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Articolo giuridico su inquinamento acustico Isolamento acustico
degli edifici a cura di Gian Luigi Rota Avvocato
Sentenze Inquinamento acustico Rumore >
AmbienteDirittto.it
Giurisprudenza
Articolo giuridico su
inquinamento acustico
a cura di Gian Luigi Rota Avvocato
L'entrata in vigore della legge-quadro sull'inquinamento
acustico (legge 447/1995) ha posto la delicata questione dell'osservanza di
parametri di isolamento acustico degli edifici. È noto che il D.P.C.M. del 5
dicembre 1997 - Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici,
emanato in attuazione dell'art. 3, comma 1, lett. e) della suddetta legge, è
intervenuto a determinare i requisiti acustici passivi degli edifici.
Ci sono, però, ancora troppe lacune legislative sull'isolamento acustico degli
edifici che comunque non escludono obblighi giuridici per le imprese.
Dal 20 febbraio 1998, i costruttori sono tenuti a garantire nuovi
requisiti acustici passivi degli edifici; sennonché manca tuttora il decreto
previsto dall'art. 3, comma 1, lett. f), della legge 447 del 26 ottobre 1995, il
quale affida a un decreto interministeriale "l'indicazione dei criteri per
la progettazione, l'esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie
ai fini della tutela dall'inquinamento acustico".
Ad oggi sono stati emanati
solo 2 decreti:
- il D.P.C.M. 14 novembre 1997 - Determinazione dei valori limite delle
sorgenti sonore che, con riferimento al D.P.C.M. 1° marzo 1991, provvede
all'armonizzazione delle orme in materia di limitazione delle emissioni sonore
alle indicazioni dell'Unione europea;
- il D.P.C.M. 5 dicembre 1997 - Determinazione dei requisiti acustici
passivi degli edifici che, con riferimento alla legge-quadro (art. 3, comma 1,
lett. e), reca la fissazione di criteri e di metodologie per il contenimento
dell'inquinamento acustico all'interno degli ambienti abitativi.
La persistente mancanza della normativa preannunziata dalla legge-quadro
indurrebbe a escludere l'esistenza di obblighi giuridici sanzionabili a carico
delle imprese, ma non è così alla stregua di norme extra-giuridiche e di
principi generali che sono anch'essi fondativi di responsabilità, come insegna
la giurisprudenza in materia non solo di inquinamento acustico ma anche di
elettrosmog.
Le
fonti normative
Per l'essenziale, i riferimenti legislativi datano dalla istituzione del
Servizio sanitario nazionale (legge 833 del 23 dicembre 1978) e soprattutto del
Ministero dell'ambiente, poiché l'art. 2, comma 14, dell'atto istitutivo di
tale dicastero (la legge 349 dell'8 luglio 1986 [CI86-933]) prevede che un
D.P.C.M. rechi "la fissazione di limiti massimi di accettabilità delle
concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinamenti di
natura chimica, fisica, biologica e delle emissioni sonore relativamente
all'ambiente esterno e abitativo di cui all'art. 4 della legge 833 del 23
dicembre 1978".
La prima normazione
operativa è il D.P.C.M. 1° marzo 1991 [CI91-582] (quello preannunziato nel
1986), emanato in via transitoria - nell'attesa di una legge-quadro -
"stante la grave situazione di inquinamento acustico attualmente
riscontrabile nell'ambito dell'intero territorio nazionale ed in particolare
nelle aree urbane", al fine di adottare "misure immediate e urgenti
della salvaguardia ambientale e della esposizione umana al rumore".
Esso, come detto, costituiva il preludio a un provvedimento legislativo, emanato
poi come legge-quadro 447/1995, avente natura quasi solo programmatica, in
quanto rinvia alla successiva emanazione di 8 decreti, di un certo numero di
regolamenti (tra i quali uno, molto atteso, di abrogazione degli atti
incompatibili con la legge-quadro) e, naturalmente, di un elevato numero di
leggi regionali (previste dall'art. 4), nonché di una cospicua normativa
provinciale (art. 5) e soprattutto comunale (art. 6), cui si deve aggiungere,
per disposto dell'art. 2 del decreto 14 novembre 1997, la normativa UNI (da
approvare anch'essa con D.P.C.M.) sulla determinazione dei valori limite di
emissione delle singole sorgenti fisse.
