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forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia

Anno 2005 - Lexitalia  Forum Edilizia e ambiente

Oggetto Data
PARZIALE DIFFORMITA' DALLA DIA 28 novembre, 2005
Mutamento destinazione d'uso - sanzioni 23 novembre, 2005
Edificabilità di un lotto già oggetto di precedente PdL 14 novembre, 2005
quesito urgente su sopralluogo coattivo 08 novembre, 2005
destinazione immobile - autocertificazione 08 novembre, 2005
Restituzione oneri di urbanizzazione e altro... 04 novembre, 2005
Mancato pagamento oblazione 28 ottobre, 2005
Permesso di costruire in deroga 28 ottobre, 2005
legittimità permesso di costruire temporaneo 20 ottobre, 2005
legge 'bucalossi' 19 ottobre, 2005
demolizione immobili abusivi 16 ottobre, 2005
denuncia in catasto 11 ottobre, 2005
occupazione suolo pubblico e accesso carrabile 11 ottobre, 2005
CONDONO E ACCATASTAMENTO F3 E F4 11 ottobre, 2005
CONDONO DI MAGAZZINI IN ZONA E2 (AGRICOLA DI VALORE NATURALE PAESISTICO) 11 ottobre, 2005
Demolizione parziale 10 ottobre, 2005
Interruzione termine sanatoria art. 36 29 settembre, 2005
Uff. Tec.- responsabilità 29 settembre, 2005
accertamento di conformità e commissione edilizia. 22 settembre, 2005
estetica ed ornato 21 settembre, 2005
modifica prospettica assenso dei condomini 14 settembre, 2005
modifica d'ufficio di P.L. 01 settembre, 2005
costruzione interrata 01 settembre, 2005
distanze dal confice manufatto 30 agosto, 2005
DISTANZA TRA EDIFICI 29 agosto, 2005
art 10-bis L. 241/1990 e DIAE 26 agosto, 2005
Ampliamento a confine 25 agosto, 2005
Individuazione dei provvedimenti comunali annullabili 18 agosto, 2005
Modifica strada vicinale 11 agosto, 2005
modifica sagoma copertura 09 agosto, 2005
Definizione di "aggetti" 09 agosto, 2005
regole silenzio-assenzo -aiuto?? 08 agosto, 2005
distanza dalla strada 22 luglio, 2005
conguaglio oblazione condono edilizio 22 luglio, 2005
frantoio in zona agricola 20 luglio, 2005
Commissioni edilizie, fuori i politici 12 luglio, 2005
IL QUANDO E IL COME DEL SILENZIO ASSENZO 09 luglio, 2005
aree di valorizzazione ambientale - utilizzi 22 giugno, 2005
Indennità pecuniaria ex art. 167, D.Lgs. 42/04 14 giugno, 2005
Abbattimento e Ricostruzione 14 giugno, 2005
Il concetto di demolizione e ricostruzione nei piani attuativi. 26 maggio, 2005
area agricola 24 maggio, 2005
costruzione da abbattere??? 18 maggio, 2005
definizione di sagoma 16 maggio, 2005
Distanza o costruzione a confine 12 maggio, 2005
distanze e pergole 21 aprile, 2005
ciglio stradale 02 novembre, 2004
quando si ha un nuovo edificio secondo la giurisprudenza? 29 ottobre, 2004
L.R. Veneto n.21 25 ottobre, 2004
cambio destinazione d'uso di immobile 20 ottobre, 2004

 

 

Questa discussione vincolo paesaggistico (boschi) nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  21 dicembre, 2005 07:51 :
 
Un dubbio m'assale: il vincolo paesaggistico relativo ai boschi, viene meno una volta che siano stati autorizzati il taglio a raso del bosco e la trasformazione d'uso del suolo? Fino a poco tempo fa ero convinto che il vincolo permanesse in ogni caso, ma ora, dopo un confronto con due colleghi, che operano uno nell'ufficio edilizia di un Comune e l'altro nel settore agricoltura della Provincia, non sono più così convinto.
In effetti, mi chiedo coma possa valutarsi (e se ha un senso farlo) la compatibilità paesaggistica di un intervento quando l'oggetto del vincolo (il bosco) non esiste più. Qualcuno ha presente se esista giurisprudenza su tale aspetto?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 dicembre, 2005 08:11 :
 
A mio avviso, le zone boscate andrebbero individuate sulla tavola dei vincoli, approvata dalla Amm.ne, consultabile da tutti.
La delimitazione viene proposta di solito da un tecnico incaricato agronomo forestale sulla base di una normativa che fissa i criteri.
Se cambia la situazione, si aggiornata la tavola.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  22 dicembre, 2005 08:50 :
 
Ciao Tiziano. Tradotto, via il bosco via il vincolo?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 dicembre, 2005 09:46 :
 
Direi di si. Qualora l'estensione interessata sia tale da comportare la riduzione, secondo i criteri che un tecnico forestale conosce, si aggiorna la tavola dei vincoli che rimane il documento di riferimento.
Saluti.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  22 dicembre, 2005 10:13 :
 
Provo ad ampliare il quesito: è plausibile autorizzare, sotto il profilo paesaggistico, il taglio a raso di un intero bosco, a fronte di una previsone di PRG che colloca un P.I.P. di svariati ettari proprio sopra la superficie occupata dal bosco suddetto? Francamente non so se sia più illegittima una siffatta previsione urbanistica o un'autorizzazione paesaggistica che sembra doversi tradurre in un atto dovuto (a meno che la Provincia, titolare della subdelega paesaggistica, non voglia fare un bel dispettone al Comune).
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 dicembre, 2005 12:26 :
 
Mi pare che il parere dalla autorità preposta alla tutela del vincolo debba essere motivato anche e soprattutto nel caso sia favolevole.
Se viene rilasciata/negata l'autorizzazione, adeguatamente motivata, non vedrei illegittimità.
 
Inserito da Nicola Ardillo (Utente n. 5204) on  22 dicembre, 2005 13:24 :
 
Vorrei dare un ulteriore elemento di discussione:
è secondo voi corretto affidarsi alla grafia del Prg per l' individuazione dei vincoli della ex Galasso?
Ricordo che la corretta individuazione delle aree boscate è stata oggetto di numerose controversie, tanto che anche recentemente la Regione Veneto si è espressa al riguardo (L.R. 25 febbraio 2005, n. 5).
A mio avviso le norme di Prg dovrebbero prevedere (a scanso di ogni dubbio) che la rappresentazione dei vincoli ha carattere indicativo e generale, mentre l' esatta individuazione degli stessi vincoli, ai sensi della legge ambientale, dovrebbe essere fatta in sede di progettazione dei singoli interventi, con verifica da parte del responsabile del procedimento.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  22 dicembre, 2005 13:27 :
 
Carlo, a me sembra un'operazione da manette.Se esiste un bosco naturale e sullo stesso esiste appunto un vincolo di legge, com'è possibile sradicarlo per rendere l'area edificabile?
Ho il bosco non è tale e quindi il vincolo imposto per legge non dovrebbe esistere perchè imposto impropriamente nel PRG, oppure se questo fantomatico bosco esiste e allora il medesimo è gravato di vincolo Dlgs. 41/04.
Però, dato che siamo in Italia e succede di tutto.Aspetto di conoscere altre informazioni da parte tua.
Già che ci sono:
Auguri a tutti di Buon Natale.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  22 dicembre, 2005 14:08 :
 
Caro Gianfranco, se l'operazione sia o meno da manette, francamente, non saprei dirlo, però ti assicuro che nella Lombardia felix fior di boschi (non di pregio per carità, parliamo per lo più di robinieti) oggi sono coltivati a villette o a capannoni e l'intervento cui accennavo riguarda un P.I.P. su oltre 30 ha di superficie boscata.
Ora, il problema più generale riguarda certamente la pianificazione urbanistica che, troppo spesso, non valuta le conseguenze delle proprie previsioni, tuttavia, quando un PRG non viene impugnato occorre porsi il problema di come attuarlo. Posto che il taglio del bosco e la trasformazione d'uso del suolo devono essere autorizzati: a) non vorrei essere nei panni della commissione per il paesaggio chiamata a fornire il proprio parere, b) mi chiedo se una volta tagliato il bosco e creata una bella spianata, i capannoni debbano o meno ottenere a loro volta l'autorizzazione paesaggistica. Fino a pochi giorni fa ero convinto di sì, ora non so più che dire.
Buon Natale anche te, e a tutti i forumisti.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  22 dicembre, 2005 16:55 :
 
Carlo, scusa la battuta ma fatta con tutta sincerità, cosa te ne fai dell'autorizzazione paesaggistica se il bosco che doveve proteggerla non c'è più?
"mi chiedo se una volta tagliato il bosco e creata una bella spianata, i capannoni debbano o meno ottenere a loro volta l'autorizzazione paesaggistica"

Dopo la spianata come la chiami tu ( secondo me danno all'ambiente) il bosco non c'è più. Di quale autorizzazione paesaggistica ti preoccupi?

Si presume che occorra chiedere la prescitta autorizzazione se si è in presenza di opere da eseguirsi su un bene vincolato, nella fattispecie il "bosco".

Tolto quello sinceramente non riesco a capire cosa ti serve l'autorizzazione.

Semmai c'è da chiedersi come facciano a spianare un bosco che si presume protetto da vincolo e non perchè c'è il vincolo, che semmai viene dopo ma il bene " bosco" da proteggere.

Sarebbe come dire: quì c'è un lago, protetto ex lege lo riempiamo e poi nel nuovo PRG ci mettiamo sopra un bel retino, lo destiniamo a Zona Residenziale e quindi l'edifichiamo di belle villette.

Non penso e, scusami l'insistenza, sia sufficiente dire che occorre attuare il PRG perchè approvato.

Se tuttavia, in tutta coscienza, ritieni che il PRG, perchè approvato vada attuato, esso prevedere,come hai detto la destinazione d'uso a P.I.P. quindi, il bosco è come se non esistesse.

Le due cose insieme, secondo me, si contraddicono. O l'una, il bosco è un bene protetto dal Dlgs 42/04 e quindi non si può radere al suolo, oppure non lo è e quindi ci si può edificare previo "spianata".
In quest'ultimo caso mi pare che l'autorizzazione che tu invochi come presumibilmente necessaria, è superflua.

Ti saluto.

Solo per approfondimento:
-Regione Lombardia - tutela dei boschi. Nella Regione Lombardia, la L. Regione Lombardia 27 gennaio 1977, n. 9 è indirizzata alla tutela dei boschi e ne disciplina l'eliminazione radicale, ma anche il taglio, sia pure parziale; pertanto, è illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato il taglio anche solo di pochi elementi di un bosco, compiuto in violazione della predetta legge. Consiglio di Stato, sez. VI, 04 dicembre 1996, n. 1679;
-Intendendosi per bosco un ecosistema completo e complesso, ricomprendente in sé non solo alberi, ma anche arbusti, piante erbacee e crittogame, nonché la fauna e la microfauna che in tale ambiente trovano condizioni di vita, è da ricomprendere in questa nozione - ai fini dell`applicabilità dell`art. 1 sexies della L. n. 431/85 - una zona collinare in cui si trovino alcune robinie, nonché arbusti ed altre piante immediatamente a ridosso della medesima. Pret. pen. Piacenza, sez. dist. Fiorenzuola d`Arda, 10 novembre 1992, Gobbi e altro, in Riv. pen. 1994, 317;
-TOTALE ESTIRPAZIONE DELLA VEGETAZIONE E LEGGE GALASSO: Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico ai sensi della l. 8 agosto 1985 n. 431, perche' destinate a bosco (art. 1, lett. g), non e' consentito procedere all'aratura con totale estirpazione della vegetazione esistente per destinare l'area all'allevamento. L'aratura infatti, da annoverare a questi fini tra le opere civili inibite ai sensi dell'art. 1 comma 8 l. n. 431 del 1985, determina una profonda immutazione dello stato dei luoghi per il cui ripristino occorrono molti anni. Cassazione penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961;
-INTANGIBILITA' DELLE AREE BOSCHIVE: Nella reg. Lombardia, la l. reg. 27 gennaio 1977 n. 9, impone l'intangibilita' delle aree boschive, limitando le operazioni di taglio, anche se relative a singoli elementi, al fine di non compromettere l'unitarieta' e l'equilibrio dell'impianto, per cui e' illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato l'eliminazione di alcune essenze del bosco. Consiglio Stato sez. VI, 4 dicembre 1996, n. 1679;
-PROTEZIONE EX LEGE DEL BOSCO ANCHE SE NON INSERITO DIRETTAMENTE NEL PIANO PAESISTICO: Il sistema di tutela ambientale delineato dalla l. n. 431 del 1985 prevede, per determinate categorie di beni, l'imposizione di un vincolo "ex lege". Pertanto, il piano paesistico regionale non e' in grado di costituire o escludere il vincolo ambientale, perche' questo deriva direttamente dalla legge. Un territorio coperto da bosco e' da ritenere sottoposto a vincolo, ancorche' non incluso tra i boschi dal piano paesistico regionale. L'intervento in tali zone senza la prescritta autorizzazione regionale integra pertanto il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. L'esistenza del vincolo deve essere esclusa se il bosco risulta incluso come area edificabile nel piano triennale di attuazione del piano regolatore generale vigente prima dell'entrata in vigore della c.d. legge Galasso. Cassazione penale sez. III, 6 dicembre 1995, n. 4319.;
-Zona sottoposta a vincolo paesaggistico- taglio di alberi. Nell`ipotesi in cui in zona sottoposta a vincolo paesaggistico si proceda all`abbattimento di piante (nella specie robinie), sussiste il reato di cui all`art. 1 sexies L. 8 agosto 1985, n. 431 e non è configurabile una attività di manutenzione, quando si operi una eliminazione totale delle stesse. Detta manutenzione è invece ravvisabile nel caso di eliminazione parziale, a condizione che l`opera venga compiuta, al fine del miglioramento. Cass. pen., sez. III, 23 luglio 1993, n. 7169 (ud. 17 giugno 1993)

[ 22. dicembre 2005, 17:07: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  22 dicembre, 2005 18:12 :
 
Concordando con l'esigenza di privilegiare la sostanza sulla forma indicata da GianFranco, faccio però, presente, che effettivamente l'attuale normativa Lombarda (legge regionale 28 ottobre 2004, n. 27), a differenza della previgente L.R. 5 aprile 1976, n. 8 (la n. 9/1977 citata dalle sentenza sopra riportate era riferita ai parchi), consente il taglio dei boschi, condizionandoli alle prescritte autorizzazioni e ad interventi "compensativi".
D'altra parte, mi sfugge una cosa, in quanto esposto da Carlo: parrebbe che l'autorizzazione paesistica sia stata (o sarà) rilasciata per il taglio a raso, indipendentemente dalla successiva destinazione dell'area. E' così? Questo mi parrebbe strano, in quanto in sede di autorizzazione paesistica, penso sarebbe logico valutare congiuntamente il taglio e la nuova edificazione (con ciò superando anche il problema di "successione temporale" indicato nel quesito).
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  23 dicembre, 2005 08:13 :
 
In effetti, è un gran pasticcio (e non solo per le dimensionni dell'intervento). Personalemnte non ritengo che la previsione di PRG debba essere "per forza" attuata, sono convinto, invece, che gli operatori interessati vogliano, eccome, attuarla.
E il problema, come rileva Gianfranco nasce nel momento della pianificazione: il bosco è vincolato paesaggisticamente ai sensi del d.lgs. 42/2004) certamente sì. Si può prevedere la sua trasformazione in qualcosa d'altro? Apparentemente, sembrerebbe di sì, altrimenti non mi spiego come mai così tanti PRG prevedano zone di espansione residenziale o, più spesso, industriale, in aree coperte da boschi.
L'autorizzazione paesaggistica per tagliare il bosco serve? Certamente sì, ma è possibile, con la medesima autorizzazione, radere completamente il bosco creando quello che Gianfranco ha definito un danno ambientale? Ecco, qui comincio ad avere dubbi. Se la Provincia autorizzasse commetterebbe forse un abuso, ma se non autorizzasse, il diniego potrebbe essere impugnato dal Comune stesso, che invece, a quanto pare, vuole attuare il P.I.P., al pari degli operatori, nel presupposto che il PRG è stato approvato dalla Regione e che dunque la Provincia non può impedirne l'attuazione vietando il taglio del bosco. Mi conforta, invece, il parere di Gianfranco circa il fatto che, a bosco eliminato, l'autorizzazione paesaggistica per i capannoni non avrebbe più senso. Michele chiede se l'intervento non dovrebbe essere valutato contestualmente. Per come leggo io l'art. 80 della legge regionale lombarda n. 12/2005, no: la Provincia si esprime solo sul taglio del bosco, il Comune sui manufatti edilizi. Però, ammetto, su questa opinione la mano sul fuoco non ce la metterei neppure per un nanosecondo.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  23 dicembre, 2005 08:23 :
 
Come dice Gianfranco il bosco è gravato dal vincolo di cui al Dlgs. 42/04, art. 142, come i laghi per una fascia di 300 mt, i corsi d'acqua per 150, ....
Non mi pare però che questo sia un vincolo assoluto. Con il parere favorevole della autorità preposta alla tutela e conformemente alla normativa urbanistico-edilizia-forestale, questi suoli si trasformano.
E' pur vero che pensare di sostutire 30 ha di bosco con dei capannoni può sconcertare ma sono scelte politiche, criticabili e contrastabili, ma legittime.
Pertanto, sempre a mio avviso, lo spianamento l'area ai fini della trasformazione prevista dal PRG sulla base di regolare autorizzazione paesaggistica, comporta un aggiornamento della tavola dei vincoli, stralciando l'area in questione.
Anche da parte mia, Buone Feste a tutti.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  23 dicembre, 2005 10:14 :
 
Infatti Tiziano è proprio come dici tu. Niente c'è di assoluto. Il problema di Carlo se non ho capito male era conoscere se occorresse l'autorizzazione paesaggistica a bosco raso al suolo e mi pare che su questo punto ormai si è fatta chiarezza, ovvero, una volta che l'autorità preposta alla tutela del bosco( bene protetto) autorizza la sua eliminazione, tutto il resto è conseguente.
Poi, ci siamo "allargati" sulle scelte di pianificazione e questa è politica.
Nemmeno il Duomo di Milano è bene protetto in assoluto.
Basta che il Comune in sede di pianificazione lo rende area edificabile,la regione lo approva e vedrai che successivamente ci si potrà edificare tante belle villette.
Come, d'altra parte, si può benissimo bucare il monte bianco con una galleria per farci passare le carovane.
Basta fare un bel progetto, un bel VIA e approvarlo e tutto il resto è conseguente.
Le cose stanno, a mio avviso, come le ha prospettate Carlo: problemi di scelte ( politiche) di pianificazione, aggiungo io,molto discutibili e poco condivisibili.
Comunque, se quel Comune, ha deciso che il bene "bosco" si deve sacrificare per un altro bene " P.I.P." avrà valutato che quest'ultimo è un bene maggiore.
Alle prossime.

Questa discussione restituzione oneri nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  15 dicembre, 2005 15:52 :
 
Tizio e Caia in qualità di proprietari dei fondi X ed Y conseguono una concessione edilizia per la realizzazione di alcuni fabbricati e versano nel contempo gli oneri richiesti.
Successivamente Caia vende a Sempronio la sua proprietà, senza però procedere alla voltura del titolo edilizio.
Dopo alterne vicende la concessione edilizia decade per il mancato rispetto dei termini di inizio dei lavori.
A questo punto Tizio, Caia e Sempronio richiedono la restituzione del quantum versato a titolo di oneri concessori.
A Vostro avviso chi vanta tra Caia e Sempronio un diritto di credito nei confronti dell’Amministrazione comunale?
Grazie a tutti coloro che offriranno il proprio contrbuto.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 dicembre, 2005 08:01 :
 
Se chiedono semplicemente la restituzione di quanto rispettivamente versato vanno accontentati e quindi a Sempronio zero.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  16 dicembre, 2005 13:18 :
 
Mi sta bene il principio di Tiziano, in quanto demanda a risoluzioni privatistiche le relative spettanze economiche, anche in considerazione del fatto che non è stata richiesta la volturazione del titolo... e ci si toglie la grana; però se avessero richiesto la restituzione Tizio e Sempronio il comune come si comporterebbe?

Cordiali saluti
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 dicembre, 2005 19:42 :
 
Penso che sia onere di Sempronio, che per il Comune è uno sconosciuto, dimostrare di avere titolo alla restituzione.
Io gli chiederei una Dichiarazione Sostitutiva dell'Atto di Notorietà attestante il titolo di legittimazione firmata per conferma anche da Caia.
E se Caia non può o non vuole firmare ?
In questo caso mi pare opportuno allegare alla DSN l'atto di CV e valutatlo, se serve, con l'aiuto del notaio.
Saluti a tutti
 
Questa discussione STRAPOTERE UFFICI COMUNALI nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Pasquale Cofone (Utente n. 8051) on 10 dicembre, 2005 16:41 :
 
L'ASSENTEISMO E L'ABUSO DI POTERE DEI FUNZIONARI PREPOSTI E' CAUSA DI RITARDI E DI DANNI DELLE INIZIATIVE CHE PUR SI PONGONO NEL RISPETTO DELLE NORME DI LEGGE E DEI REGOLAMENTI.
AD ESEMPLIFICAZIONE DI QUANTO SU ASSERITO DIAMO QUI DI SEGUITO RESOCONTO DI QUANTO ACCADUTO NELL' UFFICIO TECNICO DEL COMUNE DI CORIGLIANO CALABRO (CS):

LA DITTA INTERESSATA PRESENTAVA PROGETTO PER LA COSTRUZIONE DI UN EDIFICIO DI CIVILI ABITAZIONI IN DATA 25.02.2005 CON PROT. N°7361;
IN DATA 25.07.2005 ( CINQUE MESI PER L'ISTRUTTORIA!!!!!) VENIVA RICHIESTA DALL'UFFICIO COMUNALE COMPETENTE DOCUMENTAZIONE INTEGRATIVA CHE VENIVA PRODOTTA IN DATA 28.09.2005.
INFINE IN DATA 02.11.2005,PROT.N°36863 DOPO NUMEROSE SOLLECITAZIONI, NOTIFICAVA ALLA DITTA IL COSTO DELLE OPERE DI URBANIZZAZIONE E IL COSTO DI COSTRUZIONE RELATIVI ALLA RICHIESTA DI PERMESSO A COSTRUIRE.
LA DITTA IN DATA 03.11.2005 EFFETTUAVA IL VERSAMENTO DI € 5.449,33 E PRODUCEVA FIDEJUSSIONE PER € 24.521,97.
PERTANTO LA DITTA, AVENDO ASSOLTO AGLI OBBLIGHI RICHIESTI DAL MEDESIMO UFFICIO, SOLLECITAVA IL RILASCIO DEL "PERMESSO A COSTRUIRE" AL FINE DI AVVIARE LE ATTIVITA' DI CANTIERE.
MA DETTO "PERMESSO A COSTRUIRE" A CAUSA DELL'ASSENZA PER FERIE DELL'IMPIEGATA PREPOSTA ALLA REDAZIONE CARTACEA DELLO STESSO
NON VENIVA RILASCIATO SINO AL GIORNO 14.11.2004 GIORNO IN CUI VENIVA APPROVATO IL PIANO REGOLATORE. E PERTANTO CON L'APPROVAZIONE
DEL P.R.G. IL CUI ITER HA COPERTO PIU' DI UN DECENNIO, L'INDICE DI FABBRICABILTA' RELATIVO AL LOTTO DI TERRENO DI PROPRIETA DELLA DITTA VENIVA DIMINUITO NON CONSENTENDO PIU' LA CUBATURE PREVISTA.
L'UFFICIO TECNICO HA AVUTO BEN DIECI GIORNI PER COMPILARE IL MODELLO PRESTAMPATO DEL "PERMESSO A COSTRUIRE" E CON CIO' HA PRODOTTO UN GRAVE DANNO ALLA DITTA STESSA CHE SI VEDE COSTRETTA
A BLOCCARE I LAVORI GIA' PROGRAMMATI NONCHE' A PRODURRE NUOVO PROGETTO.
SI FA PRESENTE CHE DIVERSE DECINE DI DITTE SONO INCAPPATE IN QUESTO IMBROGLIO MENTRE PER ALTRE DITTE L'UFFICIO E' STATO MOLTO SOLERTE NEL RILASCIO DEL PERMESSO: CHISSA' COME MAI.....!

IL MIO QUESITO E':
POSSIAMO OTTENERE LA CONCESSIONE EDILIZIA?
QUALE STRADA SI PUO' SEGUIRE?


GRAZIE ANTICIPATAMENTE


F.TO
ING. PASQUALE COFONE
ARCH. ANTONIO CARLI
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  11 dicembre, 2005 17:56 :
 
Se, in oggi, il permesso di costruire non è stato ancora rilasciato ed il progetto si pone in contrasto con il PRG adottato, direi che non è più possibile ottenere l'assenso su tale progetto.

Però la ditta potrà ricorrere al TAR affinché dichiari illegittimo il comportamento del Comune che non ha rispettato i tempi di legge, chiedendo contestualmente il risarcimento del danno subito.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 12 dicembre, 2005 23:36 :
 
Per un eventuale ricorso al TAR, temo non sussistano più i presupposti di cui al c.9 dell'art. 20 del TUE:

<<Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, la domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto>>

E' vero, il Comune non ha rispettato i tempi previsti, ma alla scadenza dei 75 giorni (c.3 e c.7), anzichè ricorrere al TAR o richiedere la pronuncia entro 15 giorni come da art. 21, in data 28.09.2005 (non proprio tempestivamente) è stata presentata l'integrazione richiesta e quindi il termine è ricominciato a decorrere da tale data.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  13 dicembre, 2005 10:13 :
 
Credo di poter aggiungere che il caso citato, ancorchè privo di un opportuno contraddittorio con la parte interessata, sia un episodio isolato.
Dalle premesse sembrerebbe viceversa che dall'accaduto si intenda trarre una generalizzazione di massima circa un malcostume insito nella categoria dei funzionari comunali, rei di assenteismo ed abuso di potere.

Ritengo che i numerosi funzionari comunali che frequentano questo forum possano testimoniare che comportamenti da parte della P.A. simili a quelli descritti siano episodi estranei al loro modo di agire ed alla loro professionalità.

Saluti
 

Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  13 dicembre, 2005 13:37 :
 
Dal racconto mi sembra che siamo ben oltre il malcostume.

Credo che possano sussistere concreti presupposti per una richiesta di risarcimento danni.

Poi... è vero che la redazione di un P.R.G. può durare (anche) dieci anni e più, a seconda delle amministrazioni che si succedono... ma in quel comune le misure di salvaguardia dall'adozione dello strumento urbanistico non valgono?

Solitamente queste sospendono la nuova edificazione o, quanto meno, possono consentire la definizione delle pratiche presentate in un certo periodo prima dell'adozione del nuovo strumento, per consentire il rilascio dei permessi di costruire.

Nel caso citato, addirittura, pare che alcuni permessi siano stati rilasciati (con procedure accelerate) ed altre pratiche abbiano rallentato la corsa in fase procedurale per poi, allo sprint finale, vedersi portare via lo striscione di arrivo.

Per tornare al quesito sarebbe opportuno verificare la data di entrata in vigore delle misure di salvaguardia del nuovo P.R.G. e le modalità istruttorie (molto malandate) rispetto a tale termine.
Se la mancanza di rispetto dei termini istruttori ha introdotto la pratica nel periodo di "salvaguardia", a fronte di una eventuale richiesta di risarcimento danni il comune può sempre recedere dalle procedure di diniego e rilasciare il permesso di costruire.

Credo sia la strada più utile.

Cordiali saluti
 


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Inserito da Gianpiero Ravalli (Utente n. 8022) on  01 dicembre, 2005 17:05 :
 
La nuova legge sul condono edilizio L.326/03 distingue l'oblazione per superfici residenziale e non residenziale, variando l'importo a mq. da 100 euro a 150 euro a mq.
Un immobile a piano terra destinato a deposito (categoria catastale c2) quale tariffa a mq bisogna applicare? e la superficie di riferimento và contabilizzata al 60% di quella effettiva, ai fini di calcolo oblazione?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  01 dicembre, 2005 17:27 :
 
Se il deposito è un accessorio della residenza l'oblazione è di 100 euro/mq e va ridotta del 60%.
Se invecie il deposito è a destinazione diversa della residenza (dep. commerciale, artigianale,..) l'oblazione è di 150 euro/mq. senza riduzioni
 
 

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Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  29 novembre, 2005 08:37 :
 
A vs. parere, qaulora siano state realizzate opere in assenza di DIA ed il responsabile provveda spontaneamente alla demolizione delle stesse, deve comunque applicarsi la sanzione pecuniaria di cui all'art. 37 del T.U. Edilizia ?

A mio parere, l'applicazione della sanzione pecuniaria sarebbe eccessiva, perché opere minori verrebbero ad essere sanzionate più severamente di quelle soggette a permesso di costruire (per le quali è prevista la sola demolizione).
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  29 novembre, 2005 09:50 :
 
Anche se sono in linea col tuo ragionamento credo che occorra sanzionare comunque in quanto l'art. 37 c. 1 del t.u. punisce la realizzazione. In fin dei conti nessuno ha ordinato al responsabile di demolire l'abuso. E' una sua libera scielta che non lo fa salvo dall'applicazione dell'art. 37.
Credo anche sia una questione di tempistica. Se l'abuso c'è si applica la sanzione. Se di seguito il responsabile demolisce di sua iniziativa, con quali motivazioni si annulla la sanzione?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  29 novembre, 2005 11:16 :
 
La DIA (ordinaria) è esclusa da sanzioni penali e ripristinatorie.
La sanzione prevista è quella pecuniaria e non si richiede la demolizione.
Io sarei comunque portato alla prima interpretazione, anche se la seconda mi pare condivisibile e applicabile.
Di fronte a una sanzione molto salata, determinata ai sensi dell'art. 37 c.1, a me pare accettabile consentire, in alternativa, al responsabile dell'abuso la demolizione.
Applicando la seconda ipotesi, ciò non gli risparmierebbe la sanzione e quindi non vi sarebbe interesse a demolire uno sgorbio, che si sa può essere fatta solo volontariamente, anche se in certi casi caldamente auspicato dalla Amministrazione.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  29 novembre, 2005 12:45 :
 
Inoltre, può verficarsi il caso in cui il Comune debba comunque ingiungere la riduzione in pristino, qualora le opere ricadano in zona soggetta a vincolo paesaggistico e l'Ente competente non le ritenga compatibili.
 

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Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  29 novembre, 2005 08:56 :
 
Il Comune ha emanato un'ordinanza di demolizione di opere abusive (baracche) che sono utilizzate come ricovero per animali (pecore e capre).
Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio del Comune, sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione nei termini di legge.

A seguito di diffida emessa dal Comune ai sensi dell'art. 21-ter della legge n. 241/90 prima di provvedere alla demolizione d'ufficio, l'Ente Protezioni Animali ha inviato una missiva con cui rammenta al Comune i suoi obblighi in materia di protezione degli animali,per i quali dovrebbe essere trovata una nuova adeguata sistemazione.

Ovviamente, il Comune non dispone di strutture idonee per ospitare un allevmento di animali.

Come dovrebbe procedere, a vostro avviso, il Comune ?
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  29 novembre, 2005 18:50 :
 
Macellazione degli animali e vendita di rosticcini al pubblico incanto ..
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  02 dicembre, 2005 08:33 :
 
Complimenti! E' la soluzione risolutiva alla quale non avevo pensato.
E' chiaro che se si incontrasse qualche difficoltà a praticarla, gli animali rimangono al loro posto e verrenno accuditi finchè non si sarà trovata una adeguata sistemazione (ma non è un problema urbanistico-edilizio).

Quello che non comprendo è questa affermazione:

"Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio del Comune, sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione nei termini di legge."

Visto l'art. 31 del TU mi pare che si possa acquisire comunque:

2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

Quindi se il Comune ha emesso l'ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31, dovrebbe ora risulare proprietario dell'opera abusiva e dell'area circostante (non degli animali) e ha tutto il tempo per risolvere la situazione.
Sbaglio?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  02 dicembre, 2005 11:29 :
 
A me sembra corretto quanto dice Tiziano.Circa l'affermazione: " Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso e, pertanto...." probabilmente si riferisce al fatto che al proprietario non è imputabile la sanzione della demolizione,seguendo come principi di imputabilità,quelli obbligatoriamente previsti dalla L. n° 689/81.
Ciò non fa però venir meno-se accertata- l'imputabilità del "responsabile dell'abuso", al quale è diretta l'ordinanza di demolizione, con i successivi provvedimenti amministrativi illustrati da Tiziano.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  03 dicembre, 2005 14:03 :
 
Ci sono state molte sentenze amministrative ed una anche della Corte Costituzionale - di cui cercherò gli estremi per comunicarveli - che hanno affermato il principio secondo cui non può essere acquisita al patrimonio comunale l'area interessata dall'abuso, qualora il proprietario dimostri di non essere responsabile dell'abuso e di non avere la disponibilità dell'area medesima.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  06 dicembre, 2005 08:08 :
 
Una delle sentenze a cui mi riferivo è quella della Corte Costituzionale n.345 del 1991 (http://www.giurcost.org/decisioni/1991/0345s-91.html)
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  06 dicembre, 2005 15:33 :
 
Con la sentenza indicata n. 345/91 della Corte Costituzionale, è in discussione l'art.7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
L'art. 7 è stato abrogato e sostituito dall'art. 31 del TUE con modifiche che, mi pare, tengono conto della sentenza. Infatti ora si prevede che l'ordinanza di demolizione venga notificata anche al proprietario oltre che al responsabile dell’abuso.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  07 dicembre, 2005 07:35 :
 
L'ente protezione animali ha ragione, e il problema può essere risolto trovando alloggio agli incolpevoli ovini presso una fattoria disposta ad ospitarli (ce ne sarà pure una a meno di 500 km!), addebitando i conseguenti costi al responsabile dell'abuso.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  07 dicembre, 2005 09:51 :
 
Pur nella vigenza del DPR n. 380/2001, la sostanza, a mio avviso, non cambia.
Credo, anzi, che l'ingiunzione al proprietario oggi prevista dalla legge (ma ho motivo di credere che anche in passato in casi simili si notificasse l'atto anche al proprietario, data la sua ricomprensione nella più ampia definizione di "responsabile dell'abuso") unitamente alla dimostrazione che il proprietario non solo non ha commesso l'abuso ma che avrebbe ottemperato all’ordinanza di demolizione qualora il bene fosse stato nella sua disponibilità, renda ancora più inviolabile il suo diritto al mantenimento della proprietà.
Condividendo la sentenza, il fine precipuo della sanzione in effetti è quello di demolire gli immobili abusivi a cui l'amministrazione può accedere senza acquisire le relative aree, non essendo l'acquisizione strumentale alla demolizione.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  07 dicembre, 2005 12:32 :
 
A me sembra che la sentenza segnalata non sia per niente appropriata al caso in esame. A parte la giusta-a mio avviso- osservazione ultima di Tiziano, la sentenza citata ha stabilito, come si legge nella decisione : "dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art.7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47".

Ciò significa che a quel tempo,l'art. 7 terzo comma, ha retto al profilo di legittimità costituzionale e quindi semmai il precetto ne è uscito, qualora servisse, rafforzato.

Proprio il contrario di quanto si vuole sostenere adesso e che comunque, si può intuire leggendo le motivazioni della sentenza che,tra l'altro, riguarda l'ipotesi "del proprietario di un terreno concesso in affitto ad altro soggetto (che vi aveva abusivamente realizzato opere edilizie)".

In proposito, proprio di recente è stato deciso che:
" In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto ex art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, non assume rilievo la circostanza che l'immobile oggetto della demolizione risulti locato a terzi, stante la possibilità da parte del conduttore di ricorrere agli strumenti civilistici per fare ricadere in capo ai soggetti responsabili dell'attività abusiva gli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica. PRES. Toriello F REL. Vangelista V COD.PAR.368 IMP. Moressa R PM. (Conf.) Hinna Danesi F. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29/09/2003 (CC. 08/07/2003), RV. 226319, Sentenza n. 37051"
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  07 dicembre, 2005 13:39 :
 
Infatti la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 proprio perché tale disposizione deve essere interpretata nel senso da me indicato.

In particolare la Corte afferma che l'acquisizione gratuita "si riferisce esclusivamente al responsabile dell'abuso, non potendo di certo operare .... nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento".
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  07 dicembre, 2005 15:33 :
 
Moretti scrive: "Il Comune ha emanato un'ordinanza di demolizione di opere abusive (baracche) che sono utilizzate come ricovero per animali (pecore e capre).
Il proprietario del terreno ha dimostrato di non essere responsabile dell'abuso e, pertanto, non è possibile acquisire gli immobili al patrimonio del Comune, sebbene il possessore del fondo non abbia proceduto alla demolizione nei termini di legge."
Se si legge la sentenza della corte costituzionale è proprio lo stesso caso.
Certo, la sentenza si è espressa sull'art. 7 della L. 47/1985 e oggi vige l'art. 31 del DPR n. 380/2001. Ma quest'ultima norma ha soltanto aggiunto (leggasi specificato) che la demolizione è ingiunta anche al proprietario. Questa specifica io la interpreto come forma di garanzia finalizzata anche alla celerità del procedimento proprio in presenza di casi come questo in cui il responsabile dell'abuso non coincide con il proprietario del terreno.
Se nel caso riportato da Moretti, dunque, il proprietario dimostra inequivocabilmente di non essere il responsabile dell'abuso e che se fosse nella disponibilità del bene ottempererebbe all'ordinanza di demolizione, io ci penserei bene prima di acquisire le aree al patrimonio del comune. La proprietà è un diritto garantito costituzionalmente e non può essere sottratta se non per motivi di interesse pubblico che nel caso di specie non mi sembra che sussistano.
Qui si tratta di applicare la sanzione della demolizione di immobili realizzati abusivamente alla quale l'amministrazione può senz'altro procedere senza la preventiva acquisizione dell'area.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  07 dicembre, 2005 16:36 :
 
Scrive la C.C. richiamata :"
2. -La questione non e fondata, nei sensi che verranno precisati.

Il secondo comma dell'art.7 della legge n. 47 del 1985 stabilisce che il sindaco, accertata l'esecuzione di opere abusive, ne ingiunge la demolizione. II successivo terzo comma, cioé la norma denunciata, stabilisce poi, come si e rilevato in precedenza (n.1), che se il responsabile dell'abuso non provveda alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il manufatto - unitamente all'area di sedime, nonchè a quella necessaria ai sensi delle vigenti prescrizioni per la realizzazione di opere analoghe-sia acquisito di diritto a titolo di proprietà gratuitamente dal Comune per essere demolito, come prescrive il quinto comma dello stesso articolo 7, a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Ciò premesso va rilevato che questa Corte, con ordinanza n. 82 del 1991-in relazione ad una analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art.15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10-ha affermato che la gratuita acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune dell'area sulla quale insiste la costruzione abusiva rappresenta la reazione dell'ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e, poi non adempie all'obbligo di demolirla, in conformità della regola secondo cui <l'ordinamento reagisce, oltre che sulle cose costituenti il prodotto dell'illecito, anche su quelle strumentalmente utilizzate per commetterlo>.
Secondo il cennato indirizzo della Corte, che può essere seguito anche per la presente questione, l'acquisizione gratuita dell'area non e dunque una misura strumentale, per consentire al Comune di eseguire la demolizione, ne una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi il sindaco ad una scelta fra la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, definitivamente già acquisito, in presenza di <prevalenti interessi pubblici>, il che significa per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Da quanto precede deve dedursi che, essendo l'acquisizione gratuita una sanzione prevista per il caso dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolire, essa, come risulta dalla stessa formulazione del terzo comma dell'art.7 della legge in questione, si riferisce esclusivamente al responsabile dell'abuso, non potendo di certo operare (come avviene talvolta per la confisca, quando questa costituisce misura accessoria di altra sanzione o misura strumentale diretta ad impedire l'ulteriore produzione dell'illecito o l'utilizzazione dei proventi di questo) nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento.
L'essere la sanzione dell'acquisizione dell'area ispirata dall'intento di costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demolizione nel termine stabilito dall'ingiunzione, esclude, anche sotto altro profilo, che essa possa colpire il proprietario estraneo all'esecuzione dell'opera, perchè se fosse vero il contrario si sarebbe in presenza di una sanzione inidonea ad assolvere alla funzione di prevenzione speciale in vista della quale e comminata, in quanto tale comminatoria non potrebbe esercitare alcuna coazione sul responsabile dell'abuso per costringerlo ad eseguire la demolizione.
3.-Una volta escluso che il proprietario estraneo all'abuso-anche nel senso che non risulti che egli, essendone venuto a conoscenza, non si sia attivato con gli strumenti offerti dall'ordinamento per impedirlo -possa subire la perdita della proprietà dell'area, non per questo viene meno la possibilità del ripristino. L'art.7 in questione, pur perdendo la maggior forza intimidatrice insita nell'ulteriore comminatoria della sanzione consistente nell'acquisizione gratuita dell'area, in caso di inottemperanza all'ingiunzione si riduce alla sola possibilità della demolizione del manufatto abusivo.
Non si ignora in proposito che della norma in questione e stata talvolta offerta un'interpretazione riduttiva nel senso, cioé, che la demolizione potrebbe essere eseguita d'ufficio dagli organi del comune solo dopo che il bene sia stato acquisito al patrimonio pubblico. Se cosi fosse verrebbe meno ogni possibilità di applicazione del regime sanzionatorio previsto da detta norma nell'ipotesi in cui l'area, per essere di proprietà del terzo estraneo all'abuso, non possa essere acquisita gratuitamente e rimarrebbero cosi frustrate le finalità ripristinatorie insite in tale regime.

Ma la richiamata interpretazione non può essere condivisa perchè essa, erroneamente attribuendo all'acquisizione gratuita del bene natura di misura strumentale (la dove, la richiamata giurisprudenza della Corte la considera sanzione autonoma), connette l'operatività dell'ingiunzione di ripristino esclusivamente al meccanismo previsto dall'art.7 in parola il quale, come si arguisce da quanto si e detto in precedenza, tende ad ottenere la collaborazione del responsabile dell'abuso, onde eliminarne gli effetti, con il comminare l'ulteriore sanzione della perdita dell'area in caso di inottemperanza. Detta interpretazione tralascia invece di considerare che l'operatività dell'ingiunzione a demolire non presuppone sempre necessariamente la preventiva acquisizione dell'immobile al patrimonio comunale, perchè l'ingiunzione e un procedimento amministrativo di natura autoritativa che, in quanto tale, e assistito, in base ai principi generali che regolano l'azione amministrativa, dal carattere della esecutorietà insito nel potere di autotutela che, come e noto, consiste nel potere-dovere degli organi amministrativi di dare esecuzione ai provvedimenti da essi stessi emanati.

Di conseguenza appare evidente che, qualora non ricorrano i presupposti per l'acquisizione gratuita del bene, come nel caso in cui l'area sia di proprietà del terzo, la funzione ripristinatoria dell'interesse pubblico violato dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilità della demolizione, rimane affidata al potere-dovere degli organi comunali di darvi esecuzione d'ufficio. E ciò senza che a tal fine necessiti la preventiva acquisizione dell'area che, se di proprietà del terzo estraneo all'abuso, deve rimanere nella titolarità di questi, anche dopo eseguita d'ufficio la demolizione."

Detto questo, e, per quanto mi riguarda, basta la conclusione a cui è pervenuta la C.C. alla quale facevo cenno nel mio primo intervento.

Per dirla in parole povere,l'estraneità accertata del proprietario nella costruzione dell'opera abusiva non fa venir meno il potere dovere dell'amministrazione di provvedere alla demolizione.
 

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Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  25 novembre, 2005 11:18 :
 
Quando l'illecito consiste in opere edilizie realizzate in parziale difformità rispetto alla dia presentata (manutenzione straordinaria che rientra nell'art. 22 comma 1 del t.u., ed oggettivamente non è riscontrabile un aumento del valore venale dell'immobile, è corretto procedere con l'applicazione della sanzione pecuniaria minima pari ad euro 516, prescindendo dalla richiesta di valutazione da parte dell'Agenzia del Territorio?
In secondo luogo, nel caso in specie, per la sanatoria citata dal comma 4 dell'art. 37, è da intendersi un'istanza corredata di tutti gli elaborati atti ad oggettivare l'illecito, ovvero la semplice corresponsione della sanzione tiene luogo della sanatoria ?
Grazie per chi volesse intervenire.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  28 novembre, 2005 08:06 :
 
L'art.22 comma 1 non richiede la preventiva valutazione dell'Agenzia del Territorio per l'irrogazione della sanzione.
Il comma 4 , in presenza di richiesta di sanatoria - che a mio avviso deve contenere un progetto con relazione tecnica da cui si possa evincere la conformità dell'opera - richiede invece la preventiva valutazione dell'Agenzia del Territorio.
Credo che per piccolo opere sicuramente rapportabili alla sanzione minima, il Comune possa procedere autonomamente. Diversamente la determinazione di una sanzione superiore senza preventivo interpello dell'Agenzia del Territoio, può essere oggetto di contestazione.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 novembre, 2005 10:09 :
 
sono daccordo con davide, precisando che al posto dell'art. 22 comma 1 voleva penso riferirsi all'art. 37 comma 1:
"La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla denuncia di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro".
Vorrei precisare che la sanatoria di cui al comma 4, la quale chiama in ballo l'Agenzia del Territorio, è una facoltà per il richiedente.
Quando si tratta di piccole irregolarità ben individuate dal responsabile del procedimento la pratica può (deve) essere chiusa con l'applicazione del minimo lasciando perdere l'AT e richieste di sanatorie da parte del privato.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  28 novembre, 2005 10:12 :
 
Ti ringrazio per l'utile contributo.
Ho un pò approfondito la questione relativamente a questi casi assimilabili a difformità rispetto alla dia "minore".
Sono giunto in definitiva alla conclusione che sia da esludere un procedimneto amministrativo di sanatoria in quanto l'accertamento di conformità, che ne è presupposto, si applica ai sensi dell'art. 36 del testo unico, solo agli abusi cosidetti "pesanti".
A mio parere è sufficiente verbalizzare la situazione, dando atto della doppia conformità urbanistica, provvedendo di seguito all'applicazione della sanzione pecuniaria che sarà minima nei casi di violazioni ininfluenti sul velore venale dell'immobile, e detrminata con l'ausilio dell'Agenzia del Territorio negli altri casi.
Correggetemi se sbaglio.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 novembre, 2005 11:19 :
 
Penso sia necessario inquadrare meglio la situazione, io la vedo così:
Stiamo parlando di sanzioni relative alla DIA ordinaria (non pesante) quindi l'articolo di riferimento è il 37 e non altri.
Il comma 1 sopracitato va applicato sia in caso di conformità che difformità.
Non è necessario quindi dare atto della doppia conformità ma piuttosto che l'intervento sia soggetto a DIA ordinaria.
Solo nel caso il richedente presenti la domanda di sanatoria di cui al comma 4, se lo ritiene opportuno ai fini di avere una sanzione meno pesante, è necessaria la doppia conformità e sentire l'Agenzia del Territorio.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  29 novembre, 2005 19:00 :
 
La vedo come Tiziano. La sanatoria è una facolta' per il richiedente che il Comune non può e non deve a priori escludere .
Se poi non c'è la richiesta di sanatoria si procede alla sanzione pecuniaria prevista dal comma 1 e tutto finisce lì .
Come esempio posso aggiungere che ricorrono a detta sanatoria - d'accordo con l'ufficio - i proprietari in procinto di vendere immobili non in regola per le opere interne. In tal caso non occorre la cd. doppia conformità ma solo quella riferita alla vigente normativa che è quello che evidentemente interessa all'acquirente.
 

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Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  22 novembre, 2005 13:19 :
 
A seguito di interventi di sistemazione di un'area soggetta a vincolo ambientale in assenza di titolo abilitativo e di conseguente denuncia penale, il giudice ha emesso sentenza di condanna ordinando la rimessa in pristino stato dei luoghi e la trasmissione di copia della sentenza al comune ed alla regione.

Deve essere ribadita l'ordinanza da parte del comune o deve ritenersi bastante quanto ordinato in sentenza?

