:07 :
le due circoali non fanno riferimento alle modalità di calcolo del volume. in
compenso la maggior parte dei testi di settore suggeriscono il calcolo anche
degli interrati (r. gigante - il condono edilizio ed. sole 24) ma dicono da dove
attingono. grazie.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 03 agosto, 2004
10:12 :
Penso sia utile consultare la Circolare del Ministero dei Lavori pubblici n.
2474 del 31
gennaio 1973: Definizione dei volumi tecnici ai fini del calcolo della cubatura
degli edifici (richiamata nella Circolare 30 Luglio 1985 n° 3357/25 LL.PP, p.18)
"Devono intendersi per volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo
della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a
consentire l'accesso di quelle
parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di
parafulmine, di
ventilazione, ecc) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei
limiti imposti dalle norme urbanistiche.
(ciò nel caso in cui i volumi tecnici non siano diversamente definiti o
disciplinati dalle norme urbanistico-edilizie vigenti nel Comune)"
Tolti gli eventuali volumi tecnici dal volume vpp (comprendente quindi gli
interrati) si ottiene il volume utile.
Ciò anche ai fini del calcolo della volumetria per l’idoneità sismica o
statica.
Questa discussione Distanza
confine - Isolamento con capotto nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Frank Wagner (Utente n. 5867) on 23 luglio, 2004 13:25
:
Sto facendo un capotto di 8 cm.
La distanza del confine è ca. 3,40 mtr.
Il regolamento comunale prevede una distanza minima di 5 mtr. Adesso un vicino
mi contesta il lavoro e il comune da ragione al mio vicino.
LEGGE REGIONALE 20 aprile 1995, n. 26.:3.:
Tali disposizioni prevalgono sui regolamenti e sulle altre norme comunali;
restano invariate
le norme sulle distanze minime.
Le distanze minime sono quelli del regolamento comunale o quelli del codice
civile ?
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on 23 luglio, 2004
16:16 :
...Il regolamento comunale prevede una distanza minima di 5 mtr...
il regolamento comunale dirà qualcosa circa le costruzioni esistenti.
in ogni caso il codice civile prevede 1,5 dal confine, ma il reg comiunale può
aumentare tale distanza minima,nel tuo caso 5 metri.
bisogna capire se la costruzione a 3,40 è stata legittimamente concessa e se la
norma prevede deroghe per le costruzioni esistenti.
Dacci altri elementi
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 24 luglio, 2004
08:08 :
...l'esecuzione dei lavori è stata autorizzata o comunicata con DIA ?
Il problema va affrontato in quasta fase (dal Comune o dal tecnico che firma la
DIA).
Per me comunque dovrebbe trattasi di manutenzione straordinaria (DIA) e gli 8 cm
di spessore un volume tecnico in quanto volto al contenimento del consumo
energetico.
Non comprendo inoltre quali diritti lesi possa lamentare il vicino dal momento
che il codice civile è rispettato.
Inserito da Frank Wagner (Utente n. 5867) on 26 luglio, 2004 08:38
:
Non posso fare ne DIA ne concessione perchè il comune mi lo nega dicendo che
non si può
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 26 luglio, 2004
22:10 :
Ho notato che la LR Lombardia 26/95 differisce dalla LR veneto 21/96 a me più
nota e sulla
quale mi sono basato per intervenire.
La differenza sta nel fatto che le stesse eccedenze, oltre che non essere
considerate nei computi per la determinazione dei volume e nei rapporti di
copertura, con la LRV 21/96 valgono anche per le altezze massime, per le
distanze dai confini, tra gli edifici e dalle strade.
Nella Regione Veneto quindi il suo intervento sarebbe conforme.
La legge Lombarda invecie pare limitare questa deroga solo al calcolo delle
volumetrie
edilizie e dei rapporti di copertura, mantenendo invariate le norme sulle
distanze minime
che, nel suo caso, sono mt. 5.
Temo quindi che, salvo altre norme a me non note, il cappotto sulle pareti
distanti meno di mt 5 dal confine non sia ammesso.
Riporto il testo della Legge per eventuali contributi
Regione Lombardia - Nuove modalità di calcolo delle volumetrie edilizie e dei
rapporti di
copertura limitatamente ai casi di aumento degli spessori dei tamponamenti
perimetrali e
orizzontali per il perseguimento di maggiori livelli di coibentazione
termo-acustica o di
inerzia termica.
Art. 1
1. La presente legge detta disposizioni per agevolare l'attuazione delle norme
sul risparmio
energetico e per migliorare la qualità degli edifici.
2. Essa si applica a:
a) nuove costruzioni;
b) interventi edilizi di qualsiasi tipo sulle costruzioni esistenti, comprese le
manutenzioni
straordinarie ed escluse quelle ordinarie.
3. Tali disposizioni prevalgono sui regolamenti e sulle altre norme comunali;
restano
invariate le norme sulle distanze minime.
Art. 2
1. I tamponamenti perimetrali e i muri perimetrali portanti, nonché i
tamponamenti
orizzontali e i solai delle nuove costruzioni di qualsiasi genere soggette alle
norme sul
risparmio energetico e, indistintamente, di tutti gli edifici residenziali che
comportino
spessori complessivi sia per gli elementi strutturali che sovrastrutturali
superiori a
centimetri 30, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi
e nei
rapporti di copertura, per la sola parte eccedente i centimetri 30 e fino ad un
massimo di ulteriori centimetri 25 per gli elementi verticali e di copertura e
di centimetri 15 per
quelli orizzontali intermedi, se il maggior spessore contribuisce al
miglioramento dei
livelli di coibentazione termica, acustica o di inerzia termica.