Ad oggi sono stati emanati due D.P.C.M.: uno del 14 novembre 1997 e l'altro del
5 dicembre 1997; il primo, con riferimento al decreto del 1991, provvede
all'armonizzazione delle norme in materia di limitazione delle emissioni sonore
alle indicazioni dell'Unione europea; il secondo, con riferimento alla
legge-quadro (art. 3, comma, 1 lett. e), reca la fissazione di criteri e di
metodologie per il contenimento dell'inquinamento acustico all'interno degli
ambienti abitativi.
Si esprime il dubbio che il Governo abbia ancora titolo alla emanazione dei
regolamenti e dei decreti previsti dalla legge-quadro, atteso che la recente
riforma dell'art. 117 della Costituzione riserva alla competenza concorrente
delle regioni la tutela e la sicurezza del lavoro, della salute in generale e il
governo del territorio (nel quale si fa rientrare l'edilizia); ed è noto che in
queste materie la potestà legislativa (e a maggiore motivo quella
regolamentare) spetta alle regioni, "salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". Orbene, è
di assoluta evidenza che la decretazione di requisiti tecnici non abbia nulla a
che vedere con la determinazione di principi fondamentali.
Si aggiunga che un disegno di legge costituzionale, di iniziativa del Governo,
riserva la sanità alla competenza non più concorrente bensì esclusiva delle
regioni, una spettanza di assolutezza tale che esse non saranno tenute al
rispetto delle leggi ordinarie (inclusa la nostra legge-quadro), dovendo solo
rispettare la Costituzione e i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali.
Tra i quali ci sarà una direttiva proposta dal Parlamento europeo che ha già
ricevuto il parere favorevole del Comitato delle regioni (in GUCE, C148,
18.5.2001).
Leggi regionali e attuazione della legge quadro
Tra le leggi regionali menzioniamo quella della Lombardia 13 del 10 agosto 2001
- Norme in materia di inquinamento acustico, per esempio, all'art. 7 (Requisiti
acustici degli edifici e delle sorgenti sonore interne) che dispone quanto
segue: "I progetti relativi ad interventi sul patrimonio edilizio
esistente, che ne modifichino le caratteristiche acustiche, devono essere
corredate da dichiarazioni del progettista che attesti il rispetto dei requisiti
acustici stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5
dicembre 1997 e dai regolamenti comunali" (comma 1);
"i progetti relativi a nuove costruzioni, al termine della fase
sperimentale di cui al comma 5, devono essere corredati da valutazione e
dichiarazione da parte del tecnico competente in acustica ambientale che attesti
il rispetto dei requisiti acustici di cui al comma 1" (comma 2) (quelli del
decreto del 1997);
"le richieste di concessione edilizia per la realizzazione di nuovi edifici
produttivi e di nuovi impianti devono essere accompagnate da una relazione sulle
caratteristiche acustiche degli edifici o degli impianti, ove siano illustrati i
materiali e le tecnologie utilizzate per l'insonorizzazione e per l'isolamento
acustico in relazione all'impatto verso l'esterno ..."
(comma 3);
"il regolamento locale di igiene definisce le modalità operative di
dettaglio per la verifica della conformità delle opere al progetto
approvato" (comma 4).
Poiché il decreto previsto dall'art. 3, comma 1, lett. f) della legge-quadro
non c'è ancora, la regione Lombardia si è riservata di definire con un proprio
provvedimento "un periodo di sperimentazione (quello cui accenna il comma
2) nel quale individuare i criteri in base ai quali verranno stabiliti i
parametri per le nuove costruzioni e per la ristrutturazione del patrimonio
edilizio esistente" (comma 5).
La legge lombarda ha prescritto altresì che le sue disposizioni siano recepite
nei regolamenti edilizi e di igiene comunali entro un anno dalla sua entrata in
vigore (così l'art. 19).
Altre regioni e province autonome (per esempio quella di Trento) hanno fin qui
dato attuazione alla legge-quadro: e cioè il Lazio, il Piemonte, la Toscana, la
Puglia e altre ancora, senza peraltro normare quanto qui specialmente interessa.