Cordiali saluti
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  30 dicembre, 2005 08:22 :
 
Il giudice ha emesso la condanna per un reato penale.
Se l'intervento ha comportato anche un abuso edilizio, il Comune emetterà (se non già fatto) la propria sanzione amministrativa.
Saluti e Auguri
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  30 dicembre, 2005 10:33 :
 
rinnovandoti gli auguri, dovrei desumere che non sarebbe necessaria un'ordinanza comunale di remissione in pristino stato dei luoghi e quindi basterebbe il provvedimento del giudice.

Comunque, per essere più chiaro,il giudice ha emesso la condanna per il reato penale (euro....) ed ha ordinato il ripristino dell'area.

Il problema sta nel fatto che il sito è stato utilizzato anni fa (con tanto di autorizzazioni degli enti competenti) per il prelievo di ghiaia e non è mai stato risistemato.
Attualmente l'area è stata ripianata mediante rimozione dei cumuli di materiale e riempimento di fosse di prelievo (probabilmente anche aggiungendo materiale inerte).
L'intervento, a protezione di un campo sportivo, è stato realizzato da operatore che già prestava opera al comune,dietro richiesta di un assessore.
L'intervento, pure esteso ad un'area di circa mq.8000, riterrei ancor oggi non fosse soggetto ad alcun titolo abilitativo, parificandolo ad una manutenzione ordinaria dell'area.
Il giudice ha ritenuto, invece, ragionare in senso opposto.
Penso siano chiare a questo punto le problematiche:
se ribadire l'ordinanza già oggetto di provvedimento del giudice e sopraqttutto stabilire in cosa consiste il ripristino dell'area.

Auguri a tutto il forum
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  02 gennaio, 2006 09:05 :
 
La sentenza è stata trasmessa ai sensi dell'ultimo comma art. 181 del DLsvo 42/04:
"Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione".

La sentenza, a mio avviso, non comporta incombenze per il comune, il quale, se non sbaglio, non ha autorizzato i lavori; riguarda piuttosto gli altri enti competenti (Genio Civile..) affinchè accertino il ripristino e, in caso di inottemperanza, lo eseguano a spese del condannato (utilizzando la cauzione che solitamente viene richiesta).
 
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Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  22 novembre, 2005 16:32 :
 
Ai ben preparati tecnici e professionisti, chiedo quali sanzioni applicare ad un caso di mutamento di destinazione d'uso (da garage e locali accessori (di residenza) a residenza)senza opere su immobile sito in ZTO A.
Grazie.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  23 novembre, 2005 07:44 :
 
Per iniziare direi che è necessario qualificare l'intervento: soggetto a PdC o a DIA e valutare se è conforme o meno alla disciplina urbanistica.
Gli articoli di riferimento del TUE sono poi il 32, 33, 34, 36 e 37 per la DIA .
Qualora ritenessi che l'intervento è una variazione essenziale ai sensi dell'art. 32 c.1 lettera a, e pure in difformità alle norme, l'art. di riferimento è il 33, vedasi c.4 per le ZTO A.
Qualora conforme, l'art. 34.
C'è sempre la possibilità per il responsabile di richiedere l'accertamento di conformità di cui all'art. 36.
 
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  23 novembre, 2005 08:28 :
 
Il problema è se il mutamento di destinaizone d'uso senza opere comporti una variazione deglistandards di cui al DM 1968 n. 1444.
Non si tratta di mutare la destinazione da commerciale a residenziale o artigianale etcc ma di mutamento da locali accessori a residenza a vera e propria residenza.
Non penso si tratti di variazione essenziale.
Se tale non è e se l'altezza dei locali è inferiore a quella prescritta dalle nrme locali (inferiore a 2,70), quale sanzione applicare?
Saluti.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  23 novembre, 2005 10:25 :
 
Poniamo quindi che l'intervento non si configuri come variante essenziale (in effetti c'è un cambio d'uso, non di destinazione) e non sia conforme alle norme.
La sanzione, per me, è sempre nell'art. 33, nella comunicazione alla Soprintendenza trattandosi di ZTO A, e normalmente nella applicazione della sanzione pecuniaria.

Dal combinato disposto dell'art. 32 c.3 e dell'art. 31 c.2 pare di capire che solo le variazioni essenziali su immobili sottoposti a vincolo comportano l'applicazione dell'art. 31 e quindi l'aquisizione gratuita.
saluti.
 

Questa discussione Edificabilità di un lotto già oggetto di precedente PdL nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on  12 novembre, 2005 16:41 :
 
Cari colleghi ho un cliente che mi ha posto questo quesito e sinceramente non so cosa rispondere: "il proprietario di un lotto già edificato con PdL (piano di lottizzazione) di iniziativa privata risalente al 1978, sarebbe intenzionato a demolire e ricostruire.
Quali sono i parametri urbanistici di riferimento per la nuova realizzazione? Bisogna far riferimento al vecchio piano di lottizzazione scaduto oppure riferirsi ai parametri della zona B, essendo la zona "totalmente edificata"?
Come postilla aggiungo che il PRG in vigore è risalente al 1978-79 per cui il lotto in questione "paradossalemte" viene indicato ancora come zona di lottizzazione in atto".
Vi ringrazio fin da ora
Saluti
Alessandro
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 novembre, 2005 07:08 :
 
A me sembrerebbe giusto attenermi alla specifica normativa del PdL per non alterarne il dimensionamento. E' il caso comunque di sentire come la pensa il tecnico comunale.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  14 novembre, 2005 17:55 :
 
Azzardo,
credo che il PdL sia stato redatto in conformità al PRG, pertanto suppongo che la volumetria realizzata col PdL sia pari a quella prevista dal PRG, pertanto farei un intervento di ristrutturazione edilizia per mezzo di demolizione e ricostruzione all'interno della sagoma preesistente (con tutte le variazioni del caso)
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  15 novembre, 2005 07:38 :
 
Se non ho capito male, si parla di un lotto già urbanizzato ed edificato all'interno di un pld le cui opere sono quindi ultimate e collaudate.
Vedo ora che l'art. 28 della LUN prevede nella convenzione ...."i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l’esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo";
Se ti riferisci a questo termine, non mi pare faccia al caso nostro.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  15 novembre, 2005 10:04 :
 
Se il PL può dirsi completamente attuato e concluso e il PRG è fermo alla sitazione del 1978 senza alcuna possibilità di desumere da esso una disciplina urbanistica che legittimi l'intervento, credo che il suo cliente debba fare istanza alla PA di "ripianificazione" dell'area. All'esito di tale operazione, l'area sarà inserita probabilemnte in zona B. Sarà quindi alla specifica disciplina urbanistica di tale zona che dovrà fare riferimento per valutare la conformità dell'intervento che intende attuare.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  15 novembre, 2005 12:41 :
 
concordo con l'Architetto anche se sarei tentato di accettare l'intervento di demolizione e ricostruzione (salve specifiche indicazioni progettuali del p.l. pure scaduto) in funzione della inferiore tipologia di intervento rispetto alla nuova edificazione.

Nel caso, comunque, non sarebbero ammessi incrementi volumetrici o di modifica degli standards e delle infrastrutture.

Conseguentemente anche l'eventuale modifica del numero delle unità immobiliari con la ricostruzione dlel'immobile, sarebbe legato all'impostazione dell'ormai vecchio p.l. (assieme alle previsioni di dimensionamento del p.r.g.).

L'ideale, pèer tagliare le testa al toro, sarebbe una variante allo strumento urbanistico.

Cordiali saluti
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  15 novembre, 2005 15:06 :
 
Personalmente non consiglierei all'interessato di fare istanza per una nuova pianificazione del comparto da parte del Comune. Il rischio è quello che si finirebbe col perdere tutti un sacco di tempo e risorse.
Il vecchio P. d. L. fa ormai parte della storia di quegli edifici, avendone consentito l'edificazione subordinata all'esecuzione delle urbanizzazioni, ed ha ormai perso ogni efficacia diretta.
E' ormai evidente che la zona è urbanizzata e che oggi si possa operare con intervento diretto, sia esso di ristrutturazione edilizia ovvero di ristrutturazione urbanistica, nel rispetto dei parametri dello strumento urbanistico generale vigente. Se poi ques'ultimo è obsoleto, ammesso che lo sia, non è certo responsabilità dei cittadini, ai quali non si dovrebbe scaricare la presunta inerzia della P.A.

Saluti a tutti
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  16 novembre, 2005 07:05 :
 
La convenzione è riferita all'urbanizzazione dell'area e non specificatamente agli edifici.
Le norme di attuazione del p.l., a mio avviso, non decadono e quindi un intervento di demolizione e ricostruzione potrebbe essere accettabile nel rispetto (dell'elasticità) di queste.
Il problema mi sembra diverso dato che il quesito tratta di utilizzo degli indici delle zone di saturazione.
Ciò presuppone l'intenzione di una costruzione non solo diversa dal punto di vista planivolumetrico, ma consistente in maggiore volume e unità immobiliari.
Ecco perchè, secondo me, è necessaria una variante al P.R.G.

Buona giornata
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  16 novembre, 2005 09:01 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da Enrico Rossi:
Se poi ques'ultimo è obsoleto, ammesso che lo sia, non è certo responsabilità dei cittadini, ai quali non si dovrebbe scaricare la presunta inerzia della P.A.

Quindi qual'è la soluzione, posto che il problema si pone solo se nel PRG non si rinviene una norma tale da consentire l'intervento?
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  16 novembre, 2005 10:53 :
 
La soluzione potrebbe essere una variante parziale di piano regolatore che dia conto dell'avvenuta attuazione del vecchio P.d.L.
e modifichi la relativa area in zona B ( satura ) , con la stessa normativa e le stesse modalità d'intervento sugli edifici esistenti.
Se il vigente S.U.G. è ormai obsoleto, sarebbe però il caso di procederne a variante integrale...
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  17 novembre, 2005 10:07 :
 
La soluzione a mio avviso può prescindere dalla preventiva approvazione di una variante urbanistica , posto che il PRG attualmente vigente contenga, relativamente all'area in oggetto, una disciplina urbanistiva sufficientemente dettagliata e che l'area sia già integralmente urbanizzata.
Quindi ritengo percorribile la strada del titolo edilizio diretto (permesso di costruire) per intervento di ristrutturazione edilizia o urbanistica che sia, nel rispetto della disciplina urbanistica di zona vigente.
 
Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on  21 novembre, 2005 11:50 :
 
Prima di tutto Vi ringrazio per aver discusso il problema. Il lotto in merito è già inserito in zona B e la zona, derivata da un PdL precedente e scaduto, è già urbanizzata; l'indice di fabbricabilità della stessa zona era ed è ancora oggi pari a 5mc/mq; con il PdL non è stata sfruttata completamente la volumetria risultante dall'indice. Il lotto in questione è composto da una parte edificata (che non sfrutta totalmente l'indice di cui sopra) e la restante parte (quasi i 2/3) a verde privato. La mia posizione attuale è concorde con quella espressa da Cei Gianfranco in quanto gli Standards Urbanistici sono già stati espressi totalmente dalla zona in questione e comunque essendo il lotto totalmente privato non si verrebbe a sottrarre niente alle parti pubbliche (verde e parcheggi); ancorchè per il fatto che la zona in questione esprime un indice di edificabilità pari ai 5mc/mq non sfruttati, per cui ritengo che si potrebbe applicare la disciplina parametrica di zona ed andare direttamente a Permesso di Costruire; il problema è che il Dirigente del Comune non riesce ad esprimere parere e anzi chiederebbe un parere di un consulente amministrativista che dovrebbe pagare il mio cliente. Aggiungerei che nella stessa zona sono già stati realizzati altri fabbricati in lotti non edificati precedentemente con il PdL ma facenti parte dello stesso PdL, facendo scadere prima il PdL in questione e poi realizzando con la volumetria anzidetta (addirittura in un lotto in cui dal PdL era previsto un commerciale è stato realizzato un fabbricato residenziale con superficie in pianta pari a quasi il doppio).
Grazie anticipatamente
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  21 novembre, 2005 12:51 :
 
Il parere amministrativo pagato dal cliente mi sembra francamente poco attendibile e di scarso valore ai fini del procedimento amministrativo; sopratutto non sposta le responsamsabilità di chi firma il provvedimento.
O il dirigente si spreme le meningi venendo a capo della questione con i mezzi del proprio ufficio, oppure, se proprio ritiene imprescindibile un parere legale, dovrebbe attinge dai consulenti propri dei comuni, preferibilmente quelli garantiti dalle associazioni degli Enti locali, che non comportano spese per la P.A.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  21 novembre, 2005 17:20 :
 
... Ecco che finalmente si scoprono gli altarini degli italici comuni.
Concordo sia con Rossi sull'inutilità del parere legale (reso dal cliente, poi!) che con Cei sulla necessità di eseguire un vero controllo sullo stato di attuazione del PL (che a quanto sembra deve essere stato attuato solo per la parte residenziale.... e i parcheggi? tanto per citare un servizio di cui tutti i giorni lamentiamo la mancanza).
Solo se all'esito del controllo gli standard risulteranno rispettati si potrà considerare l'area urbanizzata e procedere con nuove edificazioni, in caso contrario la vedo una faccenda molto lunga e ..... tempestosa.

[ 21. novembre 2005, 18:21: Mod. da Diana Sozio ]
 
Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on  22 novembre, 2005 11:42 :
 
Ho controllato e l'indice di fabbricabilità if per le zone B è pari a 5mc/mq. Tornando al quesito precedente, secondo voi la parte di verde privato inerente il lotto in questione fà parte anch'esso dell'edificabilità totale del lotto?
 
Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on  22 novembre, 2005 11:47 :
 
Rispondendo a Diana, ho controllato il vecchio PdL ed è stata lasciata sia la quota dei parcheggi pubblici che la quota del verde pubblico. Per di più come dicevo nel precedente messaggio erano state considerate delle aree da destinare a commerciale che, scaduto il PdL, si è utilizzato per edificare residenziale; quindi in funzione di ciò è che dico per quale motivo dovrebbe esprimersi un amministrativista se la cosa è stata così chiara "precedentemente"?
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  22 novembre, 2005 13:31 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da Alessandro Brillante:
Il lotto in merito è già inserito in zona B

Da chi?
Sulle tavole di PRG il retino apposto sul lotto in questione e sulle aree circostanti è quello della zona B?
Il PL nel 1978 si estendeva in zona B?
 
Inserito da Alessandro Brillante (Utente n. 7931) on  23 novembre, 2005 16:05 :
 
Si nel PRG ha già destinazione come zona B
 

Questa discussione destinazione immobile - autocertificazione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  08 novembre, 2005 12:25 :
 
A corredo di una pratica edilizia viene allegata un'autocertificazione inerente la preesistente destinazione residenziale di un immobile (condizione essenziale per proporre un intervento di ampliamento) composto di due piani con superficie di circa mq.10 per piano, collegati da scaletta in legno e botola di accesso; le aperture costistono in n°2 luci (cm.30 x 30) e n°i porta di ingresso al p.t. e n°1 porta al p.s. (su ballatoio); le destinazioni dei due vani dichiarate sono ex camera ed ex cucina.
L'immobile è accatastato al C.T.
Come ci si dovrebbe comportare a livello istruttorio, a fronte di consistenti dubbi circa le varie dichiarazioni?
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  08 novembre, 2005 13:18 :
 
In uno stato di diritto le false dichiarazioni costuiscono reato e quindi vanno trattate come tali, anche se in questo caso la dismostrazione non è così semplice, credo.
Quindi la conclusione istruttoria dovrebbe essere il motivato diniego del permesso di costruire e la trasmissione per competemza all'Autorità Giudiziaria della falsa dichiarazione.

Voglio però aggiungere una considerazione generale che forse non ti sarà di molto aiuto: nel Paese dei condoni edilizi con cadenza decennale credo che una certa "elasticità" di fronte a soggetti che intendono perseguire le vie della legalità per soddisfare le propie esigenze abitative non sia poi cosi' censurabile.
Con ciò sono pronto a rimangiare quanto sopra qualora venisse accertata una precedente destinazione diversa dalla residenza.

Del resto i processi vanno fatti sulla base di certezze, mentre come tu dici, siamo solo a livello di dubbi.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  08 novembre, 2005 14:30 :
 
Personalmente andrei molto cauto nel diniegare il permesso di costruire e trasmettere per competenza all'Autorità Giudiziaria la "falsa" dichiarazione sulla base di un forte dubbio.
A mio avviso, o si hanno agli atti le prove inconfutabili, altrimenti è meglio dar corso alla domanda accettando la dichiarazione sostitutiva.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  08 novembre, 2005 17:29 :
 
Può sembrare una leggerezza ma mi sono permesso di tenere ferma la pratica (in accordo con il progettista) dato che avevamo in corso una variante al Regolamento Urbanistico che avrebbe consentito in ogni caso l'intervento proposto, previa presentazione di una "più corretta" rappresentazione della situazione esistente.
A variante definitivamente approvata gli oneri di urbanizzazione preventivati dal privato subiscono chiaramente una (seppur non essenziale) variazione con il conseguente dissenso del titolare.
La soluzione potrebbe trovarsi nell'espressione di parere favorevole comunicando, comunque, il tutto alla procura (avvisando preventivamente sia il titolare che il progettista della procedura di verifica).
Il resto dovrebbe essere una conseguenza.
Avete esperienze in merito?
 
Questa discussione quesito urgente su sopralluogo coattivo nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  07 novembre, 2005 18:35 :
 
Come Comune devo dar corso ad un ordinanza di demolizione di opere abusive a cui il privato responsabile dell'abuso non ha provveduto nei canonici 90 gg.; Siccome trattasi di abusi compiuti all'interno della struttura ( è un'albergo) si chiede di conoscere se in caso di opposizione fisica dei privati proprietari è legittimo - con l'ausilio ovviamente delle forze dell'ordine - entrare nella struttura con la forza al fine di procedere alla redazione del verbale di accertamento di inottemperanza ad ingiunzione a demolire e successivamente a quello relativo all'immissione in possesso.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  08 novembre, 2005 11:04 :
 
Mi pare un po' esagerato.
Sarebbe utile sapere che abuso è stato commesso e come è stato inquadrato nell'ordinanza (TUE art. 31,..).
 
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  08 novembre, 2005 11:26 :
 
Le opere realizzate in assenza del permesso a costruire sono le seguenti:
1) Cambio di destinazione d'uso dei locali caffetteria e autorimessa in sala da paranzo;
2) Incremento di superficie e volumetria per mancato riempimento delle fondazioni e realizzazione di locali adibiti a bar, servizi e tecnologici;
3) Ampliamento del vano cucina con realizzazione nuovo vano;
4) Realizzazione di una tettoia esterna in legno e vano caldaia;
5) Realizzazione di un vano di passaggio con l'immobile limitrofo al P.T.;
6) Cambio di destinazione d'uso di alcuni locali al primo piano da servizi a camere da letto;
7) Parziale modifica della tramezzatura interna al Primo Piano Sib 4;
8) Realizzazione di un vano al P.T. adibito a centrale termica.
Perchè ritiene il comportamento da me prospettato esagerato? Ritengo che un eventuale opposizione a tali sopralluoghi da parte dei privati possa configurare anche l'illecito penale di interruzione di pubblico servizio, ex art.340 c.p.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  08 novembre, 2005 14:13 :
 
Vista la situazione, anche si non ho avuto la conferma, presumo che sia stata emessa ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31 TUE, omettendo, a mio avviso, alcune importanti valutazioni in fase istruttoria:

Tutti questi interventi richiedono il pdc ?
Sono in totale difformità della normativa vigente ?
Ed per quelli in totale difformità, possono essere demoliti senza pregiudizio della parte conforme?
E' stata indicata nel provvedimento l'area che verrebbe acquisita in caso di inottemperanza?

A me pare che l'immissione in posseso (art. 31) sia impropria e che il caso in questione si inquadri meglio negli articoli che seguono.
 
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  09 novembre, 2005 13:15 :
 
... cerco di spiegarmi meglio. Le opere che ho elencato sono il frutto di interventi realizzati in parte in difformità ad una concessione edilizia e in parte in assenza di alcun provvedimento autorizzatorio. Su di essi era stata presentata sia una domanda di condono che una di sanatoria edilizia, ex art.36 DPR 380/2001. Non avendo il privato x entrambe dato + corso, si è dovuto adottare un provvedimento di archiviazione della pratica di condono edilizio e un provvedimento di archiviazione della pratica di sanatoria edilizia.
E' chiaro quindi che da quel momento tutte le suddette opere acqusivano la qualità di "abusive".
Si è quindi correttamente provveduto a notificare l'ordinanza di ingiunzione alla demolizione nei canonici 90 gg. a cui il privato non ha dato corso. sulla correttzza eregolarità di siffatta Ordinanza non ci piove prova ne è che il privato non ha presentato alcun ricorso giurisdizionale.
Adesso, essendo scaduti abbondantemente i 90 gg, si deve dar corso al procedimento di cui all' art. 31, occorre quindi dover effettuare i 2 sopralluoghi di cui Le dicevo.
Nelle speranza di averLe fornito un quadro completo della vicenda attenso Le Sue osservazione al Mio quesito.
Grazie.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 novembre, 2005 08:13 :
 
Non le so dire se sia legittimo o meno entrare due volte con la forza nella proprietà privata per redarre due verbali. Penso che sia una valutazione che spetta al magistrato, visto il caso.
Posso solo dire che conosco un caso analogho, irrisolto da anni, per la mancata disponibilità delle forze dell'ordine.
In altri casi, l'inascoltata ordinanza di demolizione, è stata sostituita dalla sanzione pecuniaria, trattandosi di opere soggette a DIA, interne alla abitazione.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  10 novembre, 2005 12:37 :
 
La n° 3 e la n° 5 mi sembrano ampliamenti all'esterno della sagoma, non pertinenziali, quindi soggette a PdC.

se la demolizione può avvenire senza pregiudizio della parte conforme, applicherei l'art. 31.
se la demoliz. pregiudica la parte conforme applicherei l'art. 34.
Magari entrambi per parti diverse dell'immobile.
( mi chiedo: la Procura della repubblica non ha avviato il procedimento penale?)
 

Questa discussione quesito urgente su sopralluogo coattivo nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  07 novembre, 2005 18:35 :
 
Come Comune devo dar corso ad un ordinanza di demolizione di opere abusive a cui il privato responsabile dell'abuso non ha provveduto nei canonici 90 gg.; Siccome trattasi di abusi compiuti all'interno della struttura ( è un'albergo) si chiede di conoscere se in caso di opposizione fisica dei privati proprietari è legittimo - con l'ausilio ovviamente delle forze dell'ordine - entrare nella struttura con la forza al fine di procedere alla redazione del verbale di accertamento di inottemperanza ad ingiunzione a demolire e successivamente a quello relativo all'immissione in possesso.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  08 novembre, 2005 11:04 :
 
Mi pare un po' esagerato.
Sarebbe utile sapere che abuso è stato commesso e come è stato inquadrato nell'ordinanza (TUE art. 31,..).
 
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  08 novembre, 2005 11:26 :
 
Le opere realizzate in assenza del permesso a costruire sono le seguenti:
1) Cambio di destinazione d'uso dei locali caffetteria e autorimessa in sala da paranzo;
2) Incremento di superficie e volumetria per mancato riempimento delle fondazioni e realizzazione di locali adibiti a bar, servizi e tecnologici;
3) Ampliamento del vano cucina con realizzazione nuovo vano;
4) Realizzazione di una tettoia esterna in legno e vano caldaia;
5) Realizzazione di un vano di passaggio con l'immobile limitrofo al P.T.;
6) Cambio di destinazione d'uso di alcuni locali al primo piano da servizi a camere da letto;
7) Parziale modifica della tramezzatura interna al Primo Piano Sib 4;
8) Realizzazione di un vano al P.T. adibito a centrale termica.
Perchè ritiene il comportamento da me prospettato esagerato? Ritengo che un eventuale opposizione a tali sopralluoghi da parte dei privati possa configurare anche l'illecito penale di interruzione di pubblico servizio, ex art.340 c.p.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  08 novembre, 2005 14:13 :
 
Vista la situazione, anche si non ho avuto la conferma, presumo che sia stata emessa ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31 TUE, omettendo, a mio avviso, alcune importanti valutazioni in fase istruttoria:

Tutti questi interventi richiedono il pdc ?
Sono in totale difformità della normativa vigente ?
Ed per quelli in totale difformità, possono essere demoliti senza pregiudizio della parte conforme?
E' stata indicata nel provvedimento l'area che verrebbe acquisita in caso di inottemperanza?

A me pare che l'immissione in posseso (art. 31) sia impropria e che il caso in questione si inquadri meglio negli articoli che seguono.
 
Inserito da Vincenzo Di Maro (Utente n. 5054) on  09 novembre, 2005 13:15 :
 
... cerco di spiegarmi meglio. Le opere che ho elencato sono il frutto di interventi realizzati in parte in difformità ad una concessione edilizia e in parte in assenza di alcun provvedimento autorizzatorio. Su di essi era stata presentata sia una domanda di condono che una di sanatoria edilizia, ex art.36 DPR 380/2001. Non avendo il privato x entrambe dato + corso, si è dovuto adottare un provvedimento di archiviazione della pratica di condono edilizio e un provvedimento di archiviazione della pratica di sanatoria edilizia.
E' chiaro quindi che da quel momento tutte le suddette opere acqusivano la qualità di "abusive".
Si è quindi correttamente provveduto a notificare l'ordinanza di ingiunzione alla demolizione nei canonici 90 gg. a cui il privato non ha dato corso. sulla correttzza eregolarità di siffatta Ordinanza non ci piove prova ne è che il privato non ha presentato alcun ricorso giurisdizionale.
Adesso, essendo scaduti abbondantemente i 90 gg, si deve dar corso al procedimento di cui all' art. 31, occorre quindi dover effettuare i 2 sopralluoghi di cui Le dicevo.
Nelle speranza di averLe fornito un quadro completo della vicenda attenso Le Sue osservazione al Mio quesito.
Grazie.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 novembre, 2005 08:13 :
 
Non le so dire se sia legittimo o meno entrare due volte con la forza nella proprietà privata per redarre due verbali. Penso che sia una valutazione che spetta al magistrato, visto il caso.
Posso solo dire che conosco un caso analogho, irrisolto da anni, per la mancata disponibilità delle forze dell'ordine.
In altri casi, l'inascoltata ordinanza di demolizione, è stata sostituita dalla sanzione pecuniaria, trattandosi di opere soggette a DIA, interne alla abitazione.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  10 novembre, 2005 12:37 :
 
La n° 3 e la n° 5 mi sembrano ampliamenti all'esterno della sagoma, non pertinenziali, quindi soggette a PdC.

se la demolizione può avvenire senza pregiudizio della parte conforme, applicherei l'art. 31.
se la demoliz. pregiudica la parte conforme applicherei l'art. 34.
Magari entrambi per parti diverse dell'immobile.
( mi chiedo: la Procura della repubblica non ha avviato il procedimento penale?)
 


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Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  28 ottobre, 2005 06:49 :
 
Condono edilizio 2003-2004.
Il richiedente, entro la scadenza del 30.09.2005, ha omesso di pagare la terza rata dell'oblazione.
A vs. parere, il permesso in sanatoria deve essere denegato, con conseguente applicazione delle sanzioni di legge, oppure ci sono possibilità di rimediare pagando gli interessi legali ?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 ottobre, 2005 07:18 :
 
Il diniego della sanatoria può avvenire per la mancata presentazione dei documenti previsti entro il 30 giugno 2007.
Non penso quindi che si possa ora negare il condono per quella che mi pare una dimenticanza.
Rilevando la mancanza in fase istruttoria, io richiederei la ricevuta del versamento della terza rata.
Quindi, una volta trasmessa (e se ne vale la pena), gli interessi legali intercorrenti dalla data del 30.09.2005 a quella effettiva del versamento.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  28 ottobre, 2005 10:42 :
 
Tiziano, sii gentile, mandami i riferimenti normativi del termine ultimo per l'integrazione della domanda, perchè io sono rimasto al 31 ottobre 2005. Grazie.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  29 ottobre, 2005 07:42 :
 
Il riferimento normativo è questo:
Art. 3, comma 6 LR Veneta 21/04:
<<Ad integrazione di quanto previsto dall'articolo 32, comma 37, della legge sul condono, la mancata presentazione dei documenti ivi previsti entro il 30 giugno 2007 comporta il diniego del titolo abilitativo in sanatoria.>>

Nel primo intervento manca quindi l'importante premessa: Nella Regione Veneto....
Rimpiangendo la legge 47/85, chiedo venia. Il fatto Che qualcosa non risultasse a Gianfranco mi aveva subito "preoccupato".

Consiglierei quindi a Roberto di dare una occhiata alla propria legge regionale, tenendo comunque presente che non è ancora scaduto il termine del 31.10.05, indicato giustamente da Gianfranco che ringrazio e saluto cordialmente.

p.s.Per un versamento ritardato o una semplice carenza di documenti, io non avrei fretta di respingere la domanda di sanatoria neanche dopo l'ultima scadenza.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  31 ottobre, 2005 06:55 :
 
Ma, allora, secondo voi, come va interpretato l'art. 32, comma 37 della legge n. 326/2003: "Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta .... le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e all'articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380" ????
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  31 ottobre, 2005 07:45 :
 
Prova a guardare le modificazioni/integrazioni apportate dalla tua Legge Regionale.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  02 novembre, 2005 07:08 :
 
Ho l'impressione che fare riferimento alle leggi 47/1985, 724/1994 e relative circolari possa portarci fuori strada, perché le stesse sono applicabili al nuovo condono soltanto "per quanto non previsto" dalla legge 326/2003 e "ove compatibili" con quest'ultima.
Invece, ritengo che ci si debba attenere alla lettera del citato art. 32, comma 37, che dispone che "nei termini previsti" (30.09.2005) l'oblazione dovuta dovesse essere corrisposta "interamente" (quindi anche la terza rata), pena l'aplicazione delle sanzioni di legge (e cioè il diniego dell'istanza di condono).
Per quanto riguarda la determinazione dolosamente inesatta dell'oblazione, mi pare che si tratti di una fattispecie diversa da quella del mancato pagamento, tant'è vero che il legislatore utilizza la congiunzione "o".
A vostro avviso ci può essere una diversa interpretazione ???
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  02 novembre, 2005 11:49 :
 
Io la vedo in questo modo.

Il comma 37 recita:
Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e all'articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

L'art. 40 richiamato recita:
Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all'art. 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I.

Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta.

Il Capo I° richiamato dall'art. 40 cui fa parte l'art. 3 relativo al "ritardo od omesso versamento del contributo afferente alla concessione", è stato abrogato espressamente dall'art. 136 del T.U.

Pertanto le uniche sanzioni applicabili restano quelle della non commerciabilità del bene e quelle previste dall'art. 48 del T.U.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  03 novembre, 2005 07:28 :
 
E' vero che il capo I° della legge 47/1985 è stato abrogato, però le stesse disposizioni sono confluite senza particolari innovazioni nel T.U. Edilizia e, quindi, quei rimandi devono intendersi riferiti alle corrispondenti norme del T.U..

Mi risulta che all'epoca del pasticcio che si era verificato con la temporanea entrata in vigore del T.U. ci siano state sentenze - di cui purtroppo non ricordo gli estremi - che hanno sancito questo principio.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  03 novembre, 2005 08:01 :
 
L'art. 3 relativo al "ritardo od omesso versamento del contributo afferente alla concessione", è stato abrogato dall'articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001 ma sostituito dall'articolo 42 dello stesso d.P.R.

L'art. 40 fa riferimento a violazioni gravi che non vedo del caso in questione.

Per me, trasmettere tutte le integrazioni entro il 31.10.05 serve ad assicurarsi il silenzio asseso il 31.10.07.
Fatte salve le gravi violazioni di cui all'art. 40, del diniego se ne riparla dopo il 30 giugno 2007 (nella Regione Veneto).

Verifica cosa dice la tua LR in materia.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  03 novembre, 2005 09:06 :
 
L'art. 40 dispone che "Le stesse sanzioni" (e cioè quelle del Capo I della L. 47/85, in oggi Parte I, Titolo IV del D.P.R. 380/01) "si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta".

Quindi non mi pare che debbano esserci state violazioni gravi, in quanto è sufficiente che l'oblazione non sia stata "interamente corrisposta".
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  03 novembre, 2005 10:03 :
 
A meno che il richiedente si rifiuti di pagare il dovuto, non vedo proprio gli estremi per invocare l'art. 40 della L. 47/85.
Comunque la risposta dovresti trovarla qua:
http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri=4_10_6_1026_$4_10_6_1026_1762_$Urbanistica$4_10_6_1026_-1$condonipreg.htm$
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  03 novembre, 2005 10:49 :
 
Grazie per il suggerimento, ma purtroppo la legge regionale della Liguria disciplina puntualmente le modalità per la definizione dei condoni pregressi (quelli del 1985 e del 1994) ma non fa altrettanto per quelli del 2004.

Comunque "le sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47" sono citate espressamente nell'ambito dell'art. 32, comma 37 della legge n. 326/2003 quale conseguenza nel caso in cui l'oblazione dovuta non sia stata interamente corrisposta.

In ogni caso, è incredibile come disposizioni che disciplinano aspetti tanto delicati possano essere scritte in modo così poco chiaro.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  03 novembre, 2005 13:27 :
 
Concordo, viene da chiedersi chi scrive queste leggi, anche se Otto von Bismarck diceva .... Meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte.
 

Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  03 gennaio, 2006 09:19 :
 
Sembra che finalmente con il DL del 22 dicembre 2005 venga data risposta al quesito disponendo, tra l'altro, lo slittamento dal 31.10.2005 al 30 aprile 2006 del termine ultimo entro cui è possibile effettuare l’integrazione della documentazione.

Ora però il dubbio l'ho io. Per la Regione Veneto vale la data indicata dal DL (30.04.06) o quella fissata dalla relativa Legge Regionale 21/04 (30.06.2007)? Attenderemo chiarimenti.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  03 gennaio, 2006 16:27 :
 
Mi spiace deluderti, ma "L'integrazione documentale prevista nell'allegato 1, ultimo periodo" del D.L. 269/2003, che potrà essere effettuata entro il 30.04.2006, non riguarda il pagamento dell'oblazione bensì soltanto la denuncia in catasto e le denunce ai fini dell'ICI e della TARSU.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  19 gennaio, 2006 16:54 :
 
Io ho una visione meno severa e ritengo che fino alla scadenza di cui sopra (30.04.06 o 30.06.2007 nella regione Veneto) posso aspettare.
Provvederei piuttosto ad istruire la domanda richiedendo la ricevuta del versamento della terza rata della oblazione o, qualora già trasmessa benchè in ritardo (considerevole), gli interessi dovuti.
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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 ottobre, 2005 09:31 :
 
L'art. 14 del TU consente, a certe condizioni, di costruire in deroga agli strumenti urbanistici con una procedura che rimane dell'ambito comunale.
Nella regione veneto la materia è regolata dall'art 80 della LR 61/85, tuttora vigente, il quale subordina il rilascio al nulla - osta della Provincia.
L' art. 13 della LR Veneto 16/03 prevede:
Fino all’entrata in vigore della legge regionale di riordino della disciplina edilizia (non avvenuta) trovano applicazione le disposizioni di cui al dPR 380/01 “Testo unico” e successive modificazioni, nonché le disposizioni della LR 61/85 e successive modificazioni, che regolano la materia dell’edilizia in maniera differente dal testo unico e non siano in contrasto con i principi fondamentali desumibili dal testo unico medesimo.
Per prudenza il n.o. della Provincia viene tuttora richiesto dai Comuni, anche se io ho qualche perplessità.
Chi è che può stabilire se l'art. 80 della LR contrasta con principi fondamentali del TU come a me parrebbe?
La materia riguarda specificatamente la Regione Veneto. In ogni caso, ringrazio e saluto tutti.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  28 ottobre, 2005 10:29 :
 
Condivido le tue perplessità e aggiungo, se ti può servire, la nostra esperienza recente di permesso in deroga, anno 2004.
Abbiamo erroneamente inviato alla regione ( Piemonte) la richiesta di nulla-osta ex art. 3* legge 21 dicembre 1955 n° 1357.
(scivolata pazzesca da mea culpa,grandissima culpa che stò ancora espiando)
Risposta della Regione:
" Con la presente di comunica che con l'entrara in vigore del D.P.R.380/01 la procedura per costruire in deroga agli strumenti urbanistici ha subito una sostanziale innovazione; infatti in conseguenza dell'abrogazione dell'art. 3* della legge 21/12/1955, n° 1357 non è più necessario il rilascio del nulla osta da parte della Regione.
Le modalità e le condizioni per il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanitici sono dettate dall'art. 14 del D.P.R. 380/01........."


*
ART. 3.
IL RILASCIO DI LICENZA EDILIZIA IN APPLICAZIONE DI DISPOSIZIONI LE QUALI CONSENTONO AI COMUNI DI DEROGARE ALLE NORME DI REGOLAMENTO EDILIZIO E DI ATTUAZIONE DEI PIANI REGOLATORI, È SUBORDINATO AL PREVENTIVO NULLA OSTA DELLA SEZIONE URBANISTICA REGIONALE, NONCHÉ DELLA SOVRAINTENDENZA AI MONUMENTI.
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  28 ottobre, 2005 11:12 :
 
L’art. 14 del TU ha eliminato nell’iter procedimenatle il parere vincolante ed obbligatorio previsto dall’art. 3 della legge n. 1357/1955, che credo sia stato abrogata dal TU.
Ora pur rispettoso dell’autonomia legislativa conferita alle Regioni provo a dare, sinteticamente, una soluzione negativa al problema sollevato, ovvero l’art. 80 potrebbe contrastare con il TU.
Attivare la funzione consultiva della Provincia potrebbe apparire un atto contrastante con i principi di semplificazione del procedimento di rilascio del p.c. che ha comportato la razionalizzazione dei passaggi procedimentali e l’eliminazione di quelli non necessari al titolo edificatorio.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  28 ottobre, 2005 12:05 :
 
Io sono per la linea prudenziale. Se la L.R. è ancora vigente e prevede il n.o. della Provincia, allora che sia richiesto senza eccessivi patemi.
Le vostre considerazioni sono condivisibili, ma il fatto di essere sostenute dal condizionale non è buona cosa. Credo non stia a me definire se l'attivazione del parere consultivo della provincia sia lesiva o meno dei principi fondamentali del testo unico. O meglio, anche a me sembra lesivo dei principi di semplificazione citati da Rosa, però non ci metterei la mano sul fuoco.
Quindi lascerei le cose come stanno. Che sia il legislatore a darsi una mossa e riordinare la disciplina, diversamente io applico le leggi vigenti.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  28 ottobre, 2005 12:27 :
 
L'art. 3 della legge n. 1357/1955 è stato espressamente abrogato dal TU, quindi, anche secondo me, l'art. 80 della legge veneta non si applica.
Se la regione Veneto vorrà mantenere tale previone (ma non ne vedo il motivo anche per le ragioni di semplificazione ricordate da Nazzareno Rosa), secondo me, dovrà stabilirlo espressamente nella legge di riordino della materia, nel frattempo si applica l'art. 14 del TU.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  28 ottobre, 2005 15:18 :
 
Il comportamento prudente di Rossi è comprensibile però occorre anche dire che l'art. 1 del T.U. stabilisce: "Il presente testo unico contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia";
Il successivo art. 2.co.3 stabilisce ancora:"Le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi";
Attenersi scrupolosamente a quando previsto dalla L.R. Veneto porterebbe anche alla conseguenza che sia ancora il Sindaco a dover rilasciare Concessioni e Autorizzazioni in deroga, come prevede l'art.80* richiamato da Cornaviera.
Il che, francamente, mi pare eccessivo.
Comunque sia e, in conclusione, caro Tiziano,io ho già pelato la mia gatta, ti lascio pelare la tua.
A presto


*
Art. 80 -(Deroghe).
Il Piano Regolatore generale può dettare disposizioni che consentano, entro i limiti predeterminati, al Sindaco di rilasciare concessioni o autorizzazioni in deroga alle norme e alle previsioni urbanistiche generali quando esse riguardino edifici o impianti pubblici o di interesse pubblico e purchè non comportino la modifica delle destinazioni di zona.
OMISSIS
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  31 ottobre, 2005 08:25 :
 
Beh, caro Gianfranco, mi sembra che la riforma Bassanini e il tema che stiamo trattando siano due questioni da analizzare su piani diversi.
La separzione tra competenze politiche ed amministrative è un dato di fatto ormai universalmente condiviso, eccezzion fatta per qualche non raro Sindaco, per cui abbiamo ormai compreso tutti che laddove si legge "il Sindaco", "il Podestà" ,ciò equivale a dire "il Responsabile di qualcosa".
Nel caso in esame, credo invece che la questione sia più complessa, ed è proprio per questo che la mia soluzione è semplicistica.

Bisognerebbe conoscere la disciplina urbanistica della Regione Veneto e capire per quale motivo nel 1985 era previsto il n.o. della Provincia. Bisognerebbe poi comprendere se gli stessi motivi permangono tuttoggi; se magari nella specifica provincia è stato approvato o meno un PTCP che dica qualcosa ovvero non dica niente al riguardo.
Bisognerebbe poi capire perchè quella provincia continua a rilascire i n.o. che i Comuni, come dice Tiziano, continuano a richiedere. Evidentemente avranno motivi per ritenere vigente ed applicabile quella vecchia diposizione. Diversamente, credo che rispedirebbero al mittente le pratiche con più o meno le stesse motivazioni che avete citato.

Troppi condizionali, in definitiva.

Quindi, dal mio opinabile punto di vista, faccio fatica a comprendere perchè Tiziano o chi per esso debba assumersi la responsabilità di saltare un passo espressamente previsto in una diposizione di legge obsoleta e vigente circa il procedimento amministrativo di permesso in deroga.
In fin dei conti si tratta di mandare un plico in provincia e poi attendere una risposta. Mi direte: e la semplificazione amministrativa?
E Chi l'ha mai vista
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 novembre, 2005 13:45 :
 
Queste valutazioni e i successivi approfondimenti mi confermano che l'art. 80 della legge veneta non si applica in quanto in contrasto con i principi fondamentali del TU.
Le considerazioni raccolte sono qua:
http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=deroga

Rispondendo alla mia domanda, se si vuole evitare che i Comuni agiscano in ordine sparso chi inviando e chi no, mi pare auspicabile sia la Provincia a comunicare loro che l'art. 80 della LR 61/80 non si applica più.

Peraltro, pur comprendendo la prudenza, non vedo chi e che cosa si potrebbe contestare al Comune che ha risolto la questione ai sensi dell'art. 14 del TU, nell'ambito della propria autonomia.

Grazie e cordiali saluti a tutti
 

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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  20 ottobre, 2005 07:55 :
 
E' legittimo il rilascio di un PdC per lavori di "bonifica di un area agricola ai fini di lavori artigianali a carattere provvisorio"?
Per essere più precisi, oggetto dei lavori è: spianamento e recinzione di un'area boscata di circa 1000 mq, realizzazione di un piccolo manufatto in legno ad uso deposito, posa di attrezzature meccaniche ad uso schiacciasassi.
L'attività consiste nel prelevare i massi da una vicina cava di inerti e trasportarli sul luogo, frantumarli, suddividerli in base alla pezzatura, ricaricarli con pala meccanica su autocarro e trasportarli ad altra destinazione.
L'area è di proprietà comunale ed è stato stipulato un contratto di affitto della durata di 36 mesi.
Secondo il PRG l'area agricola è classificata E 1 : Aree interessate da boschi comunali e boschi privati nelle quali non è ammesso nessun intervento edilizio ex novo - eventuali costruzioni precarie.
E' stato acquisito il n.o. ambientale ed idrogeologico.
Secondo il piano acustico l'area ricade in classe III.
Nel provvedimento si fissa un termine di 36 mesi trascorsi i quali si prescrive il ripristino dello stato dei luoghi.
Le perlessità sono quindi sulla possibilità di rilasciare permessi a titolo temporaneo, se l'attività esercitata sia compatibile con la normativa di zona, oppure, per il fatto che sono temporanei e sul suolo di proprietà comunale, gli interventi non siano tenuti al rispetto della normativa vigente.
Grazie per gli eventuali contributi.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  20 ottobre, 2005 08:19 :
 
Non ricordo esplicite previsioni normative riguardo pdc a carattere temporaneo, penso quindi non possa essere quello il provvedimento autorizzativo corretto.
Premesso che, in ogni caso, i provvedimenti temporanei mi fanno paura (tendono stranamente a diventare definitivi, specie quando ci sono in ballo attività economiche), è sotto il profilo urbanistico che nutro le maggiori perplessità: in sostanza si intende mutare l'uso del suolo da agricolo - boschivo che sia, a produttivo (attività di trasformazione inerti), cosa che mi pare assolutamente incompatibile e che, peraltro, visto che hai citato la classe acustica, dovrebbe finire in V o VI classe, non certo in III.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  20 ottobre, 2005 09:22 :
 
I permessi temporanei potrebbero essere stati contemplati da alcune leggi regionali. Quella toscana, per esempio, prevede l'installazione di manufatti precari, per il periodo massimo di un anno, addirittura con semplice comunicazione al sindaco, ma per esclusive finalità agricole e a determinate condizioni, che diventa pressochè impossibile utilizzare la norma.
Questo per dire che non credo che sia praticabile la strada del permesso temporaneo in zona agricola per attività che nulla hanno a che vedere con l'agricoltura ma molto con l'attività di cava. Inoltre, mi sembra che l'intervento sia in totale contrasto con le norme di zona.
Io guarderei alla normativa regionale sulle attività estrattive.
Il contratto d'affito contempla la realizzazione di tali interventi sul terreno di proprietà comunale?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  20 ottobre, 2005 09:58 :
 
Il contratto d'affito non contempla la realizzazione di tali interventi ma richiama la delibera di GM con la quale viene concessa in affitto l'area in parola considerando la richiesta meritevole di accoglimento trattandosi di attività artigianale.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  20 ottobre, 2005 11:06 :
 
Guarda, mi spiace, ma ho la netta impressione che la delibera di giunta sia stato il consueto documento redatto per aggirare le norme del PRG.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  20 ottobre, 2005 11:32 :
 
Visto che un intervento di questo tipo non rientra tra quelli di cui all'art. 6 del T.U. Edilizia (Attività edilizia libera), si può discutere sul titolo edilizio necessario (DIA o permesso di costruire) ma sicuramente è necessaria la conformità alla disciplina urbanistica vigente.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  20 ottobre, 2005 11:50 :
 
Per me si tratta di attività estrattiva che deve essere ricondotta alla specifica disciplina di settore. Il contratto d'affitto mi sembra uno stratagemma, anche maldestro, per aggirare la norma.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  20 ottobre, 2005 12:22 :
 
Mi pare di aver inteso che per l'attività di trasformazione urbanistica del territorio in oggetto non esiste conformità urbanistica.
In tal caso l'unica strada dovrebbe essere quella del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ex art. 14 del T.U., posto che sussista un motivato interesse collettivo. Il passaggio in Consiglio Comunale sarebbe d'obbligo.
Comunque sia, a mio avviso, non vi è modo di rilasciare il permesso di costruire a carattere temporaneo.

La strada alternativa potrebbe essere quella delle opere precarie, non seggette a titolo edilizio.
In questo caso il presupposto della temporaneità d'uso e della successiva eliminazione di manufatti precari esclude la necessità di acquisire preventivamente un titolo.
Il problema è capire se sono realmente opere precarie, in quanto ovviamente il carattere temporaneo non è il solo requisito atto a definire la precarietà di un'opera.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  20 ottobre, 2005 12:26 :
 
Per me si tratta di un'attività produttiva, rientrante nel campo d'applicazione del D.P.R. n° 447/98,eseguita presumibilmente in zona impropria, ovvero quella agricola.

[ 20. ottobre 2005, 13:27: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
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Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on  19 ottobre, 2005 12:00 :
 
Salve
finalmente ho ottenuta la concessione edilizia tanto bramata
I lavori prevedono ristrutturazione e contestuale frazionamento di civile abitazione;
da una unica abitazione, infatti, ne saranno ricavate 2 indipendenti,piu un piccolo magazzino.
Per questa situazione, devo pagare bucalossi, visto che non faccio nessun aumento di volume ?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  19 ottobre, 2005 13:38 :
 
si, anche se in misura ridotta rispetto a un nuovo edificio.
 
Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on  20 ottobre, 2005 08:24 :
 
ciao
grazie della risposta.e scusatemi per l'insistenza..
ma quanto piu bassa?
se ho ottennuto due civili abitazioni di 90 + 70+ magazzino di 30 mtq...quanto (chiaramente + o -)vado a spendere?
grazie a tutti
ciao
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  20 ottobre, 2005 09:18 :
 
Dipende dalla zona, dalle caratteristiche dell'edificio, dalla regione, dal comune, dal tecnico ...
Ogni Comune ha delle tabelle personalizzate che ti consiglio di visionare per farti un'idea più precisa.
In genere più la zona è periferica più paghi.
Nel caso di intervento su edificio esistente la riduzione è notevole in particolare per gli oneri di urbanizzazione: 1/5 rispetto al nuovo.
Per il costo di costruzione: percentuale su calcolo tabellare o, se più conveniente (nel caso i lavori edili siano minimi), sul computo metrico estimativo.
Salvo errori ed omissioni; come vedi non è tanto semplice essendo procedimenti, a mio avviso, complicati, come tutto, in modo eccessivo.
Saluti e buona fortuna.
 
Inserito da ale pardini (Utente n. 7806) on  20 ottobre, 2005 09:48 :
 
grazie
aspettero la ...bella notizia dal comune
ciao
grazie
 

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Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  14 ottobre, 2005 22:10 :
 
A seguito di una denuncia privata e dell’accertamento effettuato dalla Polizia Municipale e dal mio tecnico, responsabile del servizio urbanistico comunale, ho emesso una ordinanza di demolizione di 2 depositi abusivi, di un locale annesso all’abitazione e di un terrazzo.
Entro il termine stabilito dei 90 giorni, o meglio nell’89° giorno, è pervenuta una semplice lettera con la quale si chiedeva di condonare le opere abusive.
Gli rispondevo che i termini del condono nazionale erano scaduti il 31.12.2004 e che le opere non erano sanabili ai sensi dell’art.34 del DPR 380/2001. Inoltre come previsto dall’art.36 dello stesso DPR 380/01 il termine per ottenere l’eventuale sanatoria era irrisorio essendo rimasto un sol giorno alla scadenza dei 90gg. Per analizzare la richiesta (tra l’altro priva degli elaborati progettuali).
La Polizia Municipale, allora, dichiarava l’inottemperanza alla ordinanza di demolizione ed io, previo sopralluogo, emettevo ordinanza di accertamento dell’inottemperanza per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari degli immobili “abusivi”.
Adesso la pratica è in attesa della decisione del Consiglio Comunale circa quanto previsto dal comma 5 dell’art.31 DPR 380/01.
Il cittadino inadempiente ha adesso chiesto la possibilità di condonare, quanto meno, la parte abusiva annessa all’abitazione.
Vi chiedo: sono ancora nella possibilità di accettare tale richiesta o devo procedere con la demolizione di tutte le opere abusive?
Grazie per gli interventi.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  15 ottobre, 2005 22:44 :
 
nella ordinanza hai indicato anche l'aree da acquisire insieme all'immobile?
Io ti consiglio di valutare la richiesta del cittadino e di valutare attentamente se l'immobile abusivo dispone della doppia conformità ai sensi del art. 36 del 380. Se Esiste la doppia conformità a mio parere sarebbe abnorme emettere ordinanza di demolizione, che sarebbe l'ultima ratio.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 ottobre, 2005 10:45 :
 
Per l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 siamo, a mio avviso, ancora in tempo in quanto la parola OTTENERE va correttamente intesa come RICHIEDERE.
Dal momento che si prevede l'acquisizione si suppone che abuso sia relativo a interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31)
Se così è, la richiesta di accertamento di conformità potrà essere facilmente negata e proseguire con l'acquisizione.
Se però, come pare di capire, le opere abusive, o parti di esse, possono risultare conformi (e forse la cosa andava precisata nell'ordinanza), mi pare doveroso agevolare la sanatoria.
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  17 ottobre, 2005 10:07 :
 
A mio avviso l’accertamento di conformità non può essere rilasciato, infatti dalla lettura del caso emerge l'inosservanza del termine di 90gg.:
l’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 nel richiamare l’art. 31, comma 3, sembra condizionare la possibilità di esaminare la relativa richiesta al presupposto temporale del rispetto dei 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione.
In altre parole, sempre a mio avviso, il termine di cui all’art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 380/2001 è da intendersi perentorio, infatti la sanzione per la sua inosservanza è data proprio dall’acquisizione gratuita ope legis al patrimonio del Comune del bene abusivo.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  17 ottobre, 2005 12:55 :
 
Sostengo anch'io la stessa tesi di Nazzareno Rosa circa la perentorietà del termine di 90 gg., anche se non è vietata la facoltà di sospendere o prolungare i termini dei provevdimenti, purchè sorretta da giuste motivazioni.
Sarebbe opportuno rivedere l'intera procedura e verificare se sia stato notificato l'avvio del procedimento per l'adozione dei provvedimenti definitivi ex art.7 L.241/90, con l'assegnazione del termine per il deposito di memorie, l'inoltro di istanza di sanatoria, ecc., prima dell'emissione dell'ordinanza e verificare l'indicazione delle aree da acquisire con gli stabili.
Ciò consentirebbe eventualmente di ripartire con le corrette procedure ed approfondire la possibilità di sanare gli abusi.
Mi sembra che l'ordinanza costituisca titolo per l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari; sono procedure da non prendere a cuor leggero.

Buona giornata
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  17 ottobre, 2005 16:48 :
 
Sono daccordo con te (marco occhipinti) quando sostieni che l'ordinanza di demolizione è una procedura da non prendere a quor leggero e difatti sono a cercare (insieme a voi) una possibilità per far sanare almeno la parte attaccata all'abitazione.
Ho comunque fatto tutto nei termini di legge, ho anche fatto l'inizio del procedimento ai sensi della 241/90.
Solo che la sig.ra ha presentato una semplice lettera l'89° giorno. Adesso anche lei vorrebbe cercare di sanare, quanto meno la parte dell'immobile (che comunque non è conforme a quanto previsto dal piano di zona).
Siccome però la procedura è avanzata; è stato fatto anche l'accertamento ed il Consiglio Comunale mia ha già richiesto la relazione per la demolizione, posso ricollegarmi, ed in che modo(??), alla loro precedente lettera riaprendo i termini; o è corretto che il cittadino faccia richiesta di riapertura dei termini chiedendo...................cosa?
Grazie per la collaborazione.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  18 ottobre, 2005 06:57 :
 
A mio parere, la richiesta presentata dall'interessata - se pervenuta prima dello scadere dei 90 giorni - deve essere intesa come istanza di sanatoria che interrompe la procedura per la demolizione dell'opera abusiva.
Se la domanda è priva dei contenuti e degli allegati progettuali necessari, il Comune potrà richiedere documentazione integrativa.
Una volta che il Comune si sarà pronunciato definitivamente sull'istanza di sanatoria, in caso di rigetto, dovrà essere emessa una nuova ordinanza, attribuendo di nuovo 90 gg. per la demolizione.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  18 ottobre, 2005 07:46 :
 
Ma questa benedetta lettera giunta all'89° giorno ha i requisiti di forma e sostanza di un accertamento di conformità ?
Penso sia questo il punto.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 ottobre, 2005 07:50 :
 
Infatti, l'accertamento di conformità non può essere rilasciato non tanto perchè sono scaduti i termini (che a mio avviso non sono scaduti) ma perchè non vi sono i presupposti (come si apprende ora da enzo l'intervento non è conforme).

A questo punto, per cercare di salvare la parte attaccata alla abitazione, non rimane che valutare se sia applicabile l'art. 34 c.2 che prevede una sanzione pecuniaria al posto della demolizione quando questa comporti il pregiudizio nella parte conforme.

Il pregiudizio rilevato può essere di diverso ordine: oltre che statico e funzionale, anche di tipo estetico, compositivo, ....

Se può servire, qua c'è una bozza di ordinanza:

http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=sanzione_pecuniaria_alternativ
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  18 ottobre, 2005 08:39 :
 
Quelle descritte non mi sembrano proprio delle difformità parziali.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 ottobre, 2005 10:01 :
 
Perchè no? Stiamo parlando di una terrazza attaccata alla abitazione.
E in ogni caso, se ci fosse pregiudizio statico della parte conforme, non vedo alernative alla sanzione pecuniaria.
Infatti, lo prevede anche l'art. 33 c.2 per interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità.
Forse il riferimento a questo articolo è più appropriato al caso in questione.
Cambia solo il criterio per calcolare la sanzione pecuniaria, che comunque è ammessa.
Cordiali saluti.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  18 ottobre, 2005 10:58 :
 
Sono d'accordo con Moretti, l'istanza all'89simo giorno e' da intendersi valida, e va riscontrata.
Con ciò il procedimento di acquisizione al patrimonio comunale va interrotto! Al consiglio si può dare una informativa circa l'istanza all'89simo giorno. Aggiungo che e' ovvio il riscontro di inottemperanza in presenza di una istanza in sanatoria seppur priva degli allegati progettuali, come puo' demolire uno che ha resentato istanza di sanatoria?.
Riscontrare! Riscontrare! Riscontrare! e poi eventualmente diniegare la sanatoria e rinnovare l'ordine di demolizione!
Credo che il TAR non avrebbe difficoltà a concedere, in un attimo, una sospensiva alla ordinanza di immissione in possesso.
Se poi parte dell'opera puo' essere sanata, si va facilmente incontro al risercimento danni, ultima ratio che rimane in mano all'istante!
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  18 ottobre, 2005 11:22 :
 
Cari colleghi secondo me così facendo rischiamo di essere più realisti del Re !!!
Mi pare di aver capito che c'è stata una lettera del sanzionato pervenuta quasi fuori tempo massimo che probabilmente non è qualificabile come accertamento di conformità ex art.36 , difettandone di requisiti di forma e sostanza.
C'è stata comunque una risposta dell'ente , ossia la lettera è stata riscontrata .
L'eventuale regolare istanza ( se fosse stata presentata ) non sarebbe stata comunque sanabile.
RIsultano peraltro assunti i successivi atti ( accertamento all'inottemperanza , etc. . )
Non rimane evidentemente che procedere .
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  18 ottobre, 2005 11:30 :
 
Sono d'accordo con Davide Maglio:
a) l'art. 34 non pare applicabile, in quanto si riferisce ad interventi e opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire (che, qui, parrebbe non esistere).
b) l'art. 36, oltre a richiedere che l'intervento sia conforme allo strumento urbanistico, prevede che, entro i 90 giorni, sia ottenuto (!) il permesso in sanatoria, non che, entro tale termine, sia presentata l'istanza (oltre tutto in una forma che non consente il rilascio del permesso).
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  18 ottobre, 2005 11:37 :
 
A mio avviso, la lettera pervenuta l'89° giorno può essere presa in esame perchè pervenuta entro i 90 gg di legge e comunque prima dell'irrogazione delle sanzioni amministrative. Purtroppo però è stata comunicata subito l'insanabilità delle opere ai sensi dell'art. 34.
A questo punto, non vedo come ci si possa 'rimangiare' quanto già comunicato (suppongo sulla base di attenta qualificazione del tipo di abuso).

[ 18. ottobre 2005, 12:56: Mod. da Diana Sozio ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  18 ottobre, 2005 12:36 :
 
Credo ci sia poco da scegliere:
o i tecnici ritengono di sospendere le procedure, magari per verificare la salvaguardia dell'immobile legittimo nell'ottica descritta da Tiziano Cornaviera, altrimenti al cittadino non rimane che il ricorso al TAR; qualora, nel secondo caso, non venisse concessa la sospensiva il comune potrebbe attendere, comunque, l'emissione della sentenza da parte del tribunale amministrativo.
In tutti i casi sarebbe utile che un tecnico incaricato dall'interessato proponesse qualche giustificazione tecnica, in tempi utili; ciò giustificherebbe l'operato del responsabile dell'ufficio a fronte delle richieste del consiglio comunale o consentirebbe, in caso di ricorso al TAR, di attenderne l'esito.
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  18 ottobre, 2005 16:54 :
 
L'ulimissima: in data odierna è stata notificata al Comune il ricorso al TAR del cittadino.
Piccolo appunto, irrilevante ai fini tecnici,: "io mi chiedevo come poter -tra virgolette- "salvare" il cittadino, mentre lo stesso (o meglio il suo avvocato) nel ricorso usa dei termini nei miei confronti offensivi e da querela (ma lasciamo stare).
Mi viene imputato nel ricorso:
1.di non aver notificato l'ordinanza anche al marito (in comunione legale) ....ma tutti i precedenti permessi erano intestati solamente alla moglie.
2.di non aver preso in considerazione la richiesta di sanatoria.
E su tale questione vorrei precisare che da un più attento calcolo la stessa è stata presentata il 91° giorno anzichè l'89° come avevo a voi precedente detto (la mia ordinanza è stata notificata al cittadino il 21.03.2005 e la richiesta in sanatoria è del 20.06.2005);
Voglio però aggiungere, ricollegandomi a quanto detto da Davide Maglio, l'abuso non è conforme alla normativa urbanistico-edilizia come previsto dall'art.36 del DPR 380/01 ed anche la parte attaccata all'abitazione, se proprio dobbiamo essere sinceri, è stata realizzata dopo una concessione, già in sanatoria, che sanava un garage staccato dall'abitazione e che dopo alcuni anni è stato addirittura attaccato alla stessa.
Ciao a tutti e grazie del contributo.
P.S. mi consigliate di querelare il cittadino e l'avvocato per le offese scritte nel ricorso al TAR?
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  18 ottobre, 2005 17:16 :
 
Al TAR cosa è stato impugnato? L'ordinanza di demolizione o quella di inottemperanza ed immissione in possesso? o la tua nota di riscontro alla "cosiddetta" sanatoria?
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  18 ottobre, 2005 21:01 :
 
Stranamente non è stata impugnata l'ordinanza di demolizione ma quella successiva accertamento propedeutica all'immissione in possesso e la nota di riscontro (si badi non di diniego perchè la pratica è stata presentata oltre i termini e priva degli elaborati) alla richiesta di sanatoria, poi.... comunque è stata usata la frase di rito...ogni atto, precedente, successivo e conseguenziale a quelli impugnati......
ciao Rocco
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  19 ottobre, 2005 07:17 :
 
Credo che a questo punto - a parte le motivazioni della nota di riscontro, che potranno essere integrate in corso di giudizio ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2 della legge n. 241/90 e s.m. - credo che l'unico possibile motivo di annullamento del provvedimento sia la mancata notifica alla comproprietaria, vizio che comunque potrebbe essere sanato ai sensi dell'art. 21-nonies, comma 2 della stessa legge 241/90 effettuando la notifica.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  19 ottobre, 2005 07:23 :
 
Lascia perdere le querele !
Se ti può consolare anche io all'inizio della mia non breve esperienza amministrativa fui pervaso da un "certo disagio" ( per non dire altro ) nel leggere il contenuto del primo ricorso al TAR .
Riguardo invece al problema che ti occupa, è evidente un difetto di notifica ( al comproprietario ) della prima ordinanza e pertanto degli atti successivi propedeutici alla trascrizione nei registri immobiliari.
Forse è il caso di replicare su una base formalmente corretta tutto il procedimento sanzionatorio .
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  19 ottobre, 2005 08:17 :
 
Concordo con Davide Maglio.
Per chiarire i termini nei quali può essere proposta istanza di sanatoria, riporto per estratto un commento di Giuseppe Di Marco - IPSOA:
<<... l'art. 36 T.u. stabilisce i termini, relativi ai diversi casi indicati dalla norma, nei quali il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono presentare istanza di sanatoria. In realtà, la norma non si esprime esattamente in questo modo; essa indica, invece, i termini entro i quali, "il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso in sanatoria". Si deve, però, ritenere che, malgrado la lettera della norma, il suo significato sia quello di riferirsi ai termini entro i quali è possibile richiedere il permesso di costruire in sanatoria e non a quelli nei quali questo deve essere rilasciato, in quanto il termine per la determinazione del dirigente o responsabile del competente ufficio comunale è indicato nel successivo terzo comma.>>
Da notare che l'art. 36 prosegue con "..e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative" che crea altri dubbi sulla cui interpretazione la dottrina è divisa ma che non dovrebbe influire nel caso in questione.

Se può servire:
Con sentenza TAR Puglia 15.12.94, n. 1525 il termine per proporre la domanda di sanatoria viene ritenuto perentorio.
La Corte di Cassazione con pronuncia del 21.02.90 ha affermato che non può essere rilasciata concessione a sanatoria se la richiesta è presentata oltre i termini di 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire.
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  19 ottobre, 2005 21:46 :
 
Prendendo anche spunto dai vs consigli avrei deciso di fare in questo modo:
partendo dal presupposto che la notifica andava fatta anche al coniuge annullerei, per autotutela, l'ordinanza di accertamento ed acquisizione e, facendo salva quella di demolizione (non impugnata) concederi al cittadino un termine di 15-20 giorni per depositare il progetto della richiesta di sanatoria, la porterei in commissione edilizia e poi riproporrei gli atti consecutivi e conseguenziali.
Cosa vi pare?
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  20 ottobre, 2005 07:33 :
 
Non mi pare corretto perché, anche se l'atto di accertamento dell'inottemperanza non è stato comunicato al coniuge, comunque l'inottemperanza è avvenuta e questo ha determinato ope legis l'acquisizione degli immobili al patrimonio comunale.
Se, invece, l'istanza presentata dall'interessata può essere considerata quale istanza di sanatoria e la successiva nota del Comune può essere considerata come diniego, credo che debba essere emessa una nuova ingiunzione di demolizione da eseguire entro 90 gg..
Inoltre, se già una richiesta di sanatoria è stata respinta, non capisco perché invitare l'interessata a proporne un'altra.
In
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  20 ottobre, 2005 08:26 :
 
Se hai deciso di intraprendere la strada dell'annullamento in autotutela, io consiglierei di ripercorerre l'intera procedura fin dall'emissione dell'ordinanza di demolizione.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  20 ottobre, 2005 09:06 :
 
IO non farei un annullamento in autotutela, ma semplicemente rinnoverei dall'inizio la procedura sanzionatoria a partire dall'ordine di demolizione (preceduta da avvio di procedimento in cui si comunica ed anticipa che la procedura viene rinnovata - tanto per calmare gli animi presso il TAR).
del tipo:
...Premesso che l'ordinanza non e' stata notificata al coniuge (motivando la svista in relazione al fatto che tutti i precedenti permessi erano intestati solamente alla moglie)
...Ritenuto dover rinnovare l'ordine di demolizione ...ecc (da notificare ad entrambi i coniugi)

In tal modo tutti (comune e proprietari) potranno godere di una procedura ex-novo e corretta, e pertanto i proprietari potranno formulare (con contezza progettuale) le varie istanze di sanatoriase possibili).
In questo modo il ricorso pendente al TAR perderebbe di significato, quindi ci si potrebbe non costituire come Comune, e forse lo stesso proprietario non avrebbe interesse.
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  20 ottobre, 2005 09:13 :
 
Forse può essere utile la sentenza TAR Toscana 1253 - 25 luglio 2001, che ha così deciso, per un caso analogo: "L'ingiunzione di demolizione di immobile abusivo, essendo improduttiva di effetti diretti ed immediati sul patrimonio del soggetto cui è intimata, ha sostanzialmente carattere di diffida rivolta ad assegnare un termine all'intimato, al fine di consentirgli lo spontaneo ripristino della legalità, e di evitargli in tal modo di subire la definitiva sanzione all'uopo prevista dalla legge. Di conseguenza, l'ingiunzione a demolire non è viziata da illegittimità per il solo fatto di non essere stata notificata a tutti i comproprietari, fermo restando che il successivo provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 7 della L. 47/85, non è legittimamente adottato nei confronti del comproprietario al quale non sia stata notificata la diffida".
Analogamente si è espressa anche la CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27/02/2003 (CC. 23/01/2003), RV. 224174, Ordinanza n. 09225

[ 20. ottobre 2005, 10:18: Mod. da Dei Cas Michele ]
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  20 ottobre, 2005 10:01 :
 
Però oggi l'art. 31, comma 2 del T.U: Edilizia dispone testualmente che "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ... ingiunge al proprietario .... la rimozione o la demolizione".
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  20 ottobre, 2005 10:12 :
 
Circa il ricorso al TAR mi permetto di ricordare che chi, come me, accetta il principio dell’acquisizione ope legis desume che, ove il provvedimento di ripristino sia divenuto inoppugnabile, il responsabile dell’abuso non potrà far valere in sede di ricorso contro il provvedimento di acquisizione profili di legittimità ed eccezioni che si riferiscono all’ingiunzione presupposta.
Contro il provvedimento di accertamento dell’inadempienza e di acquisizione possono essere fatti valere solo vizi propri della procedura che ha determinato l’acquisizione ope legis.
Questo poi deve essere messo in relazione con il ricondurre la natura del provvedimento, con cui si accertava l’inadempienza, alla categoria degli atti meramente dichiarativi di una situazione giuridica (l’acquisizione gratuita) già costituita, assumendo quindi valore ricognitivo di un fatto oggettivo.
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  20 ottobre, 2005 10:45 :
 
Roberto Moretti ha ragione; avevo dato per scontato che, come in altri casi, la formula del Testo unico avesse ripreso senza modifiche sostanziali quella della legge 47; in questo caso invece non è così; quindi le sentenze citate che, appunto, facevano riferimento alla normativa previgente, probabilmente non sono più pertinenti.
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  20 ottobre, 2005 21:29 :
 
Perchè dovrei riproporre anche la prima ordinanza di demolizione se non è stata impugnata ed è divenuta esecutiva.
Io assegnerei solo un termine congruo per presentare gli elaborati e poi decidere su un'eventuale permesso in sanatoria, magari anche parziale.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  21 ottobre, 2005 20:12 :
 
Scusate, dopo tanti pareri autorevoli, non ho compreso bene. La scadenza dei 90 giorni, scadono, dal giorno in cui è stata emessa l'ordinanza di demolizione?
Sono a conoscenza di un caso,il 18 maggio 2005 è stata fatta una ordinanza di demolizione di un opera abusiva, trascorsi i 60 giorni, l'interessato non ha fatto ricorso al T.A.R. IL 05 Settembre 2005 ha chisto la sanatoria, il Comune gli la concessa, è normale??grazie

[ 22. ottobre 2005, 15:27: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on 22 ottobre, 2005 16:23 :
 
I 90 giorni decorrono dalla data della notifica all'interessato.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on 22 ottobre, 2005 20:06 :
 
La notifica è stata fatta il 18 Maggio 2005, pertanto l'ufficio tecnico,o la commissione edilizia,(non lo sò chi) non dovevano concedere la sanatoria,e quindi si doveva procedere alla demolizione dell'opera abusiva.
Hanno commesso un errore??

[ 22. ottobre 2005, 21:02: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on 23 ottobre, 2005 00:27 :
 
No Mario, il termine dei 60 giorni è per proporre ricorso al TAR (o 180 gg. al Presidente della Repubblica)comunque vi sono 90 gg. per eventuale sanatoria.
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on 23 ottobre, 2005 07:55 :
 
E quindi superati i 90 giorni, dalla notifica o ordinanza, e se non vi è stata opposizione, la sanatoria non può essere concessa perche superati i 90 giorni ?.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  23 ottobre, 2005 11:52 :
 
Secondo me la questione non deve essere affrontata rrispetto ai termini di scadenza, i quali vanno bene se i provvedimenti emessi sono pienamente leggittimi.
Mi spiego:
per il caso in questione va valutata a monte la qualificazione giuridica dell'intervento (in questo caso nuova costruzione, in quanto apliamento volumetrico)
Dopodichè va verificata che tipo di sanzione appliicare, o meglio quale articolo applicare.
art 31 se totale difformita o sensa permesso di costruire
art 34 parziale difformita
art 36 accertamento di conformita
dalla corretta individuazione degli articoli da opplicare ne discende una ordinananza pienamente leggittima.
Dopo di che è perfettamente corretto rifarsi ai tempi previsti per ottemperare alla ordinanza., altrimenti si rischia il contenzioso al tar.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  23 ottobre, 2005 15:38 :
 
Ing. Rizzo. il caso di mia conoscenza:
Art.31, in totale difformità, e senza permesso di costruire.
Gradirei sapere, i tempi per far ricorso al T.A.R.
I tempi per chiedere la sanatoria.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  23 ottobre, 2005 17:10 :
 
Pizzaballa, io ragiono cosi':
1- vengo a cono scenza dell'abuso
2 - avvio procedimento (sanzionatorio) L. 241/90 o ordinanza sospensione lavori se trattasi di lavori in corso
3 - qualifico l'abuso e verifico la possibile sanabilità( art. 34 o art. 36)
4 - se sanabile invito a presentare sanatoria (magari entro tot giorni)e non faccio ordine di demolizione chge sarebbe abnorme.
5 - se non presenta anatoria faccio ordinanza demolizione (indico anche l'area da acquisire)
6 - passati 90 giorni verifico l'ottemperanza e faccio ordine di sgombero e di immissione in possesso.
7 vado in consiglio per vedere s vogliono demolire o mantenere al patrimonio pubblico.

NB. nel caso in cui faccio atti precipitosi cerco di riaprire la questione, magari congelando gli atti e dando spazio al privato di intervenire.

NB2 gli avvocati si inventono di tutto, prova ne sono i diversificati pronunciamenti giuirisprudenziiali sulla medesima questione.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  23 ottobre, 2005 19:52 :
 
Purtroppo, mi dicono che il Comune è venuto a conoscenza (si fa per dire) un anno dopo, dell'abuso.
O meglio lo so, se qulcuno non dice nulla,sei tranquillo, ( vedo non vedo), purtroppo per il mal capitato, qualcuno la visto, l'abuso.
Ha questo punto il Comune,cosa deve fare?

[ 23. ottobre 2005, 23:06: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  24 ottobre, 2005 07:46 :
 
A mio parere, una volta trascorsi i 90 giorni dall'ordinanza, se il responsabile non ha provveduto alla demolizione si verifica ope legis l'acquisizione degli immobili al patrimonio comunale.
Quindi, non può essere accolta la richiesta di sanatoria presentata dopo tale termine, perché così prevede la legge (art. 36, comma 1, T.U.) e perché ormai gli immobili sono di proprietà comunale.
Se invece si ritiene che l'ordinanza fosse affetta da qualche vizio di legittimità, il Comune può annullarla in autotutela ed, in questo modo, riaprire i termine per un'eventuale sanatoria.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  24 ottobre, 2005 08:10 :
 
Io concordo con chi consiglia di annullare tutto e ripartire dall'inizio: dalla relazione istruttoria a seguito sopralluogo.
Più puntualmente si esegue questa istruttoria, meno probabilità ci sono di incappare in errori e ricorsi.
Nella relazione istruttoria, oltre a identificare precisamente le opere abusive (responsabili, proprietari, esecutore, data abusi, ...) è fondamentale qualificarle singolarmente ,(soggette a PdC, a DIA, conforme, non conforme, presenza vincoli, sanabili, non sanabili, ev. pregiudizio della parte conforme...) al fine di inquadrare l'abuso nelle giuste tipologie ed emettere coerentemente gli atti conseguenti.( artt 31,33,34,37).

<< ...decidere su un'eventuale permesso in sanatoria, magari anche parziale>> va bene per salvare il salvabile, ma viene il dubbio che ordinanza di demolizione sia stata emessa senza fare queste valutazioni.

Succede quindi che il sig Pizzaballa, riferindosi ad un'altra interminabile discussione,
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001077#000000 esiga, con ragione, che alla scadenza di una ordinanza di demolizione (se non viene annullata) venga dato corso.
Trattandosi, nel caso citato, di una recinzione, una corretta istruttoria avrebbe inquadrato l'intervento nell'art 37, e chiuso rapidamente applicando la prevista sanzione pecuniaria.

Su eventali richieste di sanatoria, più che il parere della CE, è indispensabile la conformità quindi, sentiamo la CE, ma dovrà pronunciarsi esclusivamente sulla conformità o meno della proposta.
Spero di non aver creato troppa confusione, consulta comunque il legale di fiducia.
 

Questa discussione CONDONO E ACCATASTAMENTO F3 E F4 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001197


Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  11 ottobre, 2005 10:09 :
 
HO CONDONATO LA CHIUSURA DI UN PORTICO COME ABITAZIONE MA ANCORA AL RUSTICO, OVVERO SONO STATE REALIZZATE SOLO LE TAMPONATURE PERIMETRALI CHE DEFINISCONO APPUNTO IL VOLUME SENZA INTOACO INFISSI IMPIANTI E TUTTE LE OPERE INTERNE NECESSARIE A RENDERLO ABITAZIONE.

IN SEDE DI ACCATASTAMENTO AI FINI DEL CONDONO EDILIZIO POSSO ATTRIBUIRGLI F3 (IN CORSO DI COSTRUZIONE) O F4 (IN CORSO DI DEFINIZIONE)?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  11 ottobre, 2005 13:47 :
 
Avrei quanche difficoltà ad accogliere questa domanda di condono in quanto le opere non sono completate funzionalmente. In pratica abuso realizzato è solo il tamponamento di qualche muro. L'appartamento, di cui si chiede il condono, ancora non esiste.
 

Questa discussione CONDONO DI MAGAZZINI IN ZONA E2 (AGRICOLA DI VALORE NATURALE PAESISTICO) nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  11 ottobre, 2005 11:22 :
 
HO FATTO RICHIESTA DI CONDONO PER DEGLI ANNESSI AD UN FABBRICATO RURALE IN ZONA E2 (AGRICOLA DI VALORE PAESISTICO NATURALE)

GLI ANNESSI SONO 1 MAGAZZINO DI 16.5 MQ
1 RIMESSA DI 24 MQ.
1 CANTINA DI 6.5 MQ.
1 RIPOSTIGLIO DI 3 MQ.

LO POTEVO FARE?
SE SI COME DEVO FARE X OTTENERE IL NULLA OSTA DEI BENI AMBIENTALI ?
ENTRO IL 31 OTTOBRE?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  11 ottobre, 2005 14:42 :
 
La sanatoria di immobili in zone vincolate richiede particolare attenzione in quanto c'è il rischio di incorrere in una autodenuncia, sia per il fatto che l’abuso non venga correttamente inquadrato, sia perché in ogni caso per ottenere la sanatoria, è sempre necessario il parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

La condonabilità dipende da vari fattori:
la disciplina della propria legge regionale, il fatto che le opere siano state eseguite prima o dopo l'imposizione del vincolo, il fatto che risultino o meno conformi.

Per richiedere il n.o. dei beni ambientali penso basti sentire il tecnico comunale e trasmettere la documentazione necessaria per l'esame della pratica.
 

Questa discussione occupazione suolo pubblico e accesso carrabile nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da leonardo benedetti (Utente n. 4763) on  10 ottobre, 2005 11:06 :
 
buongiorno
un dubbio, nel caso in cui sia necessario richiedere l'occupazione temporanea di parte di una strada comunale per permettere il parcheggio di mezzi pesanti (autobotte e pompa) sulla strada (essendo la strada vicinale di accesso al cantiere troppo stretta) per il trasporto del cemento laddove si trovino dei passi carrabili e non risultando per conformazione della strada altra possibilità di posizionamento dei mezzi, prevale l'occupazione o il divieto di sosta per l'accesso carrabile? piu' in generale il divieto di sosta per passo carrabile puo' essere opposto anche a chi sia autorizzato temporanemente ad occupare l'accesso dal comune?
chiedo scusa se non sono risultato troppo chiaro
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  11 ottobre, 2005 08:11 :
 
Io penso che un conto sia l'occupazione del suolo pubblico e un'altro la chiusura al traffico della strada, o parte di essa, per la quale ci vuole ordinanza.
Con la domanda di occupazione forse era il caso di precisare che ciò comportava la chisura al traffico per tot tempo di determinati accessi in modo che il Comune, verificata la fattibilità, potesse predisporre l'ordinanza di chiusura avvisando quindi preventivamente gli interessati.
 

Questa discussione Demolizione parziale nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  07 ottobre, 2005 07:07 :
 
Quali sono le conseguenze nel caso in cui, a seguito di un'ingiunzione di demolizione, entro il termine di 90 gg. le opere abusvie vengono demolite solo parzialmente ?
Deve essere acquisita al patrimonio comunale l'intera area indicata nell'ingiunzione, oppure soltanto quella commisurata alle opere che sono rimaste in piedi ?
E nel caso in cui vengano mantenute in essere soltanto opere non valutabili in termini di volume (es. un basamento in cls), si deve comunque procedere all'acquisizione dell'area oppure si applica una sanzione pecuniaria commisurata alle opere medesime ?
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  07 ottobre, 2005 08:15 :
 
Io farei cosi:
1 - prendere atto della avvenuta parziale demolizione e avviare nuovo procedimento sanzionatorio (tramite relazione di ottemperanza alla ordinanza)
2- valutare la consistenza delle opere residue come se fosse un nuovo abuso
3 - valutare se le opere sono sanabili o meno e quindi emettere gli atti conseguenti.
3.1 se sanabili invitare a formulare richiesta di sanatoria
3.2 se non sanabili emettere nuova ordinanza demolitoria
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  09 ottobre, 2005 18:41 :
 
Procedendo in questo modo, però, mi sembra che si andrebbe ad attribuire un indebito vantaggio al responsabile dell'abuso - che è, almeno in parte, inadempiente - visto che gli si consente di mantenere in essere parte delle opere abusive per ulteriori 90 giorni.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 ottobre, 2005 08:00 :
 
Se quello che rimane è un basamento in cls mi pare che l'acquisizione sia un atto non corretto in quanto non corrisponde a quanto ordinato di demolire.
Riprendo la scaletta di Rocco al punto 3:
3 - Valutare se l'opera resudua è soggetta a PdC oppure DIA
3.1 se PdC difforme emettere nuova ordinanza demolitoria (art. 31 TUE)
3.2 Se PdC conforme, qualora l'interessato non abbia presentato sanatoria, indicare nell'ordinanza la possibilità di richiedere l'acceratamento di conformità.(art. 36 TUE)
3.3 se DIA sanzione pecuniaria (art. 37 TUE)
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  12 ottobre, 2005 10:41 :
 
Poche storie, l'opera dev'essere demolita nella sua interezza, essendone le varie parti inscindibili.
Un basamento di cemento ( solaio e fondamenta ? ) non è certo altra cosa o comunque meno grave della parte in elevazione.
Procedere , procedere con gli atti ....
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  12 ottobre, 2005 11:45 :
 
Intendi dire con gli atti relativi all'acquisizione dell'area oppure quelli indicati nei precedenti interventi ?
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  12 ottobre, 2005 12:28 :
 
In caso di inottemperanza parziale è doveroso dar corso ai provvedimenti sanzionatori già emessi, non emetterne di nuovi.
Procederei per il caso segnalato nel quesito, a meno che il responsabile non provveda alla totale demolizione, in primo luogo all'acquisizione , poi alla demolizione.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  13 ottobre, 2005 10:33 :
 
Poche storie, l'opera dev'essere demolita nella sua interezza.
Certo, questo va detto al trasgressore e il più delle volte funziona.
Quando però non ti acoltano, espropriare del terreno per un basamento in cls mi pare quantomeno un atto abnorme.

Inoltre, una volta acquisita l'area, sulla demolizione decide il Consiglio Comunale al quale la pratica va trasmessa e potrebbe pure accorgersi che l'oggetto dell'abuso non è più lo stesso.
A me pare quindi più corretto evitare l'esproprio e sanzionare il basamento ai sensi dell'art. 37 c.1 TUE.
Potrebbe anche essere che, di fronte alla prospettiva di una sanzione pecuniaria salata, il trasgressore si convinca a demolire.

[ 13. ottobre 2005, 14:59: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
 

Questa discussione denuncia in catasto nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001191

Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  06 ottobre, 2005 12:30 :
 
Ai fini del condono edilizio, che cosa si intende per "denuncia in catasto", la cui attestazione deve essere presentata al Comune entro il 31.10.2005 ?
Nel caso di nuova costruzione, è sufficente l'avvenuta presentazione del tipo mappale al catasto terreni ovvero è necessario aver presentato anche il modello DOCFA al catasto fabbricati ?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  11 ottobre, 2005 07:46 :
 
Per me si intende la copia della denuncia in catasto dell’immobile compresa la documentazione relativa all’attribuzione della rendita catastale.

Per approfondire vedi in particolare "IL PROCEDIMENTO DI DEFINIZIONE DELLE PRATICHE DI CONDONO EDILIZIO" :
http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=documenti_condono_edilizio
 

Questa discussione Interruzione termine sanatoria art. 36 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001181


Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  29 settembre, 2005 07:45 :
 
Vi sarei grato se mi faceste conoscere la vostra opinione sulla natura del termine di 60 gg. previsto dall'art. 36, D.P.R. 380/01 per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e sulla possibilità di sospendere detto termine per eventuali richieste di integrazioni documentali da parte del Comune.
La Provincia (a cui, nella mia Regione, compete l'intervento sostitutivo di cui all'art. 21 dello stesso D.P.R.) sostiene che il termine di 60 gg. non può essere sospeso se non per un breve periodo stabilito dal Comune, decorso il quale - se non è stato prodotto quanto richiesto - si forma tacitamente il diniego.
A mio parere, però, non può essere legittimo un diniego basato soltanto sulla mancata presentazione delle integrazioni richieste, anche se dovrebbe esserci un sistema per evitare che il responsabile dell'abuso se ne approfitti e rimandi indeterminatamente la definizione della pratica (e l'eventuale, conseguente, applicazione delle sanzioni di legge).
Che cosa ne pensate ?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 29 settembre, 2005 09:50 :
 
Adottare provvedimenti interelocutori, dopo l'entrata in vigore del TUE, non pare ammesso.
Per pronunciarsi il RP deve SOLO valutare se l’intervento proposto risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente. E 60 giorni potrebbero bastare se si attiene esclusivamente a quanto sopra.
Andare oltre tale termine equivale a silenzio-rifiuto ma può essere anche valutato come inerzia su un eventuale ricorso al TAR.

Al primo comma dove c'è scritto
.. possono ottenere il permesso in sanatoria.." va più correttamente inteso come .. possono RICHIEDERE il permesso in sanatoria..
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  29 settembre, 2005 10:29 :
 
Io sarei possibilista alla luce della L. n° 241/90, riformata, valuterei l'opportunità di procedere attraverso il 10/bis.
Anche se al comma 3 del 36 si prevede espressamente il silenzio rifiuto tarscorsi 60 giorni dalla richiesta del permesso, con la nuova disciplina introdotta dalla 241 riformata, ritengo più opportuno utilizzare il nuovo procedimento.
Ciao
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  29 settembre, 2005 11:30 :
 
Ci sono casi, però, in cui le integrazioni richieste sono essenziali per valutare sel'intervento realizzato sia conforme o meno alla normativa vigente (ad esempio, lo studio idraulico prescritto dal Piano di Bacino perché l'Ente competente possa assentire l'edificazione ad una certa distanza da un corso d'acqua pubblico).
In casi come questo, il Comune si trova nell'impossibilità di rilasciare il permesso ma, al tempo stesso, non ha gli elementi per sostenere che l'intervento non è conforme al Piano di Bacino.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  29 settembre, 2005 14:26 :
 
Per me pronunciarsi con adeguata motivazione può significare anche:
"L'intervento è conforme fatto salvo il n.o. di ..."
Il ricorso all'art. 10bis (che è pure un pronunciamento) pare applicabile solo nel caso l'intervento non risulti conforme.
Quelli da evitare sono interventi interlocutori del tipo:
"la domanda è sospesa perchè manca la marca da bollo, il modello Istat, ecc. , devi allinerare la finestra come da parere della CE, ....." (succede)
 

Questa discussione Uff. Tec.- responsabilità nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001180


Inserito da Niki Giacaluso (Utente n. 4902) on  28 settembre, 2005 15:22 :
 
Il responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale ha il dovere di assicurarsi che le planimetrie dei luoghi riportati nella richiesta del permesso di costruire siano corrette? Ha il dovere di controllare il mappale della zona? Un cordiale saluto.Niki

[ 28. settembre 2005, 16:22: Mod. da Niki Giacaluso ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  29 settembre, 2005 17:07 :
 
Per il responsabile dell'ufficio presumo tu intenda chi cura l'istruttoria.
In ogni caso penso di no. E' compito del progettista mentre l'istruttore dovrà verificare che gli elaborati siano presentati come da REC.
Onde responsabilizzare il progettista, certi regolamenti prescrivono una dichiarazione di corrispondenza da parte dello stesso accanto alle planimetrie.
Ovviamente se in fase di istruttoria riscontro errori e carenze, richiederò l'adeguamento.
 

Questa discussione estetica ed ornato nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001164


Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  20 settembre, 2005 14:17 :
 
La funzione estetica di un'opera edilizia passa solitamente attraverso il principio della soggettività; a chi spettano le decisioni in assenza di commissioni edilizie o di ornato?
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  20 settembre, 2005 15:08 :
 
Problema spinosissimo! In realtà, secondo me, nessuno è davvero in grado di attribuirsi competenze atte a qualificarlo come esteta il cui parere sia inscalfibile. Il problema diviene quindi di legittimare chi esprime un parere volto a collocare un progetto nelle categorie del bello, del passabile o del brutto. Perchè, stringi stringi, depurato il discorso dai paroloni sulla qualità dell'architettura, sull'inserimento armonico nel contesto ambientale, sulle valenze formali, sulle ricostruzioni filologiche e bla bla bla, alla fine si arriva al volgarissimo "mi piace, non mi piace". Da qui l'opportunità che ad esprimere tale parere sia un organo collegiale al cui interno si possano confrontare competenze, esperienze e sensibilità diverse.
Se tale organo non c'è, o si ricorre a mezzi discutibili come quelli introdotti dal piano territoriale paesistico della regione Lombardia, che ha inventato una tabellina atraverso la quale misurare l'impatto paesistico dei progetti, o, sadicamente, si affida l'onere del parere al responsabile del procedimento (fornendolo di impermeabile e calosce, visto il ruolo da parafulmine).
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  20 settembre, 2005 16:16 :
 
Concordo sul triste ed obbligato destino del responsabile del procedimento;comunque è già indicato dall'articolo 20 comma 4 t.u. ed. come il titolato alla richiesta di lievi modifiche progettuali.
Certo che è a rischio di censura una valutazione discrezionale del responsabile priva del supporto di un parere della c.e. o di una norma del regolamento edilizio.
Si può conoscere per ipotesi il caso che pone problemi ?
Cordiali saluti
Michele Parodi
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  20 settembre, 2005 16:30 :
 
Ai posteri, io credo.

Nel '27 Giuseppe Terragni realizzò il Novocomun, ritenuto dai più uno dei capolavori dell'architettettura moderna italiana, e potè realizzarlo solo grazie ad un inganno. Presentò un progetto di impronta neoclassica alla commissione d'ornato che ovviamente ottenne il benestare. Poi realizzò un edificio razionalista radicalmente diverso che destò scandalo.
La commissione non lo avrebbe mai lasciato passare, pensando di fare bene e mai più immaginandosi che sarebbe finito sui libri di storia dell'architettura.

Quindi, se talvolta gli eventi hanno dimostrato che neanche le commissioni d'ornato detengono il giudizio estetico, figuriamoci se questo può essere messo nelle mani di un singolo soggetto.
 
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  20 settembre, 2005 16:32 :
 
Solo per ricordare che la valutazione sul pregio estetico di un intervento edilizio deve trovare giustificazione normativa nel regolamento edilizio (art. 4 DPR 6.6.2001, n. 380).
In difetto, la relativa valutazione effettuata dal resposabile appare illegittima, in grado di riverberarsi sul provvedimento finale.
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  20 settembre, 2005 17:34 :
 
Al responsabile del procedimento toccherà prima o poi di studiare il breviario di estetica di Croce per poter motivare un provvedimento in assenza di parere della c.e. o di norma regolamentare?
Aspetto impaziente un atto imperniato sul concetto di estetica come "intuizione lirica" (Croce) o di "imminenza di rivelazione" (Borges).
L'argomento è molto interessante, ma se anche Terragni la sfangò così.
 
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  20 settembre, 2005 17:41 :
 
Nel dotto intervento di Parodi si dà per certo che il responsabile possa valutare il pregio estetico di un intervento edilizio pur in assenza di norma regolamentare.
Credo che la valutazione effettuata in tale senso sarebbe priva copertura normativa, non potendo esercitarsi un potere pubblicistico al di fuori dei casi consentiti da una superiore fonte normativa,anche secondaria.
La questione non muta laddove l'ente locale abbia deciso di avvalersi del'operato della Commissione edilizia, giacché anche tale organo collegiale può esprimere un parere sull'estetica di un progetto soltanto laddove il regolamento edilizio gliene abbia conferito il potere.
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  20 settembre, 2005 17:58 :
 
Probabilmente il collega Brotto ha frainteso: ho scritto, nell'intervento che ha preceduto il suo primo, che un provvedimento assunto in mancanza di un parere della commissione edilizia(allegherò quando avrò il tempo di cercarla una sentenza del TAR Lazio del 2003 sulla questione)o di una norma del regolamento edilizio è censurabile.
Dunque siamo perfettamente d'accordo, anche se forse non abbiamo le medesime passioni letterarie.
Cordiali saluti
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  20 settembre, 2005 18:22 :
 
Il problema vero, avv. Brotto, è che il diritto amministrativo fa il suo mestiere, ma purtroppo tale mestiere non contempla la necessità di capire che se c'è una cosa che non si può normare, è proprio l'estetica dei fabbricati. Possiamo decidere più facilmente quando è bella una donna (e poi litigheremmo comunque). I rr.ee. possono dare indicazioni di larghissima massima, spiegarci quali materiali sarebbe meglio usare (e già andrebbe ben motivato), parlarci di proporzioni e di soluzione delle facciate, ma mai saranno in grado di dirci come deve essere un edificio per poter essere considerato "bello". Questo concetto appartiene infatti alla categoria della soggettività, e la stessa critica architettonica è una maschera colta che nasconde un impalcato rude e primitivo: io posso dire che il Guggenheim di Bilbao mi pare una vaccata pazzesca, Gregotti userà termini coltissimi per criticare Gehry e il decostruttivismo, ma alla fine le conclusioni saranno le medesime. Certo è che il regolamento edilizio di Bilbao mai e poi mai avrebbe potuto prevedere l'opera di Gehry, e allora: se il Guggenheim fosse ritenuto "bello", il regolamento che l'avesse vietato sarebbe un buon regolamento?

[ 20. settembre 2005, 18:23: Mod. da Carlo Megali ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  21 settembre, 2005 09:24 :
 
Per me è ormai assodato che il ruolo del RP è centrale (anche nei confronti del responsabile del provvedimento) mentre marginale è quello della CE che, ove esiste ancora (depurata dai politici), può solo supportare il RP nella fase istruttoria suggerendo le modifiche da apportare al progetto dei limiti dell'art. 20 comma 4 t.u.

Quindi se un consesso di esperti quale la CE non può imporre valutazione di carattere estetico, tantomeno il RP dovrebbe sentirsi deputato a farlo.

Purtroppo non sempre le CE sono consapevoli del valore del loro apporto e mettono in difficoltà il RP.

Poi arrivano le sentenze come la n. 64 dell'11 gennaio 2005, del T.A.R. Veneto che spiega che il diniego o l'imposizione di prescrizioni per motivi estetici, non possono discendere dall'astratta valutazione circa il valore estetico dell'opera, ma debbono pur sempre essere ricondotti all'applicazione di norme e/o di criteri contenuti negli strumenti urbanistici o introdotti nel regolamento edilizio (art. 4 DPR 6.6.2001, n. 380).
L'attività dell'amministrazione è vincolata dalle norme che disciplinano l'attività edificatoria all'interno del Comune il quale deve limitarsi ad accertare la perfetta corrispondenza di tutti gli elementi progettuali con le anzidette prescrizioni, senza alcuna possibilità di imporre prescrizioni o limitazioni diverse.