2. Le norme del precedente comma si applicano, con gli stessi scopi e limiti
quantitativi,
anche agli edifici già costruiti, in relazione ai soli spessori da aggiungere a
quelli
esistenti, compatibilmente con la salvaguardia di facciate, murature ed altri
elementi
costruttivi e decorativi di pregio storico ed artistico, nonché con la necessità
estetica di
garantire gli allineamenti o le conformazioni diverse, orizzontali, verticali e
delle falde
dei tetti che caratterizzano le cortine di edifici urbani e dei cascinali di
antica
formazione.
3. I proprietari e gli altri soggetti aventi titolo alla presentazione di
istanze per
l'ottenimento di autorizzazione o concessione edilizia o comunque aventi facoltà,
nelle altre
forme consentite, di eseguire lavori interni ed esterni sugli edifici costruiti
o modificati
avvalendosi delle disposizioni della presente legge, non possono effettuare
riduzioni degli
spessori complessivi indicati nei commi 1 e 2, salvo l'applicazione integrale
delle norme sul
computo dei volumi e dei rapporti di copertura e nel rispetto dei limiti massimi
dettati da
tali norme.
4. Alle istanze per l'ottenimento dei provvedimenti autorizzativi e delle
concessioni
edilizie di coloro che intendono avvalersi della presente legge deve essere
allegata apposita
relazione tecnica, corredata da calcoli e grafici dimostrativi completi
consistenti in
sezioni complessive dell'edificio e particolari costruttivi, in scala adeguata,
che
costituisce parte integrante del progetto.
Art. 3
1. Le parti di volume e di copertura determinate esclusivamente dal maggior
spessore di cui
ai commi 1 e 2 dell'art. 2 non vengono considerate nemmeno ai fini della L.R. 5
dicembre 1977, n. 60 e successive integrazioni e modificazioni.
Questa discussione Chiarimenti
su condono nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Franco Baldi (Utente n. 5846) on 17 luglio, 2004 16:00
:
Buongiorno,
sono un nuovo utente del forum che trovo molto interessante.
Ho dei grossi dubbi sulle modalità del condono edilizio.
Siccome sono proprietario di alcune capanne (due delle quali aperte da tre lati)
abusive costruite circa 20-25 anni fà adibite a rimessa attrezzi agricoli,
fienile e pollaio, a circa 10 metri dall'abitazione ed adiacenti ad un
fabbricato regolarmente condonato come agricolo.
Tengo a precisare che non sono un coltivatore diretto.
Vorrei sapere come interpretare il calcolo dell'oblazione e soprattutto della
superficie utile da condonare.
Posso considerarle come strutture residenziali oppure non residenziali?
Possibile che una capanna di lamiera paghi più di una villetta?
Purtroppo ho interpellato alcuni tecnici della zona ma mi hanno dato pareri
discordanti, addirittura uno mi ha proposto di fare un recupero edilizio
asserendo che le capanne fossero costruite in data antecedente il 1967.
Io voglio sanare il mio abuso in modo onesto, però voglio pagare quello che mi
spetta senza sprechi ulteriori.
Grazie per l'aiuto che potete darmi
Inserito da giulio berruquier (Utente n. 4403) on 19 luglio, 2004
00:43 :
Se la tua "capanna" si può considerare fabbricato accessorio di un
fabbricato civile, allora potrai calcolare la superficie utile (netta interna)
con il coefficiente 0,6 (superfici accessorie) a poi calcolare l'oblazione come
"fabbricati residenziali" ovvero pagando, al massimo, 100 euro al
metro quadrato calcolato come ho detto prima.
Nell'altra ipotesi, cioè se consideriamo la "capanna" come fabbricato
"produttivo" (direi che non ha importanza se tu sei o meno
imprenditore agricolo) allora pagherai, al massimo, 150 euro al metro quadrato
netto senza alcuna riduzione. Se hai un fabbricato d'abitazione lì vicino e le
tettoie le puoi definire "pertinenziali", "accessorie"
allora io opterei per la prima soluzione.
Inserito da Franco Baldi (Utente n. 5846) on 24 luglio, 2004 15:56
:
La ringrazio per la risposta,
vorrei capire però su che base effettuare le misurazioni della superficie
accessoria in quanto una parte delle capanne è destinata a parcheggio o rimessa
auto ( sotto una tettoia) una'altra parte è solamente tettoia, devo
considerarla tutta superficie su cui pagare l'oblazione oppure pesso togliere le
parti delle tettoie e dei parcheggi ?
Preciso che ho intenzione di condonare il tutto come residenziale.
Qual'è il termine esatto per definire una capanna con due gabbie di conigli per
uso privato ed una tettoia con 5 polli sempre per uso privato?
Grazie ancora per il vostro aiuto.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 31 luglio, 2004
09:14 :
Il termine: accessori della residenza
In merito alla individuazione della superficie da condonare ed altre valutazioni
del caso, mi pare opportuno consultare il tecnico che la seguirà nella
presentazione della domanda di condono edilizio.
Inserito da Franco Baldi (Utente n. 5846) on 31 luglio, 2004 15:40
:
La ringrazio per il consiglio, ho purtroppo contattato almeno tre tecnici ma
ognuno mi ha dato un parere discordante.