In questo marasma, che è cosa diversa dalla complessità, non mancano nella
legge-quadro delle norme transitorie, recate dall'art. 15.
Nelle materie di competenza statale e in quelle dei regolamenti previsti dalla
legge-quadro, si applica, fino alla emanazione di questi ultimi, il decreto del
1991 (e le norme di ulteriore attuazione, si veda il decreto 14 novembre 1997)
ma "per quanto non in contrasto con la presente legge".
L'art. 16 ha previsto poi "un apposito regolamento con il quale sono
individuati gli atti normativi incompatibili con la presente legge, che sono
abrogati", ma dopo 7 anni il regolamento non c'è ancora.
Quali siano le materie di competenza statale lo dice l'art. 3 della
legge-quadro, certo, ma più che di materie si tratta di funzioni di indirizzo e
di coordinamento, peraltro non ancora esercitate, ad eccezione di quella
prevista dall'art. 3, comma 1, lett. e), attuata col citato decreto del 5
dicembre 1997. La stessa deplorazione vale per gli atti regolamentari, tra i
quali si annoverano lo stesso regolamento di esecuzione della legge-quadro (di
cui all'art. 11) e quello comunale, previsto dall'art. 6, comma 1, lett. e),
"per l'attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela
dall'inquinamento acustico".
Non disponiamo pertanto di alcuna normativa transitoria, bensì di spezzoni
normativi nazionali, nonché di varie iniziative regionali.
La sola disposizione self executing della legge-quadro si riduce, quindi,
all'art. 8 sull'impatto acustico, che tuttavia interessa solo marginalmente
l'edilizia privata, l'unico caso essendo quello dei nuovi impianti produttivi e
dei servizi commerciali polifunzionali, questi ultimi senza limiti di metratura
e pertanto anche al di sotto della soglia della grande distribuzione, essendo
questa già soggetta a valutazione di impatto ambientale per effetto della nuova
legislazione sul commercio (decreto Bersani e leggi regionali).
La giurisprudenza
Va da sé che non ci possono ancora essere decisioni assolutamente pertinenti,
essendo difficile litigare su norme che non ci sono. Vedremo tuttavia, seppure
in estrema sintesi, che l'Autorità giudiziaria non ha mai fatto gravare sui
cittadini le conseguenze delle lacune normative, rifiutandosi di lasciarli privi
di tutela su questioni riguardanti il diritto alla salute (inteso in
un'accezione sempre più ampia), stante l'assolutezza da sempre riconosciuta
dalla Corte costituzionale all'art. 32 della Costituzione.
La giurisprudenza sull'inquinamento acustico, come si può immaginare, è
letteralmente sterminata, traendo prevalente origine da pretese violazioni di
norme remote, come l'art. 844 (immissioni nei rapporti di vicinato), in
relazione all'art. 2043 cod. civ. (risarcimento del danno, biologico o
esistenziale) e dell'art. 659 cod. pen. (turbamento della quiete pubblica),
anche se per determinare le soglie di tollerabilità, adottare criteri
obiettivi, valutare l'inosservanza di provvedimenti delle autorità ecc., i
nostri decreti sono stati a volte utilizzati.(1)
All'efficacia della legge-quadro ha dato rilievo da subito la Corte di
cassazione, Sez. I, con argomenti che vale la pena di riferire, avvertito
peraltro che le varie fattispecie assumono un diverso rilievo nei vari campi del
diritto. Pronunziandosi in tema di reati contravvenzionali (art. 10, comma 2),
la Cassazione ha affermato che la legge-quadro è di immediata applicazione in
quanto l'assenza del regolamento di esecuzione non ne condiziona l'entrata in
vigore: "pur non essendo stati ancora adottati i provvedimenti e i
regolamenti da parte degli enti competenti, rimangono in vigore i valori limite
dell'inquinamento acustico previsti dal decreto del 1991" (sent. n. 2359,
21 gennaio 1997)(2), il quale, secondo un giudice di merito,
"integra la disciplina codicistica", cioè quella dell'art. 844 cod.
civ. Sul regime provvisorio introdotto dal decreto del 1991, il TAR per il Lazio
ha statuito che esso "trova giustificazione nella necessità di non
procrastinare ulteriormente l'adempimento posto a carico dell'autorità di
Governo di fissare i limiti di accettabilità delle emissioni sonore a
salvaguardia, oltre che delle condizioni generali dell'ambiente, del diritto
primario alla salute" (sent. n. 1851, 19 settembre 1992, Sez. II di Roma).