Se c'è una cosa che non si può normare, è proprio l'estetica dei fabbricati (per fortuna).
Mi pare opportuno che i RE diano solo indicazioni generiche piuttosto che pagine di dettagliate prescrizioni che pochi leggono e spesso obbligano il progettista a soluzioni pasticciate.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  21 settembre, 2005 14:22 :
 
La problematica, come si legge dagli interventi, è sicuramente molto complessa, e non è solo riferita allo stabilire il bello ed il brutto, dato che l'estetica dell'edificio o di un'opera riferita ad un immobile principale (per come sono concepite le norme comunali) verte in modo solitamente marginale verso il corretto inserimento nel contesto od al rispetto delle tipologie esistenti (che sono tante a seconda del numero degli abitanti).
Pochi enti sono dotati di regolamenti che bene o male cercano di regolare le tipologie degli interventi od almeno i materiali da impiegare e rarissimi sono quelli dotati, ad esempio, di piani del colore o altro.
Mi pare, comunque, che tutte queste discussioni aperte da appassionati ambientalisti (che sono poi i proprietari degli immobili) nascondano invece un riscontro economico dovuto al minore costo della proposta rispetto a quello dell'intervento "corretto";
Dalla profonda discussione emerge sempre (per esempio) che il tetto in portoghesi costa meno di quello tradizionale in coppi alla toscana od alla romana (tanto non si vede ed è comunque simile), oppure che una tinteggiatura in quarzi od altro (una volta fatta non si tocca più) ha il solito effetto di una tradizionale tempera (tanto la tonalità ed il colore sono uguali).
Questa discussione, di fatto ha due interlocutori: un privato che chiede o propone ed un organo che dovrebbe essere comunque deputato a decidere.
Ho sempre ritenuto che da quando è stato istituito il responsabile del procedimento, il quale si esprime dal punto di vista urbanistico, la commissione edilizia, se ancora sussistente, fosse deputata al fattore estetico.
In assenza di questa riterrei che il tecnico abbia facoltà prescrittive.
Diversamente non potrei subordinare il titolo abilitativo a prescrizioni importanti quali (ad esempio) il dimensionamento, la tipologia, la simmetria delle aperture o meglio ancora la tipologia della copertura di un nuovo corpo di fabbrica rispetto all'edificio esistente, imponendo una "capanna" invece che accettare un improprio "padiglione".
Limitarsi alle valutazioni nei centri storici quando esistono numerosi edifici, aggregati o contesti comunque peculiari, anche se erroneamente inseriti in zone urbanistiche dove tutto è concesso, oppure evitare soltanto le tinteggiature esterne bianche e nere per gli juventini o giallo rosse per i romanisti, porta soltanto al progressivo degrado territoriale.
Se posso dire di no ad una copertura in onduline o ad una facciata color arancio (almeno su quello dovremmo essere tutti d'accordo), perchè non posso prescrivere l'utilizzo di un determinato laterizio oppure una tonalità di colore delle terre anzicchè un'altra?
Io credo che questa facoltà prescrittiva faccia parte del nostro potere decisionale e soprattutto, anche se di solito si finisce per concordare con il privato tutte le modalità in discussione, riterrei che la posizione giuridica del comune debba prevalere rispetto quella del privato.
Se tutto ciò non fa parte delle competenze del responsabile del procedimento, sarà comunque spettanza del responsabile del servizio, del settore o di qualsiasi santo purchè appartenente alla casa comunale (vorrei almeno sperare).
Da buon maggiordomo del popolo vorrei almeno tentare di resistere un po' su quel minimo di potere decisionale che dovrebbe rimasto in capo al comune.

Buon divertimento
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  21 settembre, 2005 14:40 :
 
Ho già scritto e confermo: una valutazione discrezionale del responsabile dell'ufficio espressa in materia di estetica, declinata magari in termini di freno al "degrado territoriale" o di preferenza per certi materiali "biocompatibili" che sia priva del sostegno di un parere della commissione edilizia, di una norma del regolamento edilizio, di una norma di piano regolatore, paesistico, di parco ecc, di un progetto colore è censurabile.
Anche perchè consideri, ad esempio, che l'arancione piace assai, è di moda come il prugna e il lilla.
Auspico, quindi, che il responsabile dell'ufficio non assuma il ruolo di maggiordomo del popolo, tantomeno di arredatore o stilista urbano e consulente di look edilizio.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  21 settembre, 2005 14:44 :
 
Credo, caro Marco, che il tuo ultimo intervento vada più collocato nell'ambito della regolamentazione posta a tutela di aspetti storico-culturali dell'edificato, possibile ed auspicabile per ambiti limitati del territorio comunale (centri storici, edifici non vincolati ma di interesse storico architettonico, ecc.), difficilmente proponibile (e forse è proprio meglio non proporla) per l'intero territorio comunale, incluse le aree di espansione, con riferimento alla "estetica" in senso lato. Del resto, altrimenti, la libertà progettuale che fine farebbe? Fermo restando, beninteso, che il giorno in cui Norman Foster progettasse una splendida torre per uffici nel cuore di San Gimignano, il dibattito architettonico sarebbe furioso e le censure ai regolamenti buoni per tutte le stagioni si sprecherebbero. Ma riconosco che, proprio recentemente, la vicenda della pensilina di Isozaki a Firenze fa venire voglia di regolamentare anche lo spessore delle fughe tra i corsi di mattoni!

[ 21. settembre 2005, 14:51: Mod. da Carlo Megali ]
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  22 settembre, 2005 11:08 :
 
Se decido io, e solo io, con il mio autonomo pensare, ciò che bello e ciò che è brutto, quale colore sia giusto o meno, mi ergo a paladino di un paradigma estetico che è espessione in divenire e mutevole di una civiltà.
"Tu non puòi fare questa cosa perchè secondo me è brutta".

Se proviamo viceversa a rovescare il concetto, pensate a quel progettista che ritenendo con onestà intellettuale di aver creato il sublime equibrio fomale-estetico, presenta il suo progetto in comune e come risposta si sente dire : "non lo puoi fare, secondo me è brutto".
Egli potrebbe anche concludere che costui stia impedendo in maniera arbitraria il libero sviluppo del bello.

Quindi per tornare al concreto, nessuno dovrebbe, a mio avviso, impersonare le regole estetiche se queste non esistono, e nemmeno assurgersi a censore.

P.S. Nel comunello dove sono responsabile un pò di tutto, dai cestini ai centri commerciali, è appena stata ricostruita con d.ia. in centro storico una casa.
Colore finale : simil-arancione.
Piano colore inesistente.
Obiezioni del Responsabile: nessuna.

Cordiali saluti a tutti
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  23 settembre, 2005 09:42 :
 
Mi sembra che stia passando una linea molto pericolosa che lega i valori territoriali alla serietà o noncuranza degli operatori, invece che alla posizione giuridica del comune e sul proprio potere decisionale.
Il punto della discussione mi sembra in stallo.
Regole in materia mi sembra che sia quasi impossibile redigerle dato che occorrerebbe normare anche le dimensioni delle viti o la qualità della colla da falegname.
Il responsabile del procedimento trova un po' di conforto nell'art.20 comma 4° del t.u., ma guai se si permette di stabilire che la facciata arancione o lilla non si fa (è concessa soltanto un po' di trattativa con l'operatore se questi gentilmente consente).
Praticamente se tutti proponenti si svegliassero una mattina e decidessero di modificare i propri edifici realizzando tetti rotondeggianti guarniti di canale in plastica rosa, finestre romboidali o modello oblò, facciata con esecranti disegni uguali a quelli dei treni, basterebbe una semplice DIA per far zittire il r.p. (è sicuramente un esempio estremo ma che rende sicuramente chiara la situazione).
Finale: se il progettista è un essere normale (e convince soprattutto il proprietario) il r.p. è tranquillo, ma se non volendo questi è un "genio" ed il proprietario gli riconosce tale qualità... non ho capito bene se il responsabile del procedimento deve uccidersi o licenziarsi o se, prima di esprimersi, deve attendere il riconoscimento ufficiale della "meraviglia" progettata ed eseguita.
Per Megali e perchè non pensi che in Toscana non si cerchi di salvaguardare il territorio.
Quasi tutti i comuni sono dotati di piani di recupero dei vecchi centri, peraltro redatti, in questi ultimi anni, in modo alquanto puntuale;
in zona agricola nel mio comune ho provveduto, con uno staff di geometri, a censire tutto il patrimonio edilizio agricolo e nel piano regolatore è stata inserita specifica normativa sulle zona agricole relativa agli interventi di recupero (ogni comune si è sbizzarrito in merito).
Nonostante ciò si incontrano sempre problemi.
Per quanto attiene le opere estemporanee citate, sicuramente sussistono volontà politiche o storie di altro tipo, certamente non oggetto di decisione del r.p., d'altro canto, se ben guardiamo, anche la Torre Eiffel è un'opera estemporanea; certe valutazioni spettano ai posteri, ma le valutazioni sulle finiture degli edifici spettano ai viventi.
Pertanto, fermo restando che si tratta di problematica legata alla gestione dell'estetica, non prettamente riferita ad inserimenti di opere o complessi diversi dal quotidiano modo di vedere, sinceramente non riesco a capire se il confine del potere decisionale del comune.

Buona giornata
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  26 settembre, 2005 08:05 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da marco occhipinti:

Pertanto, fermo restando che si tratta di problematica legata alla gestione dell'estetica, non prettamente riferita ad inserimenti di opere o complessi diversi dal quotidiano modo di vedere, sinceramente non riesco a capire se il confine del potere decisionale del comune.


se il confine...? Si è spezzata la frase? Cosa volevi dire?
Carina la proposta dei canali in plastica rosa, occhio che qualcuno la metterà in pratica. Battute a parte, quello che dici è vero, ma è anche vero che il senso estetico è prodotto da sensibilità e cultura, richiede tempo, pazienza e capacità di digerire le brutture che nel frattempo arrivano. Non c'è una ricetta normativa che possa sostituire la voglia di imparare. Quanto al r.p. che desideri confrontarsi sulle soluzioni di finitura, ben venga, purchè ne abbia effettiva capacità, supportata dai propri studi, dalle proprie ricerche, dalle proprie pubblicazioni in materia, e comunque nel rispetto delle capacità altrui.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  26 settembre, 2005 13:21 :
 
hai ragione, la frase sembra mozza, ma c'è solo un involontario "se" da eliminare.

Nonostante la lunga discussione, ripeto, ed anche dopo il tuo ultimo intervento, personalmente sono rimasto dubbioso e su questi dubbi, provvederò come sempre a concordare gli interventi.

Per quello che riguarda "il rispetto", come concetto generale, mi piacerebbe che i primi ad averlo fossero i professionisti, ma ho paura che quella sia una vera utopia.

Cordiali saluti... e alla prossima
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  27 settembre, 2005 09:26 :
 
Concordare, mi sembra la parola giusta. "Richiedere modifiche, illustrandone le ragioni" lo dice la legge.
Non si possono invecie imporre prescrizioni o peggio negare una richiesta sulla base di valutazioni estetiche che non trovano riscontro nei regolamenti (secondo me, anche se c'è il supporto della CE).
Mi sembra che gli avvocati e la sentenza riportara lo abbiano ribadito chiaramente.
Io non vedo niente di pericoloso in questo, se non il tentativo di dare più certezza.
In questo quadro la funzione della CE vecchia maniera è più dannoso che utile e io non la rimpiango.
I professionisti, la maggioranza dotati di buon senso, potranno muoversi all'interno di norme, che si auspicano, certe e chiare.
In quanto alle cose bizzarre che si vedono in giro, non c'è commissione, prescrizione e ordinanza che tenga, se il proprietario così ha deciso.
Saluti.
 


Questa discussione accertamento di conformità e commissione edilizia. nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001168

Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  22 settembre, 2005 12:07 :
 
Quale dovrebbe essere la naturale conseguenza di un parere negativo della Commissione Ediliza nell'ambito di un procedimento di permesso in sanatoria, posto che sotto il profilo ammninistrativo sussistono gli elementi per l'accertamento di conformità?

O meglio, il parere favorevole della Commissione Edilzia è un tassello indispensabile per l'accertamento di conformità, posto che che il R.P. non abbia elementi motivanti per sovvertire un parere negativo ?
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  22 settembre, 2005 12:26 :
 
Il parere della c.e. è un tassello procedurale necessario ai fini dell'eventuale rilascio del titolo in sanatoria;però il responsabile dell'ufficio può motivatamente discostarsi dal parere consultivo reso dalla commissione.
Dunque qualora il responsabile ritenga sulla base delle norme urbanistiche non condivisibile l'opinione della commissione, può decidere in difformità, motivando adeguatamente.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 settembre, 2005 14:47 :
 
Se la CE esprime un parere negativo, dovrà precisare la norma che viene violata altrimenti la conseguenza è solo quella di complicare la vita al RP il cui compito è unicamente quello di accertare la conformità della proposta (art. 36 TUE).
Dopo l'entrata in vigore del TUE, avrei qualche dubbio nel ritenere il parere della CE necessario ai fini della sanatoria.
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  22 settembre, 2005 15:18 :
 
Concordo con chi mi precede sul fatto che dopo l’articolo 41, comma 1, della legge 449/1997 (finanziaria per l'anno 1998) e il testo unico dell'edilizia le amministrazioni siano chiamate a valutare la necessità di istituire la c.e.; qui da noi, in provincia di Savona, peraltro la revisione istituzionale non è stata ancora avviata.
Quanto al ruolo della c.e. segnalo un'interessante, anche se parzialmente pertinente, sentenza del TAR Lazio, sez. Roma, 9202/2003:
" la giurisprudenza (cfr. C.d.S., IV, 16.10.98, n.1306) ha avuto occasione di precisare che, ai fini del rilascio delle concessioni edilizie nell’ambito del condono edilizio, il parere della Commissione edilizia non è obbligatorio ma al più facoltativo, mentre il parere stesso è obbligatorio nell’ambito del procedimento (come quello di specie) di rilascio delle concessioni edilizie ordinarie (cfr. anche TAR Lazio, sez. II, 26.11.99, n.2470, secondo cui il parere della Commissione edilizia non è obbligatorio quando le ragioni del diniego della concessione di costruzione hanno carattere giuridico e non sono legate a caratteristiche progettuali)."
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  23 settembre, 2005 10:11 :
 
Premesso che nel nuovo ordinamento l'R.P. formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto, qualora su quest'ultimo si sia espresso -per indicazione del R.E.- il parere della Commissione Edilizia, esso è obbligatorio ma non vincolante e l'autorità preposta al rilascio del provvedimento finale, se ne può discostare ovvero può motivatamente disattenderlo, accogliendo o rigettando la domanda di assentimento in difformità dal parere stesso. Cons.St. Sez. V 20 Giugno 1987 n° 403;

Non è obbligatorio-invece- il parere della Commissione Edilizia comunale nel procedimento per la sanatoria delle opere abusive, di cui agli art. 31 e seguenti della legge 47/1985, in quanto mentre tale parere è necessario per il rilascio della concessione edilizia( ai cui fini si devono valutare le caratteristiche tecnico-costruttive della nuova opera in rapporto alla normativa urbanistica) e per la sanatoria di cui all’articolo 13 della legge n. 47 del 1985( che richiede in analogo tipo di valutazione) non lo è per la sanatoria delle opere abusive, essendo le ragioni del rilascio o diniego del condono indipendenti dal suddetto tipo di accertamenti.
Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 177/2000
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  23 settembre, 2005 14:28 :
 
Tuttavia la posizione della giurisprudenza non è così univoca, recentemente infatti CONSIGLIO DI STATO Sez. V, in data 5 settembre 2005, Sentenza n. 4480 ha riconosciuto la necessaria l'acquisizione del parere della CE anche nelle ipotesi degli accertamenti di conformità(vedere anche giurisprudenza ivi citata).
E' in ogni modo da Considerare che la sentenza applica l'art. 13 della Legge n. 47/85 ed il regime ordinario ormai abrogato dal dpr. n. 380/2001, pertanto la valutazione dovrebbe essere parametrata ora con l'art. 4, 2 c del DPR n. 380/2001, e con i principi di economia procedimentale che la relazione al decreto descrive in maniera dettagliata.
Considerato l'inceretezza, quindi, piuttosto che vedermi impugnata un accertamento di conformità per difetto di istruttoria dovuto alla mancata acquisizione del parere, consiglierei di sollecitare la funzione consultiva fino a quando non via sia una chiara innovazione normativa e regolamentare.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  23 settembre, 2005 18:46 :
 
Non sono d'accordo.Data la natura dei Testi Unici che può essere semplicemente ricognitivo di altre norme e/o produttivo di nuove norme come il T.U. dell'edilizia,[ che è un misto] direi che la norma,[ex art. 13] non è abrogata per esplicita disposizione dell'art. 137 co.1 c) ma trasfusa nel T.U.stesso.
Rimane pertanto applicabile.
Diversa - a mio avviso- è infatti la natura abrogativa disposta dall'art. 136 che è disposta ai sensi dell’articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 [attiene alle norme regolamentari] dall'altra contenuta nell'art.137 dove, come si può notare, la legge n° 47/85 rimane in vigore salvo l'art. 136.2 f).
********
Art. 137 del T.U.
(L) Norme che rimangono in vigore

1. Restano in vigore le seguenti disposizioni:

a) legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ad eccezione degli articoli di cui all’articolo 136, comma 2, lettera b);
b) legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni;
c) legge 28 febbraio 1985, n. 47 ad eccezione degli articoli di cui all’articolo 136, comma 2, lettera f);
OMISSIS

Quindi, in sistesi e conclusione del mio parere:
1-Ordinarietà e P.C. in sanatoria ex art. 13, parere della C.E.

2-Condono edilizio,parere C.E. da escludersi.

Saluti a tutti

[ 23. settembre 2005, 18:59: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  26 settembre, 2005 08:13 :
 
Vorrei comunque fosse confermato che il parere della CE dovrebbe attenersi alla sussistenza o meno della conformità come prevede l'art. 36 del TU.
Nel quesito pare di capire che l'intervento sia ritenuto conforme dal RP ma che la CE esprima comunque un parere negativo, per altre motivazioni.
Se così è, la funzione della CE, che dovrebbe essere di sostegno alle già complesse valutazioni del RP, diventa un ulteriore impedimento, che pensavo il TU fosse riuscito ad eliminare.
Peraltro, non so se sbaglio ma, se il RP è certo della conformità dell'intervento e procede senza sentire la CE, non vedo rischi di impugnativa.
Quindi, secondo me, per tornare ai due quesiti, alla prima domanda risponderei che un parere negativo della CE non motivato non ha nessuna conseguenza. (se non quella di impegnare il tecnico a spiegare le ragioni)
Al secondo direi che, se non si attiene a valutazioni di conformità, il parere favorevole della CE non è indispensabile.
Saluti
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  27 settembre, 2005 13:57 :
 
Mi pare quindi che per giungere ad un motivato diniego di sanatoria edilizia in seguito al parere favorevole della Commissione edilizia occorre che si verifichino i seguenti due eventi :
1) La CE rileva un elemento oggettivo che fa venire meno i presupposti di legge per l'accertamento di conformità ;
2) Evidentemente il RP ha sbagliato qualcosa dal momento che si presuppone che egli porti la pratica edilizia all'esame della CE solo quando la stessa sia giunta a compimento dell'iter amministrativo.

Se non ho compreso male, concludo quindi che se sussistono tutti i presupposti di legge per l'accertamento di conformità, è illegittimo il diniego di sanatoria del RP basato su di un parere negativo della CE motivato da considerazioni generiche e non espressamente normate (ad esempio mancato rispetto dei canoni formali, estetici, tipologici e materici della zona, rilevante impatto paesaggistico).
 

Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 settembre, 2005 09:02 :
 
Io penso proprio di si.
La sentenza sottoriportata, già citata nella discussione "estetica e ornato", fa riferimento alla vecchia Legge 10/77, ma, a maggior ragione, pare attuale e pertinente.
Da notate che la sentenza condanna l'amministrazione a pagare alla ricorrente € 1.500 a titolo di rifusione delle spese e competenze del giudizio. Chi paga?

TAR Veneto Seconda Sezione Sentenza n. 64 dell'11 gennaio 2005
......

SENTENZA

sul ricorso n. 732/97, proposto da A., rappresentata e difesa dall'avv. AB, con elezione di domicilio presso lo studio del medesimo in Venezia, come da mandato a margine del ricorso;

CONTRO

il Comune di M, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

PER

l'annullamento in parte qua del provvedimento del Sindaco .. del 5.12.1996 n. 437/95/25745, nonché, ove occorra, per l'annullamento in parte qua del provvedimento del Sindaco n. 62 del 28.3.1996.

Visto il ricorso, notificato l'11.2.1997 e depositato presso la Segreteria il 5.3.1997, con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalla parte;
Visti gli atti tutti di causa;

Udito nella pubblica udienza del 18 novembre 2004 - relatore il Consigliere - l'avv. EG, in sostituzione dell'avv. AB, per la ricorrente;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente, proprietaria di un edificio sito nel Comune di M, espone di aver inoltrato istanza al Comune per l'approvazione di un progetto di ristrutturazione dell'immobile di proprietà, progetto regolarmente assentito con concessione edilizia n. 62 del 28 marzo 1996 seppure con alcune prescrizioni relative alla forometria ed ai solai, con le quali veniva imposto: "che vengano mantenute le strutture lignee costituenti i solai, nelle attuali quote e dimensioni; che i fori al primo piano mantengano le attuali dimensioni e posizionamenti; che i fori al piano terra, sul prospetto sud, vengano così realizzati: una portafinestra centrale con due finestre laterali allineate con quelle del primo piano;

che tutti i fori siano architravati con trave orizzontale."

Ritenendo illegittime dette prescrizioni la ricorrente ha presentato istanza di riesame, pervenuta al Comune in data 8 novembre 1996.

L'amministrazione riesaminata la pratica, con provvedimento del 5 dicembre 1996 confermava le prescrizioni imposte con la concessione n. 62/96.

Avverso detto provvedimento, nonché avverso la concessione originariamente rilasciata, la ricorrente ha addotto le seguenti doglianze:

1) Violazione dei principi generali in materia urbanistica; violazione dell'art. 4 della legge n. 10/77 in relazione agli artt. 76 e 77 della L.r. n.61/85, nell'assunto che le prescrizioni - in particolare quelle relative alla disposizione dei fori del piano terra e del primo piano - non possono considerarsi legittime, in quanto, anzichè essere fondate su un contrasto con disposizioni urbanistiche locali, si ricollegano ad un giudizio di carattere estetico espresso dai membri della Commissione edilizia e dal Sindaco circa il posizionamento e le caratteristiche delle aperture e prescindono dall'indicazione di norme effettivamente violate o di effettivi criteri estetici .

2) Violazione di legge: con riguardo all'art. 3 del D.lgs. n. 29/93; degli artt. 4,5,6,7 e 8 della legge n. 241/90 in relazione all'art. 36 della legge n. 142/90. Eccesso di potere.

Pur ammettendo che in materia edilizia sia rimessa al Sindaco l'adozione del provvedimento finale, il relativo procedimento deve svolgersi secondo le regole, in particolare assegnandosi al dirigente di settore la competenza a seguire il procedimento come responsabile dello stesso.

Nel caso di specie non vi è traccia della sequenza procedimentale che ha dato luogo al provvedimento impugnato.

L'amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

All'udienza del 18 novembre 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato con specifico riguardo al primo, assorbente, motivo di censura.

La ricorrente lamenta, infatti, che le prescrizioni inserite nel provvedimento che ha assentito l'esecuzione dell'intervento di ristrutturazione siano illegittime in quanto espressione di una valutazione discrezionale dell'amministrazione in ordine a taluni profili estetici dell'opera, laddove, ai sensi dell'art. 4, primo comma della legge n. 10/77 la concessione può essere negata solo per il contrasto della stessa con disposizioni di legge, di strumenti urbanistici o di regolamenti edilizi.

Essendo quindi l'attività dell'amministrazione vincolata dalle norme che disciplinano l'attività edificatoria all'interno del Comune, questo deve limitarsi ad accertare la perfetta corrispondenza di tutti gli elementi progettuali con le anzidette prescrizioni, senza alcuna possibilità di imporre prescrizioni o limitazioni diverse, mentre il diniego di concessione edilizia per motivi estetici o
l'imposizione di prescrizioni di natura estetica, non possono discendere dall'astratta valutazione circa il valore estetico dell'opera, ma debbono pur sempre essere ricondotti all'applicazione di norme e/o di criteri contenuti negli strumenti urbanistici o introdotti nel regolamento edilizio, ai sensi dell'art. 33 n. 8 della legge n. 1150/1942 (cfr. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, 28.11.1995, n. 1244; T.A.R. Veneto, Sez. II^, 1.2.1995 n. 132; nonché C.d.S., Sez. V^, 3.11.1970, n. 879 e T.A.R. Bolzano, 19.11.1991, n. 170).

Per quanto sopra esposto, le prescrizioni imposte in occasione del rilascio della concessione n. 62/96 per l'esecuzione dell'intervento di ristrutturazione sull'immobile della ricorrente, successivamente
confermate in sede di riesame, sono illegittime in quanto le imposizioni circa la distribuzione ed il posizionamento dei fori e il mantenimento delle strutture lignee appaiono frutto di un giudizio meramente estetico, non supportato da alcun riferimento a norme urbanistiche o a disposizioni regolamentari edilizie.

Il ricorso va quindi accolto con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alle prescrizioni oggetto di gravame.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e per l'effetto dispone l'annullamento in parte qua del provvedimento impugnato, nei sensi indicati in motivazione.

Condanna l'amministrazione intimata a pagare alla ricorrente € 1.500,00 (millecinquecento/00) a titolo di rifusione delle spese e competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 18 novembre 2004.


 

Questa discussione modifica prospettica assenso dei condomini nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001159

Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  10 settembre, 2005 07:51 :
 
In un condominio (non costituito), composto da dodici famiglie, il proprietario dell’abitazione al piano terra ha presentato una D.I.A. per la realizzazione di una copertura in legno del suo intero terrazzo.
Nove dei condomini hanno depositato, di contro, una missiva dichiarando il loro parere negativo, alla realizzazione dell’opera, in quanto la stessa modificherebbe in modo sostanziale il prospetto dell’intero immobile e per questioni di sicurezza (livelli superiori adesso raggiungibili facilmente dai ladri).
Ho, quindi disposto di non dare inizio ai lavori per: la mancanza dell’assenso almeno della maggioranza dei condomini e per il mancato parere dei BB.AA. in quanto in zona vincolata ambientalmente.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  10 settembre, 2005 15:38 :
 
Secono me ti sei imbarcato in un'impresa molto faticosa e, non senza rischi.Per un verso hai respinto la DIA per la mancanza del titolo di legittimazione considerando l'opera un'innovazione soggetta a votazione della maggioranza dei condomini, per altro verso, hai considerato l'opera come costruzione altrimenti non si capirebbe perchè il rigetto in quanto ricadente in zona vincolata.
Se ritieni di valutare l'opera a tutti gli effetti di una costruzione questa non può che conformarsi allo strumento urbanistico e se il caso, come dici all'eventuale vincolo assoluto di edificabilità.
In questa ipotesi, si tratta di un diritto reale e per esercitarlo non basta la maggioranza dei condomini (anche in assensa del condominio si applicano per il rinvio del 1139, il 1100 e seguenti del C.C.) ma il consenso di tutti i partecipanti ai sensi del combinato disposto dagli artt. 1102 e 1108 4 co. C.C.
Ti auguro che il diniego che hai formulato,convinca il richiedente,altrimenti, qualora egli convincesse la maggioranza dei partecipanti, ti ritroveresti in contraddizione nella logica adottata nel respingere la domanda.
Per dirla in breve, la DIA o il Permesso di Costruire è rilasciato fatto salvo i diritti dei terzi e se l'opera è una costruzione ( come mi pare di capire) e se ricade in zona vincolata, tanto basta come motivazione per rigettare l'istanza.
Ciao
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  12 settembre, 2005 08:56 :
 
Gianfranco, hai fatto un'analisi corretta ma credo che la situazione sia un po' meno intricata e comunque, nell'esposizione, hai costretto il povero Grassano ad una infinità di ragionamenti.
A mio avviso Grassano ha ben agito in quanto una missiva sottoscritta dalla maggioranza dei condomini fa sì che manchi il titolo di legittimazione ad eseguire le opere (almeno questo è fuori discussione) e quindi il rigetto della DIA è corretto.
Qualora, nell'ipotesi da te avanzata che possa essere presentata una deliberazione con il parere favorevole dell'assemblea dei condomini, il tecnico deve accettarla quale titolo ad eseguire i lavori.
Di conseguenza saranno i condomini contrari, eventualmente, a ricorrere, non so se al g.o. od al g.a., nei termini di legge avverso la deliberazione dell'assemblea (se ritengono anche contro il titolo edilizio); ma tutto questo esula dalle competenze e responsabilità del tecnico.
Fa molto bene alla nostra conoscenza informarci su ogni argomento (e a volte fa bene anche alla salute), va benissimo cercare di capire quale disposto del c.c. regoli la situazione che stiamo esaminando, se il numero delle unità immobiliari superi quello minimo per dotarsi di regolamento condominale o se sia necessaria la maggioranza assoluta o relativa dei condomini o chissà cos'altro; ciò ci consente di svolgere il nostro lavoro più correttamente e fornire un servizio qualitativamente migliore, però è importante che i comportamenti non superino l'ambito della nostra competenza...

Chi si imbarca in continuazione fa il pescatore o è un marinaio militare oppure... è un benestante sempre in ferie che NON LAVORA IN COMUNE.

Cordiali saluti e buona giornata
 
Inserito da vincenzo grassano (Utente n. 7551) on  12 settembre, 2005 10:39 :
 
Non sono daccordo con Gianfranco quando dice "....comunque è rilasciata fancendo salvi i diritti dei terzi...." in quanto noi funzionari della p.a. non dovremmo "costringere" i terzi a fare una causa al TAR per far valere i propri diritti quando siamo anche noi convinti che gli vengono violati.
Sul fatto di convincere i condomini non ci giurerei perchè sono venuti in massa al Comune a consegnare personalmente la missiva di opposizione e sono "agguerriti" a non farsi modificare sostanzialmente il prospetto del loro "pulito" immobile da una copertura in legno che ne occuperebbe una parte sostanziosa.
Comunque grazie per il VS prezioso contributo.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  12 settembre, 2005 11:14 :
 
Se posso aggiungere un consiglio, meglio prevedere, mediante regolamentazione comunale, una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieretà con la qaule l'avente titolo, sia esso proprietario, possessore, amministratore condominiale, usufruttuario, ecc., ecc., dichiara sotto la propria responsabilità e consapevolezza delle sanzioni penali, di avere pieno titolo alla presentazione della richiesta di permessso o della DIA.
Ovviamente, ciò non esclude al 100% l'eventualità di dichiarazione mendaci o di opposizioni da parte di terzi, e quini ulteriori grane; indubbiamente però sensibilizza il richiedente a fare delle verifiche prima di apporre la propria firma su di un modulo.

Saluti.
 
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on  12 settembre, 2005 11:20 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da vincenzo grassano:
Non sono daccordo con Gianfranco quando dice "....comunque è rilasciata fancendo salvi i diritti dei terzi...." in quanto noi funzionari della p.a. non dovremmo "costringere" i terzi a fare una causa al TAR per far valere i propri diritti quando siamo anche noi convinti che gli vengono violati.

In virtù di tale clausola, il tecnico comunale può "infischiarsene" sempre e comunque dei terzi, anche in presenza di palesi violazioni dei loro diritti?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  12 settembre, 2005 11:37 :
 
Il problema non è " infischiarsene dei diritti dei terzi" anzi, semmai il contrario, ovvero valutare la qualità di chi presenta il P.C. o la DIA, ovvero che egli/loro, abbianto titolo per richederla ma questo non significa addentrarsi nelle beghe civilistiche.

Le caratteristiche del Permesso di Costruire sono
espressamente indicate dalla legge e segnatamente dal T.U. :
" Art. 11 (L) - Caratteristiche del permesso di costruire
(Legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, commi 1, 2 e 6; legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 2)
1. Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
2. Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio. E’ irrevocabile ed è oneroso ai sensi dell’articolo 16.
3. Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi."

Questo significa che la valutazione della correttezza dell'opera si deve estendere a profili di legge, dello strumento urbanistico e dei regolamenti edilizi.

La domanda da porsi a mio avviso é :
Posto che il requisito di legittimazione ci sia, l'opera è conforme oppure no alla normativa urbanistico - edilizia?

" Il comune. a mezzo del responsabile del procedimento, può procedere alla verifica della legittimazione del richiedente il permesso di costruire, ciò rientra nella normale attività istruttoria finalizzata all'adozione dell'atto richiesto; tuttavia al predetto funzionario non spetta l'accertamento ulteriore di diriti di terzi o dell'ampiezza del diritto del richiedente sull'immobile oggetto dell'intervento edilizio. TAR Lazio 578/99; TAR Piemonte 397/98; TAR Sardegna 474/99"
 
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on  12 settembre, 2005 12:36 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da Cei p.i. Gianfranco:
" Art. 11 (L) - Caratteristiche del permesso di costruire
(Legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, commi 1, 2 e 6; legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 2)
1. Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
2. Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio. E’ irrevocabile ed è oneroso ai sensi dell’articolo 16.
3. Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi."


Chissà perchè il legislatore si è sentito in dovere di aggiungere il 3° comma all'art. 11 del DPR n. 380/2001.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  12 settembre, 2005 13:15 :
 
Perchè, come dice la Cassazione Civile, 12 Novembre 1983 n° 6742, la natura del permesso di cotruire inerisce esclusivamente l'immobile rispetto al quale si realizza l'intervento edilizio e che ha il solo effetto di rimuove un divieto di edificare; ciò trova conferma proprio nella sua incapacità di limitare i diritti dei terzi, in quanto la sua rilevanza giuridica riguarda solo i rapporti tra la pubblica amministrazione ed il soggetto richiedente, mentre sul piano dei rapporti privati, interessati in senso apposto alla costruzione,il titolo è del tutto irrilevante, in quanto il giudice ordinario deve risolvere il conflitto eventualmente insorto tra i privati confrontando direttamente le caratteristiche della costruzione con le norme che la disciplinano.
 
Inserito da DIANA SOZIO (Utente n. 5464) on  12 settembre, 2005 14:19 :
 
Il problema sorge quando si presentano casi come quello prospettato da Grassano.
Il tecnico comunale può ignorare le legittime comunicazioni di dissenso dei terzi soprattutto a seguito dell’introduzione del giusto procedimento? In tali casi non v’è alcuna responsabilità in capo al tecnico?
Mi permetto di insistere sull’argomento perché questi casi sono piuttosto frequenti, per cui mi chiedo se l’amministrazione comunale non disponga di alcun mezzo per scongiurare l’instaurarsi di un contenzioso che andrebbe ad aggravare la già problematica situazione della giustizia italiana.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  12 settembre, 2005 15:51 :
 
La tua domanda, secondo me, è molto pertinente.
Tu chiedi in quale maniera l'amm.ne potrebbe risolvere casi simili a quello trattato da Grassano per evitare contenzioso che aggraverebbe la giustizia italiana.

A parte il tuo nobile proposito politico di salvare lo stato della giustizia che non si può certo imputare a me poveretto resp. procedimento.

Mi sono preso la libertà di vedere come si comporta una grande amministrazione capoluogo di regione per risolvere questi casi.
Ometterò di citare la città per ovvi motivi.

Regolamento Edilizio approvato nel 2005.

Art. ___ Progetti di opere edilizie: modalità e documentazione (modificato con del. C.C. __/00)
11.1 Prescrizioni di carattere generale
11.1.1 Le domande di concessione e di autorizzazione edilizia, nonchè le D.I.A.,vengono redatte sugli appositi moduli a stampa gratuitamente forniti dall’Amministrazione Comunale. Le domande devono essere corredata dal progetto, costituito dagli elaborati prescritti dal presente Regolamento in funzione di ciascun tipo di intervento.

Visto che ci sono appositi moduli vado a vedere l'apposito modulo ...

IL SOTTOSCRITTO ........
IN QUALITA' DI ............... ( 2)

NOTA ESPLICATIVA DEL PUNTO (2)
Indicare il titolo legittimante ( ad esempio: proprietario, comproprietario, amministratore di condominio, legale rappresentante..ecc.ecc)

Domanda a chi ambisce ad impedire un decadimento della giustizia:
Ti pare che una grande città capofila in italia ha risolto il problema della sua amministrazione limitatamente al problema che ha sollevato GRASSANO?

Grazie per la gentile risposta.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  13 settembre, 2005 13:43 :
 
La discussione è interessantissima, dato che approfondire gli aggiornamenti normativi ci consente spesso di capire i principi e lo spirito delle leggi.
Vorrei comunque ribadire un concetto base che non scaturisce dalla mia personale convinzione o interpretazione:
"il permesso di costruire può essere legittimamente negato solo quando risulti inequivocabile (e non soltanto controversa) la carenza di legittimazione del richiedente (ad esempio allorquando risulti PROVATA la sussistenza di un diritto reale altrui, proprietà o servitù ostativo alla realizzazione dell'intervento)"
A mio avviso, anche a fronte delle modifiche richiamate dall'Arch. Diana Sozio consistenti nel comma 3° dell'art.11 DPR 380/01, le quali peraltro confermano che chi scrive le norme abbia una visione spesso irrazionale dell'argomento che intende affrontare con i disposti, ritengo che il comune non abbia l'obbligo di espletare approfondite indagini circa la legittimazione del titolo edilizio.
Ciò significa che applicare un articolo del codice civile (oltre le verifiche indicate dal regolamento comunale) per negare un titolo edilizio abilitativo, anche di fronte a contestazioni avanzate dai terzi stessi nel procedimento, ci veste di un abito che non è nostro, che è fuori dalla nostra sfera di competenza ed esponiamo direttamente le nostre responsabilità.
La sussistenza di un diritto reale, proprietà, servitù, ecc. deve essere provato da atti e in assenza di questi è necessaria una sentenza del giudice.

In tal senso richiamo Cons. Stato, sez. V 23 giugno 1997 n°699, sez. V, 8 aprile 1999 n°329, sez. V, 8 settembre 1994 n°966, TAR Lombardia Brescia 23 maggio 2005 n°541 e 27 ottobre 2004 n°1430, TAR Piemonte 19 febbraio 2001 n°339, TAR Trento 18 giugno 2002 n°197.

Pongo infine una domanda: dovremmo conoscere a menadito (oltre al regolamento edilizio e di giene comunale ed il c.c.) i regolamenti di condominio, norme sulla sicurezza sui cantieri, disposti sui canoni di locazione, regolamento di iscrizione alle Camere di commercio, inps, inail, ecc. (e magari intenderci di ingegneria navale, idraulica, di biologia e perchè no anche di enologia così Gianfranco ci fa assaggiare, mentra discutiamo, l'ormai famoso Timorasso e ci spiega gli articoli del regolamento urbanistico che riguardano la sua produzione).

Fermo restando che ormai è comune l'utilizzo di autocertificazioni relative al titolo ad eseguire i lavori edili, ritengo che Enzo Grassano, al di là di avere acceso una interessante discussione, non abbia fatto altro che il suo dovere (nella propria sfera di competenza), magari con qualche imprecisione, subito evidenziata da Gianfranco Cei.

Buona giornata
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  13 settembre, 2005 14:15 :
 
A mio parere la p.a. può prendere atto delle legittime opposizioni alla realizzazione di un progetto da parte dei c.d. "terzi", ma non può farle proprie se non sono fondate sulle norme del regolamento edilizio o del p.r.g. Ogni atto d'altro genere diverrebbe una presa di posizione a favore di una parte (magari pure maggioritaria) e costituirebbe un'indebita appropriazione di prerogative che appartengono invece al giudice civile, al quale (e ad egli), spetta decidere chi tra i contendenti abbia ragione.
La verifica circa il rispetto dei diritti di terzi, che pure sembra, secondo alcuni, rientrare tra le disposizioni dell'art. 13.2 del d.p.r. 380/2001, non può realisticamente essere svolta dal Comune, che peraltro, come giustamente rileva Occhipinti, parlando di condomini, dovrebbe conoscere tutti i regolamenti e le delibere condominiali vigenti nel suo territorio. Figuriamoci gli altri rapporti tra privati confinanti, regolati magari da contratti neppure mai formalizzati per iscritto!
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  13 settembre, 2005 14:23 :
 
Non vedo nulla di criticabile nel modulo di quel comune. Essendo solo uno stampato non si può avere la pretesa che risolva anche casi particolari come quello che si sta tentando di trattare. Se si pretendesse ciò si finirebbe col chiedere anche le radiografie dell'istante.
Sarebbe stato, invece, più interessante sapere come quel comune o altri affrontano questioni come quella in discussione.
Questo è, infatti, il fine precipuo del mio intervento.

Io non chiedo "in quale maniera l'amm.ne potrebbe risolvere casi simili a quello trattato da Grassano per evitare contenzioso che aggraverebbe la giustizia italiana" nè "ambisco ad impedire un decadimento della giustizia".
Personalmente ho sempre dubitato che la clausola "fatti salvi i diritti dei terzi" tenga indenne l'amministrazione comunale sempre e comunque. Così, prendendo spunto dall'osservazione di Grassano e memore di un caso in cui una amministrazione comunale è stata trascinata nel contenzioso insorto proprio a causa della legittimazione a richiedere l'allora concessione edilizia, con il mio intervento ho inteso sollevare una discussione su un argomento che la pubblica amministrazione affronta sempre con un certo imbarazzo, tant'è che ne stiamo discutendo. Se fosse pacifico Grassano (non me ne voglia per essere citato così frequentemente, ormai è divenuto famoso)neppure avrebbe inserito il topic.
Mi chiedo essenzialmente se sia corretto ignorare il dissenso scritto dei terzi al rilascio del titolo abilitativo, qualunque esso sia, e lasciare che tutto si risolva tra privati con l'instaurarsi di un contenzioso, al quale non è detto che l'amministrazione resti estranea.
Secondo me no, soprattutto in presenza dell'art. 10 della L. n. 241/1990.
Quindi, a mio modesto avviso, bene ha fatto Grassano a non trincerarsi dietro la famosa clausola e a valutare la pertinenza delle comunicazioni dei terzi al procedimento amministrativo in corso.
Negli anni '90 il legislatore ha introdotto il giusto procedimento che prevede la partecipazione attiva del cittadino ai procedimenti amministrativi che possono interessarlo. Se tra gli scopi del legislatore si volesse intravedere anche la risoluzione di certe questioni altrimenti devolute ai giudici, non ci vedrei nulla di criticabile.

Ovviamente questa è soltanto la mia opinione, discutiamone.

[ 13. settembre 2005, 20:04: Mod. da Diana Sozio ]
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  13 settembre, 2005 15:36 :
 
E infatti, criticabile non è la partecipazione al procedimento, ma la conclusione che taluni (anche tra i giuristi) pretendono di trarre, ovvero che il Comune (o la p.a. in generale) dovrebbe, per effetto della partecipazione di "tutti i soggetti interessati", trasformarsi in surrogato del giudice civile e finire col dirimere le controversie "di cortile". A me non pare stia scritto da nessuna parte che il legislatore ha inteso connotare l'istituto della partecipazione al procedimento come anticamera di una cancelleria. Peraltro, vorrei capire, una volta che il tapino responsabile del procedimento abbia anche magari intuito che la ragione sta da una certa parte, come possa negare un permesso di costruire se il progetto è conforme alle norme del Reg. edil. ed al p.r.g. Quali motivazioni dovrebbe addurre? "Vista la deliberazione del condominio n.___ con la quale si nega ai e sigg. X e Y la possibilità di___, ritenute fondate le motivazioni della deliberazione suddetta in quanto la realizzazione del manufatto comporterebbe una (perdita di valore?, alterazione della visuale? alterazione dell'estetica?), non rilascia il permesso richiesto(!?). Ma che scherziamo? Ho ben presente che il Comune è gratis e invece l'avvocato si paga, ma farsi proprio tappetini della prepotenza di chi vede troppa televisione (tra forum e mi manda raitre) proprio no! Alla faccia dello stato della giustizia e della lunghezza delle cause. Se si apre il cancello dei "diritti di terzi" nei Comuni, aspettiamoci di dirimere i litigi per il pallone che ha rotto il vetro. Nel caso indicato da Grassano, per quanto mi riguarda, ok allo stop sulla mancanza di autorizzaizone paesaggistica, ma per quanto riguarda gli altri aspetti, spiacente, se la sbrighino a livello privatistico. Sul punto si veda anche la sentenza TAR Calabria 12.02.2004 n. 142 che introduce sì il concetto di partecipazione estesa ai terzi potenzialmente interessati e chiaramente identificabili, ma non si spinge certo a sancire il fatto che il Comune debba assenitre un progetto se i suddetti terzi sono d'accordo!