Non c'è ancora chiarezza su questa questione del condono soprattutto in toscana
e tutto questo mi sembra molto strano. Io credo che quando i cittadini sono
interessati a pagare i propri abusi ( sempre che non si tratti di speculazioni
oppure degli ecomostri) facendo scorrere soldi freschi nelle casse degli enti
pubblici dovrebbero lasciare da parte le ragioni politiche. In questo modo chi
ha commesso un'abuso lascerà tutto così come stanno le cose, tanto non ci sono
cotrolli che ti obblighino ad abbattere quello che hai costruito.
Grazie e scusatemi per lo sfogo
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on 02 agosto, 2004
07:26 :
credo che agli effetti del conteggio dell'oblazione non faccia differenza tra la
definizione di accessorio e le pertinenze di cui all'art.817 del c.c. (purchè
non ricomprese nella perimetrazione dell'alloggio, ma non è questo il caso); le
relative superfici vengono calcolate al 60%.
Prima di mettere mano al portafogli, comunque, credo che le convenga attendere i
disposti regionali i quali verranno discussi nei primi giorni di settembre e
penso che i problemi da affrontare saranno presumibilmente di altro tipo;
gli argomenti riguarderanno la nuova edificazione inferiore ai mc.100 e (nuove
costruzioni od ampliamenti), ristrutturazioni, con le eccezioni in aree soggette
a vincolo paesaggistico o idrogeologico.
Dopo la pubblicazione della normativa sarà sicuramente più facile (ed
opportuno)esprimere valutazioni.
Un saluto cordiale
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 agosto, 2004
08:29 :
Lo sfogo è comprensibile. Come avrà notato, il disorientamento è diffuso,
forse anche perchè il quadro non è ancora completo.
Sarà necessario sentire come avrà legiferato la sua regione al riguardo entro
l’11 novembre 2004, definendo gli abusi sanabili e le condizioni della
sanatoria (se ammette alla sanatoria solo opere conformi alla disciplina
urbanistico-edilizia vigente, l'oblazione cala, ma è da verificare tale
conformità).
Dopodichè c'è un mese di tempo per riflettere ed eventualmente presentare la
domanda di condono edilizio.
Buona giornata
Questa discussione gestione
DIA in sanatoria art. 37 TUE nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 30 giugno, 2004
10:54 :
Richiamo l'art. 37 c. 4 in merito alla sanzione da applicare per DIA conforme
che chiama in causa l'Agenzia del Territorio.
Non mi risulta che l'AT svolga questa incombenza (che andrebbe, a mio avviso, a
complicare inutilmente la pratica).
Può il responsabile del procedimento procedere autonomamente ?
(magari dopo aver inviato, in via prudenziale, una richiesta di valutazione alla
AT rimasta inevasa).
Grazie per l'attenzione
Inserito da Alessandro Golin (Utente n. 4690) on 06 luglio, 2004
12:01 :
Le competenze estimative in materia di sanzioni urbanistico-edilizie sono state
espressamente attribuite dal D.P.R. 380/01 all'Agenzia del Territorio, e non si
limitano all'art. 37 c. 4 in merito alla sanzione da applicare per DIA conforme.
Infatti l'Agenzia del Territorio è chiamata in causa anche dall'art. 33 comma
2, dall'art. 34 comma 2 e dall'art. 38 comma 1 del T.U. Edilizia.
In presenza di tale dettato normativo, ed in quanto attività obbligatoria per
legge, l'attribuzione di competenza è certa ed inequivocabile in capo
all'Agenzia del erritorio, che quindi non può sottrarvisi.
Rifiuti, ritardi o intralci, se non dovuti ad altri motivi, sono inammissibili.
Delle conseguenze amministrative, contabili e penali dell'inadempimento resta a
quel punto responsabile il dirigente dell'Agenzia del Territorio.
Nella mia realtà i rapporti erano già buoni con l'U.T.E. di Firenze e sono
addirittura migliorati con l'apertura dell'Ufficio (poi Agenzia) di Prato, in un
clima di fattiva collaborazione.
Peraltro, proprio in Toscana, con legge regionale n. 43 del 05/08/2003 le
competenze attribuite dal T.U. Edilizia all'Agenzia del Territorio in materia
sono state trasferite al Comune.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 17 luglio, 2004
10:30 :
Ringrazio per la risposta che mi ha dato modo di approfondire la questione che
sintetizzo:
Con nota in data 24.2.04 prot. 15787 la Direzione Generale dell'Agenzia del
Territorio afferma che le valutazioni di opere abusive in Comuni appartenenti a
Regioni che abbiano emanato norme in materia di controllo dell'attività
urbanistica, devono essere effettuate dai soggetti con le modalità indicate
nella normativa regionale medesima (e questo mi pare il caso della Toscana con
LR 43 del 05.08.03).
Nelle Regioni che non abbiano ancora emanato norme in materia, si ritengono
applicabili le
normative statali vigenti (artt. 33-34-37-38 del TUE) e quindi AT Provinciale,
previa convenzione, esegue valutazioni solo per destinazioni non residenziali.
Le destinazioni residenziali sono determinate dall'UTC.
Con nota in data 5.3.04 prot. 2219 la Direzione Regionale per il Veneto dell'AT
precisa che
la Regione Veneto con LR 61/85 (in attuazione della legge 47/85) ha emanato
norme in materia
di controllo dell'attività urbanistica e di sanzioni amministrative). Invita
quindi le AT a
respingere le richieste di valutazione che provengono dai Comuni.
Sulla base di ciò Agenzia del Territorio di Belluno respinge le richieste dei
Comuni
motivando che non rientra nei propri compiti istituzionali, comunicando nel
contempo la
disponibilità ad eseguire consulenze tecnico-estimative a pagamento previa
stipula di atto
di convenzione.