In materia di risarcimenti dei danni, vediamo come si è pronunciata la Corte
d'appello di Milano.
Anche se chi agisce in giudizio per il riconoscimento del danno non fornisce la
prova dell'incidenza del rumore sul suo equilibrio psico-fisico - ha statuito la
Corte milanese - l'inquinamento acustico "intollerabile" comporta di
per sé un danno esistenziale, che anche se non comporta l'insorgere di una
malattia (danno biologico), tuttavia causa un'alterazione del benessere
psico-fisico e del normale ritmo di vita, con la conseguenza che il risarcimento
spetta a chiunque subisce un turbamento che ostacoli l'esplicazione delle sue
normali funzioni familiari e sociali (sent. n. 2444, 6 dicembre 2001).
Nel dominio del diritto amministrativo, la mancanza delle norme di attuazione
non riveste una funzione deresponsabilizzante dei pubblici poteri locali (né di
ogni altro soggetto) perché i sindaci dispongono di un potere di ordinanza
(detto "contingibile e urgente") che permette loro di prescrivere,
come si è espresso il TAR per la Toscana (ma la questione è pacifica),
"interventi di bonifica (i quali) rappresentano il necessario adeguamento
delle strutture alla recente evoluzione del quadro normativo connesso
all'imprescindibile tutela del diritto alla salute - primario e irrinunciabile -
delle popolazioni" (sent. n. 817, 17 dicembre 1997).(3)
La Cassazione penale condivide da tempo questo orientamento, che può dirsi
consolidato: "la previsione ... della fissazione ... di limiti massimi di
accettabilità ... non esclude di per sé la possibilità per gli enti locali
... di dettare disposizioni eventualmente più restrittive nella medesima
materia, tenendo conto della peculiarità delle singole situazioni" (sent.
n. 3779, 31 marzo 1994, Sez. I).
Sullo specifico tema dell'isolamento acustico degli edifici, si conosce solo una
remota decisione della Corte d'appello di Milano, di straordinaria attualità
nei principi ispiratori: "poiché nel nostro Paese mancano norme di legge
circa l'isolamento acustico e i rumori ammissibili nella abitazioni, la
giurisprudenza, necessitata a supplire la carenza legislativa, ha elaborato, al
fine di stabilire livelli di tollerabilità delle immissioni, un criterio
comparativo-relativo che determina come punto di riferimento il rumore di fondo
e ritiene intollerabili le immissioni che lo superano di oltre 3 dB. Poiché il
decibel, unità di misura dell'intensità del suono, ha scala logaritmica, il
limite massimo ammissibile di 3 dB sul rumore di fondo comporta un raddoppio
dell'intensità del rumore e significa che la componente del rumore immesso,
considerata da sola, non può superare il rumore di fondo" (sent. n. 1351,
17 luglio 1992, Sez. IV).
Insomma, lacune o meno, se c'è un danno biologico (o anche solo esistenziale)
qualcuno paga; e se la situazione lo esige, alla creazione della norma
regolatrice del caso concreto legittimamente attendono varie autorità
amministrative, occorrendo con provvedimenti d'urgenza.
Responsabilità dei costruttori?
Il punto, come sappiamo, è la persistente mancanza del decreto previsto
dall'art. 3, comma 1, lett. f), della legge-quadro, che avrebbe dovuto recare
"l'indicazione dei criteri per la progettazione, l'esecuzione e la
ristrutturazione delle costruzioni edilizie ai fini della tutela
dall'inquinamento acustico".(4)
Sullo specifico punto mancano decisioni perché non si è ancora litigato, ma si
può ritenere, alla stregua dei principi generali in tema di responsabilità
civile, che la magistratura non attribuirebbe alla lacuna un effetto scriminante.