[ 13. settembre 2005, 16:18: Mod. da Carlo Megali ]
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  13 settembre, 2005 15:57 :
 
Il problema è solo di ben delimitare chi siano questi benedetti "terzi". Se io chiedo la concessione (pardon permesso) per modificare la casa del mio vicino, saremo tutti d'accordo che non si tratta di diritti di terzi, ma di verifica del titolo a richiedere il permesso di costruire.
La stessa cosa, se in un condominio (come presumo sia avvenuto nel caso che ha dato avvio alla discussione), l'intervento edilizio coinvolge le proprietà comuni di tutti i condomini. Anche in questo caso occorrerà verificare il "titolo".
So bene che, spesso, la verifica è difficile e, talora, impossibile. Nella mia, purtroppo, non breve esperienza in Comune, qualcuna ne ho vista: ad esempio, un fabbricato per la cui ristrutturazione veniva richiesta la concessione edilizia (allora sì), risultava con tanto di regolari note di trascrizione intestato a due diversi prorpietari, neppure parenti fra loro.
Oppure, in altro caso, il Comune in un terreno di proprietà di un consorzio privato, rilasciò la licenza edilizia (allora si chiamava così), in forza di una delibera adottata dall'assemblea consortile. Uno dei consorziati prese cappello e contestò la legittimità della licenza (in quanto, a suo giudizio, la delibera del consorzio richiedeva, come nei condomìni l'assenso unanime dei condòmini)sia in sede civile sia in sede amministrativa...Dopo anni di battaglie nelle due sedi, in tutti i gradi di giudizio, la Cassazione si espresse a favore della tesi del consorziato ricorrente, mentre il Consiglio di Stato rigettò il ricorso (e quindi confermò la legittimità della licenza edilizia).
Questo per dire che, putroppo, il titolo a costruire è sempre stato fonte di controversie, ma anche per invitare a non nascondersi troppo semplicisticamente dietro la formula "fatto salvo il rispetto del diritto die terzi".
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  13 settembre, 2005 20:01 :
 
Il dott. Dei Cas ha centrato appieno l’argomento.
Per il resto, nessuno vuole far assurgere il tecnico comunale a paladino della giustizia, ma sicuramente da più parti è previsto che alle domande dei cittadini sia data una risposta (ed anche entro certi termini).
Valutare la pertinenza delle comunicazioni dei soggetti eventualmente interessati al procedimento amministrativo non equivale ad acquiescenza ma, a mio avviso, serve al responsabile del procedimento a farsi il suo convincimento che gli permetterà, poi, di tenere indenne l’amministrazione da eventuali controversie.
Mi stupisce che molti si sollevino contro il giusto procedimento e forse quegli stessi sorrideranno, ma a me è capitato davvero di fare da paciere tra più “belligeranti”, che sistematicamente piombavano in ufficio ad ogni apertura al pubblico. Devo dire che la cosa non mi è costata più di tanto. Non so da altre parti, ma qui in Toscana ci sono zone piuttosto “bellicose”, per cui tentare di rappacificare i litiganti costa meno fatica che ignorare le loro richieste.
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  13 settembre, 2005 23:36 :
 
Innanzitutto devo ammettere che mi ha fatto enorme piacere l'aver acceso una così tanta discussione sul mio argomento.
Purtroppo si....credo che l'ultima delle lauree per fare il capo ufficio tecnico sia quella di architettura (come la mia) o di ingegneria. L'ideale sarebbe essere avvocati o anche psicologi (dati i frequenti rapporti con cittadini ed amministratori). In un Comune piccolo come il mio mi tocca passare dal permesso di costruire, all'affidamento dell'incarico di progettazione (altra rogna), all'appalto di un opera pubblica, alla rottura della rete idrica, alla progettazione di una scuola, all'acquisto di forniture per non dire al pagamento delle bollette enel e gas....
Detta questa trasgressione ribadisco il mio ragionamento, nell'annullare la DIA: sono partito dal presupposto che i restanti condomini fossero tutti proprietari e padroni del loro unico grande "palazzo" e avessero, per il semplice fatto di essere in maggioranza, più diritto del richiedente di tutelare l'aspetto estetico dell'immobile.
Chi presenta una DIA al Comune, che riguardi una modifica prospettica, deve, a mio parere, informare il resto dei coinquilini, che dovrebbero assentire questa "importante, irrimediabile, sostanziale, modifica esteriore della cosa comune".
Sono tra l'altro convinto che se non avessi annullato la DIA una eventuale denuncia dei condomini avrebbe fatto scattare l'abuso d'ufficio nei miei confronti.
Un grazie ed un saluto a tutti.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  14 settembre, 2005 07:51 :
 
E negare un permesso di costruire per un progetto conforme alle norme edilizie ed urbanistiche, ma osteggiato dal vicinato, quale denuncia pensa che le costi, caro Grassano? Ed eventualmente, quale richiesta di danni?
Ogni mattina in Italia qualche migliaio di imbecilli si sveglia e prova l'impellente bisogno di rivendicare un diritto, ci rimugina sopra tutto il giorno, poi la sera magari gli capita di guardare certi splendidi programmi "di servizio", quelli dove i paladini dei cittadini vessati non perdono occasione per gettare palate di fango sulla pubblica amministrazione, il tutto si badi bene con la scusa che ciò contribuirà a migliorare l'efficienza della medesima e a salvaguardare le isole di efficacia che pure esistono.
Gli imbecilli tornano a dormire, poi il giorno dopo, rinfrancati da cotanto sprone mediatico, individuano il fellone che ha negato il loro sacrosanto diritto per troppo tempo, irrompono nel suo ufficio ed esordiscono con un sonoro (che tutti lo sentano) "Sono un cittadino che paga le tasse". Al che, un dispositivo automatico dovrebbe far diffondere a mezzo altoparlanti una sonora pernacchia, più forte di quella dedicata dal vitellone Alberto Sordi agli operai impegnati in lavori stradali.
L'ultimo intervento dell'arch. Sozio svela il problema vero: fare assistenza psicologica, fare da pacieri, anche se ciò non è dovuto e probabilmente neanche corretto. Non è dovuto perchè non spetta al Sindaco o a chi per esso fare da paciere, che, volenti o no, significa spesso prendere una posizione a favore di una parte e contro l'altra (o si pensa che tutti abbiano ragione o torto indifferentemente?). Non è corretto perchè alimenta il vizio: se si dà il "la" all'uso di correre in Comune per le beghe di vicinato, tale uso proseguirà imperterrito per decenni, a sfavore di chi ci succede, e che si dannerà l'anima per far capire ciò che ormai nessuno vuole più capire né accettare, ovvero sia che non può essere un ufficio del Comune a dirimere questioni relative alla tutela della proprietà privata e che le norme che il Comune può e deve far rispettare sono altre, quelle che il Consiglio Comunale, in rappresentanza dell'intera comunità, ha votato a tutela degli interessi GENERALI d'essa medesima. Quelle, non altre. Anche se gli avvocati costano e i tribunali sono lenti.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 settembre, 2005 08:07 :
 
Infatti sui diritti di terzi, nonostante non sia roba nostra, si discute molto, a dimostrazione che in certi casi è difficile rimanerne fuori.
Siamo all'inizio, a mio modesto avviso, di un cambio di orientamento conseguente dalla riforma della legge 241/90 che vede tra l'altro l'accentuazione del rispetto delle posizioni dei soggetti privati sia interessati che controinteressati, il diritto di partecipazione, la trasparenza, l'imparzialita' ..... (penso che si intenda questo per principio del giusto procedimento)
Quindi, nei panni del RP, anchio avrei disposto di non dare inizio ai lavori, in primo luogo, per la mancanza del parere BBAA che ritengo necessario trattandosi di intervento che modifica l'aspetto esteriore dell'edificio, sia (come mi pare) o no un volume urbanistico.
Consiglierei poi, al disattento progettista, la presentazione della domanda di PC anzichè DIA.
Ogni pratica deve essere corredata della attestazione del titolo di legittimazione come da art. 20 TUE.
A parte l'aspetto urbanistico e ambientale, in presenza di un motivato dissenso scritto dei condomini controinteressati (che potrei avere io stesso opportunamente informato), notificherei al richiedente i motivi stativi al rilascio del permesso ai sensi dell'art. 10 bis della L. 241/90, facendolo quindi partecipare alle valutazioni con l'onere (a suo carico) di dimostrare quanto dichiarato.
E' solo una ipotesi da approfondire un po' complicata, ma mi pare applicabile in certi casi e in linea con i principi suindicati.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  14 settembre, 2005 08:27 :
 
Vedi Tiziano, la tua proposta è interessante, ma sai che risponderei io ad una nota in tal senso? Così: "Spett. ___, con riferimento alla Sua nota del _____ relativa a____, vuole cortesemente spiegarmi quale ruolo intendono avere il Comune e l'ufficio di cui Lei è responsabile, nella diatriba che oppone me ai miei coinquilini/vicini di casa? Il titolo di proprietà gliel'ho allegato, che altro le serve?".
E a quel punto che faresti?
Resto della mia opinione: eccesso di prudenza e remissività foraggiano i prepotenti ed i fanfaroni.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  14 settembre, 2005 09:49 :
 
Concordo con il ragionamento fatto da Grassano e mi rincuora che qualcuno si preoccupi di preservare dall'ulteriore scadimento il patrimonio edilizio esistente (di cui tutti siamo sempre pronti a dire male).
La strada indicata da T. Cornaviera mi sembra quella aderente allo spirito della riforma del procedimento amministrativo.
Poi, dall'adesione a tale nuovo orientamento alla remissività che foraggerebbe i prepotenti e i fanfaroni, ce ne corre!
Io confido nel buon senso del RP che reputo capace di valutare le conseguenze delle posizioni che assume.
Dobbiamo metterci bene in testa che negli ultimi decenni sulla PA in materia di procedimento amministrativo si è abbattuto un vero terremoto.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  14 settembre, 2005 10:19 :
 
Dunque arch. Sozio, dovremmo arguire che il problema si sposta di nuovo, ad altro tema: dal conforto psicologico alla tutela del patrimonio edilizio dallo "scadimento" (in senso architettonico o estetico, mi par di capire). E di grazia, chi ha eletto i "vicini di casa" a guardiani della bellezza?
I terremoti arrivano, è vero, ma mettersi a bombardare le macerie non contribuisce a ridurre gli effetti di un sisma.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  14 settembre, 2005 11:30 :
 
Per quanto mi riguarda, il tema è sempre stato uno solo, come alcuni hanno dimostrato di ben comprendere. Gli altri (salvezza della giustizia, liti di cortile, conforto psicologico, ecc.) non mi appartengono.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  14 settembre, 2005 11:50 :
 
Cara collega Sozio, rileggi, ti prego, i tuoi interventi, perchè i temi da me citati provengono soprattutto da lì.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  14 settembre, 2005 12:28 :
 
No! Sono soltanto una tua libera interpretazione, come daltronde è giusto che sia.
Non è proprio la divergenza di opinione che concorre alla buona riuscita del forum?
Cordialmente.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  14 settembre, 2005 14:56 :
 
Per ritornare al problema di Enzo Grassano e distinguerlo per un attimo dalla problematica generale, riterrei evidenziare che la pratica stessa sia stata presentata senza il titolo di legittimazione per l'eventuale autocertificazione insufficiente (se non assente) e comunque per la comunicazione di parere negativo da parte della maggioranza dei condomini.
La richiesta di parere BBAA rafforza lo stato di sospensione e fin qui credo che non ci sia nulla da discutere nella considerazione che come tecnici dobbiamo attenerci alle procedure; la deliberazione dell'assemblea condominiale od almeno l'espressione di parere dei condomini costituiscono titolo di legittimazione o meno ad eseguire le opere che secondo me siamo tenuti a richiedere (trasformiamo pure tutto in autocertificazione).
La validità o meno della deliberazione, quanti voti servano, come vengano conteggiati i millesimi, il fatto stesso che manchi addirittura il regolamento condominiale (pure dovuto) superano di gran lunga i limiti delle nostre competenze;
Personalmente non me la sentirei di entrare in merito al conteggio dei millesimi di proprietà per verificare la correttezza delle percentuali di voto oppure decidere se l'intervento abbisogni o meno del parere favorevole di tutti i proprietari.
In questo caso la pratica è sospesa in attesa di documentazione integrativa; qualora venisse presentata (ma ho dubbi) una deliberazione favorevole a maggioranza con conseguente esito positivo della pratica, sarà cura della minoranza ricorrere (entro trenta giorni avverso la deliberazione od anche per l'impugnazione del titolo abilitativo), ma tutto ciò al di fuori delle responsabilità del tecnico, il quale dovrà soltanto prendere atto delle decisioni del giudice (che a volte vengono notificate al comune per gli adempimenti conseguenti, positivi o negativi che siano).
Per spogliarci da certe paure (che derivano da questioni di ordine psicologico e non normative) basterebbe pensare che un mondo assolutamente privo di giudici ed avvocati esisterebbe solo nel caso in cui le leggi ci consentissero di sostituirci a loro.
L'esperienza, un po' di buon senso e una discreta conoscenza normativa a cui non possiamo sottrarci (come dimostra l'Arch. Diana Sozio), ci consentono di esporre un quadro chiaro ai richiedenti circa le problematiche che potrebbero incontrare nel realizzare un intervento edilizio "particolare" e metterli in condizione di approfondire la questione e conseguentemente decidere; questa è l'unica arma che abbiamo.
Per quanto attiene la tematica generale vorrei ribadire, come già espresso da molti in altri interventi, che il "principio della partecipazione di terzi al procedimento" non deve essere inteso come interferenza bensì quale contributo al responsabile per poter esprimere il proprio parere, e comunque nell'ambito delle proprie competenze.
Questo contributo, che viene confuso con le responsabilità, ci investe soltanto dell'impegno a consentire una più larga partecipazione all'iter e ciò costituisce, di per sè, l'approfondimento che ci aiuta nelle decisioni (ma, ripeto, solo quelle che ci competono).
Per quanto attiene la rifusione del danno da parte di tecnici conseguentemente a questioni private, non mi sembra di avere scorso precedenti.
Qualora qualcuno di noi abbia rilasciato concessioni o p.d.c. a fronte di servitù o vincoli registrati e trascritti che vanificano il titolo di legittimazione prodotto... credo che, salvo grave malattia relativa alla capacità di intendere e volere, questi debba sedersi in altra scrivania.
Vorrei comunque ricordare a Megali, in merito ad una affermazione rilevata in un intervento, che il titolo ad eseguire le opere ed il rispetto di queste alle previsioni ed indicazioni dello strumento urbanistico sono due cose distinte che CONCORRONO assieme al rilascio del titolo abilitativo; per cui, pure se l'intuito ci fa capisre dove sta la ragione, il povero tapino aspetterà le decisioni extra comunali (se riterrà di rivolgersi al legale); se queste sono positive farà rivalsa sull'oppositore ed il responsabile del procedimento dovrà solo riaccendere la pratica.
Ti racconto un fatto: una volta mi venne contestata la paternità di una firma su un atto concessorio e, aggiunto stranamente alla lista degli indagati e senza informazione di garanzia, sono stato invitato a comparire davanti al GIP.
La firma palesemente e indiscutibilmente non era mia ma il GIP non aveva facoltà di decidere in merito se non a fronte di una dichiarazione spontanea del vero titolare della firma o di una perizia calligrafica.
Questo quadro, non ricorda un parallelismo tra la nostra figura di tecnici ed un'altra istituzionale?
Eppure, anche in questo caso, si legge il confine delle competenze.

Cordiali saluti
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  14 settembre, 2005 16:11 :
 
Scusate, sono "de coccio".
Premesso che, grazie a Dio, da tempo non sono più assillato dai problemi che gravano sui Comuni, e, felicemente, mi occupo d'altro, intervengo perchè mi sembra che sui principi, parlando di amministrazione pubblica, non di debba transigere.
Nell'ultimo intervento di Occhipinti rilevo quella che, a mio parere, è una contraddizione. Da una parte si ritiene TITOLO ad eseguire l'opera la delibera condominiale che assente i lavori, dall'altra ci si dichiara incompetenti a valutarne la legittimità e la portata. Delle due l'una: o chiedo tale titolo perchè convinto che serva nell'ambito del procedimento amministrativo, e conseguentemente lo valuto, o non lo chiedo affatto.
Aggiungo: la partecipazione al procedimento può/deve apportare contributi, su questo non ci sono dubbi, così come non vedo nulla di negativo nell'inviare un avviso di avvio procedimento al condominio, nella persona dell'amministratore, ma da qui a dover sottomettere il parere del Comune, da fondarsi, ripeto, solo ed esclusivamente su norme a tutela degli interessi generali E NON DELLA PROPRIETA' in particolare, ce ne corre parecchio. Occhipinti, se non interpreto male, ipotizza una sorta di limbo sospensivo in attesa di fantomatiche integrazioni che, in effetti, mai potrebbero arrivare: "il tuo progetto è conforme alle norme, però se il condominio non è d'accordo non ti rilascio il permesso". Eh no! Per me la faccenda diventa "Caro condominio, il procedimento di cui ti ho avvisato si sta per concludere e ti informo che il progetto è conforme alle norme edilizie ed urbanistiche. Nel caso tu abbia qualcosa in contrario, queste sono le strade che puoi seguire: TAR e/o Tribunale. Cordiali saluti". Quanto all'assenza di precedenti in termini di richiesta danni per mancato rilascio di permessi sulla base della voce grossa fatta da terzi, rammento che (poichè s'è parlato anche di terremoti) un'area non è sismica fino a quando un sisma non la colpisce. Che dire ancora, volete basare le vostre istruttorie ed i vostri pareri sulle delibere condominiali (che non sono certo atti notarili registrati e trascritti, caro Occhipinti)? Auguri.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  15 settembre, 2005 08:42 :
 
Scusa Megali, ma una deliberazione dell'assemblea di condominio, a casa mia, è un titolo di legittimazione se il richiedente vuole intervenire nel condominio; diversamente, come titolo di legittimazione non saprei cosa mi dovrebbe presentare.
Dovrebbe stabilire il tecnico la validità della deliberazione?
Secondo me assolutamente no!
Ripeto, non abbiamo la potestà di verificare se i millesimi siano stati conteggiati correttamente oppure se sia necessaria la maggioranza assoluta o relativa dei condomini (so' de coccio anch'io su questo) e di conseguenza, se qualcuno vuole discutere in questi termini, lo fa dappertutto tranne in comune.
E detto questo, quindi, per quanto mi riguarda, cade automaticamente anche la contraddizione che citi...

Un affittuario autorizzato con un'autocertificazione del padrone di casa ad eseguire lavori mi deve dimostrare il titolo con un atto registrato e trascritto?
Assolutamente no ed ha diritto ad ottenere il titolo abilitativo.
Qualora sorgessero questioni controverse relative al titolo di legittimazione (che sia l'autocertificazione del padrone di casa o la deliberazione dell'assemblea, poco importa), come hai detto anche tu (io lo sto dicendo dal primo intervento di questo quesito e da altri arretrati) l'oppositore ha due strade: TAR/Tribunale.
La differenza sta nel fatto che a me un titolo di legittimazione chi vuole intervenire lo porta; a te mi sembra di no, dato che addirittura, secondo la tua interpretazione sulle nuove procedure, ritieni di far partecipare al procedimento l'amministratore del condominio (che probabilmente, nel caso in esame, non esiste alla pari del regolamento condominiale), magari pretendendo una risposta nei termini, e se questi non da' contributi, tu rilasci il titolo abilitativo e si arrangino tutti per tribunale, gentilmente avvisandoli.
Nel caso proposto da Grassano l'istante vuole intervenire su parti comuni dell'edificio e quindi deve allegare alla pratica edilizia l'assenso di tutti i proprietari o la deliberazione dell'assemblea condominiale, perchè se non è in possesso di queste cose significa che non ha alcun titolo di legittimazione e non può nemmeno autocertificare di averlo dimenticato a casa; di conseguenza non può eseguire i lavori (tanto più di fronte ad una comunicazione negativa della maggioranza dei proprietari condomini).
Cosa certa è che il comune non può obbligare tutti i condomini a partecipare al procedimento i quali, in qualsiasi momento hanno diritto ad inserirsi o verificarne gli effetti.

Si ricambiano gli auguri


Buona giornata
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  15 settembre, 2005 09:57 :
 
Ringrazio per gli auguri, ma come detto, l'edilizia privata non è più un problema mio.
Riprendo, caro Marco, dal tema deliberazione condominiale: tu la consideri un titolo legittimante a chiedere il permesso, anche se poi non sei in grado di valutarne la portata. Come legittimazione mi pare debolina. Fermo restando che nel caso illustrato da Grassano, la dleibera non c'era neppure e dunque ci si è basati su affermazioni del tutto soggettive espresse dagli altri condomini, per quanto mi riguarda, se da una delibera condominiale non emergesse più che chiaramente che la realizzazione del progetto comporterebbe un'ingiustificata compressione dei diritti degli altri condomini (comproprietari delle parti comuni), l'unico titolo cui riferirsi è l'atto di proprietà: ogni condomino è comproprietario delle parti comuni ed in quanto tale ha diritto a presentare una richiesta di permesso e, se il progetto è conforme alle norme edilizie ed urbanistiche, ad ottenerlo. La delibera condominiale non può in alcun modo essere atto di approvazione del progetto o preordinato all'acquisizione del permesso comunale, è, invece, atto di assenso all'esecuzione dei lavori, ed allora, potrebbe ben intervenire anche successivamente al permesso comunale. Estendo ad altro esempio: Megali vuole sopralzare casa sua, presenta il progetto in Comune, tutto sembra a posto senonché Occhipinti, suo confinante sventola di fronte al RP una scrittura privata con la quale i due vicini giuravano che mai avrebbero sopralzato le proprie abitazioni rubandosi la veduta l'un l'altro. Siamo di fronte ad un caso di tutela delle proprietà private, che dovrebbe fare il RP? Secondo te bloccare tutto, secondo me rilasciare il permesso, perchè, ripeto, non compete né può competere al Comune la tutela delle proprietà private (che presuppone l'accertamento della fondatezza di un diritto, accertamento che, a legislazione vigente compete solo al giudice civile). Quindi la questione vera è tutta qua. Sul discorso dell'affittuario sono d'accordo, in quel caso il titolo è conferito attraverso la manifestazione di volontà del proprietario. Per quanto riguarda la partecipazione chiarisco: l'amministratore, se c'è, mi sembra il soggetto più idoneo ad essere informato del procedimento. Se non c'è occorre verificare se sia possibile informare i condomini proprietari. Senza alcuna pretesa di risposta, che, in effetti, potrebbe benissimo non arrivare.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  15 settembre, 2005 11:09 :
 
Marco Occhipinti scrive:
"Nel caso proposto da Grassano l'istante vuole intervenire su parti comuni dell'edificio e quindi deve allegare alla pratica edilizia l'assenso di tutti i proprietari ....."

Io ho sempre inteso e ragionato pensando che l'intervento ricada sul terrazzo di proprietà esclusiva del richiedente e non su parti comuni. Pregherei il signor Grassano di chiarire.

Debbo poi una risposta a Carlo Megali premettendo che, nella realtà, non ho mai respinto pratiche con la motivazione del mancato rispetto dei diritti di terzi, ne tantomeno su personali valutazioni estetiche.
Dirò di più, nel caso in questione, dopo aver informato e messo a confronto i due contendenti e permanendo l'incertezza, penso che darei anchio al condominio una risposta come quella suggerita.
Qualcuno dirà che mi contraddico, ma l'importante, mi pare, è informare e avere messo in confronto le due posizioni.
Ci sono anche i prepotenti che zittiscono il vicino dicendo convinti "E' tutto in regola, Ho il permesso del Comune!".
E ho notato che chi subisce veramente il danno si rassegna e non viene a protestare.
In Comune si presentano prevalentemente i soliti personaggi pieni di diritti e di critiche.
Ma, nelle mie ipotesi, io penso ai primi.
Quando mi sono capitati casi di PALESI VIOLAZIONI (rari per fortuna quanto le norme Urbanistiche sono più severe del CC) ho sentito il dovere di fare qualcosa e la prima azione è un richiamo duro alle proprie responsabilità del professionista che ha firmato la pratica.
Se come detto "Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi" (art. 11 c.3) penso sia in primo luogo compito del tecnico incaricato fare le opportune verifiche, informare IN ANTICIPO il suo cliente e il Comune se glielo chiede.
Io non mi addentro su questioni civilistiche che non mi competono e che non conosco; chiedo assicurazioni al tecnico. (mi pare che anche i professionisti abbiano delle responsabilità e un codice deontologico)
Debbo dire che ho sempre trovato disponibilità a risolvere i problemi.
Di fronte alla segnalazione di palesi violazioni non ho mai avuto risposte arroganti del tipo: "pensa ai fatti tuoi".
Ne penso ne avrò visto che anchio non sono più assillato da questi problemi.
Buona giornata.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  15 settembre, 2005 15:02 :
 
Concordo. E' questo lo spirito del mio intervento, non altri.
Mi sembrava inaccettabile che il RP restasse insensibile a qualunque comunicazione, mentre sta emergendo che le comunicazioni devono essere valutate. E' questo il modo, a mio avviso, per evitare tutta una serie di problemi. In primis all'ente, perchè i prepotenti tentaranno sempre di coinvolgerlo nelle loro pretese, ciò che comporta un notevole dispendio di tempo e qualche patema, e poi a chi rischia davvero di essere danneggiato.
E come ha dimostrato T. Cornaviera, a volte basta davvero poco.

[ 15. settembre 2005, 16:09: Mod. da Diana Sozio ]
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  15 settembre, 2005 15:44 :
 
Noto con piacere che le varie posizioni finiscono col convergere su un punto: la gestione del procedimento da parte comunale può e deve prendere atto dei contributi di tutti i soggetti potenzialmente interessati dagli effetti di un'opera edilizia. E' sulle conseguenze di tale presa d'atto che i pareri si differenziano, ma va bene così.
Solo un'annotazione: al prepotente che brandisce come una clava il permesso rilasciatogli dal Comune si rivolgono le medesime pernacchie indirizzate a quelli che "io pago le tasse (e, sottinteso, il tuo stipendio brutto lazzarone infingardo che non sei altro)". Nei panni del vicino minacciato dalla suddetta clava farei spallucce, il permesso del Comune, nei miei confronti, non vale un fico secco.

[ 15. settembre 2005, 15:45: Mod. da Carlo Megali ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  16 settembre, 2005 14:26 :
 
Noto anch'io con piacere che tutte le posizioni convergono nel solito punto e di comune accordo; mi sembra che questo, a rileggere gli interventi (compresi i miei), sia fuori discussione.
E' comunque sui pareri decisionali che le posizioni si differenziano; mi auguro che la differenza sia dovuta alle valutazioni dei casi che abbiamo in esame e non ad un principio precostituito che ognuno di noi si mette in tasca.
Credo che tutta la discussione verta su quale sia l'effettivo confine di competenza dei tecnici ma questa linea non può essere riferita alla conformità urbanistica separata dal titolo di legittimazione ad eseguire le opere.
Per cui non posso immaginare che, ad esempio nel caso in esame, mi possa accontentare del contratto di proprietà di un appartamento senza tenere conto degli altri proprietari (proprietari delle corti comuni, delle mura perimetrali e della copertura), magari in zona A in cui lo stesso strumento urbanistico preveda la vigenza del codice civile in luogo delle norme generali o specifiche per altre zone.
Di conseguenza, mi è permesso affermare che la conformità urbanistica sia a volte un pochino più complessa e che spesso il titolo di legittimazione debba essere più consistente del semplice contratto di proprietà dell'immobile?
Detto questo non voglio citare alcun esempio in merito altrimenti si finirebbe di nuovo nella bagarre allontanandoci dal tema centrale.
Nel caso descritto dal sig. Grassano io richiedo un assenso degli altri proprietari (lo voglio chiamare così per i motivi di cui sopra), pure attraverso coinvolgimenti nella procedura o convocandoli in conferenze di servizi o tutto quello che si vuole; se l'Ufficio acquisisce questo documento (e qui sono determinanti le spiegazioni circa tutte le problematiche, ecc. che l'istante può incontrare e di cui può andare ad informarsi presso altri tecnici o legali) la pratica segue il normale iter fino all'ottenimento del titolo abilitativo, diversamente si ferma.
Se l'istante ricorrerà contro il procedimento amministrativo potrà ottenere anche ragione (personalmente riterrei di no), comunque si troverà in seguito (e anche di questo sono certo)a vedere il proprio titolo abilitativo finire nel nulla, dopo il ricorso dei condomini.
Ed hanno ben detto sia l'Arch. Diana Sozio in un modo che T. Cornaviera in un altro che... basta poco, anche in considerazione del fatto che il progettista dovrebbe avere delle responsabilità non indifferenti.
Tutto l'intervento per dire che la richiesta di un titolo abilitativo per opere edilizie può ottenere il sospirato placet, tanto quanto il categorico parere negativo, pure sul presupposto, come abbiamo tutti convenuto, che le nostre competenze di tecnici sono più gravose rispetto ai vecchi tempi della "Buccalossi" (quasi bastava un atto sostitutivo di notorietà per costruire una casa nella piazza comunale)e che un pò più in là sui titoli di legittimazione dobbiamo agire, ma (secondo me) non più di tanto.
A Megali, nell'esprimere il personale giudizio di ritenerlo una persona estremamente preparata, vorrei chiedere se il modo che ha di intervenire, girando continuamente il coltello in argomenti che tutti affrontiamo quotidianamente con estrema preoccupazione, gli procuri un particolare piacere oppure se ce l'abbia con tutto il mondo.
Mi va anche bene il forte contradditorio il quale rende più gustosa la discussione, purchè il tutto non scada nella pesantezza e vengano rispettate le posizioni di tutti gli intervenuti che bene o male (e quindi sbagliando o rispondendo correttamente) apportano un contributo effettivo alla discussione.
La partecipazione al forum a me serve per il mio lavoro, come credo servisse a lui ieri (all'edilizia) ed oggi ad altro settore.

Scusandomi porgo cordiali saluti
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  16 settembre, 2005 15:12 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da marco occhipinti:

Nel caso descritto dal sig. Grassano io richiedo un assenso degli altri proprietari (lo voglio chiamare così per i motivi di cui sopra), pure attraverso coinvolgimenti nella procedura o convocandoli in conferenze di servizi o tutto quello che si vuole;

Ora, cerchiamo di non passare da un eccesso all’altro. Spero che la conferenza di servizi sia stata buttata lì tanto per esagerare e che stia ad indicare, al limite, colloquio formale/informale.
La conferenza di servizi la si convoca quando si rende opportuno effettuare l’esame contestuale di più interessi PUBBLICI coinvolti in un procedimento amministrativo.
In merito, poi, alla Bucalossi, se ho interpretato il tuo pensiero, non mi sento di affermare che oggi i compiti del RP sono più gravosi rispetto al passato. Il giusto procedimento, sulla cui utilità, infine, un po’ tutti si concorda, è stato introdotto nel 1990 e si è sovrapposto alla L. 10/1977 per oltre 10 anni.
Infine, una annotazione: l’autocertificazione, per legge, deve essere verificata: a campione oppure quando si abbia il fondato sospetto che non sia veritiera.
Cordialmente.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  16 settembre, 2005 17:33 :
 
Scusi Architetto, il passo che ho fatto lo prenda soltanto come esempio generico, nel senso di dare per scontata la giusta procedura (qualsiasi chiunque voglia intendere) ed evitare ulteriori alimenti di discussione, altrimenti ritorniamo a pesare con il bilancino le parole anche quando si tratta in generale; per il resto, in merito alla Buccalossi, ho solamente spiegato ciò che è sempre successo in quasi tutti gli enti e per quanto attiene le autocertificazioni io le controllo a campione o quando ritengo siano da verificare.
Dato che sta dimostrando di avere le idee chiare sull'argomento, chiederei cortesemente anche a lei di valutare il senso con cui vengono affrontate le tematiche; credo che tutti noi siamo a conoscenza del funzionamento delle procedure e delle loro sfaccettature ma non mi sembra il caso che ogni partecipante debba pesare parola per parola dell'intervento dal pensiero che gli vengano tirate le orecchie, ma tutti quanti dobbiamo però leggere attentamente gli interventi per capirne il contenuto vero.

La ringrazio e cordialmente la saluto.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  17 settembre, 2005 00:27 :
 
Mozione d'ordine!
1- Dato per pacifico che Grassano poteva motivatamente ordinare la non esecuzione dei lavori di cui alla DIA per la mancanza della prescritta autorizzazione paesaggistica.
2- la questione controversa del diritto dei condomini di dare il loro assenso ai lavori, forse puo' trovare uno spiraglio di chiarimento in questa frase estrapolata da una sentenza del tar Puglia: "L’Amministrazione comunale competente al rilascio della concessione od autorizzazione edilizia è comunque tenuta a verificare l’esistenza del titolo che legittima l’istante a disporre dell’area o del bene interessato dall’intervento, atteso che la formula della salvezza dei diritti dei terzi, ex art. 4, comma 6, della L. 10/77, non è sufficiente a che la medesima Autorità sia tenuta a rilasciare il titolo concessorio ogni qual volta, secondo il livello di attenzione dovuta, possa apparire carente il titolo di disponibilità"
Saluti
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  17 settembre, 2005 00:50 :
 
A prosiego direi:
1 - che l'amministrazione non e' tenuta ad andare alla ricerca di eventuali diritti di terzi che ne limitano la disponibilità del bene, per il principio generale del divieto di aggravamento del procedimento.
2 - di contro, se sia acquisita (come nel caso Grassano)la prova della esistenza di diritti di terzi gravanti sull'immobile oggetto della richiesta, l'amministrazione ha l'obbligo di valutare tale elemento ai fini del diniego del provvedimento.

3 nel caso di specie mi chiedo se esiista il diritto di terzi, visto che si invoca la paura che i ladri possano penetrare negli appartamenti dei condomini, passando per la tettoia imputata.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  17 settembre, 2005 07:49 :
 
Il quesito tratta soprattutto di modifica prospettica ed è proprio qui il problema (oltre che della possibilità di furti).
Io sostengo che per il fatto si tratti di condominio serve un atto favorevole dell'assemblea condominiale agli effetti del rilascio del titolo abilitativo.
Questo atto segna il confine delle mie competenze.

Buona giornata
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  19 settembre, 2005 15:49 :
 
Risposta ad Occhipinti, seppur in ritardo: la violenza degli scritti non uccide nessuno, il vecchio detto che comparava la parola alla spada lo inventò qualcuno che la spada non l'aveva mai provata. Cmq, non ce l'ho con tutto il mondo, ci mancherebbe, sennò dovrei avercela anche con me stesso, ma allora dovrei avere l'abbonamento dallo psichiatra. Ce l'ho, però, e tanto, con quella parte di mondo che dopo i nefandi anni 1992-93, superata la sbornia giustizialista non ha affatto superato quella "presunzionista", fatta di sostanziale disprezzo per la p.a., identificata con il pubblico dipendente in genere e fortificata dalla presunzione, appunto, di avere solo diritti derivanti dal "pagare le tasse". Con questi assunti si pretende dalla p.a. in genere e dai Comuni in particolare, anche ciò che non è dovuto, spesso con l'assurda giustificazione (sentita direttamente, non per interposta persona) che l'avvocato costa, invece il Comune è gratis.
Per me, che non lavoro più in Comune, potete avere benissimo ragione tutti quanti, l'importante è che vi troviate bene voi, ma ribadisco il concetto di fondo: aprire le porte ad una tutela della proprietà privata da parte degli sportelli edilizi sarà causa di sventure per gli anni a venire. Quando dai il dolcino ad un bambino levarglielo diventa un'impresa disperata. Mi sta bene l'assenso dei comproprietari per interventi sulle parti comuni (ovvero che ne modifichino la conformazione e la statica), non lo ritengo dovuto nel caso specifico esposto in questo topic. Se il problema è l'estetica, mi pare che (beni paesaggistici a parte), siamo nel campo delle valutazioni soggettive, che, da quando furono abolite le commissioni d'ornato, non fanno più testo nel procedimento edilizio.
 
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  19 settembre, 2005 19:52 :
 
La questione del rapporto e forse dei confini tra il diritto ammnistrativo ed il diritto privato è aperta da lungo tempo, come ben dimostra la presente discussione ed anche il pregio degli interventi.
Se non può chiedersi all'Amministrazione di accertare i diritti pregiudicati dall'azione amministrazione, vi sono situazioni che impongono l'esame di questi diritti e di prendere posizione sugli stessi.
Così, se viene chiesto il rilascio di un titolo edilizio per realizzare una sopraelevazione, l'ente dovrà esaminare il titolo privato che impegna il richidente a non alzare il fabbricato per rispettare la servitù del confinante.
Di questi principi ha fatto recente applicazione anche il TAR Veneto, con sentenza n. 3435/2005, in attuazione di un pregevole orientamento del Consiglio di Stato (decisione della IV Sez. , 22 giugno 2000, n. 3225).
Non può, quindi,pretendersi dall'ente di esaminare in maniera approfondita quanto vantato dai terzi, perché spetta a costoro dimostrare alla PA che il titolo non può concedersi per assoluto contrasto con la loro posizione.
Saluti.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  20 settembre, 2005 14:12 :
 
Nel ringraziare l'Avv. Brotto del chiarissimo e sintetico intervento, vorrei, senza alcuno spirito di critica, dire a Megali che usare la spada o le parole di fatto nulla cambia, dato che spesso il forum si trasforma in arena da combattimento e le discussioni diventano "singolar tenzone"; perchè non succeda ciò, a mio personalissimo avviso, basta intervenire, pure con tutte le dimostrazioni contrarie, nel rispetto degli interventi proposti.
Quindi, nel salutare caldamente e dimostrarti che tutto può essere posto in discussione, ti propongo un altro quesito relativamente al tuo ultimo intervento... ma non è una sfida a duello.

Cordiali saluti
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  21 settembre, 2005 09:22 :
 
Condivido lo spirito di approccio al forum come delineato da Occhipinti.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  21 settembre, 2005 14:49 :
 
La sentenza del Consiglio di Stato 22/06/2000, n. 3525 esamina in modo puntuale proprio gli aspetti trattati in questa discussione e, insieme alle sentenze applicative dei TAR (quella citata dall'avv. Brotto e l'ordinanza TAR Puglia sez. I 27/09/2001, n. 1299), afferma che:

- "non è seriamente contestabile che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia l'amministrazione ha il potere di verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di idoneo titolo di godimento sull'immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica. Si tratta di una attività istruttoria che non è diretta, in via principale, a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario degli immobili interessati, ma che risulta finalizzata, più semplicemente, ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente", quindi "pur se il rilascio della concessione avviene salvi i diritti dei terzi, il comune è tenuto a verificare l'esistenza del titolo e - in mancanza di prova di quest'ultimo - legittimamente nega il rilascio della concessione (Consiglio di Stato, sez. V, 3/09/1985, n. 279)";

- "assentire la realizzazione di opere edilizie a soggetti certamente privi del necessario titolo di godimento sull'immobile significherebbe alimentare il contenzioso tra le parti, con grave danno anche per l'interesse pubblico all'armonico sviluppo dell'attività di trasformazione urbanistica";

- "l'affermazione del potere di verifica del titolo di proprietà non significa affatto che l'amministrazione abbia l'obbligo incondizionato di effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato";

- "qualora sia acquisita la prova della esistenza di servitù di non edificare (totale o parziale), gravanti sull'immobile oggetto della richiesta di concessione edilizia, l'amministrazione ha l'obbligo di valutare tale elemneto ai fini del diniego del provvedimento";

- "in mancanza di elementi, l'amministrazione non ha l'obbligo di verificare l'inesistenza di diritti di servitù che limitino l'ampiezza del titolo di proprietà del richiedente. Pertanto, la concessione edilizia rilasciata in contrasto con i diritti dei terzi, non è di per sè illegittima, a meno che non sia accertato il contrasto con elementi istruttori acquisiti nel corso del procedimento";

- "il principio generale di non aggravamento del procedimento consente all'amministrazione di semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata" (quindi pieno riconoscimento della validità del giusto procedimento anche ai fini della semplificazione dell'attività amministrativa).

.... altro, quindi, che clavi, fichi secchi e dolcetti. Per quanto mi riguarda, l'interesse principale è quello di tenere indenne l'amministrazione da inutili controversie nelle quali spesso è trascinata, come dimostrano le sentenze citate ..... e se da questa premura deriva contestualmente/conseguentemente la risoluzione di qualche problema al cittadino, che male c'è?

[ 21. settembre 2005, 14:50: Mod. da Diana Sozio ]
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  21 settembre, 2005 17:02 :
 
Ognuno deve essere libero di svolgere il suo lavoro come meglio crede. Cara arch. Sozio, se vuoi vestire anche i panni del giudice Licheri nessuno te lo impedirà. Guarda però che tutti i brani delle sentenze da te meticolosamente cercate e citate non cambiano di una virgola quanto si è già detto. Un conto sono le limitazioni al titolo che consente l'acquisizione di un permesso, sulle quali non ho alcun dubbio circa il fatto debbano essere considerate qualora (se e soltanto) siano emanazione diretta di atti registrati e trascritti. Altro conto sono le rivendicazioni di diritti supportate solo dalle proprie personali e soggettive convinzioni, e qui la clava e la caramella, mi spiace per te, ci stanno benissimo come metafore.
 
Inserito da Avv. Nik Brotto (Utente n. 7581) on  21 settembre, 2005 18:36 :
 
Proprio qui sta il punto: per poter trovare ingresso nello svolgimento dell'azione amministativa volta all'emanazione del titolo abilitativo edilizio, la rivendicazione di un diritto da parte di un terzo o deve essere così fondata da non potere essere assoltuamente trascurata dal Responsabile ovvero, in mancanza di idoneo supporto probatorio, deve essere trascurata, pena l'aggravamento del procedimento.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  22 settembre, 2005 10:52 :
 
Caro Megali, tu sei liberissimo di svolgere il tuo lavoro come meglio credi, e te l'ho già detto in altro precedente intervento. Non sei libero, però, di trarre ironiche, quanto errate, conclusioni sugli interventi di chi non la pensa come te.
La citazione di quel personaggio la trovo, quindi, fuori luogo.
E se tu avessi letto le sentenze, ti saresti accorto che i passi da me citati provengono esclusivamente dalla sentenza del consiglio di stato, le altre sono pedisseque.
Ti prego, pertanto, di esprimere le tue opinioni, anche contrarie, ma nel rispetto di chi partecipa a questo forum che non è un'arena nè una competizione.
Grazie.
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  22 settembre, 2005 11:23 :
 
Intervengo per l'ultima volta in questo topic, ormai avvitato su sè stesso.
Sozio: se l'ironia, o il sarcasmo, non ti aggradano il problema è tuo, non mio. Ognuno, su questo almeno siamo concordi, lavora come crede, con onori ed oneri conseguenti. Tuttavia, occorre considerare che lavorare in un ente territoriale comporta valutare il proprio ruolo "istituzionale" ricordando che esso non costituisce una discontinuità rispetto a passato e futuro. In altre e più semplici parole: se intraprendo una prassi che non è stabilita dalla legge, e questa prassi si consolida, devo essere consapevole che, forse, potrei anche aver posto un'ipoteca sul lavoro di chi opererà dopo di me e sull'azione dell'ente medesimo.
Tornando al caso concreto proposto dal collega Grassano: abbiamo un condominio che non si è neppure costituito come tale, un condomino che sul SUO terrazzo vuole costruire una tettoia, non sappiamo se in appoggio o in aderenza al muro comune (ma la differenza potrebbe non essere sostanziale), abbiamo gli altri condomini che si oppongono al progetto non già in forza di atti ma di valutazioni soggettive sull'estetica e sulla sicurezza. Dell'estetica abbiamo detto in altro topic (scaturito da questo), della sicurezza non possiamo dire alcunché, salvo poter dimostrare che solo dalla tettoia i ladri potrebbero passare (e mi pare assai difficile dimostrarlo, come esperienza quotidiana insegna). Ci sono elementi, vincolo paesaggistico a parte, per negare il permesso del Comune? Per me no, senza se e senza ma. Per altri sì? bene, rinnovo gli auguri.
Resta il dubbio che l'azione del Comune non sia più improntata alla verifica della conformità normativa ma a quella di ponderazione dei disagi: meglio litigare con un solo cittadino che con altri undici. Sono offensivo? Amen. Con questo saluto e abbandono la discussione. Giuro.
 
Inserito da Diana Sozio (Utente n. 5464) on  22 settembre, 2005 12:24 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da Carlo Megali:
In altre e più semplici parole: se intraprendo una prassi che non è stabilita dalla legge, e questa prassi si consolida, devo essere consapevole che, forse, potrei anche aver posto un'ipoteca sul lavoro di chi opererà dopo di me e sull'azione dell'ente medesimo.

Resta il dubbio che l'azione del Comune non sia più improntata alla verifica della conformità normativa ma a quella di ponderazione dei disagi: meglio litigare con un solo cittadino che con altri undici.

Sono tue personali interpretazioni, quindi, tue esclusive preoccupazioni.
Io volevo dire ben altro, e chi voleva capire, ha capito.
Su un punto concordo pienamente: la discussione è ormai divenuta sterile.
 
Inserito da Dario Bellotti (Utente n. 7628) on  26 settembre, 2005 14:05 :
 
Sono da poco utente del forum. Premetto che non so nulla di edilizia e architettura, il mio è un intervento da dottorando in scienze politiche. La lettura dei pareri contenuti in questo post mi ha incuriosito in relazione al ruolo di consigliere comunale, ne farò tesoro.
Ho trovato stimolante il dibattito e vorrei introdurvi una nota di analisi tecnica. A mio parere si leggono due orientamenti, uno ispirato al liberalismo, che vede nel diritto privato il luogo di soluzione delle controversie tra diverse prospettive individuali, l'altro più ancorato allo schema "socialista", dominante in Italia, secondo il quale all'individuo si sostituisce l'istituzione, in questo caso il Comune avocante a sè funzioni proprie della giustizia ordinaria, prevaricando il soggetto privato a favore (così è ritenuto) della collettività.
Se così è, più che sull'interpretazione di norme, si sarebbe di fronte ad un confronto tra influenze ideologiche da cui nascono le norme ed alle ricadute applicative che da tali influenze discendono.
 
Inserito da enzo grassano (Utente n. 7386) on  27 settembre, 2005 18:02 :
 
Visto come vi ha appassionato (e mi ha fatto enorme piacere) questo mio argomento vi rimando al mio ultimo quesito posto nel forum circa la realizzazione di n.24 box-auto utilizzando la legge 122/89.
Ciao a tutti e grazie per il contributo.
 

Questa discussione costruzione interrata nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001150


Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on  31 agosto, 2005 15:58 :
 
Il P.R.G. non si esprime in merito alle costruzioni interrate da adibire a garage per cui gradirei sapere se esse concorrono al conteggio volumetrico dell'edificio da edificare. Grazie

[ 31. agosto 2005, 17:27: Mod. da peppe falco ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  01 settembre, 2005 08:44 :
 
Normalmente le parti e i corpi completamente interrati non concorrono alla formazione di superficie coperta e volume.
E' opportuno comunque consultare le norme di attuazione del PRG che dovrebbero contenere un articolo con le definizione e i metodi di misurazione.
 
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on  01 settembre, 2005 13:10 :
 
Le norme attuative del P.R.G. non fanno nessun riferimento al riguardo. Comunque, la struttura interrata dovrebbe essere realizzata con una sporgenza, dal lato più alto , sopra il livello del terreno di 70 cm. circa in gran parte finestrata per poter dare area al garage di 100 mq.

[ 01. settembre 2005, 15:37: Mod. da peppe falco ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  02 settembre, 2005 09:08 :
 
Mi pare anomalo che non esistano norme al riguardo. Comunque, a mio parere, se una parte emerge dalla linea naturale del terreno, il corpo non risulta più interrato ma seminterrato e la parte emergente andrebbe di norma conteggiata.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  02 settembre, 2005 10:35 :
 
Sembra strano anche a me che nell'articolo riguardante le modalità di calcolo del volume non vengano citate le volumetrie non computabili.

Vorrei proseguire la serie di interventi con una domanda dubbiosa che mi attanaglia da tempo e, per quanto i comportamenti comuni possano essere logici, non mi sembra che il riscontro normativo sia chiaro.

I volumi interrati o seminterrati destinati a garage nel rapporto minimo 1 mq. ogni 10 mc. di costruzione, relativamente alla nuova edificazione residenziale, rientrano nelle forme derogatorie della L.122/89 attraverso l'atto di vincolo pertinenziale (debitamente registrato e trascritto) quando di fatto consisterebbero in pertinenza di una costruzione non ancora realizzata?

Ritornando al quesito del Sig. Falco, bisognerebbe anche capire la destinazione dell'immobile e verificare se la proporzione tra il costruendo edificio ed il garage (ml.100) sia bilanciata, dato che il 1/10 consiste nel minimo normativo.

Buona giornata
 
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on  10 settembre, 2005 12:25 :
 
Il rapporto volumetrico risulta bilanciato. Il fuori terra è stato conteggiato nella volumetria possibile. Grazie per le risposte. Saluti

[ 10. settembre 2005, 12:26: Mod. da peppe falco ]
 


Questa discussione distanza dal confine manufatto nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  30 agosto, 2005 19:33 :
 
La posa di un piccolo accessorio della residenza, ad uso legnaia o ricovero auto, viene da anni autorizzato dal Comune quale elemento privo di apporto urbanistico e oneroso e quindi sottratto dal rispetto della normativa di zona.
Il manufatto è composto da 2 o più pali allineati con 2 falde di copertura che sporgono parte l’altra. /|\
Con l’interpretazione a suo tempo data che i pali allineati non formano superficie coperta come pure le falde di copertura, (il REC recita: “superficie coperta: è la proiezione sul piano orizzontale di tutte le parti edificate fuori terra, ad esclusione degli aggetti, senza sovrastanti corpi chiusi, con sbalzo fino a m. 1.20, le scale aperte e scoperte, le sporgenze delle falde di copertura, ma compresi i porticati delimitati da una pilastratura”) la posa è stata sempre consentita, anche in prossimità dei confini, con la solita avvertenza fatti salvi i diritti di terzi.
Ora succede che il progetto per la posa di tale accessorio distante mt 1 con la gronda dello sporto e mt 3 con i pali dal confine del vicino è stato dallo stesso contestato con nota scritta in quanto lede i suoi diritti trattandosi, a suo dire, di un volume urbanistico (trattasi di aggetto con sbalzo > a m 1.20).
A questo punto il Comune, forse un po’ frettolosamente, ha riconsiderato l’interpretazione data e ha comunicato al richiedente i motivi ostativi al rilascio del provvedimento ai sensi dell’art. 10bis della legge 241/90.
A mio avviso, l’accessorio non ha le caratteristiche per essere considerato volume urbanistico e non conosco quale art. del CC lede i diritti del vicino.
Grazie per eventuali contributi.

[ 30. agosto 2005, 19:35: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  31 agosto, 2005 08:10 :
 
Le caratteristiche descritte fanno sì che il manufatto non venga conteggiato in termini volumetrici e quale costruzione a sbalzo non soggetto ai disposti comunali relativi alle distanze; però non può essere "sottratto" ai disposti civilistici in base ai quali, a mio avviso, il manufatto integra il concetto di "costruzione" e di conseguenza infrange i disposti di cui all'art.873 del C.C.

Non sono da trascurare, di conseguenza, l'art.832 relativo al contenuto del diritto di proprietà ed l'art.1079 in materia di servitù (è da tenere presente che il diritto di panorama costituisce servitù apparente e sono qualificabili come costruzioni anche le siepi e gli alberi)...

Fortunatamente non è roba nostra!

Buona giornata
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  31 agosto, 2005 11:32 :
 
Il vicino ha manifestato il suo dissenso senza richiamare il CC ma affermando che il manufatto è un volume urbanistico e che quindi dovrebbe rispettare le distanze previste dalla normativa di zona.
Se il Comune ribadisce, come mi pare concordiamo, che il manufatto non costituisce volume urbanistico, cadono le obiezioni del privato.
In merito al CC, di cui non sono esperto, a me pare che nel caso in questione non si infrangono i disposti di cui all'art.873 se la distanza si misura dal palo previsto a 3 mt dal confine (lo sporto è a mt. 1)

“Fortunatamente non è roba nostra!” Vorrei che fosse così ma mi pare che ora ci si debba preoccupare anche dei problemi del vicino controinteressato.

Di fronte a una segnalazione scritta e circostanziata del vicino (non mi pare questo il caso) non so come potremmo cavarcela qualora venisse acclarato che i suoi diritti sono stati effettivamente violati.
Vorrei quindi essere certo che il progetto rispetta (come mi pare e gradirei conferma) anche i diritti di terzi.