Mi astengo da commenti, ma nelle argomentazioni c'è qualcosa che non mi convice
e che cercherò di approfondire (referimenti a leggi abrogate o emanate prima
del TUE..)
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 17 luglio, 2004 14:28
:
Qualora sei costretto alla stipula della convenzione con l'agenzia del
territorio e vuoi vedere preliminarmente di cosa si tratta, scrivimi
direttamente che ti mando una copia in formato digitale di quella che abbiamo già
stipulato come Amm.ne.
Ciao
Questa discussione ABITABILITA'
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Inserito da letizia marchesi (Utente n. 5772) on 28 giugno, 2004
16:00 :
Buon giorno a tutti, avrei una domandina da porvi... ho acquistato una casa con
sottotetto (già edibito a stanza dai vecchi proprietari) non abitabile. Cosa
posso fare per renderlo tale? posso approfittare del condono??? in che tipologia
si rientrerebbe??? inoltre non ci sono lavori da fare.
Grazie per la cortesia
Letizia
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 01 luglio, 2004
11:02 :
Non è possibile dare una risposta esuriente in mancanza di altre necessarie
informazioni.
Direi comunque che, il fatto che lei abbia acquistato la casa contenente
"l'abuso" senza problemi, dimostri in qualche modo la non necessità
di ricorrere al condono edilizio con tutte le sue incertezze e conseguenze.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 01 luglio, 2004 12:30
:
Se la casa è in Lombardia, consulti un tecnico e verifichi la possibilità di
applicare la legge regionale n. 16/96 recante norme sul recupero dei sottotetti
esistenti ai fini abitativi. Si tratta di un provvedimneto a carattere speciale
introdotto per rispondere ad una carenza abitativa che consente di riconvertire
i sottotetti esistenti beneficiando di deroghe rispetto alle norme ordinarie di
natura edilizia ed igfienico-sanitaria.
Il condono non mi sembra applicabile perchè mi pare di capire che non sono
state fatte opere.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 05 luglio, 2004 17:47
:
Errata corrige. La legge regionale è la 15/96 e non la 16/96
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 05 luglio, 2004 17:47
:
Errata corrige. La legge regionale è la 15/96 e non la 16/96
Questa discussione Saldo
oblazione vecchi condoni edilizi. nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 09 giugno, 2004 11:07
:
L'articolo 32 comma 41 della legge 326/2003, devolve ai comuni il 50% delle
somme riscosse a titolo di conguaglio dell'oblazione relativa alle pratiche
presentate ai sensi dell'articolo 31 della legge 47/85 e art.39 della legge
724/94.
Le modalità attuative sono state demandate a un decreto interdipartimentale del
Ministero delle Infrastrutture e dell'economia, del quale non ho notizie .
C'è qualcuno che ne sa di più ?
Grazie.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 01 luglio, 2004
09:14 :
Da quanto ne so, le modalità attuative non sono state ancora emanate.
Comunque, essendo nella necessità di rilasciare una sanatoria (condono del
1985) che prevede tale conguaglio, non penso di andare contro la legge se divido
in due l'integrazione calcolata (comprensiva degli interessi legali) richiedendo
due versamenti di pari importo:
uno allo Stato sul solito c/c n. 255000, l'altro alla tesoreria comunale.
Qualora risultasse che l'operazione non era fattibite in assenza di decreto si
può sempre rimediare.
Una osservazione: Il richiamato art. 32 comma 41 prevede tale procedura anche
"per le domande presentate ai sensi del presente decreto". Le attuali
vicissitudini potrebbero essere la ragione per cui il decreto
interdipartimentale del Ministero delle Infrastrutture e dell'economia non è
stato ancora emanato.
Attendo commenti.
Questa discussione Condono
con variazione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 03 giugno, 2004
11:40 :
Buongiorno, avrei bisogno di aiuto, dovrei condonare un immobile sito in Roma
accatastato come locale deposito (solo piano terra) e da me trasformato in
abitazione. Mi pare di capire leggendo i messaggi del forum che sia un cambio di
destinazione d’uso con opere (tip. 3?). Ora, per eliminare infiltrazioni e
coibentare meglio ho però costruito un tetto a falda unica sopra il solaio
esistente, non accessibile e alto nel punto massimo m 1,8. Questo costituisce
aumento di volumetria? La mia più grossa difficoltà è che non so come
calcolare il volume dell’abuso. Si fa il calcolo del solido geometricamente o
come altro? Questa soffitta non abitabile né accessibile verrà ad essere
conteggiata nella SNR e dovrò pagare anche su questa superficie oneri e
oblazione?
Ringrazio anticipatamente chiunque volesse darmi una mano.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 03 giugno, 2004 16:53
:
Salvo che la Regione Lazio non abbia disposto diversamente, in tema di condono
deve ragionare in termini di superficie. La sanatoria si concretizza con due
versamenti: l'oblazione (allo Stato) e l'anticipazione sugli oneri concessori
(al Comune). Il primo, nel caso della tipologia 3, cambio d'uso con opere, è
dato dal prodotto tra la superficie in mq. dell'immobile oggetto di condono
(l'appartamento) ed il valore unitario di 60 euro. Il secondo, con un anticipo
di 45 euro a mq. che in seguito può essere soggetto a conguaglio.
Per quanto riguarda il sottotetto mi sembra di capire che si tratti di una mera
intercapedine. Se per definizione normativa locale tale opera non implica
aumento di volume, cioè ad esempio, se il volume del fabbricato è da
calcolarsi all'intradosso dell'ultimo pianno abitabile (il soffitto),
applicherei la tipologia 6 che prevede un forfait di 516 euro, senza dover
applicare oneri di concessione.
