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Diniego solo per violazioni urbanisticheNon possono essere rigettate domande di concessione edilizia né si possono imporre condizioni che non siano esplicitamente previste nelle norme urbanistiche. Infatti «il provvedimento di diniego, totale o parziale, di concessione edilizia, rappresentando una limitazione, della sfera giuridica del privato, deve sempre contenere l'enunciazione specifica, precisa e completa delle prescrizioni urbanistiche che si oppongono all'esercizio del diritto di edificare. In mancanza il provvedimento è viziato per difetto di motivazione sia sotto il profilo dell'eccesso di potere, sia per violazione dell'art. 3 comma 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241, in base al quale ogni provvedimento amministrativo deve essere congruamente motivato, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato le decisioni della Pubblica Amministrazione». È questo l'importante principio fissato in due sentenze della quinta sezione del Consiglio di Stato, n. 7142 del 4 novembre, e della sezione 2 bis del Tar Lazio, n. 2558 del 5 novembre. Siamo dinanzi a un principio a cui i Comuni devono prestare la massima attenzione, visto che si introduce una tutela particolarmente forte della posizione giuridica del privato. Il Consiglio di Stato ha condannato un Comune che aveva rigettato una istanza di concessione edilizia per due ragioni. La prima che «d'elaborato grafico non rappresenta il manufatto esistente da demolire nella sua consistenza architettonica e volumetrica e l'elaborato presentato risulta carente perché mancante delle quote sui prospetti e sulle sezioni». La seconda che «il progetto, dal punto di vista ambientale, si ritiene non compatibile con l'ambiente, in quanto si configura non come opera architettonica, ma come mera cubatura edilizia che si somma alla esistente in zona che, nel tempo, ha turbato l'equilibrio ambientale e la qualità paesaggistica». I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato, sul primo motivo, che «le pretese carenze dell'elaborato grafico non sono sufficienti a giustificare il diniego, potendo, semmai, comportare una richiesta di integrazione e/o completamento degli elaborati progettuali». E, sul secondo aspetto, che l'ente parco, soggetto a cui occorre chiedere un parere di compatibilità ambientale, si è pronunciato favorevolmente e che «il diniego non poteva essere motivato con riferimento a generiche osservazioni di carattere estetico, dovendo essere espressamente indicate le norme urbanistiche con le quali il progetto si sarebbe posto in contrasto». Il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato da un privato contro il provvedimento con cui un Comune ha rigettato la domanda di concessione edilizia richiedendo la presenza di un atto d'obbligo specifico sulla destinazione della costruzione, stabilendo il divieto di comunicazione con altro immobile e fissando obblighi specifici di recinzione. Si tratta di prescrizioni non previste dalle norme urbanistiche e quindi illegittime. Il Sole – 24 Ore, 5.12.04 |
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