Parrebbe a prima vista che non sia nemmeno concepibile l'esistenza di obblighi
giuridici, ma questa sarebbe un'opinione precipitosa, in quanto esistono norme
extra-giuridiche che sono tuttavia regolatrici della condotta. Difatti, accanto
alle regole giuridiche (legal rules), ci sono quelle tecniche (technical rules).(5)
In materia di contratti di compravendita immobiliare, la Cassazione civile ha
avuto modo di statuire, nella sola decisione a me nota, che "nel caso di
vendita di immobile soggetto a rumori derivanti da quello del vicino, il
venditore risponde della garanzia per i vizi della cosa venduta" (Cass. civ., sent. n. 8338, 22 agosto 1998, Sez. II).
Alla stregua di quali parametri? La suprema Corte ha affermato che
"l'accertamento di fatto della esistenza di fattori di inquinamento
ambientale dannosi per l'integrità psico-fisica può estendersi a considerare
parametri di tollerabilità diversi da quelli provvisoriamente vigenti"
(Cass. civ., sent. n. 6662, 19 luglio 1997, Sez. III).
Secondo autorevolissima dottrina, "a regole d'ordine tecnico deve spesso
farsi riferimento - anche in mancanza di indicazioni normative - per determinare
ulteriormente il contenuto di clausole generali, o la portata di concetti
giuridici imprecisi. Così, alle norme tecniche si deve spesso attingere il
criterio di qualificazione giuridica, quando occorra valutare la condotta di un
soggetto che si assuma potenzialmente o attualmente produttiva d'un ingiusto
danno".(6)
E del resto, "il fenomeno della progressiva penetrazione delle norme della
scienza nella sfera giuridica, e della connessa profonda intersezione tra saperi
tecnici e le attività amministrative, prelude ad un nuovo tipo di rapporto tra
il diritto e la regola tecnica, dinamicamente fondato su una integrazione
reciproca, al cui interno il secondo si configura come un complemento reso
necessario dall'alto livello tecnologico che caratterizza la realtà
sociale".(7)
In un tale volatile ed evolutivo contesto, nel quale la certezza del diritto non
sembra così evidente, sarebbe bene che le imprese - ma pare che vi si stiano
orientando - applicassero le più aggiornate tecnologie disponibili, quali che
siano le disposizioni vigenti, che come abbiamo visto possono addirittura
mancare.
Note:
(1) La giurisprudenza penale è ferma nell'assumere come riferimento "la
sensibilità media delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori vengono
percepiti" (Cass. pen., sent. n. 3000, 6 marzo 1997, Sez. I; sent. n.
13010, 30 settembre 1998 e altre).
(2) Miccichè R., in Rivista giuridica dell'ambiente, 2001, pag. 883.
(3) Il sindaco di Siena aveva emesso l'ordinanza impugnata al TAR prima ancora
dell'entrata in vigore della legge-quadro, che peraltro ha un suo specifico
articolo dedicato a questi speciali poteri, dei quali ora possono avvalersi non
solo i sindaci ma anche i presidenti delle province, i
presidenti delle giunte regionali, i prefetti e il Ministero dell'ambiente (vedi
art. 9).
(4) Secondo il TAR Veneto (sent. n. 535 del 4 maggio 1999), "nel caso di
una legge-quadro che si limita a fissare pochi astratti principi o a distribuire
le competenze, è necessariamente richiesto un completamento che può essere
dato solo da una normazione di attuazione di integrazione, non potendo quelle
disposizioni di legge essere utilmente svolte con una semplice normazione di
dettaglio".
(5) Non tutte le regole, infatti, sono di provenienza legislativa o
amministrativa (politica), si pensi a quelle deontologiche delle professioni, ai
codici di autodisciplina di alcuni settori e così via.
(6)Ledda F., "Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull'amministrazione
pubblica", in Diritto processuale amministrativo, 1983, pag. 398.
(7) Pelagatti G.,
"Valutazioni tecniche dell'amministrazione pubblica e sindacato
giudiziario. Un'analisi critica dei recenti sviluppi della dottrina
giurispubblicistica", in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1992,
pagg. 159 e 160.
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