Quindi si tratta di condonare due abusi; il cambio d'uso con opere e la nuova
soffitta.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 04 giugno, 2004
08:09 :
Io concordo con Rossi circa l'inquadramento della tipologia dell'abuso, ovvero
al n° 3. Non sono d'accordo sul fatto che si tratta di due abusi distinti.
Per la determinazione delle superfici,ai fini del calcolo dell'oblazione, si fa
riferimento all'art. 51 della L. n° 47/85, così come richiamato dall'art.
32.25 della L. n° 326/03;
Esso prevede che sono computabili le superfici in conformità ai parametri di
cui agli artt. 2 e 3 del D.M. 10 Maggio 1977 ( G.U. n° 146/77);
La Circolare Ministeriale 30 Luglio 1985, n° 3357/25 LL.PP, ( G.U. n° 186/85)
recante "Norme in materia di recupero e sanatoria delle opere abusive"
al punto 18 - determinazione delle superfici- chiarisce che per il calcolo della
superficie sono definite quella complessiva e quella utile.
La stessa Circolare precisa ancora che quando per la quantità delle opere e per
il loro collegamento funzionale, l'intervento realizzato debba considerarsi
ricadente in specifica tipologia di abuso- ad esempio ristrutturazione edilizia-
la richiesta di concessione edilizia in sanatoria non potrà riguardare le
singole opere ma l'intervento complessivo.
In conclusione, ai fini del calcolo della superficie complessiva ritengo si
possa computare al cento per cento la superficie dell'abitazione quale
superficie utile alla quale sommare la superficie del sottotetto come accessoria
calcolata al sessanta per cento.
Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 07 giugno, 2004
15:49 :
Vi ringrazio immensamente dei pareri che mi avete fornito. Ho dato uno sguardo
alle normative citate e ho purtroppo concluso che difficilmente mi sarà
possibile separare i due abusI.
Vorrei riassumere quanto ho capito destreggiandomi fra gli articoli della
normativa, sperando che sia giusto, chiedo quindi a voi una conferma.
1° devo guardare la norma regionale per sapere come si calcola l’altezza e
quindi il volume del fabbricato. Se le norme fossero le NTA del piano regolatore
vigente l’altezza andrebbe misurata in corrispondenza della più alta di
queste due quote: intradosso del solaio di copertura dell’ultimo solaio
abitabile, imposta del tetto (linea di intersezione fra intradosso della falda e
piano di facciata).
Misurata l’altezza in corrispondenza di entrambe le quote, la volumetria
(ottenuta tramite moltiplicazione con la SUL) sarebbe inferiore ai 450 mc al di
sopra dei quali scatta l’obbligo di presentazione della perizia statica. Ma il
volume da considerare è quello ottenuto con questa moltiplicazione o devo
considerare l’ingombro del fabbricato emergente dalla linea di terra fino
all’altezza “virtuale” stabilita in 3,2 m? Perché in questo caso il
volume sarebbe superiore, ma era superiore anche all’epoca del precedente
condono, e l’architetto (che mi è impossibile reperire nuovamente) a me non
consegnò alcuna perizia statica.
2° devo guardare la normativa regionale per sapere se i cambiamenti di
destinazione d’uso con opere rientrano nella casistica che prevede la
presentazione del permesso di costruire o della DIA. Solo qualora rientrassero
nella seconda potrei tramite autocertificazione attestare che l’intervento di
costruzione del tetto è antecedente ai lavori di mutazione destinazione d’uso
per cercare di pagare il forfait di 516 euro. Ma vedo la cosa giuridicamente
poco sostenibile.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 07 giugno, 2004
16:23 :
Confermando quando ho già detto in precedenza, mi pare di poter aggiungere che
sicuramente il calcolo del volume va fatto tenuto conto del metodo previsto
nelle NTA dello Strumento Urbanistico, non so come possa essere fatto
diversamente.
Va tenuto presente che alcuni Comuni nelle proprie NTA per esempio, escludono
dal calcolo del volume( ai fini dell'indice di costruzione) parti del sottotetto
non eccedenti una determinata altezza.
Dove io opero, questa quota è di mt. 1,80.
Ciò potrebbe adattarsi al suo caso.
Circa la perizia, le suggerisco vivamente di consultare la Circolare
Ministeriale 30 Luglio 1985 n° 3357/25 LL.PP.
sul Condono,pubblicata sulla G.U. n° 186 dell'8 Agosto 1985.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 07 giugno, 2004 17:15
:
Solo per chiarire la mia idea sui due abusi distinti, che preciso essere dettata
più da un filo logico che da un reale approfondimento normativo.
Mi è parso di capire che l'abuso si concretizzi in due entità distinte. Prima
il cambio d'uso funzionale e solo in un secondo tempo, e quindi con cronolgia e
modalità differite, la costruzione di una mera intercapedine, non accessibile
in base a quanto descritto. In tal senso, in mancanza di continum distributivo,
funzionale e temporale tra le due opere, l'una principale e l'altra a suo
indiretto servizio, opterei per due distinti abusi e per la tipolgia 6 nel
secondo, che tra l'altro probabilmente alla fine comporta minori oblazioni.
Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 07 giugno, 2004
17:25 :
In effetti ho realizzato prima il sottotetto e in un secondo momento il resto.