Grazie per il contributo
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  31 agosto, 2005 13:32 :
 
Il concetto di costruzione del regolamento urbanistico o edilizio che dir si voglia ha una valenza diversa rispetto a quello civilistico (non a caso ho voluto citare che anche le siepi e gli alberi, in determinate situazioni, integrano il concetto di costruzione).

Se per il nostro regolamento un'opera non fa distanza, volume, superficie coperta o altro, le nostre valutazioni sono riferite esclusivamente ai disposti comunali e lì finisce il nostro lavoro; diversamente, entrando in merito all'applicazione diretta dei disposti civilistici, rischieremmo di sostituirci alla figura competente che è il giudice.

Per citare un esempio similare al caso in questione e che richiama in qualche modo il vostro regolamento, a mio avviso una tettoia a sbalzo a minore distanza dal confine di quella prevista dal r.c. per le costruzioni (la quale non viene computata ai fini delle distanze) ottiene correttamente il parere urbanistico favorevole ma infrange i disposti del codice in quanto potrebbe essere integrata al concetto di costruzione (del c.c.) o costituire eventualmente un aggravio di servitù.
Rientra pertanto in quei famosi diritti di terzi che il solo giudice ha facoltà di sottoporre a giudizio civile.

E' giusto che le tue valutazioni siano riferite alla correttezza formale degli atti e pur anche alla tua tutela personale in termini di responsabilità, però è anche vero che non dobbiamo farci coinvolgere in situazioni che non sono di nostra competenza... solo perchè il cittadino non intende aprire un contenzioso legale con il confinante.

Il regolamento comunale ti sostiene e quindi parlare di danno patrimoniale nei confronti di uno o dell'altro mi sembra eccessivo.

Sarebbe opportuno anche l'intervento di altri partecipanti, dato che l'argomento ci interessa quotidianamente.

Tempo fa, se ricordi, ho inoltrato un quesito relativo al permesso di costruire per l'ampliamento di un appartamento in sopraelevazione ad un edificio condominiale e già le risposte ottenute sono andate nel senso del mio intervento; il tutto è stato in seguito sostenuto dal parere del ns. legale il quale richiamando (anche se il caso sembra diverso) la problematica dei "diritti di terzi" ha anche chiarito qual'è il nostro confine di competenza; per dirla breve ha ritenuto che l'ufficio dovesse rilasciare il permesso.
Ci sta anche che esistano chissà quante sentenze che corrono in altro senso ma, nel ribadire che noi siamo tecnici, mi piacerebbe farti avere il suddetto parere ma non ho riferimenti.

Cordiali saluti
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  01 settembre, 2005 12:04 :
 
Sono pienamente l’accordo che non bisogna farsi coinvolgere tenendo separato l’aspetto normativo da quello civilistico. Ma dal momento che “la vigilanza urbanistico edilizia è esercitata dal vicino” quando il vicino segnala … aumentano le cautele.
Riporto un estratto della sentenza Consiglio di Stato, sez. V, 22 giugno 2000, n. 3525.
”...non grava sul Comune l'onere probatorio di appurare l'inesistenza di servitù o di altri vincoli reali che incidono, limitandola, sull'attitudine edificatoria dell'immobile. Peraltro, qualora sia acquisita la prova della esistenza di servitù di non edificare (totale o parziale), gravanti sull'immobile oggetto della richiesta di concessione edilizia, l'amministrazione ha l'obbligo di valutare tale elemento ai fini del diniego del provvedimento. Al contrario, in mancanza di adeguati elementi istruttori, ritualmente acquisiti nel corso del procedimento, la concessione edilizia è legittimamente rilasciata, ancorché sia accertata, successivamente, l'esistenza dei vincoli gravanti sulla proprietà del concessionario. Il mancato rispetto di una servitù pattizia preesistente non è di per sé motivo d'illegittimità della concessione edilizia rilasciata per costruire sul fondo servente, in quanto il Comune non è tenuto, in sede di esame delle relative domande di concessione, a ricercare d'ufficio, né ad opporre al richiedente la pattuizioni limitative della proprietà che costui o il suo dante causa abbiano concluso con i terzi, tant'è che la concessione stessa viene rilasciata sempre con la clausola di salvezza dei diritti di questi ultimi.”

Ti ringrazio se puoi farmi avere il parere: tiziano@cornaviera.it

Buon lavoro
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 settembre, 2005 16:59 :
 
Con le idee un po’ più chiare, dopo i contributi avuti da questa e altre discussioni, provo a trarre la conclusione sperando sia di utilità per chi deve decidere.

Riassumendo:
Il manufatto non è un volume urbanistico e quindi, per il Comune, non vi sono distanze minime dal confine da osservare.
Comunicherei quanto sopra al vicino che sostiene il contrario invitandolo a precisare quali sono i suoi diritti violati.
Nel contempo si richiede al progettista se e come ha valutato il rispetto dei diritti di terzi; se riscontra qualche infrazione, se può rettificare il progetto per evitare problemi a lui e al suo cliente. (lasciamo che siano loro a studiare il CC e a interpellare gli avvocati)
Una volta che, con la partecipazione dei soggetti interessati verranno chiariti questi aspetti, penso sarà anche più facile decidere (il rilascio) e dimostrare ad entrambi di avere agito con imparzialità.

Ciao e tienimi informato!

[ 16. settembre 2005, 23:33: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
 
Questa discussione art 10-bis L. 241/1990 e DIAE nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001143

Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  25 agosto, 2005 15:15 :
 
Qualcuno ha avuto modo di approfondire la questione relativa alla applicazione o meno, dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 introdotto dalla legge n. 15 del 2005, anche all’ordine di non eseguire i lavori inibitorio della DIA?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  25 agosto, 2005 16:42 :
 
c'è già stato un Topic su QST argomento, vedi se ti può servire:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001082#000000

ciao
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  26 agosto, 2005 07:47 :
 
Il nuovo art. 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento di diniego, "nei procedimenti ad istanza di parte" (nella DIA non c'è istanza ed è soggetta a una particolare disciplina), non può essere emesso direttamente ma deve essere preceduto da una tempestiva comunicazione che esterna i motivi del diniego ancora in fieri; l’interessato ha 10 giorni di tempo per presentare memorie, osservazioni e/o documenti che ritenga idonei a superare i motivi di diniego. Sulla base di questa comunicazione si apre nuova istruttoria con la partecipazione degli istanti, che hanno diritto a rappresentare le loro osservazioni e a depositare documenti, con riferimento alla motivazioni negative dell’Amministrazione.
E di queste osservazioni, ove l’Amministrazione resti ferma nella sua determinazione di non accoglimento dell’istanza, deve darsi conto nella motivazione del provvedimento negativo finale. In caso di mancata comunicazione il provvedimento non è comunque annullabile qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Lo scopo è di rafforzare la partecipazione del privato al procedimento (anche se ciò comporta un ulteriore aggravio).

Mi pare che Rocco chieda in particolare se la comunicazione di preavviso di diniego va fatta, oltre che per i permessi a costruire, anche per le DIA.
Per completare la domanda aggiungerei altre due fattispecie: il diniego della domanda di condono edilizio e il diniego della domanda di accertamento di conformità (art. 36 TU)
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  26 agosto, 2005 09:37 :
 
Io la vedo in questo modo. Se si tratta di negare un intervento rientrante in quelli previsti dal'art. 22 commi 1 e 2 allora io seguirei esattamente il procedimento della DIA di cui all'art. 23 per i motivi che hai detto tu, perchè si tratta ancora di denuncia di attività e pertanto adotterei il principio di specialità avvalendomi del T.U.

Qualora invece si trattasse di negare un intervento presentato con DIA ma ai sensi art. 22 comma 3, ovvero in alternativa al permesso di costruire, allora procederei, prima del diniego, con art. 10/bis.

Saluti
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  26 agosto, 2005 11:52 :
 
Mi pare una interpretazione condivisibile.
Ho trovato comunque questo commento:

"E’ dubbio se il procedimento del contraddittorio di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 introdotto dalla legge n. 15 del 2005 debba essere applicato anche all’ordine di non seguire i lavori inibitorio della "denuncia di inizio attività" o sia limitato al diniego del permesso di costruire. Contrariamente a quest'ultimo, infatti, la d.i.a. non è una vera “istanza di parte” ma una denuncia; si propende tuttavia per l’applicabilità, in quanto l’ordine di non eseguire è comunque un provvedimento negativo che incide sugli interessi del privato.
Se è così ne consegue, ragionevolmente, che dalla comunicazione di cui all'articolo 10-bis, il termine di 30 giorni per l'efficacia della d.i.a. resta sospeso per 10 giorni (o per l'eventuale minor tempo che il denunciante dovesse impiegare a produrre le giustificazioni)".

Per quello che so, la giurisprudenza si è finora pronuciata solo sul permesso di costruire:
Con sentenza del TAR Lazio 18 maggio 2005, n. 3921, è stato annullato un provvedimento di diniego di un Permesso di Costruire perchè il Comune non ha provveduto, tra l'altro, a comunicare al privato i motivi per cui intendeva respingere la domanda, impedendogli di fatto la
partecipazione al procedimento mediante la presentazione di proprie osservazioni.

Cordiali saluti
 

 


 

Questa discussione Ampliamento a confine nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001142

Inserito da Agostino Pavan (Utente n. 7502) on  24 agosto, 2005 22:36 :
 
Il mio vicino di casa ha ottenuto una concessione per l'ampliamento della preesistente abitazione con costruzione a confine mantenendo i 10 ml dalla mia casa.
Ciò è stato possibile in quanto nella costruzione della mia abitazione avevo previsto la possibilità di mantenere intorno al fabbricato un ampio giardino, ed anche uno spazio per un piccolo orto.
ora mi ritrovo con un muro alto circa 5 ml e largo altrettanto proprio sul confine prospicente il giardino.
vorrei un parere sia sulla possibilità di impugnare la concessione, sia sull'eventuale richiesta danni.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  25 agosto, 2005 11:07 :
 
Il corretto intervento di Moretti al quesito precedente contiene già la risposta; credo ci sia poco da fare.
Controlli comunque in modo attento l'articolo del regolamento comunale sulle distanze delle costruzioni dai confini, per verificare se sia necessaria la convenzione tra privati (però il fatto che sia stato rilasciato il permesso di costruire mi lascia pensare ad un tentativo vano).
Tenga presente, in tutti i casi, che la muratura cieca realizzata le rende ulteriori possibilità edificatorie consistenti nel diritto di appoggio, salve chiaramente le disposizioni di zona indicate dal regolamento comunale.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  25 agosto, 2005 15:22 :
 
Comprendo la contrarietà del sig.Pavan per una norma quantomeno criticabile in quanto favorisce chi per primo si attiva e danneggia indiscutibilmente il secondo (il diritto di appoggio è una magra consolazione).
In un momento di accresciuta attenzione per i diritti del soggetto privato interessato e controinteressato (che andava forse opportunamente avvisato per tempo), mi sembra una norma anacronistica da eliminare dai regolamenti.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  26 agosto, 2005 06:45 :
 
No, non è anacronistico che molte norme del c.c. siano ancora richiamate nei regolamenti (?) attuali; sono soltanto mal gestite.

Questi disposti dovrebbero servire a correzioni e prosecuzioni dell'assetto urbanistico, al fine di garantire la funzionalità delle costruzioni, anche in riferimento agli spazi a disposizione.

D'altro canto le norme dei regolamenti comunali, spesso partorite negli anni '60/'70 o comunque rifinite o sostituite anche in tempi più attuali, mi sembra che tendano ad esprimere assetti urbanistici molto caotici (anche perchè i piani regolatori sono solitamente di chiara impronta politica e non certo rivolti alle esigenze territoriali) e da sole non riuscirebbero ad affrontare le problematiche dettate dal territorio stesso e dagli aggregati esistenti.

Prova a pensare di redigere un nuovo regolamento tralasciando volutamente le norme civilistiche in materia di costruzioni; credo che non riusciresti ad arrivare all'ultimo articolo e comunque, il risultato sul territorio sarebbe quello di avere recinzioni standards alte un metro, possibilità edificatorie solo nelle aree libere (ml.500 dai confini e ml.10,00 dai fabbricati), limitazioni edificatorie nelle zone di saturazione urbana rapportate al solo rifacimento del tetto o della facciata, un territorio freddo, finto e di plastica... con noi tecnici noi che non ci divertiremmo più.

Cordiali saluti
 

 

Questa discussione Individuazione dei provvedimenti comunali annullabili nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 agosto, 2005 09:29 :
 
Mi scuso subito per la carente esposizione. L'argomento è importante e delicato ma interessa più che altro i rapporti tra enti le cui interpretazioni non sono univoche.

La Normativa di riferimento è Art. 39 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - Annullamento del permesso di costruire da parte della regione
"Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione".

Il testo dell'art. 30 della LR Veneta 11/04 è identico salvo la sostituzione della parola regione con provincia e la titolazione : Annullamento dei provvedimenti comunali e poteri sostitutivi. Nella Regione Veneto la competenza è attribuita quindi alla Provincia.

Secondo una interpretazione legale, il potere di annullamento è limitato ai permessi di costruire e alle superdia (art. 22, comma 3 del D.P.R.380/2001) e non ricomprende gli strumenti urbanistici (es. piani attuativi)in quanto essi stessi parametro di base per individuare le eventuali illegittimità.
Quindi, l'annullamento di uno strumento urbanistico Viene visto come una interferenza nella produzione normativa che vulnera l'autonomia del Comune sul piano istituzionale.

Se così fosse, sorge subito una domanda:
esiste un ente di controllo dove segnalare presunte irregolarità in merito a tali interventi?
oppure, nella attuale accresciuta autonomia Comunale, rafforzata anche dalla riforma della L. 241/90, un Comune può dotarsi di strumentazione urbanistica (quella non soggetta ad approvazione regionale) senza che nessuno possa intervenire in caso di segnalate presunte illegittimità ?

Secondo altra autorevole interpretazione, il potere discrezionale di annullamento è contemplato anche per i piani attuativi qualora ritenuti in contrasto con lo strumento pianificatorio. Dimostrazione ne è che la norma include anche le deliberazioni e non solo di provvedimenti comunali.

Se qualcuno conosce la materia o ha avuto esperienze in merito, sarei grato di sentire la sua opinione.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  18 agosto, 2005 09:50 :
 
Spero di poterti essere utile, suggerendoti la lettura completa della recente sentenza della C.C. sull'argomento, della quale quì trascrivo unicamente la massima.
"Corte Costituzionale, 29 luglio 2005, n. 343
E' costituzionalmente illegittima la norma della legge regionale (nel caso di specie gli articoli 4 e 30 della legge Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34) che non preveda che copia dei piani attuativi sia trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata) ai fini di eventuali osservazioni sulle quali il Comune deve dare puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle).
(possibili ripercussioni su altre norme regionali con lo stesso vizio, quali l'art. 14 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005)"
Per leggere il testo completo:


http://www.giurcost.org/decisioni/2005/0343s-05.html
 


SENTENZA N. 343

ANNO 2005

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Piero Alberto       CAPOTOSTI              Presidente

-         Fernanda             CONTRI                       Giudice

-         Guido                  NEPPI MODONA          "

-         Annibale              MARINI                          "

-         Franco                BILE                                "

-         Giovanni Maria    FLICK                             "

-         Francesco           AMIRANTE                    "

-         Ugo                     DE SIERVO                    "

-         Romano              VACCARELLA               "

-         Paolo                  MADDALENA                "

-         Alfio                    FINOCCHIARO             "

-         Alfonso               QUARANTA                   "

     -        Franco                 GALLO                           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sui ricorsi riuniti proposti da Codacons ed altri contro il Comune di Civitanova Marche ed altri, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2004.

    Visti l'atto di costituzione del Codacons Centro Marche nonché l'atto di intervento della Regione Marche;

    udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

    uditi l'avvocato Roberto Gaetani per il Codacons Centro Marche e l'avv. Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

    1. – Nel corso di giudizi amministrativi, promossi dal Codacons, da articolazioni regionali dello stesso Codacons, dalla Cooperativa Adriatica a r.l. e dalla Minerva s.r.l. contro il Comune di Civitanova Marche, per l'annullamento di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) delle aree denominate, complessivamente, “zona mostre”, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, previa riunione dei procedimenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).

    Con ricorso n. 844 del 1998, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, denunciandone illegittimità sotto molteplici profili, le delibere consiliari n. 2 del 1997, n. 127 del 1997 e n. 27 del 1998 (e delle pregresse deliberazioni della Giunta municipale n. 533 del 1994, n. 698 del 1994 e successive varianti, aventi ad oggetto la perimetrazione del centro abitato), con cui il Comune di Civitanova Marche ha definito la progettazione di massima, nonché adottato e approvato il piano di lottizzazione relativo al comprensorio “zona mostre”.

    Con ricorso n. 1199 del 2000, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, per una serie di vizi dedotti, la convenzione di lottizzazione stipulata il 15 novembre 1999 e le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Civitanova Marche, per la realizzazione delle opere private previste dal piano di lottizzazione oggetto del ricorso n. 844 del 1998.

    Con ricorso n. 477 del 2002, il Codacons, il Codacons Marche, il Codacons Centro Marche e la Minerva s.r.l. hanno impugnato le delibere consiliari di adozione e approvazione delle varianti della lottizzazione “zona mostre nord” e della lottizzazione “zona mostre sud”, nonché le concessioni edilizie conseguentemente rilasciate, enunciando, tra i motivi di illegittimità, anche la violazione dell'art. 24 della legge statale n. 47 del 1985, con conseguente incostituzionalità dell'art. 4 della legge regionale, per essere state le varianti della “zona mostre” definitivamente approvate dal Consiglio comunale senza passare per l'approvazione della provincia, come avveniva antecedentemente alla legge regionale, in ossequio all'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985.

    Con ricorso n. 450 del 2002, la Cooperativa Adriatica a r.l. ha impugnato la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2002 a favore della Almar s.r.l. per la realizzazione di edificio commerciale all'interno della lottizzazione “zona mostre sud”, in quanto contraria agli strumenti urbanistici vigenti, e tenendo conto che la lottizzazione non rispecchia la destinazione d'uso prevista da questi.

    Secondo il Tar è rilevante e non manifestamente infondata rispetto alla decisione la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34, perché in contrasto con l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e, quindi, in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.

    Sotto il profilo della rilevanza, il Tar assume che il Comune di Civitanova Marche ha provveduto alla pianificazione attuativa della “zona mostre” a mezzo di piani di lottizzazione, cui in seguito ha deciso di apportare varianti. Tali atti sono stati introdotti alla stregua delle competenze stabilite dall'art. 4 e seguendo l'iter procedimentale fissato dall'art. 30 della legge regionale n. 34 del 1992. La pianificazione attuativa dunque è svolta dal Comune autonomamente senza controlli né interferenze, da parte della Regione o della Provincia (quest'ultima delegata dalla Regione, in base all'art. 3 della stessa legge regionale n. 34 del 1992). La riscontrata illegittimità costituzionale degli atti di pianificazione comporterebbe l'illegittimità degli stessi e degli atti concessori conseguenti, indipendentemente dagli altri vizi di legittimità denunciati dai ricorrenti.

    In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, il Tar Marche rileva che l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – nell'escludere che, in via generale, i piani attuativi necessitino di approvazione regionale, e nel conferire alle Regioni il potere di disciplinare con proprie norme il procedimento di autoapprovazione dei piani, al fine di garantirne la snellezza, la pubblicità e la partecipazione – ha anche previsto, testualmente, che i Comuni «sono comunque tenuti a trasmettere alla Regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della Regione i Comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali».

    Tale ultima disposizione deve interpretarsi come obbligo inderogabile per i Comuni di portare a conoscenza delle Regioni gli strumenti attuativi, e di dare puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle) alle eventuali osservazioni.

    Di contro, l'art. 30 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 prevede solo che i piani attuativi siano adottati dal Consiglio comunale e le relative deliberazioni depositate presso la segreteria del Comune per trenta giorni consecutivi, dandosi comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso all'albo pretorio del Comune, con la possibilità che in tale periodo chiunque possa prendere visione e presentare, entro i successivi trenta giorni, opposizioni e osservazioni. La giunta comunale sottopone all'approvazione del Consiglio detti piani urbanistici attuativi unitamente alle opposizioni e osservazioni presentate ed il Consiglio comunale approva definitivamente i piani decidendo contestualmente in ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.

    L'art. 4 della stessa legge regionale sottrae gli strumenti attuativi ad ogni autorizzazione o approvazione da parte di organi o uffici della Regione previste da disposizioni statali e regionali, venendo gli stessi unicamente approvati, in via definitiva, dal Consiglio comunale. I piani attuativi sono così rimessi alla disponibilità esclusiva dell'ente locale, senza possibilità di interferenza, o anche semplicemente conoscenza, da parte della Regione (e della Provincia).

    Il sistema, secondo il giudice rimettente, contrasta con l'art. 24 della legge n. 47 del 1985, non solo perché sottrae all'approvazione regionale i piani relativi alle aree e agli ambiti territoriali individuati dalle Regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, ma anche perché – ed è questo l'aspetto rilevante per i giudizi a quibus – abolendo la trasmissione di copia degli strumenti attuativi alla Regione (nelle Marche, alla Provincia, per via della delega prevista dall'art. 5 della stessa legge regionale), impedisce di prenderne visione, valutare e fare eventuali osservazioni, vanificando l'obbligo dei Comuni di controdedurre puntualmente. Viene così cancellato un grado intermedio di attività collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la Regione, tributaria di potestà legislativa e quindi amministrativa in via ripartita, nella materia urbanistica, in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di approvazione degli strumenti attuativi, già demandato alle Regioni, la norma statale ha inteso mantenere attraverso un diverso meccanismo, tuttavia a tutela della conformità dell'attuazione la pianificazione generale.

    L'art. 24 della legge n. 47 del 1985 contiene i principî fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost., cui la legislazione regionale deve conformarsi: il contrasto tra le norme regionali indicate e la norma statale di principio, determina dunque violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.

    2. – Nel giudizio si è costituito il Codacons Centro-Marche, sottolineando che la Regione, per un senso di malinteso indipendentismo, ha omesso di recepire legislativamente l'obbligo del Comune, sancito dalla legge n. 47 del 1985, di trasmettere alla Regione gli strumenti attuativi approvati, con il risultato che i Comuni, abusando del potere, apportano surrettiziamente con gli strumenti attuativi sostanziali varianti, non esplicitate, al piano regolatore generale, in modo da evitare interferenze regionali sugli abusi perpetrati.

    Le recenti innovazioni legislative in materia urbanistico-edilizia non hanno modificato il principio statuito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, che deve essere rispettato dalle Regioni anche alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione, pur se la questione sollevata dal Tar Marche va valutata alla luce della normativa vigente all'epoca, in applicazione del principio tempus regit actum. In aggiunta a quanto osservato dal Tar Marche, si può suggerire il riferimento al principio di “leale collaborazione” sancito dall'art. 120 Cost., al fine di assicurare l'osservanza dei principî generali (art. 117 Cost.) e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.): l'invio dei piani attuativi serve anche alla formazione di un archivio centralizzato regionale, oltre che a creare i presupposti conoscitivi per la pianificazione di coordinamento provinciale e paesistica, e inoltre a indurre i Comuni, attraverso le osservazioni regionali, al rispetto del buon andamento della p.a. Il conferimento di poteri agli enti locali non può impedire il coordinamento degli enti superiori, anche al fine di esercitare il potere sostitutivo (riconosciuto alla Regione dalla sentenza n. 43 del 2004 della Corte costituzionale); il che è consentito, in materia urbanistica, solo se la Regione è posta in grado di conoscere i piani attuativi.

    3. – Nel giudizio è intervenuta la Regione Marche, che chiede dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.

    La stessa legge regionale n. 34 del 1992 ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, con l'art. 35, per cui «al fine della programmazione dell'uso del territorio i Comuni trasmettono alla provincia copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione del consiglio comunale che lo adotta definitivamente». Analogo obbligo è previsto per i piani regolatori vigenti e relative varianti (comma 2) di modo che l'ente sovraordinato ha la possibilità di ottenere il quadro completo della pianificazione territoriale realizzata dai Comuni. Per le zone soggette a tutela paesistica, poi, l'art. 4, comma 3, della legge regionale prevede un ulteriore momento partecipativo della Provincia.

    Ulteriore forma di coordinamento è prevista dalla legge regionale nella disciplina della “conferenza dei comitati per il territorio” (art. 60).

    Per di più, le norme della legge Marche n. 34 del 1992, denunciate dal Tar, attengono all'edilizia, che, non compresa tra le materie nominate dall'art. 117 Cost., è collocabile nella fascia residuale del quarto comma, e quindi oggetto di potestà legislativa esclusiva della Regione. Ma, anche a considerarla inquadrabile nell'“urbanistica” o nel “governo del territorio”, e dunque nella legislazione concorrente, allo Stato è riservata la sola determinazione dei principî fondamentali, e tale non può essere qualificata la previsione dell'obbligo di trasmissione dei piani attuativi dai Comuni alla Regione, che costituisce disciplina di estremo dettaglio in merito all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi, e dunque illegittima, siccome invasiva della competenza legislativa esclusiva, o concorrente, delle Regioni.

    4. – Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha presentato memoria con la quale insiste per l'infondatezza della questione, richiamando le ragioni addotte nell'atto di intervento.

    La difesa regionale ribadisce che la legge regionale impugnata ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, rileva che il thema decidendum è quello fissato dall'ordinanza di rimessione e non può essere ampliato con riferimento agli ulteriori parametri invocati dal Codacons, ed aggiunge che l'art. 24 della legge n. 47 del 1985 non può essere interpretato nel senso di escludere il potere della Regione di stabilire norme di attuazione in ambito regionale, poiché, diversamente, tale norma statale risulterebbe invasiva di competenze regionali, in quanto di eccessivo dettaglio.

Considerato in diritto

    1. – Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, nel corso di giudizi riuniti aventi ad oggetto la legittimità di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) riguardanti la “zona mostre” di Civitanova Marche, dubita della legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie)

    Rileva il giudice rimettente che – contrariamente al principio fondamentale espresso dalla norma statale, che, nel quadro della semplificazione delle procedure urbanistiche, emancipa la formazione dei piani urbanistici attuativi dall'approvazione regionale, tuttavia configurando l'obbligo del Comune di invio del piano alla Regione per eventuali osservazioni, che poi i Comuni sono obbligati a prendere in considerazione – l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 attribuisce l'approvazione al Consiglio comunale e sopprime ogni approvazione regionale, e l'art. 30, nel regolare la procedura, si limita a prevedere il deposito del piano attuativo dopo la sua adozione (e non anche l'invio alla regione), e poi l'approvazione del Consiglio comunale.

    2. – Va innanzitutto evidenziato che il Tar Marche, nel ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata, ha dedotto la violazione, da parte della legge della Regione, dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, nel testo originario, per non avere osservato i principî fondamentali delle leggi dello Stato senza in alcun modo motivare le ragioni per le quali alla fattispecie in esame si applichi tale normativa e non anche quella novellata.

    Ciò però non determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, motivata con riferimento ad un parametro costituzionale modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, quando, come nella specie, nella vigenza sia del “vecchio testo” dell'articolo 117 della Costituzione sia del “nuovo”, la Regione deve esercitare la propria competenza nel rispetto dei principî fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato (v. sentenza n. 200 del 2005).

    3. – Passando all'esame del merito della questione, la stessa è fondata.

    3.1. –La censura di incostituzionalità deve essere vagliata sulla base del parametro costituzionale invocato dal giudice rimettente, senza alcuna possibilità di prendere in considerazione ulteriori parametri dedotti dalle parti.

    L'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, compreso nel capo II, relativo allo snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie, testualmente dispone: «Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici regionali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi» (primo comma) . «Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali» (secondo comma).

    Tale disposizione non è derogabile dalle leggi regionali, come si evince dal precedente articolo 1, primo comma, secondo cui le Regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni in conformità ai principî definiti dai capi I, II e III della stessa legge, senza che possa trarsi argomento in contrario dal secondo comma per il quale, fino all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute nella legge statale.

    Con la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando l'approvazione degli strumenti attuativi, dall'altra, però, si accentuano le forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati.

    La statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi comunali alla Regione, è chiaramente preordinata a soddisfare un'esigenza, oltre che di conoscenza per l'ente regionale, anche di coordinamento dell'operato delle Amministrazioni locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di formulare “osservazioni” sulle quali i Comuni devono “esprimersi”.

    Il contrappeso all'abolizione dell'approvazione regionale è costituito dall'obbligo imposto al Comune di inviare alla Regione il piano attuativo, al fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle quali il Comune stesso è tenuto a puntuale motivazione.

    Il meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, dunque, in relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando l'obbligo dei Comuni di trasmettere i piani urbanistici attuativi alla Regione, assume il carattere di principio fondamentale.

    3.2. – La legge urbanistica della regione Marche, come denunciato dal Tar rimettente, abolisce l'approvazione regionale degli strumenti attuativi (e tra questi, dei piani di lottizzazione, oggetto dei giudizi a quibus), e l'attribuisce al Consiglio comunale (art. 4): solo per le zone vincolate, è previsto un parere preliminare della Provincia (che nelle Marche è delegata alle funzioni urbanistiche attribuite alle Regioni: art. 4 legge reg. cit.). La procedura di formazione del piano, prevista dall'art. 30, pur ammettendo opposizioni e osservazioni da parte di “chiunque”, non prevede specificamente l'invio alla Regione (o alla Provincia), previsto dalla legislazione statale (art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985), al fine di sollecitare le osservazioni sulle quali la legge statale impone al Comune l'obbligo (non già di recepirle, ma) di motivare puntualmente (quindi anche di non accoglierle): obbligo di invio che la legge statale distingue facendone un quid pluris rispetto alle forme partecipative consentite a soggetti privati e pubblici (art. 25), tanto da esigere una motivazione puntuale, che non è richiesta nei confronti delle osservazioni degli altri soggetti.

    E' indubbio che la mancata previsione dell'obbligo di trasmissione contrasta con un principio fondamentale della legge statale e determina l'incostituzionalità delle norme denunciate, nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è richiesta l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione o alla Provincia delegata.

    3.3. – Le precedenti osservazioni non sono superate dalle argomentazioni della difesa della Regione Marche.

    La previsione dell'obbligo di trasmettere copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano (art. 35 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992), non è idonea, data l'evidente schematicità del contenuto, a porre l'ente destinatario in grado di attuare la collaborazione insita nelle osservazioni e sollecitazioni al Comune a compiere nuove valutazioni (che l'art. 35 neppure prevede).

    La materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare, ora come allora, i principî fondamentali ricavabili dalla legislazione statale.

    Né è sostenibile l'ascrivibilità dell'art. 24 della legge n. 47 del 1985 alla normativa di dettaglio, che sarebbe preclusa al legislatore statale, atteso che l'ampio ambito di operatività assicurato dal secondo comma dell'art. 24 alla legislazione regionale è soggetto ad una delimitazione di ordine generale, preordinata alla tutela di interessi superiori.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

 Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.


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Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  11 agosto, 2005 13:13 :
 
Prima di rilasciare il permesso di costruire richiesto da uno dei frontisti per modificare il tracciato altimetrico di una strada vicinale, è necessario che il Comune verifichi che sia stato acquisito l'assenso degli altri comproprietari ???
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on 11 agosto, 2005 14:11 :
 
Io penso di si ... anche se la pratica è corredata, come penso, della attestazione del tittolo di legittimazione del richiedente.
Più che chiedere l'assenso, io farei una comunicazione agli altri comproprietari.
 
Inserito da Stefano Mortarino (Utente n. 7440) on  12 agosto, 2005 18:25 :
 
Ritengo sia necessaria la comunicazione di avvio del procedimento (art.7 e ss. l.241/90) anche agli altri comproprietari della strada, tenuto conto che, ritengo, il provvedimento (ed i conseguenti lavori) è destinato a produrre effetti anche nei loro confronti (sono controinteressati), facilmente individuabili e, quindi, debbono essere messi in condizione di partecipare al procedimento, se lo ritengono.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  16 agosto, 2005 06:52 :
 
Se, però, la persona che è stata avvisata dell'avvio del procedimento comunica al Comune di essere contraria alla modifica della strada, si può ritenere che i richiedenti abbiano titolo per realizzare l'intervento ?
Forse occorre verificare che si sia proceduto ai sensi dell'art. 1108 del C.C. (Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione), secondo cui "Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa" ?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 agosto, 2005 07:19 :
 
In merito all'intervento di Stefano Mortarino, ritengo però che comunicare l'avvio del procedimento ai comproprietari, "interessati" più che "controinteressati" visto l'art.22 della L 241/90, non sia un atto dovuto, avendo il richiedente prodotto l'attestazione del titolo di legittimazione prescritta dall'art. 20 del TUE che recita:
"La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell’articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da un’attestazione concernente il titolo di
legittimazione.."
Quindi, secondo me, in presenza di tale attestazione, il Comune non e tenuto a verificare e comunicare alcunchè.
Solo in casi particolari, a discrezione del RP, possono opportunamente essere informati comproprietari e confinanti, evitando con ciò richieste di dimostrazioni e benestare non dovuti al richiedente, come qualche volta succede.
Se c'è qualcuno dei compropietari che manifesta il suo dissenso, comunicherei al richiedente i motivi ostativi al rilascio del permesso (Art. 10-bis L. 241/90). Penso poi sia onere dello stesso attivarsi per risolvere il problema.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  16 agosto, 2005 13:29 :
 
A vostro parere, la "attestazione" circa il titolo di legittimazione va intesa nel senso di un'autocertificazione del richiedente oppure singifica che deve essere prodotta idonea documentazione (es. atti notarili, certificati catastali, deliberazioni condominiali, ecc.) che dimostrino la sussistenza di tale legittimazione ?
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  16 agosto, 2005 14:59 :
 
Mi associo a qaunto più o meno asserito dagli altri, anche se linea generale è preferibile lasciare il più possibile il diritto civile al di fuori della materia urbanistica, posto che il permesso di costruire è rilasciato fatto salvo diritti di terzi ex art. 11 del testo unico.

Nel caso in esame, dove però i diritti di terzi non sono per nulla generici e indefiniti, ed è un fatto notorio che le strada vivinale sia fruita da più soggetti, ritengo che l'attestazione del titolo di legittimazione di uno solo dei possessori sia insufficiente, se è vero che un'altro dei titolari ha manifestato il proprio dissenso. Se non ho inteso male, il richiedente dispone di un bene comune al pari degli altri con-titolari di un diritto reale di godimento e non ne ha il beneficio esclusivo.
Quindi se il bene è uno ed i beneficiari sono più di uno, o la richiesta viene sottoscritta da tutti gli aventi titolo, oppure la stessa formulata dal singolo deve essere corredata dall'autorizzazione di tutti gli altri titolari, ovvero della deliberazione a maggioranza di coloro che rappresentino i 2/3 del valore della cosa comune ex art. 1108 c.c..

Meglio rimbalzare la palla ai privati e farli litigare nella speranza che trovino l'accordo, piuttosto che trovarsi coinvolti poi in una causa per risarcimento danni a permesso rilasciato e lavori finiti.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 agosto, 2005 15:32 :
 
In merito alla attestazione:
Leggendo il TU, a mio parere, potrebbe bastare la semplice attestazione. Così mi sono in genere regolato, anche se ho notato la tendenza ad allegare comunque la documentazione comprovante quanto dichiarato (altri Comuni la richedono).
In certi casi, l'interpretazione della documentazione prodotta è complicata oltre che dispendiosa e mi pare più prudente non avere depositate delle carte che magari, dopo una attenta analisi, non dimostrano quanto dichiarato.
Leggo comunque autorevoli commenti: "la prevista necessità di documentare il tilolo di legittimazione sembra comportare un conseguente onere dell'amministrazione di verificare la sussistenza della legittimazione a disporre del bene oggetto dell'intervento ediliizo"
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  16 agosto, 2005 18:23 :
 
Vorrei contribuire a derimere la vicenda.Riporto due massime del CdS per casi analoghi:

"Consiglio di Stato, sezione V, 24 settembre 2003, n. 5445
(conferma T.A.R. Piemonte, sezione I, 8 ottobre 1996, n. 694)
La titolarità per ottenere un provvedimento edilizio (art. 4 legge n. 10 del 1977, ora art. 11 d.P.R. n. 380 del 2001) va intesa nel senso che, in caso di più titolari comproprietari, il singolo comproprietario è legittimato alla presentazione della da domanda solo se la situazione di fatto consenta di supporre l’esistenza di un pactum fiduciae intercorrente tra i stessi comproprietari mentre non sussiste (con conseguente illegittimità del provvedimento) ove l'iniziativa sia contestata da alcuni di essi".
Ed ancora:
"Consiglio di Stato, sezione V, 21 ottobre 2003, n. 6529
(conferma T.A.R. Piemonte, sezione I, 27 novembre 2002, n. 1986)
Necessita il consenso di tutti i comproprietari per la richiesta di concessione relativa ad opere in regime di comunione.
E' legittimo il diniego di concessione in sanatoria per il mancato assenso del condominio, se l’abuso riguarda le parti comuni".

Le decisioni riportate integralmente sono consultabili al seguente URL:

http://www.bosettiegatti.it/info/sentenze/edilizia/e092_comproprietari.htm#bis

Suggerisco "caldamente" al collega Roberto di leggerle con attenzione, prima di procedere al rilascio del Permesso di Costruire.

La prima decisione concerne l'ordinanza con la quale il Sindaco di Torino ha revocato l'autorizzazione edilizia per l' esecuzione di lavori di chiusura di un passaggio privato mediante posa di una cancellata in ferro, richiesta da soggetti frontisti strada privata.


Ciao a tutti
 
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Inserito da angelo curcio (Utente n. 5475) on  08 agosto, 2005 16:50 :
 
La modifica della sagoma della copertura da copertura a padiglione (quattro falde) a tetto a due falde comporta un aumento di volume se si mantiene inalterata la pendenza di due falde e la linea di gronda?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  09 agosto, 2005 10:21 :
 
Un aumento del volume (vuoto per pieno) e la modifica della sagoma di fatto c'é.
L'intervento potrebbe però non comportare variazione dei dati urbanistici, e quindi anche del volume urbanistico, solo nel caso che il sottotetto abbia e mantenga, anche dopo la trasformazione a due falde, le caratteristiche di volume tecnico così come definito dalla normativa comunale.
Attenzione comunque agli eventuali diritti di terzi se l'edificio è in prossimità del confine.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  09 agosto, 2005 17:17 :
 
Sotoscrivo l'intervento di tiziano
 

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Inserito da GIULIO NARDI DINDOLO (Utente n. 4385) on  22 luglio, 2005 01:21 :
 
Caso: Il PRG in una zona del Comune indica la distanza minima dalle strade di mt.5 (come peraltro stabilito dal D.M. 2-4-1968 n. 1444 art.9). La strada attuale e la strada di PRG in parte occupano una porzione di proprietà privata, per cui il progettista ha insistitonell'impostare il fabbricato a mt.5 dal confine catastale e conseguentemente a mt.2 dalla strada effettiva (stato reale e di PRG). E' corretto conoscete pronunce giurisprudenziali in merito?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 luglio, 2005 08:42 :
 
Penso proprio di no. Cosa dicono le Norme Tecniche di Attuazione del PRG? Solitamente la distanza minima da osservare dalle strade principali (e non dai confini) è di mt 6.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  22 luglio, 2005 10:22 :
 
Direi proprio che non può fare la casa a 2 mt. dalla strada. Con la logica del progettista se la strada reale fosse dentro la proprietà privata di 8 mt, cosa farebbe per assurdo, costruirebbe la casa in mezzo alla strada ?
Piuttosto se un pezzo di strada pubblica si ritrova su suolo privato sarebbe opportuno sanare le procedure di esproprio che evidentemente ai tempi non sono state portate a compimento.
 
 

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Inserito da alessio rossi (Utente n. 7403) on  22 luglio, 2005 11:26 :
 
In relazione al decreto 18.02.2005 del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il 50% della somma dovuta a conguaglio dell'oblazione per la sanatoria degli abusi edilizi deve essere versata al Comune direttamente interessato.
Vorrei sapere se con il termine conguaglio è da intendersi l'ultima rata dell'oblazione da versarsi entro il 30.09.2005 o se, invece, è da ritenersi un versamento aggiungivo, successivamente ad una verifica e richiesta di nuovo esborso da parte del comune interessato.

Grazie
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 luglio, 2005 11:59 :
 
E' un versamento aggiuntivo.
La norma è volta al fine di incentivare la definizione da parte dei comuni delle domande di sanatoria e riguarda le somme riscosse a titolo di conguaglio dell'oblazione non correttamente autodeterminata.
 
 

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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  12 luglio, 2005 08:35 :
 
La circolare del ministero dell'interno per le autonomie n. 1/2005 del 27 aprile 2005 applica il principio della separazione tra indirizzo e gestione.
Non sarà più ammissibile la presenza di sindaci e assessori. La loro presenza, infatti, costituisce un impedimento alla piena attuazione del principio di separazione tra indirizzo e gestione.
 
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  12 luglio, 2005 08:45 :
 
... e i consiglieri?
... non la riesco a trovare, puoi indirizzarmi ad un link?

[ 12. luglio 2005, 09:48: Mod. da mario nero ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  12 luglio, 2005 09:01 :
 
il link alla documentazione lo sto cercando anch'io.
Posso solo dirti che la circolare è stata diffusa dalla Prefettura di Imperia con nota prot. 88 area II del 26/05/05. Penso quindi sia reperibile in qualsiasi prefettura.

[ 12. luglio 2005, 10:43: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  12 luglio, 2005 11:45 :
 
La questione di legittimità della composizione della Commissione Edilizia è riemersa dopo l'ultima sentenza T.A.R. Piemonte n° 657/05.

Quest'ultima è conseguente oltrechè alla nota del Ministero dell'Interno, Direzione centrale per le autonomie, Circolare n° 1/2005, al Parere - del Consiglio di Stato n° 492 del 21 Maggio 2003, ove è ribadito che non può essere più ammessa la presenza dei sindaci e degli assessori nelle commissioni edilizie comunali.

Ciò in quanto, la presenza dei politici nelle commissioni, realizza un impedimento alla completa attuazione del principio di separazione tra le funzioni di indirizzo politico amministrativo e quelle di gestione.

Nel nostro Comune, dopo aver letto la Sentenza del T.A.R. è stato preliminarmente chiesto un parere all’ufficio legale della Regione la quale ha risposto in senso favorevole alla sentenza.

Siccome avevamo approvato da pochissimo tempo il nuovo Regolamento Edilizio sulla scorta di quello Tipo regionale, che ancora prevedeva la figura del Sindaco in qualità di presidente della C.E. abbiamo provveduto alla rettifica di quest’ultimo, nella parte in cui prevede la composizione ed il funzionamento della C.E.

La proposta di deliberazione, da me predisposta, è oggetto dell’ODG del prossimo consiglio comunale previsto nel mese di Agosto.

saluti e buone ferie a tutti, io chiudo il 22
 
Inserito da Nicola Ardillo (Utente n. 5204) on  15 luglio, 2005 08:17 :
 
Può essere utile la nota del dirigente della Regione Veneto che si trova al seguente indirizzo:

http://www.regione.veneto.it/Territorio+ed+Ambiente/Territorio/Urbanistica+e+Beni+Ambientali/Inevidenza.htm
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  25 luglio, 2005 08:11 :
 
x mario nero
Anche i consiglieri sono dei politici.
La documentazione si trova qua:
http://www.cornaviera.it/public/edilizia_privata/evidenza1.htm
Grazie a Gianfranco e Nicola.
 

Questa discussione IL QUANDO E IL COME DEL SILENZIO ASSENZO nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  08 luglio, 2005 13:04 :
 
IN DATA 08/04/05
HO PRESENTATO RICHIESTA X UN PERMESSO DI COSTRUIRE

IN DATA 26/04/05
MI E' PERVENUTA COMUNICAZIONE DEL RESP. DI PROCEDIMENTO E LA RICHIESTA DELLA DOCUMENTAZIONE MANCANTE

IN DATA 09/05/05
HO CONSEGNATO LA DOCUMENTAZIONE RICHIESTAMI AD INTEGRAZIONE DEL PROGETTO, APPELLANDOMI PER ALCUNE RICHIESTE A DICHIARAZIONI CON LE QUALI RIMANDAVO LA PRODUZIONE DI ALCUNI DOCUMENTI DOPO L'ACCERTAMENTO DEL PARERE FAVOREVOLE DELLA COMMISSIONE (COSA CHE DA NOI E' DI ROUTINE ad es. la Relaz. Geologica o il calcolo legge 10)

A TUTT'OGGI, NON MI E' PERVENUTA ALCUNA LETTERA DA PARTE DELL'AMMINISTRAZIONE.

CONSIDERANDO CHE SONO TRASCORSI 60 GIORNI DALLA DATA DELL'INTEGRAZIONE CHE HO PRODOTTO, POSSO CONSIDERARE LA MIA RICHIESTA DI PERMESSO DI COSTRUIRE ACCETTATA?
SE SI, IN CHE MODO DEVO AGIRE?

GRAZIE DELLA COLLABORAZIONE
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  08 luglio, 2005 15:40 :
 
Non si forma nessun silenzio aSSENSO NEL TUO CASO.
Anzi mi pare di capire che non avresti ottemperato a tutte le richieste di intregrazione documentale, anche se hai controdedotto a tale richiesta.
Per cui la tua pratica risulterebbe sospesa fino a totale integrazione avvenuta, anche se sarebbe opportuno che tu chiedessi chiarimenti al responsabile di procedimento in ordine alla sua posizione rispetto alla tua motivata parziale integrazione.
 
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  09 luglio, 2005 09:35 :
 
be, se così fosse, comunque qualcuno doveva scrivermi per evidenziare la non completa produzione dei documenti integrativi. o no?
Così non è stato in quanto nel Comune in cui lavoro è sufficiente nel caso della rel. geolog. presentarla prima del rilascio della concessione e nel caso della legge 10 prima dell'inizio degli specifici lavori. Per mandare comunque avanti l'istruttoria bisogna dichiarare le modalità ed i tempi con i quali questa docum. sarà presentata, cosa che come sempre anche in questo caso ho fatto.

Per inciso: hanno tutta la docum. che serve per mandare il prog. all'esame della commissione, ma, ancora non fanno nulla.

Potrei comunicare l'avvenuto silenzio assenso trasmettendo in allegato la rel. geologica e successivamente prima dell'inizio delle tamponature, trasmettere il prog. lg. 10.

Cosa ne pensa ing. Rizzo?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  09 luglio, 2005 13:58 :
 
Il fatto che siano trascorsi oltre 60, 75 giorni dalla integrazione (anche se completa) non comporta l'automatica accettazione della domanda.
Matura semmai il silenzio-rifiuto contro cui ricorrere (vds. art. 21).
Come suggerito, è consigliabile chiedere notizie sulla situazione della pratica al responsabile del procedimento.
----------------------

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380

Art. 20 (R) - Procedimento per il rilascio del permesso di costruire

1. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi

dell’articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da un’attestazione concernente il titolo di

legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio, e quando ne ricorrano i

presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, nonché da un’autocertificazione circa la

conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di

edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni

tecnico-discrezionali.

2. Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del

procedimento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

L’esame delle domande si svolge secondo l’ordine cronologico di presentazione.

3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura

l’istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, i prescritti pareri dagli uffici comunali,

nonché i pareri di cui all’articolo 5, comma 3, sempre che gli stessi non siano già stati allegati alla

domanda del richiedente e, valutata la conformità del progetto alle normativa vigente, formula una proposta di

provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico giuridica dell’intervento

richiesto.

4. Il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia

necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di

cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L’interessato si pronuncia sulla

richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione

nei successivi quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma sospende, fino al relativo esito, il

decorso del termine di cui al comma 3.

5. Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro

quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che

integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità

dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a

decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

6. Nell’ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell’intervento, sia necessario acquisire atti di assenso,

comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui all’articolo 5, comma 3, il competente

ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater della

legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Qualora si tratti di opere pubbliche incidenti su

beni culturali, si applica l’articolo 25 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora articolo 25 del

decreto legislativo n. 42 del 2004).

7. Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all’interessato, è adottato dal

dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro quindici giorni dalla proposta di cui al comma 3, ovvero

dall’esito della conferenza di servizi di cui al comma 6. Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è

data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono

indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio.

8. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i

progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.

9. Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, la domanda di permesso di

costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.

10. Il procedimento previsto dal presente articolo si applica anche al procedimento per il rilascio del

permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, a seguito dell’approvazione della deliberazione

consiliare di cui all’articolo 14.

10-bis. Il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi di cui all'articolo 22, comma

7, è di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda.
(comma aggiunto dal d.lgs. n. 301 del 2002)

Art. 21 (R) - Intervento sostitutivo regionale

1. In caso di mancata adozione, entro i termini previsti dall’articolo 20, del provvedimento conclusivo del

procedimento per il rilascio del permesso di costruire, l’interessato può, con atto notificato o trasmesso in

piego raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere allo sportello unico che il dirigente o il

responsabile dell’ufficio di cui all’articolo 13, si pronunci entro quindici giorni dalla ricezione

dell’istanza. Di tale istanza viene data notizia al sindaco a cura del responsabile del procedimento. Resta

comunque ferma la facoltà di impugnare in sede giurisdizionale il silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda di

permesso di costruire.

2. Decorso inutilmente anche il termine di cui al comma 1, l’interessato può inoltrare richiesta di intervento

sostitutivo al competente organo regionale, il quale, nei successivi quindici giorni, nomina un commissario ad

acta che provvede nel termine di sessanta giorni. Trascorso inutilmente anche quest’ultimo termine, sulla

domanda di intervento sostitutivo si intende formato il silenzio-rifiuto.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  09 luglio, 2005 14:45 :
 
La penso come Tiziano.

mentre per confortarti, ti comfermo che rispetto alla rel geologica(1) ed alla rel legge 10(2), nel mio comune opero come tu hai detto.
la (1) prima del rilascio del Pdcostruire la (2) primqa dell'inizio lavori
 
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  11 luglio, 2005 08:25 :
 
grazie a tutti, procediamo verso altre soluzioni...
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  12 luglio, 2005 06:56 :
 
Vi segnalo che l'art. 12 del D.D.L. sul governo del territorio approvato dal Senato prevede, all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di sostituire il comma 9 con il seguente:
«9. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo,
la domanda di permesso di costruire si intende favorevolmente accolta.»
Lo stesso D.D.L., però, non si da carico di abrogare l'art. 21 dello stesso D.P.R. 380/01, per cui si determinerà l'ennesima situazione di incertezza dovuta al mancato coordinamento delle norme.
 
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  12 luglio, 2005 07:48 :
 
... e quindi... il silenzio assenzo è proponibile allora?
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  12 luglio, 2005 12:27 :
 
Non ancora, perché si tratta soltanto di un disegno di legge approvato dalla Camera (e non dal Senato come avevo scritto erroneamente). Comunque, credo che la norma dovrebbe entrare in vigore abbastanza rapidamente.
 
Inserito da mario nero (Utente n. 5939) on  10 agosto, 2005 08:52 :
 
è stata approvata dal senato?
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  11 agosto, 2005 06:48 :
 
Non mi risulta.
 

Questa discussione aree di valorizzazione ambientale - utilizzi nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  21 giugno, 2005 19:31 :
 
il nostro strumento urbanistico individua aree di "valorizzazione ambientale" (FA), poste, per lo più, nella zona a valle del comune in corrispondenza del torrente che l'attraversa e volte alla fruizione pubblica previa approvazione di piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata.
Tali aree hanno valenza diversa; alcune ricomprendono strutture ludico sportive ed attrezzature pubbliche, altre sono oggetto di richiesta normativa, da parte di privati, per la destinazione a centri ludico ricreativi ed altre ancora, di nessun interesse, non saranno sicuramente soggette ad alcuno studio attuativo per l'assenza di ogni peculiarità (predisposizione ad ogni utilizzo e recupero, interessi ambientali, stato vegetazionale curato o complesso, ecc.).
Alcune di queste sono pertinenti ad aziende agricole e produttive e quindi utilizzate (forse impropriamente dal punto di vista urbanistico) a servizio delle varie aziende.
La domanda è questa:
In attesa della redazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata, è legittimo inserire nel Regolamento Urbanistico una norma che consenta utilizzi PROVVISORI diversi di tali aree a seconda del tipo di pertinenzialità o meglio, della destinazione della zona omogenea adiacente, senza l'esecuzione di opere che possano inficiare o condizionare lo studio attuativo (installazione di manufatti precari agricoli, peraltro già consentiti, depositi di materiali a cielo aperto quali inerti o legnami, ecc.)?

Si ringrazia anticipatamente dell'eventuale contributo, porgendo cordiali saluti ma tutto il forum.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  22 giugno, 2005 07:28 :
 
L’utilizzo proficuo di un’area mi pare cosa da favorire.
Pertanto, in attesa dalla attuazione delle previsioni, penso che potrebbero essere svolte le attività che non ostacolano o aggravano i costi della futura realizzazione.
Nel mio caso, senza modifiche ai regolamenti, è stato consentito un utilizzo diverso (recinzione del lotto al posto di parcheggio pubblico previsto dal PRG) previa stipula di un atto d’obbligo unilaterale con impegno alla rimozione e nulla pretendere in caso di attuazione delle previsioni del PRG.
Non so comunque se tale procedura possa essere applicata al caso in questione.
Saluti
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  22 giugno, 2005 08:47 :
 
la procedura è sicuramente corretta e garantistica, soprattutto se assistita da garanzie economiche;

nella considerazione, però, che gli atti di autorizzazione provvisoria sono titoli alquanto anomali, il quesito è specificatamente rivolto alla legittimità o meno di poterli supportare con una norma urbanistica, da inserire nei disposti ad oggi oggetto di variante.

Ti ringrazio del supporto e dell'eventuale approfondimento.

Cordiali saluti
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  22 giugno, 2005 09:31 :
 
Confermo anch'io la procedura di Tiziano, nel mio comune ne ho fatte alcune identiche, anche se si riferivano al Piano Regolatore seoltanto adottato.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  22 giugno, 2005 10:16 :
 
La soluzione potrebbe consistere nell'inserimento di un "regime transitorio" nella normativa vigente ( prima dell'approvazione.......... , sono consentiti ........ ) , che renda leciti alcuni tipi di intervento prima dell'approvazione dei piani di dettaglio. Sarà poi bene cautelarsi per il futuro come suggerito nei due interventi precedenti.
 

Questa discussione Abbattimento e Ricostruzione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  13 giugno, 2005 23:25 :
 
E' legittimo abbattere un edificio e ricostruirne uno nuovo posizionato in maniera diversa.
Mi spiego: Un edificio viene abbattuto. Secondo l'interpretazione dei tecnici ho un'area disponibile e il PRG mi consente di rifare l'edificio nuovo e posizionarlo come voglio.
In questo caso, non si tiene conto del T.U. dell'edilizia, precisamente l'art. 3?
Grazie per un chiarimento.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  14 giugno, 2005 09:33 :
 
Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia sono stati presi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con propria Circolare 7 agosto 2003, n. 4174 pubblicata sulla G.U. n. 274 del 25 novembre 2003;
Se non disponi della G.U. puoi leggere il testo direttamente in rete alla seguente URL:
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2003/274/9.htm
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  14 giugno, 2005 13:45 :
 
Sono grato della tua risposta che è quella a cui mi sono rifatto in una discussione di carattere amichevole con altri tecnici. La loro opinione è diversa, ritenendo che, eliminato il vecchio fabbricato ho un lotto. Da questo lotto il P.R.G. mi autorizza a costruire x mc/mq e del vecchio fabbricato è come se non fosse esistito mai.
Anche stamattina mostravo la circolare a un amico Geometra, ma riteneva valida l'interpretazione del P.R.G. senza considerare il nuovo testo unico.
Sarà che hanno ragione loro?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 giugno, 2005 15:00 :
 
La circolare suindicata precisa i limiti di applicabilità della ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3 del TUE e leggendola attentamente si potrà inquadrare il caso in questione.
A naso, mi pare di intravedere una forzatura della norma e condivido le perplessità dei colleghi tecnici.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  14 giugno, 2005 15:53 :
 
Senza affrontare analisi approfondite, e quindi senza avere pretese di certezza, mi chiedo qaule senso abbia considerare ristrutturazione edilizia un intervento che prevede la demolizione e successiva ri-costruzione della stessa volumetria e sagoma in altro sito, ovvero in diversa collocazione rispetto al medsimo lotto. A mio avviso siamo nella casistica della nuova costruzione, specie se penso alla problematica dalle distanze ed al concetto implicito di intervento di recupero del patrimonio edilizio esistente che non dovrebbe presupporre traslazioni dell'intero edificio.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 giugno, 2005 16:05 :
 
Infatti la circolare chiarisce:

...la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma preesistenti...per quanto riguarda «l'area di sedime», non si ritiene che l'esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell'edificio in altro sito, ovvero posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera del tutto discrezionale
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  14 giugno, 2005 16:23 :
 
Sarebbe utile conoscere il testo esatto della norma di PRG di cui trattasi. Infatti, il PRG potrebbe intendere l'intervento di demolizione e successiva ricostruzione non come ristrutturazione edilizia bensì come nuova costruzione.
Quello che conta, perché sia legittima l'operazione, è che la ricostruzione su diverso sedime sia espressamente prevista dal PRG e che rispetti le distanze e gli altri parametri di cui al D.M. 1444/68.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  15 giugno, 2005 07:19 :
 
Non terrei conto di quello che dice il PRG, specialmente se è antecedente al TUE
Vedi art. 3 ultimo comma e quanto ribadito dalla circolare:
....la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma preesistenti, prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi....


http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001081
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  15 giugno, 2005 08:07 :
 
D'accordo con Cornaviera.
Si puo' fare demolizione e ricostruzione con parità di sagoma e volume, mantenendo l'edificio sulla stessa area di sedime, tale intervento è definito di ristrutturazione edilizia e pertanto la normativa di riferimento è quella vigente all'epoca della costruzione dell'immobile da demolire e non nulla vale il nuovo prg.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  15 giugno, 2005 10:24 :
 
Secondo l'interpretazione della Regione Liguria -che mi pare condivisiile - le definizioni dell'art. 3 del T.U. Edilizia si sostituiscono a quelle degli strumenti urbanistici comunali soltanto per le finalità proprie dello stesso T.U., ovvero per determinare a quale titolo abilitativo (ed a quali sanzioni) sono soggetti i diversi interventi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, al fine di determinare quali interventi siano o meno ammissibili in determinate zone del territorio comunale, continuano ad applicarsi le definizioni degli strumenti urbanistici.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  16 giugno, 2005 09:05 :
 
Per tranquillizzare il collega Ernesto riporto due massime recenti conformi a chi mi ha preceduto,Tiziano e Rocco.

Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma (a parità di volumi) - Nuova edificazioni - D.P.R. n. 380/2001. Il T. U. sull'edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001 limita il concetto di ristrutturazione edilizia alla sostanziale identità, per forma, volume e altezza, del complesso edilizio sul quale si operano gli interventi anche quando porti ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, mentre la ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma (a parità di volumi) dall'immobile preesistente comporta la realizzazione di un immobile nuovo con applicazione della disciplina urbanistica prevista per le nuove edificazioni. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF Piccola Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di Afragola (avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867;

Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione dell’edificio demolito - Realizzazione di nuovi volumi - Permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari - Necessità - Art. 2, c. 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 - Art. 3, c. 1, let. D) D.P.R. 380/2001. La ristrutturazione edilizia ex art. 31, lett. D) l. 457/78 include anche la ricostruzione dell’edificio demolito purchè la diversità del nuovo organismo edilizio consista nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi del fabbricato stesso, e non la realizzazione di nuovi volumi (Cons.Stato, V, 5.3.2001, n. 1246): in tale ultimo caso l’intervento va considerato come nuova costruzione, soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo autorizzativo. In linea con tale formulazione, l’art. 3, comma 1, let. D) D.P.R. 380/2001 precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e nella maggior latitudine della modifica apportata dal D.Lgs. n. 301/2002 comprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente. E, ancora, l’art. 10. comma 1, lett. C) del cit. D.P.R. 380/2001 precisa che sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume della sagoma dei prospetti e delle superfici. Anche l’art. 2, comma 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 include, tra quelli soggetti a D.I.A. gli interventi sui fabbricati comprensivi della demolizione e ricostruzione dell’edificio con lo stesso ingombro volumetrico. Ciò che le disposizioni in esame non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche nel nuovo fabbricato affinchè questo sia compatibile con il criterio di ristrutturazione senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti urbanistici in vigore al momento del rilascio del titolo. L’intero coacervo delle disposizioni esaminate focalizza l’attenzione sulla modifica del precedente manufatto tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore al momento della demolizione. Laddove questi limite venga superato è infatti necessaria la nuova valutazione di compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF Piccola Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di Afragola (avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  16 giugno, 2005 09:30 :
 
Non ci sono dubbi sul fatto che la ricostruzione di un fabbricato su diverso sedime sia soggetta al rispetto delle disposizioni del PRG vigente al momento della ricostruzione stessa.
Nel caso di cui si tratta, però, l'intervento parrebbe essere esattamente conforme al PRG vigente, in quanto quest'ultimo prevede espressamente la possibilità di effettuare la ricostruzione su diverso sedime.
Resta fermo - pena l'illegittimità della norma di PRG - il rispetto dei parametri di cui al D.M. n. 1444/68.
Se la situazione è quella sopra prospettata, mi pare del tutto irrilevante il fatto che il PRG qualifichi l'intervento come ristrutturazione edilizia ovvero come nuova costruzione.
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  31 luglio, 2005 18:39 :
 
A questo punto l'art. 3 del T.U.E. e l'art. 10 dicono due cose diverse in caso di demolizione e ricostruzione?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  02 agosto, 2005 09:19 :
 
Dicono due cose diverse nel senso che il T.U. per la prima volta ha istituito due qualificazioni diverse dell'intervento di ristrutturazione.

Il primo quello dell'art.3 diciamo di lieve entità che si sostanzia nell'ever recepito tutta la giurisprudenza di merito prodotta prima del T.U. stesso come si può agevolmente leggere nella Circolare già citata ma che per comodità trascrivo:
"Antecedentemente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, la giurisprudenza amministrativa si era occupata più volte della questione relativa alla possibilità di far rientrare, nell'ambito della ristrutturazione edilizia di cui all'art. 31, comma 1, lettera d), della legge del 5 agosto 1978, n. 457, anche l'intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.
Si è venuto, pertanto, a formare un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui «nel concetto di ristrutturazione edilizia devono annoverarsi anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28 marzo 1998, n. 369; id., 14 novembre 1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n. 144; id., 23 luglio 1994, n. 807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259; id., 3 febbraio 1992, n. 86; id., 3 gennaio 1992, n. 4; id., 4 aprile 1991, n. 430; id., 20 novembre 1990, n. 786; id., 9 luglio 1990, n. 594; id., 30 settembre 1988, n. 946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id., 17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre 1984, n. 958).

L'equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione veniva dalla giurisprudenza essenzialmente motivata con la considerazione che «il concetto di ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente ad una modifica e a una salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche fondamentali) dell'esistente (modifica che può essere generale o particolare e, quindi, dar luogo alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»), ma non anche alla indispensabile conservazione, nella loro individualità fisica e specifica (tal quali essi sono e si trovano), dei medesimi elementi costitutivi dell'edificio o di alcuni tra essi (i principali)» (così Cons. Stato, sez. V, n. 946/1988).
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito dagli orientamenti giurisprudenziali innanzi riportati, all'art. 3 aveva stabilito testualmente: «Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".


La seconda qualificazione dell'intervento di ristrutturazione invece, prevista dall'art. 10.1 c) è quella che noi chiamiamo "maggiore", sottoposta al regime delle nuove opere e subordinata al Permesso di Costruire, come prevede espressamente il comma 1 del predetto articolo,trattandosi di intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia.
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  02 agosto, 2005 09:30 :
 
Concordo in pieno con la ricostruzione dell'istituto fatta nell'ultimo intervento.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  02 agosto, 2005 11:58 :
 
concordo anch'io con Gianfranco; trattasi, a mio avviso, di intervento di semplice "ristrutturazione urbanistica", riportata nelle definzioni degli interventi edilizi di cui al D.P.R.380/01.
lo Strumento Urbanistico può, pertanto, consentire interventi di recupero volumetrico, intesi come demolizione e ricostruzione di edificio in altro sito e con diverso assetto planivolumetrico.
Tali interventi sono soggetti esclusivamente al permesso di costruire.

Cordiali saluti

Marco Occhipinti
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  03 agosto, 2005 13:46 :
 
Quindi, se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco, avendo l'indice di fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un fabbricato di cubatura 10 volte tanto?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  03 agosto, 2005 17:05 :
 
A mio avviso, certamente si,a condizione che tutti gli altri parametri siano rispettati e pagando il contributo di costruzione sulla differenza di volume, conformemente alla definizione dell'intervento di cui art. 10.1 c) T.U.;
Il tutto anche con DIA in alternativa al Permesso di Costruire, come specificato dall'art. 22.3 a) del T.U.

[ 03. agosto 2005, 18:06: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  04 agosto, 2005 11:47 :
 
teoricamente è possibile realizzare la volumetria rilevabile dall'indice di fabbricabilità addizionata dei mc. derivanti dal recupero volumetrico.

E' scontato che i disposti dello strumento urbanistico non devono specificare controindicazioni.

Esprimo comunque notevole riserva circa l'utilizzo alternativo della DIA per gli interventi; riterrei che il regime esclusivo sia quello del permesso di costruire.

Per quanto attiene gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e contributo sul costo di costruzione, nelle relative tabelle del comune dove opero, ho previsto specifiche tariffe per tali interventi; per dirla in breve, il volume nuovo ha un costo, quello recuperato ne ha un altro; allo stesso modo effettuo il conteggio sulla differenza delle superfici per la determinazione del costo di costruzione (sono state previste, alla pari della nuova edificazione, tariffe al mq. anche per gli interventi di ristrutturazione, evitando così computi metrici od altro).

Cordiali saluti


Marco Occhipinti
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  04 agosto, 2005 12:27 :
 
Caro Marco, non vedo le motivazioni per le quali esprimi riserve circa il procedimento mediante DIA.
L'art. 22 comma 3 del T.U. in questo punto è chiarissimo e non si presta ad interpretazioni, esso recita testualmente :

Art. 22 (L) - Interventi subordinati a denuncia di inizio attività
OMISSIS
3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
OMISSIS

Se le cose stanno così, come scritte e l'intervento si qualifica come rientrante nell'art. 10,comma 1 lettera c) come abbiamo appena detto, io non vedo dove nascono le tue "riserve".
O l'intervento si qualifica tale e quindi a norma di legge vi rientra il procedimento mediante DIA in alternativa al Permesso di Costruire, oppure non è ristrutturazione art. 10.1 lettera c) in questo caso sarà altro tipo d'intervento.

Ciao e buon lavoro o buone ferie....
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  04 agosto, 2005 14:10 :
 
Concordo con Marco. Non mi sembra che, sulla base della legislazione statale, l'intervento ipotizzato da Ernesto (se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco, avendo l'indice di fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un fabbricato di cubatura 10 volte tanto) ricada nelle ipotesi della ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c) (soggetta a DIA).
In tal senso, in questo sito, si veda la sentenza Tar LAZIO 13 giugno 2005, n. 4782: "Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico dell’Edilizia... è possibile individuare un intervento di ristrutturazione – effettuabile a seguito di mera denuncia di inizio attività, in base al combinato disposto degli articoli 10 e 22 del medesimo D.P.R. n. 380/2001 – anche in presenza di una integrale demolizione e ricostruzione di un immobile, ma solo qualora non vengano alterati la volumetria e la sagoma dell’edificio preesistente".
Vorrei vedere, con tutta la buona volontà e nel dovuto rispetto ai miracoli dell'architettura moderna, come si fa a non alterare la volumetria e la sagoma dell'edificio passando da una volumetria di 1.200 mc ad una di 12.000 mc...
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  04 agosto, 2005 15:11 :
 
Mi inserisco nella interessante discussione che rileva come tra l’art. 3 e l’art. 10 del T.U. vi sia una evidente difficoltà di coordinamento, ne la relazione generale al Testo ne il parere del Consiglio di Stato - Parere 29 marzo 2001 n. 3/2001 - aiutano a dirimere l’interpretazione della normativa in esame.

Sul punto sintetizzando il dibattito tenutosi in un corso di perfezionamento e riportando il pensiero di alcuni dei giuristi intervenuti ad Osimo, che ritenevano che il TU avesse codificato due tipologie d’intervento, la prima quella indicata nell’art. 3 in cui viene prevista una ristrutturazione che contempla la demolizione e la ricostruzione del fabbricato condizionata ai vincoli della volumetria e sagoma preesistenti; una seconda che non comporta la demolizione e ricostruzion, ma il cui prodotto finale può consentire, ai sensi dell’art. 10 un “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso”.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  04 agosto, 2005 17:25 :
 
Che si voglia o meno, oggi,dopo il T.U. come dice correttamente Nazzareno,la tipologia di interventi di ristrutturazione edilizia, in italia, sono di due tipi:
il primo, quello previsto dall'art. 3 e l'altro previsto dall'art. 10.
Inutile ripetere la norma che ormai, chi opera direttamente nel nostro settore, dovrebbe conoscere bene.
Però per capire meglio la modifica introdotta dal T.U. è utile -a mio avviso - riprendere in mano il vecchio art. 31 L. n° 457/78 che definiva gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, rendendoli, già allora prevelenti sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi:
art. 31.1 d)
interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;

Così com'era definita la ristrutturazione ha portato ad un selva di decisioni.
Primo problema era la demolizione dell'immobile per poi riscostruirlo.
I giudici ordinari sostenevano(scusate la semplificazione) che una volta raso al suolo l'edificio,siamo in presenza di nuova opera e come tale si deve applicare la disciplina del PRG vigente al momento della ricostruzione.

I giudici di merito, contrariamete sostenevano che per la salvezza del patrimonio edilizio, abbattere e ricostruire fedelmente non si è in presenza di nuova opera ma si rientra ancora nel concetto di ritrutturazione.

Il T.U. alla fine ha recepito la giurisprudenza di merito formastasi prima, al punto che - come avrete notato- le parole " ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente" sono state introdotte dalla modifica del T.U. con l'art. 1 a del DlGs n° 301/02.
Questo passaggio, per quanto io ne sappia, è stato recepito diciamo per forza di cose, in quanto nessuno intraprendeva più lavori di ristrutturazione con una definizione così vaga ex art. 31 L.n° 457/78 che poteva avere anche conseguenze penali sulla scorta di interpretazioni particolarmente restrittive.

Ciò che ho detto, è ampiamente riportato nella Circolare Lunardi e meglio ancora nelle decisioni indicate nella stessa.

Complichiamo ancora le cose ( come se non le fossero già ) a voler vedere con la lente, l'art. 3, che definisce gli interventi, fino al secondo capoverso compreso, riprende quasi fedelmente l'art. 31 (ora abrogato) della L. n° 457/78, mentre invece, la definizione riportata nell'art. 10 è più ampia.
Comunque sia, questo Post è già sufficientemente corposo e per quanto mi riguarda lo ritengo capitolo chiuso anche perchè si dovrebbe parlare della parte sanzionatoria e penale e non mi sembra proprio il caso.
Buona continuazione per chi vuole farlo.
Ciao a tutti dalla piatta pianura padana.

[ 04. agosto 2005, 18:30: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  05 agosto, 2005 06:56 :
 
ho riaperto ora... e vedo che la discussione è andata abbastanza avanti.

Gianfranco, la mia riserva deriva dal fatto che l'intervento "inteso" dal Sig. Carratu, secondo me, si qualifica come ristrutturazione urbanistica (art.10 lett.b) che corrisponderebbe, poi, al vecchio art.31 lett.E della L.457/78.

E' vero che anche questa è una ristrutturazione ma con questa tipologia di intervento ottieni una notevole trasformazione territoriale (trasformazione dei lotti, delle infrastrutture, degli isolati, ecc.)e l'utilizzo della DIA, salvo determinati casi, mi sembra riservato agli interventi minori.

Una buona giornata a tutti


Marco Occhipinti

Questa discussione Indennità pecuniaria ex art. 167, D.Lgs. 42/04 nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001089


Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  14 giugno, 2005 07:18 :
 
Come si calcola l'indennità pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. 42/2004 nel caso di realizzazione di un centro sportivo in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, qualora l'intervento - pur avendo comportato modifiche ai prospetti ed all'ubicazione dei fabbricati nonché alle sistemazioni esterne - non abbia determinato alcun incremento dei volumi e delle superifici assentite ?????
Ovviamente, le suddette modifiche sono state ritenute compatibili sotto il profilo paesaggistico da parte dell'Ente competente.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  14 giugno, 2005 09:48 :
 
rispondo al volo con questo "taglia e incolla"

...La seconda sanzione va quantificata calcolando due elementi: il danno arrecato (stimato con i criteri di cui sopra) e il profitto conseguito attraverso la trasgressione. Il maggiore tra questi due importi, ulteriormente aumentato da un terzo fino alla metà, sarà richiesto al trasgressore. Il profitto conseguito dal costruttore è stato determinato, per precedenti condoni, dal Dm 26 settembre 1997, in misura del 3% del valore d'estimo dell'unità immobiliare.

vedi al seguente link
http://www.disat.unisa.it/txt/s24-arg7-0501-2a.asp
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  14 giugno, 2005 10:02 :
 
A vostro parere, il 3% va applicato con riferimento al valore complessivo degli immobili realizzati in modo difforme o soltanto in relazione al valore delle parti realizzate in aggiunta a quanto originarimente previsto ????
A me non convince la prima soluzione perché, se si dovesse comunque applicare il 3% al valore complessivo degli immobili, la sanzione non varierebbe in proporzione alla gravità dell'abuso ma soltanto in proporzione al valore degli immobili su cui tali abusi sono stati commessi.
In altre parole, un immobile realizzato in difformità dall'autorizzazione ma senza alcun incremento di volume e superifici utili sarebbe soggetto alla stessa sanzione (3% del valore d'estimo) applicabile per un nuovo edificio realizzato in totale assenza di autorizzazione.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 giugno, 2005 10:11 :
 
Oltre alla sanzione pecuniaria ordinaria (art. 37 c.1 se rientra in ambito DIA) va determinata
l'indennità risarcitoria (art. 167 D.Lvo 42/04 e DM 26/09/97).
Il responsabile del servizio può stabilire che le abusività rilevate non siano tali da determinare un effettivo incremento di valore di mercato dell'immobile e che non vi sia profitto conseguito.
Se così è, applicherà a carico del committente, dell'impresa e del DL le due sanzioni nella misura minima:
euro 516 ai sensi dell'art. 37 c.1 DPR 380/01
euro 258 ai sensi dell'art. 167 D.Lvo 42/04 e DM 26/09/97 art 4.

Cordiali saluti.

collegamento al DM 26/09/97:
http://www.cornaviera.it/pagina.asp?codice=documenti_urbanistica_ambiente
 

Questa discussione Abbattimento e Ricostruzione nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001088


Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  13 giugno, 2005 23:25 :
 
E' legittimo abbattere un edificio e ricostruirne uno nuovo posizionato in maniera diversa.
Mi spiego: Un edificio viene abbattuto. Secondo l'interpretazione dei tecnici ho un'area disponibile e il PRG mi consente di rifare l'edificio nuovo e posizionarlo come voglio.
In questo caso, non si tiene conto del T.U. dell'edilizia, precisamente l'art. 3?
Grazie per un chiarimento.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  14 giugno, 2005 09:33 :
 
Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia sono stati presi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con propria Circolare 7 agosto 2003, n. 4174 pubblicata sulla G.U. n. 274 del 25 novembre 2003;
Se non disponi della G.U. puoi leggere il testo direttamente in rete alla seguente URL:
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2003/274/9.htm
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  14 giugno, 2005 13:45 :
 
Sono grato della tua risposta che è quella a cui mi sono rifatto in una discussione di carattere amichevole con altri tecnici. La loro opinione è diversa, ritenendo che, eliminato il vecchio fabbricato ho un lotto. Da questo lotto il P.R.G. mi autorizza a costruire x mc/mq e del vecchio fabbricato è come se non fosse esistito mai.
Anche stamattina mostravo la circolare a un amico Geometra, ma riteneva valida l'interpretazione del P.R.G. senza considerare il nuovo testo unico.
Sarà che hanno ragione loro?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 giugno, 2005 15:00 :
 
La circolare suindicata precisa i limiti di applicabilità della ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3 del TUE e leggendola attentamente si potrà inquadrare il caso in questione.
A naso, mi pare di intravedere una forzatura della norma e condivido le perplessità dei colleghi tecnici.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  14 giugno, 2005 15:53 :
 
Senza affrontare analisi approfondite, e quindi senza avere pretese di certezza, mi chiedo qaule senso abbia considerare ristrutturazione edilizia un intervento che prevede la demolizione e successiva ri-costruzione della stessa volumetria e sagoma in altro sito, ovvero in diversa collocazione rispetto al medsimo lotto. A mio avviso siamo nella casistica della nuova costruzione, specie se penso alla problematica dalle distanze ed al concetto implicito di intervento di recupero del patrimonio edilizio esistente che non dovrebbe presupporre traslazioni dell'intero edificio.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  14 giugno, 2005 16:05 :
 
Infatti la circolare chiarisce:

...la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma preesistenti...per quanto riguarda «l'area di sedime», non si ritiene che l'esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell'edificio in altro sito, ovvero posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera del tutto discrezionale
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  14 giugno, 2005 16:23 :
 
Sarebbe utile conoscere il testo esatto della norma di PRG di cui trattasi. Infatti, il PRG potrebbe intendere l'intervento di demolizione e successiva ricostruzione non come ristrutturazione edilizia bensì come nuova costruzione.
Quello che conta, perché sia legittima l'operazione, è che la ricostruzione su diverso sedime sia espressamente prevista dal PRG e che rispetti le distanze e gli altri parametri di cui al D.M. 1444/68.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  15 giugno, 2005 07:19 :
 
Non terrei conto di quello che dice il PRG, specialmente se è antecedente al TUE
Vedi art. 3 ultimo comma e quanto ribadito dalla circolare:
....la nuova definizione di ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione e ricostruzione di edifici con il rispetto della volumetria e sagoma preesistenti, prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi....


http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001081
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  15 giugno, 2005 08:07 :
 
D'accordo con Cornaviera.
Si puo' fare demolizione e ricostruzione con parità di sagoma e volume, mantenendo l'edificio sulla stessa area di sedime, tale intervento è definito di ristrutturazione edilizia e pertanto la normativa di riferimento è quella vigente all'epoca della costruzione dell'immobile da demolire e non nulla vale il nuovo prg.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  15 giugno, 2005 10:24 :
 
Secondo l'interpretazione della Regione Liguria -che mi pare condivisiile - le definizioni dell'art. 3 del T.U. Edilizia si sostituiscono a quelle degli strumenti urbanistici comunali soltanto per le finalità proprie dello stesso T.U., ovvero per determinare a quale titolo abilitativo (ed a quali sanzioni) sono soggetti i diversi interventi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, al fine di determinare quali interventi siano o meno ammissibili in determinate zone del territorio comunale, continuano ad applicarsi le definizioni degli strumenti urbanistici.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  16 giugno, 2005 09:05 :
 
Per tranquillizzare il collega Ernesto riporto due massime recenti conformi a chi mi ha preceduto,Tiziano e Rocco.

Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma (a parità di volumi) - Nuova edificazioni - D.P.R. n. 380/2001. Il T. U. sull'edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001 limita il concetto di ristrutturazione edilizia alla sostanziale identità, per forma, volume e altezza, del complesso edilizio sul quale si operano gli interventi anche quando porti ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, mentre la ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma (a parità di volumi) dall'immobile preesistente comporta la realizzazione di un immobile nuovo con applicazione della disciplina urbanistica prevista per le nuove edificazioni. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF Piccola Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di Afragola (avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867;

Urbanistica e edilizia - Ristrutturazione edilizia - Nozione - Ricostruzione dell’edificio demolito - Realizzazione di nuovi volumi - Permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari - Necessità - Art. 2, c. 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 - Art. 3, c. 1, let. D) D.P.R. 380/2001. La ristrutturazione edilizia ex art. 31, lett. D) l. 457/78 include anche la ricostruzione dell’edificio demolito purchè la diversità del nuovo organismo edilizio consista nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi del fabbricato stesso, e non la realizzazione di nuovi volumi (Cons.Stato, V, 5.3.2001, n. 1246): in tale ultimo caso l’intervento va considerato come nuova costruzione, soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo autorizzativo. In linea con tale formulazione, l’art. 3, comma 1, let. D) D.P.R. 380/2001 precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e nella maggior latitudine della modifica apportata dal D.Lgs. n. 301/2002 comprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente. E, ancora, l’art. 10. comma 1, lett. C) del cit. D.P.R. 380/2001 precisa che sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume della sagoma dei prospetti e delle superfici. Anche l’art. 2, comma 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 include, tra quelli soggetti a D.I.A. gli interventi sui fabbricati comprensivi della demolizione e ricostruzione dell’edificio con lo stesso ingombro volumetrico. Ciò che le disposizioni in esame non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche nel nuovo fabbricato affinchè questo sia compatibile con il criterio di ristrutturazione senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti urbanistici in vigore al momento del rilascio del titolo. L’intero coacervo delle disposizioni esaminate focalizza l’attenzione sulla modifica del precedente manufatto tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore al momento della demolizione. Laddove questi limite venga superato è infatti necessaria la nuova valutazione di compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - DRAGAF Piccola Società Cooperativa a.r.l. ( avv.ti Soprano e Sellitto) c. Comune di Afragola (avv. Vitucci) (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli Sez. IV 27 marzo 2003, n. 3067). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 26 marzo 2004), Sentenza n. 5867.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  16 giugno, 2005 09:30 :
 
Non ci sono dubbi sul fatto che la ricostruzione di un fabbricato su diverso sedime sia soggetta al rispetto delle disposizioni del PRG vigente al momento della ricostruzione stessa.
Nel caso di cui si tratta, però, l'intervento parrebbe essere esattamente conforme al PRG vigente, in quanto quest'ultimo prevede espressamente la possibilità di effettuare la ricostruzione su diverso sedime.
Resta fermo - pena l'illegittimità della norma di PRG - il rispetto dei parametri di cui al D.M. n. 1444/68.
Se la situazione è quella sopra prospettata, mi pare del tutto irrilevante il fatto che il PRG qualifichi l'intervento come ristrutturazione edilizia ovvero come nuova costruzione.
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  31 luglio, 2005 18:39 :
 
A questo punto l'art. 3 del T.U.E. e l'art. 10 dicono due cose diverse in caso di demolizione e ricostruzione?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  02 agosto, 2005 09:19 :
 
Dicono due cose diverse nel senso che il T.U. per la prima volta ha istituito due qualificazioni diverse dell'intervento di ristrutturazione.

Il primo quello dell'art.3 diciamo di lieve entità che si sostanzia nell'ever recepito tutta la giurisprudenza di merito prodotta prima del T.U. stesso come si può agevolmente leggere nella Circolare già citata ma che per comodità trascrivo:
"Antecedentemente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, la giurisprudenza amministrativa si era occupata più volte della questione relativa alla possibilità di far rientrare, nell'ambito della ristrutturazione edilizia di cui all'art. 31, comma 1, lettera d), della legge del 5 agosto 1978, n. 457, anche l'intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.
Si è venuto, pertanto, a formare un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui «nel concetto di ristrutturazione edilizia devono annoverarsi anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28 marzo 1998, n. 369; id., 14 novembre 1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n. 144; id., 23 luglio 1994, n. 807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259; id., 3 febbraio 1992, n. 86; id., 3 gennaio 1992, n. 4; id., 4 aprile 1991, n. 430; id., 20 novembre 1990, n. 786; id., 9 luglio 1990, n. 594; id., 30 settembre 1988, n. 946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id., 17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre 1984, n. 958).

L'equiparazione della demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione veniva dalla giurisprudenza essenzialmente motivata con la considerazione che «il concetto di ristrutturazione è necessariamente legato concettualmente ad una modifica e a una salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche fondamentali) dell'esistente (modifica che può essere generale o particolare e, quindi, dar luogo alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»), ma non anche alla indispensabile conservazione, nella loro individualità fisica e specifica (tal quali essi sono e si trovano), dei medesimi elementi costitutivi dell'edificio o di alcuni tra essi (i principali)» (così Cons. Stato, sez. V, n. 946/1988).
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito dagli orientamenti giurisprudenziali innanzi riportati, all'art. 3 aveva stabilito testualmente: «Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".


La seconda qualificazione dell'intervento di ristrutturazione invece, prevista dall'art. 10.1 c) è quella che noi chiamiamo "maggiore", sottoposta al regime delle nuove opere e subordinata al Permesso di Costruire, come prevede espressamente il comma 1 del predetto articolo,trattandosi di intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia.
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  02 agosto, 2005 09:30 :
 
Concordo in pieno con la ricostruzione dell'istituto fatta nell'ultimo intervento.
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  02 agosto, 2005 11:58 :
 
concordo anch'io con Gianfranco; trattasi, a mio avviso, di intervento di semplice "ristrutturazione urbanistica", riportata nelle definzioni degli interventi edilizi di cui al D.P.R.380/01.
lo Strumento Urbanistico può, pertanto, consentire interventi di recupero volumetrico, intesi come demolizione e ricostruzione di edificio in altro sito e con diverso assetto planivolumetrico.
Tali interventi sono soggetti esclusivamente al permesso di costruire.

Cordiali saluti

Marco Occhipinti
 
Inserito da carratu ernesto (Utente n. 4573) on  03 agosto, 2005 13:46 :
 
Quindi, se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco, avendo l'indice di fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un fabbricato di cubatura 10 volte tanto?
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  03 agosto, 2005 17:05 :
 
A mio avviso, certamente si,a condizione che tutti gli altri parametri siano rispettati e pagando il contributo di costruzione sulla differenza di volume, conformemente alla definizione dell'intervento di cui art. 10.1 c) T.U.;
Il tutto anche con DIA in alternativa al Permesso di Costruire, come specificato dall'art. 22.3 a) del T.U.

[ 03. agosto 2005, 18:06: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  04 agosto, 2005 11:47 :
 
teoricamente è possibile realizzare la volumetria rilevabile dall'indice di fabbricabilità addizionata dei mc. derivanti dal recupero volumetrico.

E' scontato che i disposti dello strumento urbanistico non devono specificare controindicazioni.

Esprimo comunque notevole riserva circa l'utilizzo alternativo della DIA per gli interventi; riterrei che il regime esclusivo sia quello del permesso di costruire.

Per quanto attiene gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e contributo sul costo di costruzione, nelle relative tabelle del comune dove opero, ho previsto specifiche tariffe per tali interventi; per dirla in breve, il volume nuovo ha un costo, quello recuperato ne ha un altro; allo stesso modo effettuo il conteggio sulla differenza delle superfici per la determinazione del costo di costruzione (sono state previste, alla pari della nuova edificazione, tariffe al mq. anche per gli interventi di ristrutturazione, evitando così computi metrici od altro).

Cordiali saluti


Marco Occhipinti
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  04 agosto, 2005 12:27 :
 
Caro Marco, non vedo le motivazioni per le quali esprimi riserve circa il procedimento mediante DIA.
L'art. 22 comma 3 del T.U. in questo punto è chiarissimo e non si presta ad interpretazioni, esso recita testualmente :

Art. 22 (L) - Interventi subordinati a denuncia di inizio attività
OMISSIS
3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività:
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
OMISSIS

Se le cose stanno così, come scritte e l'intervento si qualifica come rientrante nell'art. 10,comma 1 lettera c) come abbiamo appena detto, io non vedo dove nascono le tue "riserve".
O l'intervento si qualifica tale e quindi a norma di legge vi rientra il procedimento mediante DIA in alternativa al Permesso di Costruire, oppure non è ristrutturazione art. 10.1 lettera c) in questo caso sarà altro tipo d'intervento.

Ciao e buon lavoro o buone ferie....
 
Inserito da Dei Cas Michele (Utente n. 4343) on  04 agosto, 2005 14:10 :
 
Concordo con Marco. Non mi sembra che, sulla base della legislazione statale, l'intervento ipotizzato da Ernesto (se ho una villa, di 1200 mc. e la demolisco, avendo l'indice di fabbricabilità, potrò costruire tranquillamente un fabbricato di cubatura 10 volte tanto) ricada nelle ipotesi della ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c) (soggetta a DIA).
In tal senso, in questo sito, si veda la sentenza Tar LAZIO 13 giugno 2005, n. 4782: "Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico dell’Edilizia... è possibile individuare un intervento di ristrutturazione – effettuabile a seguito di mera denuncia di inizio attività, in base al combinato disposto degli articoli 10 e 22 del medesimo D.P.R. n. 380/2001 – anche in presenza di una integrale demolizione e ricostruzione di un immobile, ma solo qualora non vengano alterati la volumetria e la sagoma dell’edificio preesistente".
Vorrei vedere, con tutta la buona volontà e nel dovuto rispetto ai miracoli dell'architettura moderna, come si fa a non alterare la volumetria e la sagoma dell'edificio passando da una volumetria di 1.200 mc ad una di 12.000 mc...
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  04 agosto, 2005 15:11 :
 
Mi inserisco nella interessante discussione che rileva come tra l’art. 3 e l’art. 10 del T.U. vi sia una evidente difficoltà di coordinamento, ne la relazione generale al Testo ne il parere del Consiglio di Stato - Parere 29 marzo 2001 n. 3/2001 - aiutano a dirimere l’interpretazione della normativa in esame.

Sul punto sintetizzando il dibattito tenutosi in un corso di perfezionamento e riportando il pensiero di alcuni dei giuristi intervenuti ad Osimo, che ritenevano che il TU avesse codificato due tipologie d’intervento, la prima quella indicata nell’art. 3 in cui viene prevista una ristrutturazione che contempla la demolizione e la ricostruzione del fabbricato condizionata ai vincoli della volumetria e sagoma preesistenti; una seconda che non comporta la demolizione e ricostruzion, ma il cui prodotto finale può consentire, ai sensi dell’art. 10 un “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso”.
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  04 agosto, 2005 17:25 :
 
Che si voglia o meno, oggi,dopo il T.U. come dice correttamente Nazzareno,la tipologia di interventi di ristrutturazione edilizia, in italia, sono di due tipi:
il primo, quello previsto dall'art. 3 e l'altro previsto dall'art. 10.
Inutile ripetere la norma che ormai, chi opera direttamente nel nostro settore, dovrebbe conoscere bene.
Però per capire meglio la modifica introdotta dal T.U. è utile -a mio avviso - riprendere in mano il vecchio art. 31 L. n° 457/78 che definiva gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, rendendoli, già allora prevelenti sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi:
art. 31.1 d)
interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;

Così com'era definita la ristrutturazione ha portato ad un selva di decisioni.
Primo problema era la demolizione dell'immobile per poi riscostruirlo.
I giudici ordinari sostenevano(scusate la semplificazione) che una volta raso al suolo l'edificio,siamo in presenza di nuova opera e come tale si deve applicare la disciplina del PRG vigente al momento della ricostruzione.

I giudici di merito, contrariamete sostenevano che per la salvezza del patrimonio edilizio, abbattere e ricostruire fedelmente non si è in presenza di nuova opera ma si rientra ancora nel concetto di ritrutturazione.

Il T.U. alla fine ha recepito la giurisprudenza di merito formastasi prima, al punto che - come avrete notato- le parole " ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente" sono state introdotte dalla modifica del T.U. con l'art. 1 a del DlGs n° 301/02.
Questo passaggio, per quanto io ne sappia, è stato recepito diciamo per forza di cose, in quanto nessuno intraprendeva più lavori di ristrutturazione con una definizione così vaga ex art. 31 L.n° 457/78 che poteva avere anche conseguenze penali sulla scorta di interpretazioni particolarmente restrittive.

Ciò che ho detto, è ampiamente riportato nella Circolare Lunardi e meglio ancora nelle decisioni indicate nella stessa.

Complichiamo ancora le cose ( come se non le fossero già ) a voler vedere con la lente, l'art. 3, che definisce gli interventi, fino al secondo capoverso compreso, riprende quasi fedelmente l'art. 31 (ora abrogato) della L. n° 457/78, mentre invece, la definizione riportata nell'art. 10 è più ampia.
Comunque sia, questo Post è già sufficientemente corposo e per quanto mi riguarda lo ritengo capitolo chiuso anche perchè si dovrebbe parlare della parte sanzionatoria e penale e non mi sembra proprio il caso.
Buona continuazione per chi vuole farlo.
Ciao a tutti dalla piatta pianura padana.

[ 04. agosto 2005, 18:30: Mod. da Cei p.i. Gianfranco ]
 
Inserito da marco occhipinti (Utente n. 5549) on  05 agosto, 2005 06:56 :
 
ho riaperto ora... e vedo che la discussione è andata abbastanza avanti.

Gianfranco, la mia riserva deriva dal fatto che l'intervento "inteso" dal Sig. Carratu, secondo me, si qualifica come ristrutturazione urbanistica (art.10 lett.b) che corrisponderebbe, poi, al vecchio art.31 lett.E della L.457/78.

E' vero che anche questa è una ristrutturazione ma con questa tipologia di intervento ottieni una notevole trasformazione territoriale (trasformazione dei lotti, delle infrastrutture, degli isolati, ecc.)e l'utilizzo della DIA, salvo determinati casi, mi sembra riservato agli interventi minori.

Una buona giornata a tutti


Marco Occhipinti
 

Questa discussione Il concetto di demolizione e ricostruzione nei piani attuativi. nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001081


Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  26 maggio, 2005 11:04 :
 
Il vigente art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo Unico Edilizia, come meglio precisato nella CIRCOLARE 7 agosto 2003, n. 4174 - Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia, ha recepito e ampliato un già consolidato indirizzo giurisprudenziale.

L'attuale formulazione dell'art. 3, nella finalità di incentivare il ricorso alla demolizione e ricostruzione, a seguito modifiche apportate dal D.Lvo 27 dicembre 2002, n. 302 è la seguente:
…" Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;…
L’articolo conclude con:
…Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi…

Un Piano Particolareggiato, vigente prima dell'entrata in vigore della nuova definizione,assegna a un edificio la ristrutturazione globale prevedendo la sopraelevazione di 1 mt, lo svuotamento interno ma non la demolizione dei muri perimetrali.
Dal momento che l'edificio è stato copletamente demolito e ricostruito (nel rispetto della sagoma prevista dal PP, quindi sopraelevato) può avvalersi della nuova definizione per giustificare la demolizione non ammessa dal PP o deve essere considerato nuova costruzione con tutte le gravi conseguenze che ne derivano?

Il dubbio deriva dal fatto che, sia la circolare 7 agosto 2003, n. 4174 che il TUE, precisano che tale nuovo concetto prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi facendo dubitare con questo che siano esclusi dalla applicazione della norma gli strumenti attuativi, come appunto il PP che in effetti dispongono già di normativa dettagliata.

Io sarie portato a considerare l'innovazione di portata generale in quanto, ciò che conta è il risultato estetico finale (che non cambia), ma vorrei delle assicurazioni e cerco giurisprudenza al riguardo.

Grazie per l'attenzione e cordiali saluti a tutti.

Per visionare la circolare 7 agosto 2003, n. 4174:
http://www.cornaviera.it/public/DOCUMENTI/edilizia_privata/circolare4174.htm
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  26 maggio, 2005 15:45 :
 
Il quesito potrebbe diventare, in realtà, un vero e proprio rompicapo io riterrei che le definizioni di cui al 2° comma dell’art. 3 del T.U. siano prevalenti su ogni altra disposizione contraria, determinando così la disaplicazione della normativa locale contrastante, salvo che non vi siano ragioni di pubblico interessse da tutelare.
Recentemente il TAR PIEMONTE n. 1451 del 22.7.2004 ha escluso l’ultrattività del divieto di demolizione e ricostruzione contenuto nelle norme d’attuazione di un piano d’area.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  26 maggio, 2005 15:51 :
 
Secondo l'interpretazione della Regione Liguria, le definizioni dell'art. 3 del T.U. Edilizia si sostituiscono a quelle degli strumenti urbanistici comunali soltanto per le finalità proprie dello stesso T.U., ovvero per determinare a quale titolo abilitativo (ed a quali sanzioni) sono soggetti i diversi interventi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, al fine di determinare quali interventi siano o meno ammissibili in determinate zone del territorio comunale, continuano ad applicarsi le definizioni degli strumenti urbanistici.
 