Il lasso di tempo intercorso fra l'uno e l'altro è però minimo e il primo
lavoro ha ispèirato il secondo. La circolare richiamata e che ancora sto
cercando in rete pare che reciti (ho trovato solo questo tratto)"..... deve
farsi presente che opere complesse, cioè comportanti interventi di diverso tipo
ed ampiezza, non possono essere disarticolate e denunziate separatamente quando
tra esse esiste un rapporto di funzionalità.... non può essere denunziato come
opera interna un intervento di per sè neutro ma che, di fatto, prelude ad un
mutamento di destinazione d’uso ed è da questo seguito".
Purtroppo le parole "neutro" e "di fatto" mi fanno pensare
che sia impossibile scorporare gli interventi......
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 07 luglio, 2004
00:45 :
Chiarito bene quanto sopra, torno alla domanda iniziale e al punto di domanda
sulla tip. 3 per il cambio di destinazione che, da quanto apprendo in altre
discussioni, il Comune di Roma fa rientrare nella tipologia 1.
Penso quindi sia anche da verificare se la trasformazione risulta conforme (tip.3)
o meno (tip.1) alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici.
Per esempio, se l'altezza dei locali risultasse inferiore alla minima richiesta
dalle norme attuali, l'intervento non è conforme e si ricade nella tipologia 1.
Dico penso perchè non ho avuto conferme; inoltre, mi domando come agire nel
caso che solo qualche locale non sia conforme (es. rapporto illuminazione
insufficiente).
Grazie per l'attenzione
Questa discussione Condono
con variazione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 03 giugno, 2004
11:40 :
Buongiorno, avrei bisogno di aiuto, dovrei condonare un immobile sito in Roma
accatastato come locale deposito (solo piano terra) e da me trasformato in
abitazione. Mi pare di capire leggendo i messaggi del forum che sia un cambio di
destinazione d’uso con opere (tip. 3?). Ora, per eliminare infiltrazioni e
coibentare meglio ho però costruito un tetto a falda unica sopra il solaio
esistente, non accessibile e alto nel punto massimo m 1,8. Questo costituisce
aumento di volumetria? La mia più grossa difficoltà è che non so come
calcolare il volume dell’abuso. Si fa il calcolo del solido geometricamente o
come altro? Questa soffitta non abitabile né accessibile verrà ad essere
conteggiata nella SNR e dovrò pagare anche su questa superficie oneri e
oblazione?
Ringrazio anticipatamente chiunque volesse darmi una mano.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 03 giugno, 2004 16:53
:
Salvo che la Regione Lazio non abbia disposto diversamente, in tema di condono
deve ragionare in termini di superficie. La sanatoria si concretizza con due
versamenti: l'oblazione (allo Stato) e l'anticipazione sugli oneri concessori
(al Comune). Il primo, nel caso della tipologia 3, cambio d'uso con opere, è
dato dal prodotto tra la superficie in mq. dell'immobile oggetto di condono
(l'appartamento) ed il valore unitario di 60 euro. Il secondo, con un anticipo
di 45 euro a mq. che in seguito può essere soggetto a conguaglio.
Per quanto riguarda il sottotetto mi sembra di capire che si tratti di una mera
intercapedine. Se per definizione normativa locale tale opera non implica
aumento di volume, cioè ad esempio, se il volume del fabbricato è da
calcolarsi all'intradosso dell'ultimo pianno abitabile (il soffitto),
applicherei la tipologia 6 che prevede un forfait di 516 euro, senza dover
applicare oneri di concessione.
Quindi si tratta di condonare due abusi; il cambio d'uso con opere e la nuova
soffitta.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 04 giugno, 2004
08:09 :
Io concordo con Rossi circa l'inquadramento della tipologia dell'abuso, ovvero
al n° 3. Non sono d'accordo sul fatto che si tratta di due abusi distinti.
Per la determinazione delle superfici,ai fini del calcolo dell'oblazione, si fa
riferimento all'art. 51 della L. n° 47/85, così come richiamato dall'art.
32.25 della L. n° 326/03;
Esso prevede che sono computabili le superfici in conformità ai parametri di
cui agli artt. 2 e 3 del D.M. 10 Maggio 1977 ( G.U. n° 146/77);
La Circolare Ministeriale 30 Luglio 1985, n° 3357/25 LL.PP, ( G.U. n° 186/85)
recante "Norme in materia di recupero e sanatoria delle opere abusive"
al punto 18 - determinazione delle superfici- chiarisce che per il calcolo della
superficie sono definite quella complessiva e quella utile.
La stessa Circolare precisa ancora che quando per la quantità delle opere e per
il loro collegamento funzionale, l'intervento realizzato debba considerarsi
ricadente in specifica tipologia di abuso- ad esempio ristrutturazione edilizia-
la richiesta di concessione edilizia in sanatoria non potrà riguardare le
singole opere ma l'intervento complessivo.
In conclusione, ai fini del calcolo della superficie complessiva ritengo si
possa computare al cento per cento la superficie dell'abitazione quale
superficie utile alla quale sommare la superficie del sottotetto come accessoria
calcolata al sessanta per cento.
Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 07 giugno, 2004
15:49 :
Vi ringrazio immensamente dei pareri che mi avete fornito. Ho dato uno sguardo
alle normative citate e ho purtroppo concluso che difficilmente mi sarà
possibile separare i due abusI.
Vorrei riassumere quanto ho capito destreggiandomi fra gli articoli della
normativa, sperando che sia giusto, chiedo quindi a voi una conferma.
1° devo guardare la norma regionale per sapere come si calcola l’altezza e
quindi il volume del fabbricato. Se le norme fossero le NTA del piano regolatore
vigente l’altezza andrebbe misurata in corrispondenza della più alta di
queste due quote: intradosso del solaio di copertura dell’ultimo solaio
abitabile, imposta del tetto (linea di intersezione fra intradosso della falda e
piano di facciata).
Misurata l’altezza in corrispondenza di entrambe le quote, la volumetria
(ottenuta tramite moltiplicazione con la SUL) sarebbe inferiore ai 450 mc al di
sopra dei quali scatta l’obbligo di presentazione della perizia statica. Ma il
volume da considerare è quello ottenuto con questa moltiplicazione o devo
considerare l’ingombro del fabbricato emergente dalla linea di terra fino
all’altezza “virtuale” stabilita in 3,2 m? Perché in questo caso il
volume sarebbe superiore, ma era superiore anche all’epoca del precedente
condono, e l’architetto (che mi è impossibile reperire nuovamente) a me non
consegnò alcuna perizia statica.
2° devo guardare la normativa regionale per sapere se i cambiamenti di
destinazione d’uso con opere rientrano nella casistica che prevede la
presentazione del permesso di costruire o della DIA. Solo qualora rientrassero
nella seconda potrei tramite autocertificazione attestare che l’intervento di
costruzione del tetto è antecedente ai lavori di mutazione destinazione d’uso
per cercare di pagare il forfait di 516 euro. Ma vedo la cosa giuridicamente
poco sostenibile.
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on 07 giugno, 2004
16:23 :
Confermando quando ho già detto in precedenza, mi pare di poter aggiungere che
sicuramente il calcolo del volume va fatto tenuto conto del metodo previsto
nelle NTA dello Strumento Urbanistico, non so come possa essere fatto
diversamente.
Va tenuto presente che alcuni Comuni nelle proprie NTA per esempio, escludono
dal calcolo del volume( ai fini dell'indice di costruzione) parti del sottotetto
non eccedenti una determinata altezza.
Dove io opero, questa quota è di mt. 1,80.
Ciò potrebbe adattarsi al suo caso.
Circa la perizia, le suggerisco vivamente di consultare la Circolare
Ministeriale 30 Luglio 1985 n° 3357/25 LL.PP.
sul Condono,pubblicata sulla G.U. n° 186 dell'8 Agosto 1985.
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 07 giugno, 2004 17:15
:
Solo per chiarire la mia idea sui due abusi distinti, che preciso essere dettata
più da un filo logico che da un reale approfondimento normativo.
Mi è parso di capire che l'abuso si concretizzi in due entità distinte. Prima
il cambio d'uso funzionale e solo in un secondo tempo, e quindi con cronolgia e
modalità differite, la costruzione di una mera intercapedine, non accessibile
in base a quanto descritto. In tal senso, in mancanza di continum distributivo,
funzionale e temporale tra le due opere, l'una principale e l'altra a suo
indiretto servizio, opterei per due distinti abusi e per la tipolgia 6 nel
secondo, che tra l'altro probabilmente alla fine comporta minori oblazioni.
Inserito da Fabrizio Triola (Utente n. 5715) on 07 giugno, 2004
17:25 :
In effetti ho realizzato prima il sottotetto e in un secondo momento il resto.
Il lasso di tempo intercorso fra l'uno e l'altro è però minimo e il primo
lavoro ha ispèirato il secondo. La circolare richiamata e che ancora sto
cercando in rete pare che reciti (ho trovato solo questo tratto)"..... deve
farsi presente che opere complesse, cioè comportanti interventi di diverso tipo
ed ampiezza, non possono essere disarticolate e denunziate separatamente quando
tra esse esiste un rapporto di funzionalità.... non può essere denunziato come
opera interna un intervento di per sè neutro ma che, di fatto, prelude ad un
mutamento di destinazione d’uso ed è da questo seguito".
Purtroppo le parole "neutro" e "di fatto" mi fanno pensare
che sia impossibile scorporare gli interventi......
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 07 luglio, 2004
00:45 :
Chiarito bene quanto sopra, torno alla domanda iniziale e al punto di domanda
sulla tip. 3 per il cambio di destinazione che, da quanto apprendo in altre
discussioni, il Comune di Roma fa rientrare nella tipologia 1.
Penso quindi sia anche da verificare se la trasformazione risulta conforme (tip.3)
o meno (tip.1) alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici.
Per esempio, se l'altezza dei locali risultasse inferiore alla minima richiesta
dalle norme attuali, l'intervento non è conforme e si ricade nella tipologia 1.
Dico penso perchè non ho avuto conferme; inoltre, mi domando come agire nel
caso che solo qualche locale non sia conforme (es. rapporto illuminazione
insufficiente).
Grazie per l'attenzione
Questa discussione Le
demolizioni ai Prefetti, si o no ? nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000829
Inserito da Alessandro Golin (Utente n. 4690) on 06 maggio, 2004
17:38 :
Torno a proporre l'argomento ai colleghi che lavorano nei Comuni e che numerosi
frequentano il forum.
In un recente passato su tema non sembra esserci stato molto interesse.
Eppure la sostituzione del testo dell'art. 41 del T.U. Edilizia operata
dall'art. 32 comma 49.ter della legge 326/03 ha comportato il trasferimento dal
Comune al Prefetto delle seguenti competenze:
a) demolizione delle opere abusive ed operazioni connesse;
b) adempimenti conseguenti all'intervenuto trasferimento della titolarità dei
beni e delle aree interessate per acquisizione dei suoli dal proprietario
responsabile dell'abuso.