A proposito della sanzione per opere soggette a DIA

 

 

 

Questa discussione area agricola nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


Per visionare la discussione, collegati a questa URL:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=001077

Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  20 maggio, 2005 15:08 :
 
Nel mio Comune, all'art.27,del regolamento edilizio, nelle zone agricole, sono ammesse solo recinzioni in legno e reti metalliche,o essenze vegetali.
Il coltivatore diretto ha costruito la casa ad una distanza della stalla di circa 100 metri,sempre in zona agricola, con un muretto e rete metallica,
domando,è un abuso edilizio?,se è tale il Comune deve ordinare la demolizione,grazie.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  21 maggio, 2005 07:37 :
 
Se la realizzazione di muretti non è ammessa dal Regolamento Edilizio, l'opera non è conforme e, pertanto, non potrà ottenere la sanatoria.
Trattandosi di opere realizzabili mediante D.I.A., però, non si può ordinare la demolizione ma soltanto applicare la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione dell'intervento e comunqe non inferiore a 516 euro (art. 37, comma 1, D.P.R. 380/01).
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  21 maggio, 2005 16:03 :
 
Mi chiedo:
un intervento non conforme agli strumenti urbanistici puo' essere soggetto a DIA?
ciò alla luce dell'art 22 comma 1 "Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente."
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  23 maggio, 2005 07:02 :
 
Non avevo mai riflettuto su questa definizione. Effettivamente, questa interpretazione sarebbe in piena sintonia con la nuova formulazione dell'art. 27 del D.P.R. 380/01, secondo cui "Il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi".
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  23 maggio, 2005 18:52 :
 
Ringrazio per il contributo alla mia domanda,pertanto posso ritenere che il comune deve ordinare la demolizione.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  24 maggio, 2005 10:51 :
 
Essendo la DIA esclusa da sanzioni penali e ripristinatorie, per me la prima risposta è quella giusta.

Sull'argomento è stato già dibattuto nel forum, senza peraltro giungere a una conclusione condivisa

http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000935#000000
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  24 maggio, 2005 11:42 :
 
Alla luce di quanto sostenuto da Tiziano Cornaviera, ritengo opportuno e utile che soprattutto noi tecnici della Pubblica amministrazione affrontare la questione dall'inizio e con rigidità logica.
1- chiariamo innanzititto che gli interventi minori, per essere soggetti a DIA devono essere "conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente". mancando tale condizione l'intervento minore non puo essere soggetto a DIA, in pratica non può essere realizzato.
2 - pertanto il riferimento sanzionatorio per le opere soggette a DIA non è pertinente e quindi non applicabile.
3 - di contro gli iterventi minori se non "conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente", non possono nenche essere soggetti a permesso di costruire.
4 - pertanto gli interventi minori non "conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente", non possono essere ne soggetti a DIA ne a Permesso di costruire, ma SEMPLICEMENTE NON SI POSSONO REALIZZARE (non sto gridando he he).
5 - pertanto non possono ottenere nessuna valutazione di conformità e quindi nessuna sanatoria. Pertanto vanno demoliti ai sensi dell'art. 27 del D.P.R. 380/01, come modificato dall'articolo 32, commi 44, 45 e 46, legge n. 326 del 2003(condono edilizio. Peraltro ritengo che sis stata quest'ultima modifica all'art. 27 ad aver chiarito definitivamente il "buco normativo" che pareva esserci nel TU.
....a voi il prosiego del dibattito.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  25 maggio, 2005 08:46 :
 
Ing. Rocco, veniamo alla pratica.
Come ti comporteresti con la recinzione in questione in veste di responsabile dell'UT?
Provvedi alla immediata demolizione?
Emetti una ordinanza anche se l'art. 27 non lo prevede ? (mi piacerebbe vederne il testo)
E se l'interessato non ottempera?
Dopo il polverone sollevato, se si vuole chiudere la pratica, io penso che non rimanga che ricadere sull'art 37 c.1.

In merito alla affermazione ..NON SI POSSONO REALIZZARE.. segnalo il c.4 dell'art 37: "Ove l'intervento realizzato risulti conforme ...." Non viene con ciò indirettamente e ovviamente previsto che possano essere realizzati anche interventi non conformi ?

Cordiali saluti

Altri interventi interessanti:
http://www.lexitalia.it/ubb1/ultimatebb.cgi?ubb=get_topic;f=6;t=000935#000000
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  26 maggio, 2005 08:24 :
 
In effetti l'art. 37 prevede due diverse sanzioni per le opere realizzate in assenza di DIA:
- al comma 4, una sanzione più mite per opere che presentino il requisito della c.d. "doppia conformità";
- al comma 1, una sanzione più gravosa che suppongo si debba applicare solo nei casi in cui non sia possibile l'accertamento di conformità.

Pertanto, se non sono soggette a DIA le opere non conformi alla disciplina urbanistica vigente, la sanzione di cui al comma 1 si dovrebbe applicare solo nei casi in cui manchi la sola conformità al momento di realizzazione dell'intervento abusivo.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  26 maggio, 2005 09:22 :
 
COSA NE PENSATE DELL'ART.31 DEL DPR 380/01
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  26 maggio, 2005 10:43 :
 
Caro Tiziano
anche io concordo sulla poca chiarezza dell'art. 27 in ordine alla non previsione della ordinanza.
in ogni caso credo che sia giusto ritenere che il testo unico prevede:
1- opere soggette a DIA
2- opere soggette a permesso di costruire
3- (implicitamente) opere non soggette ne a DIA ne a permesso di costruire, in quanto non conformi alla strumentazione urbanistica. Daltronde a che servirebbe una strumentazione urbanistica se alla fine permetteresse di sanare anche opere non ammesse?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  27 maggio, 2005 08:05 :
 
X Mario Pizzaballa
L'art.31 del DPR 380/01 è riservato a interventi di maggiore gravità "eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali" e non è corretto il richiamo per ordinare la demolizione di opere soggette a DIA.
Qualche volta questo succede e va tutto bene se l'interessato ottempera. Le cose si complicano se ricorre al TAR o semplicemente non da segiuto all'ordinanza.
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  29 maggio, 2005 06:30 :
 
Io penso che se il muretto è stato costruito
senza la DIA, o in difformità da essa,dovrebbero
essere applicate le stesse sanzioni previste nel
caso in cui vengano realizzate opere in assenza
del permesso di costruire.
Se il muretto è stato realizzato su terreno sottoposto a vincolo non sarebbe neanche condonabile,se costruito prima del 2005.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  31 maggio, 2005 11:39 :
 
Ing. Rocco, non comprendo la tua schematizzazione.

Per me, il TUE contiene nella Parte I - Attività edilizia:
.........
Titolo 2 - Titoli abilitativi:
1 Attività edilizia libera (art 6)
2 Interventi subordinati a permesso di costruire (art 10)
3 Interventi subordinati a DIA (art 22)
.............
Titolo 4 -
Capo 1 - Vigilanza (art. 27-29)
Capo 2 - Sanzioni (art. 30-48)
Il TUE, sapendo che gli abusi esistono, prevede una sanzione per ogni tipologia (titolo2) di intervento abusivo/difforme
E' dunque fondamentale qualificare e inquadrare l'abuso nella propria tipologia (DIA=art.37)

Il richiamo all'27 è per me fuorviante e riporto una interpretazione condivisa:

Anche se l’aggiunta operata dal D.L. 269 del 30.9.2003 in ordine a
“tutti gli altri casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici” sembra, a prima lettura, estendere l’applicazione della previsione sanzionatoria in
questione a pressoché tutte le violazioni, la corretta valenza del “nonché” potrebbe essere di
natura congiuntiva, nel senso che – per l’applicazione della sanzione – occorrerebbero
entrambe le condizioni: ambito particolarmente tutelato (vincolo di inedificabilità, opere o
spazi pubblici, ecc.) e contrasto normativo (con le norme urbanistiche e le prescrizioni di
piano).

Nel caso in questione, non vedo, ne sono emerse, alternative percorribili a sanzionare amministrativamente l'illecito diversamente dalla sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 37.

Cordiali saluti
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  31 maggio, 2005 11:47 :
 
Daccordo con Tiziano se "la corretta valenza del “nonché” potrebbe essere di natura congiuntiva", ma dovremmo sciogliere quel "potrebbe".
Possibile che non ci sia un luminare del diritto ra noi, che ci aiuti a dipanare la matassa?
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  01 giugno, 2005 19:28 :
 
In questi giorni il Comune, ha emesso una ordinanza di demolizione della recinzione, posta in essere, utilizzando L'art.31 del DPR 380/01.LR
domando, è una procedura corretta o no!.
L'interessato ricorrendo al TAR,ha la possibilità di evitare la demolizione?
Grazie.

[ 01. giugno 2005, 21:37: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  07 giugno, 2005 10:59 :
 
Secondo me, anche in base a quanto sopra detto, alla prima domanda rispondo NO e alla seconda SI.
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  07 giugno, 2005 20:09 :
 
Ora, e correggetemi se sbaglio, la costruzione di un muro d cinta, ove prima vi era nulla, è una nuova costruzione, quindi senza denuncia di inizio attività, o in difformità da essa, si applicheranno le stesse sanzioni previste nel caso in cui vengano realizzate opere in assenza
di permesso di costruire.
Oltretutto non sarebbe possibile la sanatora se
l'opera era vietata, e in questo caso era vietata, dagli strumenti urbanistici vigenti al
momento della sua realizzazione.

[ 07. giugno 2005, 21:11: Mod. da Angela Lre ]
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  08 giugno, 2005 09:19 :
 
Risposta per Angela, la variante al Regolamento Edilizio,approvato nel mese di Maggio 2005, vieta la recinzione alle abitazioni, in muratura in zona agricola, è stata concessa solo per la stabulazione degli animali,adiacente alla stalla.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  10 giugno, 2005 09:56 :
 
Per Mario Pizzaballa,
ti pregherei di fornirmi gli estremi dell'eventuale ricorso al TAR ed il nome del comune interessato, o comunque di tenerci informati, avrei interesse a capire come va a finire la questione.
grazie
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  17 giugno, 2005 07:35 :
 
Probabilmente qualcuno invochera il " dirito di recinzione " In quanto "...visto i recenti fatti di cronaca.., considerato la presenza dei bambini,
..che l'abitazione è lontana da centri abitati...",e chi ne ha piu ne metta.

[ 17. giugno 2005, 08:38: Mod. da Angela Lre ]
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  19 luglio, 2005 16:39 :
 
Altro problema.
Il Comune dopo aver emesso l'ordinanza di demolizione, da eseguiersi entro 60 giorni,lo stesso Comune approva entro il 59 giorno una variante al Regolamento Edilizio,che consente la recinzione in muratura anche in zona agricola.
Domanda: iL Comune è tenuto a far eseguire l'ordinanza,o il proprietario con questa variante può evitare la demolizione?.
Tenuto conto, che la delibera non è ancora esecutiva.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  20 luglio, 2005 07:29 :
 
Come previsto ... anzi peggio.
Questa è la riprova che la prcedura corretta è quella precisamente indicata nel primo intervento di Roberto Moretti.
Non penso proprio che Ufficio del Comune complichi ulteriormente la situazione arrivando ad eseguire la demolizione.
L'abuso verrà quindi legalizzato senza infliggere la guista e proporzionata sanzione a chi non ha rispettato le norme.

Un esempio di economicità, efficacia e trasparenza a cui deve ispirarsi l’azione amministrativa.
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  20 luglio, 2005 07:56 :
 
L'approvazione della variante dimostra con chiarezza l'impasse che abbiamo noi e tutti gli altri operatori...a soluzione si introduce una nuova norma....
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  20 luglio, 2005 11:50 :
 
Forse ho posto male il problema, perdonatemi se non coprendo le risposte al quesito,( non sono un tecnico)
questo signore non ha mai chiesto la concessione Edilizia per nessun tipo di recinzione,ha costruito abusivamente tutto.sapeva di non poterlo eseguire.
come può essere condonato?

[ 20. luglio 2005, 12:54: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  21 luglio, 2005 07:36 :
 
Signor Pizzaballa, di fronte a risposte variegate è inevitabile perdere l'orientamento.
Come vede, tenendo presente che le opinioni espresse sul forum sono su problematiche di carattere generale, anche noi addetti ai lavori, grazie a una legislazione complessa, pensiano e agiamo diversamente.
Comprendo che lei si aspetti che l'autore dell'abuso sia punito esemplarmente ma, per il caso in questione trattandosi di un'opera minore, la legge prevede la sola sanzione pecuniaria (che comunque può essere molto salata).
Sbagliare la qualificazione dell'intervento, come sono convinto io nel caso da lei esposto, emettendo l'ordinanza di demolizione, significa incartarsi ed esporsi a facili ricorsi.
L'espediente per uscire dal vicolo cieco è stato di modificare la norma passando quindi da un estremo (demolizione) all'altro (piena conformità).
Buona giornata
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  25 luglio, 2005 06:35 :
 
Non sono tanto convinta che l'abuso possa ottenere
la conformita, in quanto è privo della " doppia conformita " e quindi non rientrerebbe, a mio avviso, nella cosidetta " sanatoria giurisprudenziale ", che non è prevista da nessuna legge.
Ha mio avviso la modifica del regolamento edilizio peggiora la situazione in quanto, come prospettata, piu' che venire incontro cerca di favorire.
E' vero che la V sezione del C.d.S, con la 6498/2003, è interprete di questa soluzione, ma in questo caso non vi è una difformità, ma un abuso vero è proprio in quanto si è costruito in spregio a qualsiasi norma o regolamento, contando solamente che avendo i soldi posso oblare.
Sarei curiosa di sapere se è stata fatta opposizione al TAR e se è stata richiesta la sanatoria.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  28 luglio, 2005 12:44 :
 
Se un soggetto non fa ricorso al tar entro 60 giorni previsto per legge, cosa significa che accetta l'ordinanza?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  28 luglio, 2005 14:24 :
 
Più che accettare direi che il soggetto ha ignorato l'ordinanza evitando di disturbare il TAR.
L'art 31 del D.P.R. 380/01 utilizzato (impropriamente) per ordinare la demolizione prevede:

2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.

3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.

5. L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.

Alla scadenza quindi, il responsabile del competente ufficio comunale, dovrebbe coerentemente dare corso a quanto previsto dall'art. 31: accertamento dell'inottemperanza, immissione in possesso, trascrizione, consiglio comunale e finalmente la demolizione; A parte le eventuali azioni di tutela del soggetto, penso che chiunque ci penserebbe bene prima di agire (se non altro per la imminente modifica del REC).
La soluzione per me è sempre quella: previo autoannullamento dell'ordinanza illegittima, emissione ordinanza di sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art. 37, comma 1, D.P.R. 380/01.
La strada, criticabile, di legalizzare il tutto mediante la modifica del REC è comunque la riprova della scarsa gravità dell'abuso e di quanto siano sproporzionate le sanzioni previste dall'art. 31 per il caso in questione.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  28 luglio, 2005 19:43 :
 
Sig. Cornaviera,anchio sono convinto, che le opinioni espresse sul forum sono su problematiche generali.
Ma poi si arriva a delle considerazioni di carattere personali.
Non sono cosi venale, non voglio una punizione a tutti i costi, però posso affermare con tutta franchezza, che questa amministrazione è di una indecenza senza paragoni,(vedi la modifica al REC)per molto meno ha agito diversamente, mi resta solo che affermare,che le leggi, per gli amici si interpretano,per i nemici si applicano.
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  29 luglio, 2005 07:46 :
 
Ma se la recinzione, e poi bisognerebbe vedere come si presenta nel contesto, non ha la doppia conformità, ossia non è conforme neanche alle
nuove norme del regolamento, non credo sia possibile la sanatoria e se non è possibile la sanatoria, recentemente il Tar TO, nonostante il
precedente del C.d.S., qualesoluzionesi prospetterebbe ?.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  05 agosto, 2005 11:40 :
 
Mi pare che la discussione si sta ingarbugliando su una ipotetica sanatoria mentre verte su come sanzionare un certo tipo di abuso (che non è sanabile e deve essere sanzionato).
Mi pare inoltre che Il Responsabile del Procedimento in tutte le sue istruttorie, prima di "vedere come si presenta nel contesto", dovrebbe preoccuparsi di qualificare correttamente l'intervento e valutarne la conformità. Ciò eviterebbe tante irregolarità, acrobazie e le ingiustizie di cui parla il Signor Pizzaballa.
Cordiali saluti

[ 05. agosto 2005, 12:53: Mod. da Tiziano Cornaviera ]
 
Inserito da Angela Lre (Utente n. 4485) on  06 agosto, 2005 06:39 :
 
Per "... vedere come si presenta nel contesto...",
intendo dire che il muro di recinzione se ha dimensioni e sviluppo tali da " sfregiare" il
luogo, e non essendovi la doppia conformtà, il muro,che a questo punto mi pare di capire non è certamente quattro pali cementati nel terreno, va
demolito.Non esiste una Legge che permetta la
" sanatoria giurisprudenzale ", a meno che ci mette a interpretare la Legge e qui, a secondo delle " interpretazioni " o dalla persona interessata, si può fare tutto e qualcuno potrebbe consigliare di aggiungere terra di coltura ai lati del muretto, in modo di diminuirne almeno l'altezza. Non è una battuta perchè è capitato.

[ 06. agosto 2005, 07:43: Mod. da Angela Lre ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 agosto, 2005 07:03 :
 
"... vedere come si presenta nel contesto..." e stabilire che il luogo è "sfregiato" sono valutazioni soggettive estranee ai compiti del RP che deve semplicemente sanzionare (non sanare) l'abuso nel solo rispetto della normativa vigente.
Il discorso, per me, era correttamente impostato con la chiara risposta di Moretti:
"Se la realizzazione di muretti non è ammessa dal Regolamento Edilizio, l'opera non è conforme e, pertanto, non potrà ottenere la sanatoria.
Trattandosi di opere realizzabili mediante D.I.A., però, non si può ordinare la demolizione ma soltanto applicare la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione dell'intervento e comunqe non inferiore a 516 euro (art. 37, comma 1, D.P.R. 380/01). "
Sarebbe comunque interessante sapere in base a quale norma (e non a valutazioni discrezionali) Angela ordinerebbe la demolizione e come si comporterebbe nel caso non venisse ascoltata.
Mi pare che, anzichè alla semplificazione, si tenda alla complicazione producendo con ciò lavorii e carteggi inconcludenti.
Cordiali saluti
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  11 agosto, 2005 22:13 :
 
Quardate questo stralcio di sentenza.
" .....La regolamentazione anzidetta non appare sostanzialmente mutata, anche in base al citato T.U. dell’Edilizia, che non comprende le recinzioni fra le attività che non richiedono alcun titolo abilitativo (art. 6), ma nemmeno fra quelle soggette a permesso di costruire (art. 10), con conseguente riconducibilità delle stesse nella nozione residuale degli “interventi subordinati a denuncia di inizio attività” (art. 22), e che in assenza di detta denuncia sono sottoposti a “sanzione pecuniaria, pari al doppio dell’aumento di valore venale dell’immobile, conseguente alla realizzazione degli interventi stessi, e comunque in misura non inferiore a 516 euro” (art. 37, comma 1), a meno che non sussistano vincoli, tali da comportare la restituzione in pristino (art 37 cit., comma 2).
Nella fattispecie, l’Amministrazione ordina di demolire la recinzione di cui trattasi a norma dell’art. 7, comma 2, della legge n. 47/85, “come modificato dall’art. 31 e dall’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 6.6.2001”, senza evidenziare la sussistenza di vincoli prescrittivi di inedificabilità assoluta o di altre modalità procedurali o costruttive, con conseguente fondatezza della censura di violazione della richiamata normativa del T.U....."
di seguito il link:
http://www.giustizia-amministrativa.it/Sentenze/RM_200504782_SE.doc
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  12 agosto, 2005 11:17 :
 
bene rocco, ottima ricerca.
Vedremo di approfondire e tentare di definire l'argomento.
Intanto buon ferragosto.
 
Inserito da Mario Pizzaballa (Utente n. 5979) on  12 agosto, 2005 16:05 :
 
Art.13 della legge 28 febbraio 1985 N.47.
Accertamento di conformità.
ad un certo punto si legge,nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell'Art.10 e comunque fino all'erogazione delle sanzioni Amministrative, il responsabile dell'abuso può ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria quando l'opera eseguita in assenza della concessione o dell'autorizzazione è conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della presentazione della domanda,COSA SIGNIFICA, visto che gli strumenti urbanistici non prevedono recinzioni in zone agricole,neache il regolamento edilizio,e che il soggetto non ha mai fatto domanda di recinzione. Grazie

[ 12. agosto 2005, 17:07: Mod. da Mario Pizzaballa ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  13 agosto, 2005 06:41 :
 
L'art.13 della legge 28 febbraio 1985 N.47 è stato abrogato dalla art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e sostutuito dalla art. 36 dello stesso:

Art. 36 (L) - Accertamento di conformità

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.


Come potrà notare il campo di applicazione è riservato al permesso di costruire e alla superdia. Alla DIA ordinaria è riservato il più volte richiamato art. 37.

COSA SIGNIFICA. Lo scopo è quello di sanare degli abusi che sono tali solo perchè sono sprovvisti del titolo abilitativo ma risultano comunque conformi alle norme.
Esempio: se costruisco una casa senza permesso, il Comune mi ordina di demolirla entre 90 giorni.
Se però la casa, benchè abusiva, rispetta la normativa vigente, posso chiedere l'accertamento di conformità. Il Comune accerta la conformità, mi fa pagare gli oneri in misura doppia e mi rilascia il permesso in sanatoria.

Secondo me l'articolo non ha a che fare Con il caso in questione in quanto è riservato ad "interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformità da essa" (superdia).

Le recinzioni sono soggette a DIA ordinaria e la normativa di referimento è, come detto, il successivo art. 37.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  17 agosto, 2005 12:13 :
 
Io credo che il nocciolo della questione stia nell'interpretazione dell'art. 27, comma 2 del D.P.R. 380/2001 (come modificato dall'articolo 32, legge n. 326/2003):
"Il dirigente o il responsabile ....... in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi".
Se questa disposizione riguarda anche le opere soggette a D.I.A. (e non c'è scritto che valga solo per quelle soggette al permesso di costruire), allora il Comune può legittimamente ordinare la demolizione anche di una recinzione, qualora non risulti conforme alle norme vigenti.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  17 agosto, 2005 16:32 :
 
Questo riferimento è per me fuorviante e riporta la discussione indietro di qualche settimana (vds. 31.05.05) su posizoni che pensavo superate.
Se si ritiene corretto applicare l'art. 27,il Comune DEVE provvedere alla demolizione (e non PUO' in quanto non mi pare che l'articolo consenta discrezionalità)
Non si comprende allora a cosa servano le distinte sanzioni dei successivi articoli, senza contare la mancanza di tutela per le posizioni private.
Anche se penso che nessuno sia arrivato a tanto, sconsiglierei chiunque di provvedere alla demolizione di qualsiasi opera su di un terreno privato, invocando l'art. 27.

Riporto ancora l'interpretazione che mi pare, non dico indubbiamente corretta, ma quantomeno più prudente e consigliata per non farsi del male:

Anche se l’aggiunta operata dal D.L. 269 del 30.9.2003 in ordine a “tutti gli altri casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” sembra, a prima lettura, estendere l’applicazione della previsione sanzionatoria in questione a pressoché tutte le violazioni, la corretta valenza del “nonché” potrebbe essere di natura congiuntiva, nel senso che – per l’applicazione della sanzione – occorrerebbero entrambe le condizioni: ambito particolarmente tutelato (vincolo di inedificabilità, opere o spazi pubblici, ecc.) e contrasto normativo (con le norme urbanistiche e le prescrizioni di piano).
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  18 agosto, 2005 07:31 :
 
Cari amici, la lettura di questo post è illuminante: evidenzia esemplarmente come non c'è norma né giurisprudenza che tengano di fronte ai convincimenti. Cornaviera ha benissimo inquadrato da subito il problema, attenendosi alla natura dell'abuso, qualificandola nel suo profilo tecnico. Da lì è poi semplice percorrere la strada che conduce alla soluzione conforme alla norma ed alla volontà del legislatore. La recinzione costruita in assenza di d.i.a. non è, se non inserita in un ambito sottoposto a vincoli di altra natura (paesaggistica, idraulica, ecc..), assoggettabile a demolizione, ma solo a sanzione pecuniaria, punto.
Da altre parti si invocano valutazioni che poco hanno di tecnico e molto di "politico" nel senso meno nobile del termine, pur di punire lo sfregiatore dei luoghi. Da nessuna parte si formulano critiche ai regolamenti edilizi scritti col ciclostile, che mai o quasi definiscono cosa sia una recinzione, cosa un muro di cinta, cosa ancora una delimitazione della proprietà (che potrei fare anche con semplici paletti di legno infussi nel suolo, senza rete alcuna e al più con un unico filo metallico a collegare i paletti medesimi), cosicché a posteriori si piange sul latte versato e consci che un muro di cemento armato alto 2,99 metri non è proprio la stessa cosa di una rete in ferro plastificato alta 1 metro, si forza la mano pur di ottenere l'invio delle ruspe dell'esercito! Perfidia vuole, a questo punto, che si butti sul tappeto anche la "terza via", quella indicata da una parte della dottrina (un po' "talebana" a mio avviso) secondo la quale, poiché il dpr 380 non ha riproposto l'elenco delle opere "minori" contenuto nella vecchia 493/93, muri di cinta e recinzioni non sono affatto assoggettabili al regime della d.i.a., ma devono ottenere il PdC. Una volta si diceva "vedi Napoli e poi muori", oggi si dovrebbe dire "leggi la legge e poi muori (dal ridere)".

[ 18. agosto 2005, 08:32: Mod. da Carlo Megali ]
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  23 agosto, 2005 07:46 :
 
L'atteso intervento di Carlo Megali mi conforta come pure le numerose sentenze del TAR (quella segnalata da Rocco che a sua volta richiama altre sentenze).
.. far barcollare i propri e altrui convincimenti in questo caso mi pare conveniente per tutti ... un po' meno forse per gli avvocati..

Vorrei quindi rilanciare ritenendo che, sempre nel caso di DIA ordinaria, la sanzione pecuniaria è applicabile anche in zone vincolate.

Vedasi al riguardo la sentenza TAR VENETO che annulla l'ordinanza di demolizione opere soggette a DIA consistenti in una recinzione in legno in difformità alle norme lungo la strada ex statale, realizzazione piazzale in stabilizzato bianco e scalini in porfido sul prato adiacente, il tutto in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

http://www.giustizia-amministrativa.it/Sentenze/VE_200502777_SE.doc


Sotto il profilo edilizio la sentenza ritiene non necessario il titolo edilizio trattandosi di mere opere pertinenziali (francamente mi sarei aspettato un richiamo all'art. 37, del D.P.R. 380/01; questa sentenza ritiene quindi illegittima anche la sanzione pecuniaria).

Sotto il profilo ambientale precisa che l'applicazione della sanzione pecuniaria non significa sanatoria ambientale che, come noto, non può essere rilasciata - art. 146 D.Lgs 42/04. (..a proposito di alcune affermazioni nella discussione)

Quindi, anche nelle zone vincolate, per abusi che vengono qualificati come soggetti a DIA ordinaria, la sanzione di riferimento è quella pecuniaria (art. 167 D.Lgs 42/04) che va ad aggiungersi a quella di cui all'art. 37, del D.P.R. 380/01.
Ciò a condizione che, a giudizio dell’autorità amministrativa preposta alla tutela, le abusività non siano tali da arrecare un effettivo pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati (condizione alquanto ricorrente nelle DIA).
Solo in caso contrario, da motivare adeguatamente, è giustificato un intervento sostitutivo dell'Amministrazione per ripristinare lo stato dei luoghi.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  24 agosto, 2005 07:08 :
 
Visto che il link non funziona, incollo un estrato della sentenza TAR Veneto 2777/05 del 29 giugno 2005:

...considerato, che con riferimento al profilo edilizio le opere sanzionate con il provvedimento impugnato, in ragione della loro natura e consistenza ben possono considerarsi mere opere pertinenziali non necessitanti di titolo edilizio e non soggette all’osservanza delle fasce di rispetto fluviali e stradali;
che con riguardo al profilo ambientale deve ritenersi fondato il 2° motivo sotto il profilo che il Comune non dà contezza delle ragioni per le quali ha ritenuto di irrogare la sanzione ripristinatoria invece che quella pecuniaria a nulla rilevando che l’art. 146 comma 10° lett. C del D. L.vo n. 42/04 non ammette la sanatoria ambientale (e ciò perché l’irrogazione della sanzione pecuniaria non implica la sanatoria ambientale);
 

Sentenza TAR Veneto:

Ric. n. 1379/2005                          Sent. 2777/05

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Lorenzo Stevanato Presidente f.f.

Elvio Antonelli Consigliere, relatore

Fulvio Rocco Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1379/2005 proposto dalla S.N.C. MANFROI PAVIARREDO di Manfroi Ubaldo & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ermes Soppelsa ed Antonio Forza, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, S.Marco 4600;

CONTRO

il Comune di Cencenighe Ag.no in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

PER

l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento comunale 7.4.2005 n. 15 di demolizione opere abusive.

Visto il ricorso, notificato il 3.6.2005 e depositato presso la Segreteria il 17.6.2005, con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Udito alla camera di consiglio del 29 giugno 2005, convocata a’ sensi dell’art.. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 - relatore il Consigliere Elvio Antonelli - l’avv. Soppelsa per la parte ricorrente;

Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

che con riferimento al profilo edilizio le opere sanzionate con il provvedimento impugnato, in ragione della loro natura e consistenza ben possono considerarsi mere opere pertinenziali non necessitanti di titolo edilizio e non soggette all’osservanza delle fasce di rispetto fluviali e stradali;

che con riguardo al profilo ambientale deve ritenersi fondato il 2° motivo sotto il profilo che il Comune non dà contezza delle ragioni per le quali ha ritenuto di irrogare la sanzione ripristinatoria invece che quella pecuniaria a nulla rilevando che l’art. 146 comma 10° lett. C del D. L.vo n. 42/04 non ammette la sanatoria ambientale (e ciò perché l’irrogazione della sanzione pecuniaria non implica la sanatoria ambientale);

Ritenuto di poter compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio;

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 29 giugno 2005.

Il Presidente f.f. L’Estensore

 

Il Segretario

 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Seconda Sezione

 


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Inserito da Enrico Quinto (Utente n. 910) on  17 maggio, 2005 13:06 :
 
Una costruzione che non osserva la distanza dalla strada comunale, da un torrente vicino e non ha il condono e neanche l'abitabilita', sito nel perimetro di un parco regionale, di cui la domanda di condono in sanatoria e' stata definitivamente respinta, ed il successivo ricorso per la sospensiva al TAR e' stata respinta ecc. ..... deve essere abbattuto?

E come bisogna fare per far si' che i regolamenti dello stato, regione, comune ecc vengano rispettati?
 
Inserito da Mario Ferrari (Utente n. 4308) on  17 maggio, 2005 14:09 :
 
Rispondo al seguente messaggio:
inserito da Enrico Quinto:
...deve essere abbattuto?

Ovviamente SI.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 maggio, 2005 07:16 :
 
L'onere della demolizione spetta al Comune previa ordinanza (art. 31 DPR 380/01 e LR).
Qualora il Comune non provveda subentrano i poteri sostitutivi della Regione/Provincia (art. 40 DPR 380/01 e LR).
 
Inserito da Enrico Quinto (Utente n. 910) on  18 maggio, 2005 09:08 :
 
Grazie per gli interventi. Ma per quanto attiene al DPR 380/01 a cui Cornaviera fa giustamente riferimento.. non e' che per caso, a causa delle vari leggi e leggine collegate ai recenti condoni del governo, la stessa sia stata differita,parzialmente resa inefficace ecc. offrendo una scappatoia al proprietario della costruzione abusiva?
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 maggio, 2005 11:05 :
 
se la situazione è quella descritta (difformità totale, respinto ogni ricorso) e l'edificio abusivo permane, l'inerzia è in primo luogo del Comune che non applica le leggi vigenti. Posso immaginare che la demolizione di un edificio, magari abitato, è una operazione che nessun comune fa a cuor leggero e che quindi tenda ad allontanare il problema.
Non mi pare comunque una questione di leggi e leggine ma di efficienza amministrativa, anche nel prevenire tali abusi.
 
Inserito da MORETTI ROBERTO (Utente n. 6405) on  18 maggio, 2005 11:33 :
 
Occorre però verificare se il Comune non abbia già provveduto ad ingiungere la demolizione.
In tal caso, qualora gli interessati non avessero provveduto a demolire entro 90 gg., l'opera abusiva potrebbe essere già stata acquisita al patrimonio comunale ed il Comune potrebbe aver deliberato di mantenere la costruzione per destinarla ad uso pubblico.
 

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Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  16 maggio, 2005 21:38 :
 
Nella CIRCOLARE 7 agosto 2003, n. 4174 si fa più volte riferimento alla sagoma e volume dell'edificio.
In merito al concetto di sagoma, esiste una definizione ufficiale per determinala in modo preciso?
grazie.
 
Inserito da NAZZARENO ROSA (Utente n. 4419) on  17 maggio, 2005 08:19 :
 
La sagoma di una costruzione è un concetto che la giurisprudenza, in specie quella penale, ha ricondotto “al contorno che viene ad assumere l’edificio ivi comprese le strutture perimetrali (Cass. Pen n. 3849/1998)”, “al profilo complessivo dell’immobile (Cass. Pen. n. 11864/1998)”, “alla conformazione planovolumetrica della costruzione ed al suo perimetro inteso in senso verticale ed orizzontale”, ”ad un aspetto tridimensionale di un edificio, comprensivo anche dell’altezza (Tar Abruzzo, sez. PE, n. 197/2003, ved. sentenze ivi richiamate)”.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  18 maggio, 2005 08:34 :
 
Grazie per la puntuale risposta.
Direi quindi che, in linea di massima e dentro i normali limiti, non costituiscono modifica della sagoma (ma dei prospetti) la variazione di:
foronomia delle facciate, sporti del tetto, poggioli, canne fumarie, comignoli, scale esterne e altri aggetti al profilo dell'edificio.
Riterrei invecie variazione la realizzazione o la modifica (evidente) di un abbaino, benchè possa essere consideraro volume tecnico.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  26 maggio, 2005 13:26 :
 
Per qualche sconosciuto motivo, gli ultimi 2 interventi sono andati persi.
Ringrazio comunque Nazzareno Rosa e Cei Gianfranco per le puntuali indicazioni e mi auguro di avere ancora il loro contributo sul nuovo quesito concernente la demolizione e ricostruzione nelle aree soggette e piano attuativo.
 

Questa discussione Distanza o costruzione a confine nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da Ulderico Iannece (Utente n. 4314) on  12 maggio, 2005 06:45 :
 
Il P.R.G. prevede la distanza minima dai confini pari a 5 m.
E' possibile costruire sul confine ?
E' possibile farlo senza l'assenso del confinante ?
In caso di esito positivo alla costruzione sul confine, il confinante dovrà costruire ad almeno 10 metri o può costruire in aderenza al fabbricato già costruito a confine ?
L'altro confinante (cioè quello che ha costruito prima) può opporsi ?
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  12 maggio, 2005 08:50 :
 
se i due fondi confinanti sono liberi, e' possibile costruire sul confine sensa l'assenzo del confinante, il quale potra costruire in aderenza.
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  12 maggio, 2005 21:53 :
 
Sono un po' perplesso dalla risposta.
Per me, se la norma (PRG) prevede una distanza minima, per quale ragione non deve essere rispettata?
 
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on  13 maggio, 2005 07:39 :
 
Occorre anche verificare se il regolamento del PRG magari più restrittivo preveda l'impossibiltà di costruzione in confine. In generale è corretta la risposta dell'ing. Rizzo, il confinante potra costruire o in aderenza o altrimenti a 10 metri.
 
Inserito da Enrico Rossi (Utente n. 4331) on  13 maggio, 2005 08:26 :
 
A mio parere se il PRG prescrive una distanza minima di 5 mt. occorre rispettarla.
La costruzione a confine dovrebbe essere possibile solo in caso di costruzione in aderenza a parete cieca posata sul confine, purchè ovviamente tale facoltà sia espressamente contemplata dal PRG.
 
Inserito da Davide Maglio (Utente n. 4453) on  13 maggio, 2005 09:26 :
 
E' anche possibile costruire sul confine di proprietà se esiste l'assenso del proprietario del fondo attiguo, sempre che il piano regolatore riconosca tale possibilità . Ricordo che le distanze dai confini stabilite dai p.r.g. per le nuove costruzioni, sono derogabili per accordo tra le parti.
 
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on  13 maggio, 2005 10:13 :
 
Non mi risulta Sig. Maglio che esistano deroghe di tale tipo. Mi sembra altresì alquanto inopportuno concederle, in quanto gli strumenti urbanistici non vengono redatti per evitare problemi fra privati, ma per consentire una corretta crescita urbanistica dell'abitato.
Per il sig. Rossi: se il regolamneto lo prevede si può costruire in confine e ch prima arriva....naturalmente ricordiamoci che le concessioni o meglio "i permessi di costruire vengono sempre rilasciate/i salvo diritti di terzi. Il terzo deve dimostrare di essere leso dal rilascio del permesso di costruire....
 
Inserito da Cei p.i. Gianfranco (Utente n. 5246) on  13 maggio, 2005 12:03 :
 
Io concordo con Rossi. Lascio a chi interessa la decisione che segue.

PROPRIETA’ PRIVATA – DISTANZE
La nozione di costruzione, agli effetti della normativa sulle distanze, è unica ed è stabilita dal codice civile, e non può essere derogata dalla normativa secondaria dei regolamenti comunali, giacché il rinvio contenuto nell’art. 873 cod. civ. alle fonti locali è limitato alla sola facoltà per i regolamenti locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a quella codicistica. ( Corte Suprema di Cassazione Seconda Sezione Civile SENTENZA N. 1556 DEL 26/01/2005 )
Vedi sentenza per esteso:
http://www.cortedicassazione.it/Documenti/1556.pdf
 
Inserito da ing Rocco RIZZO (Utente n. 4356) on  13 maggio, 2005 12:38 :
 
sensa parole.....riporto l'873 del CC Distanze nelle costruzioni

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

...se non sono unite o aderenti.....
 
Inserito da GIAN PIETRO OGGIANO (Utente n. 5618) on  13 maggio, 2005 16:21 :
 
Anche se forse non sono stato chiaro concordo assolutamente con Rizzo.
 
Inserito da peppe falco (Utente n. 5452) on  15 maggio, 2005 19:34 :
 
Conosco l'argomento per mio personale interesse.Non sono un tecnico. A suo tempo ebbi modo di prendere atto, in merito alla questione in dibattito, della sentenza del Consiglio di Stato n. 1688/99 di cui riporto alcuni passi essenziali a conferma che lo strumento urbanistico è inderogabile......Sentenza: "La giurisprudenza ha affermato che la distanza fra le costruzioni è regolata , ove vi siano, dagli strumenti urbanistici, la cui disciplina risulta esaustiva sino a farne prospettare la inderogabilità pattizia se la distanza è prevista rispetto al confine.(Cassazione. Civ. sez.H 4353/98)In questo caso il principio della prevenzione ricorre quando il fondo è situato in un comune sprovvisto di strumenti urbanistici(Cass. Civ. I 4517/98)ma non è applicabile quando l'obbligo di osservare un determinato distacco dal confine sia dettato dai regolamenti comunali in tema di edilizia e urbanistica avuto riguardo al carattere indiscutibilmente cogente di tali fonti normative da intendersi preordinate alla tutela ,oltre che di privati diritti soggettivi, di interessi generali( Cass. Civ. 6535/95).Ne consegue che Nel caso in cui i regolamenti edilizi stabiliscano espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, non può ritenersi consentita la costruzione in aderenza o appoggio" (Cass.Civ. sez.II 5339/ 97), a meno che tale facoltà non sia consentita chiaramente , anche se inplicitamente, come alternativa all'obbligo di rispettare le suddette distanze".
Letto quanto sopra,ne ho dedotto che:
- qualora lo strumento urbanistico consenta sia la costruzione in aderenza sia il distacco e non fa riferimento a preventivi accordi tra i privati, chi arriva prima detta legge ed impone il modo di costruire fermo restando che in caso di distacco la distanza è quella prevista dal regolamento del P.R.G. che non può essere inferiore ai tre metri dal confine, ma che di norma si pone a 5 metri allo scopo di consentire anche l'apertura di finestre;
- se invece nel regolamento del P.R.G.è riportato che si deve costruire a m.5, tale distanza è tassativa ed inderogabile- anche in presenza di aree libere- ed anche chi costruisce per primo deve osservarla.
 

Questa discussione Restituzione oneri di urbanizzazione e altro... nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on  05 aprile, 2005 16:20 :
 
Ho presentato domanda per il rilascio di un permesso di costruire il 18 luglio 2002 al fine di procedere all’esecuzione di opere di ampliamento di civile abitazione (L. 64/95) nonché alla realizzazione di volumi non residenziali;
l’istruttoria è stata favorevolmente conclusa con l’adozione di tutti i pareri favorevoli previsti dalla legge;·
sono stati espletati tutti gli atti conclusivi formali richiesti, al perfezionamento della fase istruttoria : COMPRESA LA SECONDA RATA del versamento oneri e consegna, protocollata, di atto d’obbligo unilaterale;
il procedimento non è stato interrotto da alcuna ulteriore richiesta di integrazione documentale.
Tuttavia in data 14/03/2005 e successivamente notificata, esattamente il 17/03/2005, 3 giorni dopo aver pagato la seconda rata degli oneri, il Comune ha ritenuto di respingere la mia richiesta.

Ora io credo di aver diritto ad ottenere:

1 – la restituzione integrale delle somme versate a titolo di “oneri di urbanizzazione e costo di costruzione”, pari a complessivi 4.982,89 € maggiorate degli interessi di legge nonché delle spese accessorie pari a 5,00 € ;
2 – la liberatoria da fideiussione bancaria emessa da Monte dei Paschi di Siena, a garanzia delle rate residue dei suddetti oneri

3 – la liberatoria da atto d’obbligo unilaterale del ….. repertorio n° …… trascritto

4 – rimborso integrale degli onorari notarili e dei costi accessori;spese sostenute e da sostenersi sia per la formalizzazione dell’atto che per la necessaria futura cancellazione; allo scopo produciamo.

Cosa posso fare?
Prima ina lettera di richiesta al Comune ed in tal caso il Comune ha un termine per rispondermi, devo darglielo io? e se non riscontrasse, qual è l'azione che posso intraprendere e davanti a quale giudice?

Grazie a chi vorrà darmi un prezioso aiuto!
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  06 aprile, 2005 10:39 :
 
Scusi, ma dal luglio 2002 all'aprile 2005 per ottenere una serie di pareri favorevoli che si concludono con un diniego del provvedimento???? Qualcosa non torna. E' sicuro di avere riportato tutto per bene nel suo post?
 
Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on  06 aprile, 2005 11:09 :
 
Sì ho riportato tutto bene. Ciò che è accaduto è stata una diversa interpretazione delle NTA da parte del precedente e dell'attuale Consiglio Comunale. A differenza del precedente Cons Comunale, infatti, questo attuale, ha ritenuto che gli interventi da fare contrastano con le NTA in particolare non sarebbe possibile perchè l'intervento da realizzare rientra nella fascia dei 100 mt dalla battigia del mare.

Ma, ora ciò che a me interessa e sapere cosa e come posso fare per ottenere
1 – la restituzione integrale delle somme versate a titolo di “oneri di urbanizzazione e costo di costruzione”, pari a complessivi 4.982,89 ;
2 – la liberatoria da fideiussione bancaria emessa da Monte dei Paschi di Siena, a garanzia delle rate residue dei suddetti oneri

3 – la liberatoria da atto d’obbligo unilaterale trascritto

4 – il rimborso integrale degli onorari notarili e dei costi accessori;spese sostenute e da sostenersi sia per la formalizzazione dell’atto che per la necessaria futura cancellazione.

Si tratta di un caso di indebito arricchimento della P.A. o no? Credo proprio di sì, mi hanno chiesto di pagare gli oneri prinma del rilascio, in violazione con l'art. 16 TU dell'edilizia, sostenedo che così era la prassi del Comune di CApoliveri (Elba)!
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  06 aprile, 2005 11:59 :
 
Sì, è un arricchimento indebito. Il diritto alla restituzione degli oneri versati, interessi legali maturati, delle spese accessorie sostenute e delle spese legate al procedimento di recupero, c'è tutto.
Chieda la restituzione a mezzo di lettera raccomandata a.r. e chieda il rispetto della l. 241/90 per ciò che concerne tempi e modi del procedimento di restituzione. L'atto d'obbligo unilaterale diviene inefficace da sé, non sussistendo più le ipotesi per le quali l'atto era stato predisposto.
 
Inserito da lia sacco (Utente n. 6807) on  04 novembre, 2005 18:18 :
 
Ho fto atto di invito ad adempiere per la restituzione degli oneri e successiva diffida ma l'A. non ha dato alcun riscontro.

A chi mi rivolgo? al G.A. impugnando il silenzio rifiuto con contestuale richiesta di restituzione oneri oppure al G.O.?
grazie
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  04 novembre, 2005 22:39 :
 
Perchè non provare con il Difensore Civico:
Il Difensore Civico può intervenire presso l'Amministrazione provinciale e presso Enti ed Aziende che da essa dipendono per assicurare che il procedimento amministrativo abbia regolare corso e che gli atti siano tempestivamente e correttamente emanati.
 
Inserito da parodi michele (Utente n. 7537) on  05 novembre, 2005 10:04 :
 
Ritengo che la competenza a conoscere della controversia sia del giudice amministrativo.
L'azione dovrebbe essere rivolta ad ottenere la ripetizione della somma indebitamente percepita dall'amministrazione.
Il termine per la presentazione della domanda giudiziale è di 5 anni, corrispondente a quello prescrizionale.
La giurisprudenza è univoca: tra le tante Consiglio di Stato 12/6/1995 n. 894, TAR Lombardia 15/3/1988 n. 75, TAR LAZIO 17/2005, n. 3844.
La somma dovrà essere restituita maggiorata degli interessi, ma non della rivalutazione almeno secondo quanto indica Consiglio di Stato 31/10/1992 n. 1445
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  10 novembre, 2005 15:50 :
 
Ma quali sono i tempi e i costi per ricorrere al TAR?
Per me il Difensore Civico, potrebbe adoperarsi nel suo ruolo che è quello di cercare di risolvere eventuali ritardi, abusi, carenze, disfunzioni nella pubblica amministrazione, evitando quindi, se ci riesce, il ricorso al TAR.
Verifica la presenza nella zona: http://www.difensorecivico.org/
 

Questa discussione distanze e pergole nel forum Edilizia ed ambiente al Lexitalia.it.


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Inserito da elena barta (Utente n. 6597) on  23 marzo, 2005 12:21 :
 
Secondo voi le pergole vanno considerate ai fini del computo delle distanze dal confine?
 
Inserito da Carlo Megali (Utente n. 4413) on  24 marzo, 2005 07:10 :
 
In teoria no, essendo semplici arredi da giardino. Tuttavia, il concetto di pergola viene spesso "personalizzato", cosicché i regolamenti edilizi sono costretti ad intervenire per disciplinare la costruzione di tali manufatti. Occorre, pertanto, verificare il regolamento comunale.
 
Inserito da elena barta (Utente n. 6597) on  24 marzo, 2005 08:33 :
 
il nostro regolamento edilizio non prevede nulla. La pergola in questione è una vera pergola e non una tettoia in quanto priva di copertura.
Ho verificato la giurisprudenza e mi sembra che, per le distanze, siano ritenute rilevanti solo le tettoie (quelle coperte, permeabili ecc..) e univoca nel non considerare "costruzioni" le pergole.
Quindi direi che le pergole, se non sono costruzioni (come invece le tettoie), non sono computabili per le distanze!
 
Inserito da Tiziano Cornaviera (Utente n. 5796) on  21 aprile, 2005 21:15 :
 
Direi proprio di si, come bene ha detto Carlo Megali.
La posa è comunque soggetta a DIA (facendo attenzione ai diritti di terzi).
Onde evitare malintesi, io ritengo utile far precisare negli elaborati:
ARREDO DA GIARDINO PRIVO DI APPORTO VOLUMETRICO
saluti
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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