A parte la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori a seguito
della legge 326/03 e le incertezze circa la tenuta costituzionale del condono
edilizio, mi pare importante riuscire a comprendere se la variazione normativa
sarà effettivamente operativa, togliendo ai Comuni una serie di competenze
certamente non fra le più "gradite", oppure se è destinata a restare
lettera morta, impantanando ulteriormente il capitolo demolizioni ed
acquisizioni delle opere abusive in un "limbo" indefinito di
competenze.
Riterrei utile per il lavoro di tutti sapere se e dove e come siano state in
concreto avviate le procedure per un effettivo passaggio delle competenze dai
Comuni ai Prefetti e quali ostacoli siano eventualmente sorti.
Spero che stavolta qualcuno sia in grado e desideri portare un proprio
contributo.
Grazie.
[ 06. maggio 2004, 18:47: Mod. da Alessandro Golin ]
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on 07 maggio, 2004 08:35
:
Ribadisco quanto già detto alcune settimane orsono. Nella mia provincia
(Pavia), la Prefettura ha inviato delle dettagliate disposizioni circa le
attibuzioni del Prefetto in materia di demolizione di opere abusive, nelle quali
in sostanza non fa altro che ribadire il proprio ruolo istituzionale di chiusura
del sistema abusi-demolizioni; solamente pone l'accento sul fatto che le
documentazioni trasmesse dai comuni devono essere complete e in ordine
dall'avvio del procedimento alla trascrizione immobiliare.
Del resto la riscrittura dell'art. 41 del 380/2001 non lascia molti margini di
interpretazione.
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 luglio, 2004
11:26 :
Sappiamo che con sentenza n. 196 del 28.06.04 il Consiglio di Stato ha
dichiarato incostituzionale la norma che prevede di affidare le demolizioni
delle opere abusive ai Prefetti di cui all'art. 41 del 380/2001.
Ciononostante avrei gradito leggere le dettagliate disposizioni circa le
attibuzioni del Prefetto inviate dalla Prefettura di Pavia anche perchè a
questo punto mi sorge un dubbio per quanto riguarda le opere abusive ricadenti
su zone soggette a vincolo ambientale.
Il DLvo 42/04 in vigore dal 1.05.04 all'art. 167 c.3 recita:
"In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla
tutela paesaggistica
provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle
spese."
La domanda è questa:
per quanto riguarda riguarda la demolizione delle opere abusive su zone soggette
a vincolo ambientale la competenza è ancora del Prefetto ?
Grazie
Questa discussione CONDONO
EDILIZIO Cambio Destinazione D'Uso nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.
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Inserito da giampiero santoro (Utente n. 5632) on 30 aprile, 2004
12:42 :
Buongiorno, vorrei se è possibile avere chiarezza su quale tipologia rientra il
cambio di destinazione d'uso nell'ultimo condono edilizio.
Io ho finito di costruire nel 1999 con regolare concessione edilizia la mia
abitazione composta da piano seminterrato, piano terra e primo piano . Il piano
seminterrato è accatastato in parte come garage e in parte come cantina ed io
li vorrei condonare per renderli abitabile. Io ho letto più volte navigando in
internet che la tipologia di questo abuso è la nr. 3. Adesso mi chiedo come mai
il comune di Roma la fa rientrare nella tipologia nr. 1 e far pagare tra
oblazione e oneri accessori 189€ al mq?
Inserito da Daniele De Dominicis (Utente n. 5806) on 03 luglio,
2004 17:13 :
Perchè non associarsi ad altri "romani" con problematiche simili ed
indurre il Comune a recedere da questa interpretazione?
Il Comune deve stare con la gente; da voi invece temo che...
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on 05 luglio, 2004 06:58
:
Non la buttiamo in politica ...La tipologia corretta dovrebbe essere la 1 . Del
cambio di destinazione d'uso si possono avvalere le superfici o i volumi a suo
tempo conteggiati nel calcolo dell'indice edificatorio o del rapporto di
copertura . Si vedano in proposito le vecchie circolari ministeriali .
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 05 luglio, 2004
08:06 :
Penso che la considerazione da fare sia se la trasfornazione risulta conforme (tip.3)
o meno (tip.1) alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici.
Per esempio, se l'altezza dei locali risultasse inferiore alla minima richiesta
dalle norme attuali, l'intervento non è conforme e si ricade nella tipologia 1.
Andando oltre, ma spero non sia il suo caso, l'esugua altezza dei locali e
l'ubicazione interrata potrebbe essere pregiudzievole per la salute degli
occupanti. Quindi, pur conseguendo il condono edilizio, potrebbe essere negata
l'agibilità.
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Inserito da mauro zanella (Utente n. 5569) on 02 aprile, 2004 22:28
:
Mi è stato chiesto di condonare l'ampliamento e ristrutturazione interna di un
annesso rustico in zona agricola con cambio di destinazione d'uso da rustico a
civile abitazione.
Considerato che l'immobile è stato costruito ai sensi dell'art.6 della L.R.
"VENETO" n.24/85 ad uso fienile e che per lo stesso è stato istituito
il relativo vincolo di destinazione d'uso, il condono è ammissibile?
se si in quale tipologia rientra?
Grazie per la collaborazione!
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 02 luglio, 2004
07:38 :
Provo a dere la mia anche se attendevo una risposta più autorevole.
Direi di SI con la tipologia 1 (intervento non conforme).
E' sottinteso che il cambio di destinazione deve risultare effettivamente
compiuto entro il 31.03.20003 e non allo stato grezzo.
In ogni caso la domanda di condono dovrebbe comportare la dispensa dalle
responsabilità penali.
Comunque, se io fossi il responsabile dell'abuso, sentirei prima un legale di
fiducia.
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